Disponibile su MYmovies ONE il noir astratto e raffinato di Yeo Siew Hua, una riflessione sulla privacy, sull'atto del vedere, sulla genitorialità e in generale sui grandi temi del nostro tempo. Presentato in Concorso a Venezia 81.GUARDA ORA »
di Alberto Libera
Esponente della sempre più ristretta cerchia del cosiddettothriller d’autore,Stranger Eyes – Sguardi nascosti diYeo Siew Hua (già autore dell’acclamatoA Land Imagined) è un film che richiede allo spettatore un coinvolgimento anzitutto percettivo. O, per meglio dire,un’autentica partecipazione sensoriale: non solo lo sguardo ma anche l’udito e perfino il tatto vengono sollecitati da un impianto visivo e sonoro che avvolge, confonde e seduce.
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La sceneggiatura del regista non si accontenta di seguire i canoni del thriller psicologico, ma li ridefinisce ricorrendo auna poetica della sospensione e dell’attesa.
Allo stesso tempo, la fotografia iperrealista diHideho Uratacesella ogni inquadratura per trasmettere un senso di vulnerabilità: le riprese notturne, le luci soffuse, i riflessi negli specchi e nelle finestre trasformano lo spazio urbano in un labirinto insondabile, dove l’identità si dissolve e la percezione della realtà diventa sempre più sfuggente.
La storia ruota intorno alla giovanissima coppia composta daJunyang (Chien-Ho Wu) e Peying (Anicca Panna). La loro esistenza precipita in un abisso insondabile quandola figlioletta Bo scompare senza lasciare traccia. La polizia indaga, le piste si moltiplicano e si dissolvono, il tempo scorre come sabbia tra le dita.
Poi, improvvisamente, l’orrore diventa tangibile: Junyang e Peiying iniziano a ricevere anonimamente dei DVD contenenti riprese di loro stessi. Filmati intimi, dettagliati, ossessivi.Qualcuno li osserva. Ma chi? E perché?È solo un gioco perverso o la chiave per ritrovare la figlia perduta?
Sarebbe un crimine svelare qualche dettaglio in più dell’intreccio. Così come dare informazioni sul ruolo del grandeLee Kang-sheng, attore feticcio di Tsai Ming-liang. Certo, lo spunto della vicenda non può non far pensare aNiente da nascondere diHaneke, ma il regista ne ribalta la prospettiva e amplifica il senso di paranoia attraversoun linguaggio visivo febbrile e ipnotico, in cui la realtà sembra sfaldarsi sotto i colpi di un’ossessione che si insinua nel tessuto stesso delle immagini.
In concorso allaMostra del Cinema di Venezia,Stranger Eyes non è soloun thriller raffinato e cerebrale, ma è anche una riflessione sul nostro tempo,sulla fragilità della privacy, sul terrore di essere visti e insieme sulla necessità di essere riconosciuti.
Unnoir astratto dove il ruolo dei social network, il voyeurismo all’epoca del digitale, la vertigine disturbante dello sguardo (che, in fondo, è l’unico vero mostro) si uniscono a una meditazione più ampia sultema della genitorialità e del rapporto tra madri e figli.
Il risultato èun’opera che non si limita a raccontare, ma mostra e suggerisce, lasciando che l’inquietudine emerga attraverso dettagli impercettibili, silenzi carichi di significato, immagini che inghiottono le certezze e penetrano nella mente come frammenti di un sogno perturbante.È cinema che interroga, che non concede appigli rassicuranti, che si insinua sotto la pelle e continua a pulsare nella mente ben oltre i titoli di coda.
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