Movatterモバイル変換


[0]ホーム

URL:


Wayback Machine
25 captures
23 Jan 2021 - 19 Jan 2025
JanOCTJan
Previous capture24Next capture
202020212023
success
fail
COLLECTED BY
TIMESTAMPS
loading
The Wayback Machine - https://web.archive.org/web/20211024171122/https://alcidedigitale.fbk.eu/

Alcide

Un viaggio negli scritti di De Gasperi

Nella vita di Alcide De Gasperi la parola ha avuto un ruolocentrale. Lo testimoniano le migliaia di articoli di giornale,saggi, interventi politici e discorsi istituzionali intorno a cuisi è sviluppata la sua attività politica. Scritti e discorsi cheoggi possiamo analizzare con strumenti di indagine innovativi.

Alcide De Gasperi




Alcide De Gasperi nacque a Pieve Tesino, alloraterritorio asburgico, nell’aprile aprile 1881. Attivo fin daglianni giovanili nel movimento cattolico locale, affiancò l’azionedi agitazione e organizzazione politica a un’intensa attivitàgiornalistica e di indirizzo politico-culturale. All’indomanidella laurea in filologia moderna conseguita all’Università diVienna (1905), il vescovo di Trento Celestino Endrici lo nominòdirettore del quotidiano La Voce cattolica, che l’anno seguentecambiò nome in Il Trentino. Membro del Parlamento austriaco(1911-1914) e della Dieta tirolese di Innsbruck (1914), si spesein difesa della causa nazionale trentina e, negli anni delconflitto, in favore delle migliaia di profughi trentini costrettia lasciare le proprie terre.

All’indomani del primo conflitto mondiale, che sancì ilpassaggio del Trentino al Regno d’Italia, aderì al Partitopopolare italiano di Luigi Sturzo, entrando in parlamento inoccasione delle elezioni del 1921. Del Partito popolare italianoDe Gasperi fu dapprima capogruppo alla Camera, quindi segretarioin seguito alle dimissioni di Sturzo (1923), carica che conservòfino allo scioglimento forzato del partito imposto dal regimefascista nel 1926. Estromesso dalla vita politica e condannato adue anni di carcere con l’accusa di tentato espatrio, trovòrifugio in Vaticano nel 1929, dove non senza fatica ottenne unmodesto incarico da bibliotecario. Lungo tutti gli anni Trenta siimpegnò nella salvaguardia dei fondamenti ideali del popolarismoattraverso un’intensa attività saggistica e pubblicistica, in cuisi espresse il suo singolare antifascismo condotto entro unaprospettiva anzitutto culturale.

Fu un quindicennio di sostanziale isolamento politico a cuiseguì, a partire dai primi anni Quaranta, un’intensa attività diriorganizzazione delle forze politiche dei cattolici italiani. DeGasperi fu tra i protagonisti della nascita della Democraziacristiana e partecipò alla costituzione del Comitato diliberazione nazionale da cui prese le mosse la lotta resistenzialeantifascista. Caduto il regime mussoliniano, De Gasperi funominato capo del Governo di unità nazionale che guidò ilcomplesso processo di transizione istituzionale alla Repubblica.Confermato primo ministro all’indomani del successo elettoraledemocristiano alle prime elezioni della storia repubblicanaitaliana (1948), fu ininterrottamente a capo del governo fino al1953, esercitando una leadership fondata sull'intreccio trarealismo politico, rigore morale e ancoraggio agli idealilibertari e democratici.

Furono, quelli della cosiddetta “età degasperiana”, gli annidel reinserimento dell’Italia nel consesso internazionale e dellaricostruzione del tessuto istituzionale, sociale ed economico delpaese, ridotto in macerie dalla guerra e da vent’anni di regimeliberticida. Accanto alla guida del processo di transizione allademocrazia, l’azione politica degasperiana del dopoguerra sisegnalò per uno spiccato impegno di stampo europeista, orientato adefinire le basi per la costruzione di un ordine politico edeconomico di carattere sovranazionale. Tra i più convinti fautoridella nascita della Comunità europea del carbone e dell’acciaio(CECA), ne divenne presidente nel 1954. Morì il 19 agosto dellostesso anno a Sella di Valsugana.

La piattaforma ALCIDE (Analysis of Language and Content In aDigital Environment) nasce dalla collaborazione tra due centri diricerca della Fondazione Bruno Kessler di Trento: l’Istitutostorico italo-germanico e il gruppo Digital Humanities del Centerfor Information and Communication Technology. Storici e informaticiumanistici hanno lavorato alla costruzione di un software originaledi analisi del discorso, che unisce strumenti di analisi dellinguaggio a modelli di visualizzazione di strutture daticomplesse.

La piattaforma consente diversi tipi di analisi automaticadei documenti: l’estrazione di concetti chiave, la ricercatestuale, il riconoscimento di nomi di persona e di luogo, lavisualizzazione dei network, l’individuazione delle co-occorrenze,l’analisi della complessità sintattica e semantica dei testi. Ilcorpus dei documenti riprende integralmente l’edizione A. DeGasperi, Scritti e discorsi politici, I-IV, sotto la direzionescientifica di Paolo Pombeni, Bologna, il Mulino, 2006-2009.

Gli scritti e i discorsi politici

Un modo originale per ripercorrere la biografia diAlcide De Gasperi è partire dagli oltre2.700 documenti in cui si è tradotta la sua attività digiornalista, intellettuale e uomo politico. Gli scritti e idiscorsi, che comprendono articoli di giornale, saggi, interventipolitici e istituzionali, documenti diplomatici, sono statiorganizzati in ordine cronologico-tematico.

1901–1918
Gli anni asburgici

1901-1918

Attivista politico e giornalista

1901-1918

Il lavoro nelle istituzioni. Trento, Vienna, Innsbruck

1901–1918
Gli anni asburgici

1919–1926
L’ingresso nella politica italiana

1918-1926

Giornalista e attivista politico

1919-1926

Nel Partito popolare

1921-1926

Parlamentare a Roma

1919–1926
L’ingresso nella politica italiana

1927–1942
L’esilio interno

1928-1942

Attività pubblicistica

1927–1942

Curatore editoriale

1927–1942
L’esilio interno

1943-1948
Dal fascismo alla Repubblica

1943-1948

Interventi sulla stampa e discorsi pubblici

1943-1948

Azione di governo e atti istituzionali

1943-1948

Attività di partito

1943-1948
Dal fascismo alla Repubblica

1948-1954
La costruzione della Repubblica

1948-1954

Interventi sulla stampa e discorsi pubblici

1948-1954

Azione di governo e atti istituzionali

1948-1954

Attività di partito

1948-1954
La costruzione della Repubblica

Strumenti di ricerca

Ricerca testuale

 

Permette di individuare lemmi o specifiche stringhe ditesto.

Rete Persone

 

Permette di trovare le reti di persone nominatecontestualmente..

Luoghi

 

Consente di individuare i luoghi nominati in un testo e/o illuogo di pubblicazione del documento.

Persone

 

Permette di trovare i nomi di persona e le reti di personenominate contestualmente.

Parole chiave

 

Consente di individuare termini e concetti checaratterizzano un documento o un insieme di documenti.

Co-occorenze

 

Consente di estrarre i termini che co-occorono con unachiave di ricerca.

Cosa puoi fare con Alcide

Per mettere in evidenza le potenzialità di ALCIDE, abbiamoisolato alcuni temi significativi dell’esperienza politica di DeGasperi e li abbiamo analizzati attraverso gli strumenti diricerca della piattaforma. Sono solo alcuni dei percorsi che ognilettore può immaginare e seguire.

De Gasperi e la suaretorica

Nella sua vita De Gasperi ha sempre lavorato con le parole:articoli di giornale, editoriali, discorsi tenuti in auleistituzionali dal Comune al Parlamento, o in assemblee e comizidavanti a un pubblico molto vario, composto, via via, da studenti,compagni di partito, folle nelle piazze. Ci si può allora chiederese ha mai riflettuto su questa sua attività di comunicatore, chetanta parte ha avuto nella sua vita.

Il discorsosull’Europa

Insieme a Konrad Adenauer, Rober Schuman, Jean Monnet ePaul-Henri Spaak, De Gasperi è considerato uno dei padri fondatoridell’Europa. Negli ultimi anni di vita lavorò con energia allacostruzione di un’unità politico-economica dell’Europaoccidentale, che ai suoi occhi rappresentava uno straordinariostrumento di pace, crescita e sviluppo per i paesi da poco uscitidalla guerra.

Temi e concetti

L’esame dei principali concetti chiave presenti negliscritti e discorsi di De Gasperi restituisce il senso di fusionetra idealità e realtà che ha caratterizzato lo sviluppo del suoprogetto politico. Fin dagli anni della formazione il giovaneAlcide ha mostrato una certa sensibilità nell'interpretare iprofondi mutamenti culturali e sociali in atto.

Religione e politica

Nella formazione e nella vita politica di De Gasperi ladimensione spirituale ha avuto un ruolo di grande rilevanza. Unaconferma indiretta del peso che la cultura religiosa ha avuto peril politico trentino viene dall’esame dei nomi di persona citatiall’interno dei suoi scritti e discorsi politici: la figura in assoluto più citata è Gesù Cristo(richiamato in 192 documenti), seguito da Mussolini (167),Togliatti (159), Nenni (145), Leone XIII (95)

Cultura e retorica

Spesso si dice che De Gasperi fosse un politico interessatopiù alla concretezza dell’azione che alla dimensione teorica eculturale. In realtà, però, De Gasperi nei suoi scritti accennaspesso a riferimenti culturali specifici, con finalità retoriche.

Partito e governo

De Gasperi è ricordato come uno dei maggiori statistiitaliani. Vero e proprio emblema dell’”uomo di Stato” portato aservire il Paese, egli è stato anche “uomo di partito” e “uomo digoverno”. Vale allora la pena chiedersi quale concezione abbiaavuto del partito e del governo, due dei principali poli intorno acui è ruotata la sua lunga azione politica.

Gruppo di lavoro

Supporto storico e linguistico

Maurizio Cau
ISIG, FBK

Matteo Largaiolli
Università di Trento

Sviluppo software

Sara Tonelli
Digital Humanities, FBK

Giovanni Moretti
Digital Humanities, FBK

Rachele Sprugnoli
Università Cattolica

Web design

Matteo Moretti

Tecnologie usate

La piattaforma è stata realizzata usando come gestione della base di dati un database relazionale interfacciato con un application server; nel specifico è stato impegatoMySQL per la memorizzazione dei dati eApache Tomcat come application server.Il trattamento del testo a livello linguistico è avvenuto attraverso l'utilizzo di vari tool di NLP (Natural Language Processing) per la lingua italiana.Per la segmentazione del testo, l'estrazione di lemmi, parti del discorso, nomi propri di persona e di luoghi geografici sono state usate le pipeline di analisiTextPro eTint.I concetti chiave invece sono stati estratti conKeyphrase Digger (KD).La georeferenziazione delle entità geografiche si è appoggia aNominatim.L'intefaccia è stata realizzata conReactJS esteso con specifici pacchetti per la visualizazzione dei dati.

Attulamente il sito e la piattaforma sono ottimizati per piattafome desktop

Questioni di stile

Nella sua vita De Gasperi ha avuto a che fare con molti testi,scritti e orali: articoli di giornale, editoriali, discorsi tenutiin sedi istituzionali, in assemblee e comizi davanti a un pubblicomolto vario, composto via via da studenti, compagni di partito,folle nelle piazze. Ha senso allora chiedersi se ha mai riflettutosu questa attività di comunicatore, che tanta parte ha avutonella sua vita.

Una prima domanda da porsi può essere: De Gasperi hamai scritto qualcosa sulla sua scrittura? Non tantissimo: se sicerca tra le keywords, si vede ad esempio che scrittura non comparemai, mentre compare, raramente, scrivere:

una prima volta nel 1915 in una breve risposta a un lettore, epoi nel 1950, in un articolo pubblicato sul Popolo, e rivolto ailettori democristiani perché promuovano la diffusione delquotidiano del partito.

Il documento è tardo, ma significativo per svolgerealcune considerazioni sul suo rapporto con la comunicazione.Innanzitutto, De Gasperi collega le sue idee sul giornalismo allasua esperienza giovanile:

«Giornalista anch’io in altri tempi, conoscoappieno la vita tormentosa dei miei ex colleghi, così magradi soddisfazioni e così folta di spine, affannata sempredall’ansia del lavoro e dall’impossibilità dirincorrere il ritmo frenetico di sempre nuove esigenze».

Questo richiamo a un’esperienza comune è un mezzoretorico molto efficace per stringere un legame con i destinatari– i giornalisti – a cui De Gasperi vuole dire:“anch’io sono stato giornalista e capisco perfettamenteil vostro ruolo e le vostre difficoltà”. De Gasperi nonragiona in astratto, ma parte dal concreto, dal suo lavoro. Siintuisce una precisa consapevolezza di almeno due fattori centralinella costruzione del discorso: il contesto e gli attori dellacomunicazione.

De Gasperi riconosce infatti che la lingua è unavariabile di cui si deve sempre tenere conto e sa chec’è una diversità sostanziale tra lacomunicazione scritta e la comunicazione orale:

«Dovremmo essere tutti d’accordo che il giornaleva compilato per chi legge, non per chi scrive o parla».

Da questo principio deriva anche il consiglio di non riportareintegralmente sulla pagina scritta i discorsi orali, ma diriformularli per renderli più adatti alla lettura:

«Plaudirò sempre alla redazione che avràil coraggio di sunteggiare o limitare la riproduzione dei discorsi– cominciando dai miei – alla parte sostanziale,preferendo che essa sia efficace e fedele piuttosto che diffusa ecompleta».

[Quando si leggono i suoi discorsi pubblicati sulla stampaquotidiana, ci si deve ricordare che non sono una trascrizioneletterale del discorso effettivamente pronunciato]

Al centro della volontà comunicativa di De Gasperic’è quindi la necessità di essere efficaci efedeli: efficaci, cioè in grado di farsi capire e diconvincere il lettore; e fedeli, cioè capaci di riportare leinformazioni in modo aderente alla realtà dei fatti.

Inoltre, De Gasperi individua con esattezza i protagonistidella comunicazione (il giornalista che scrive, ma anche il lettoreche legge), e coglie l’importanza che nel processocomunicativo riveste il destinatario. I giornalisti infatti devonosempre ricordarsi a chi si rivolgono (al lettore, al cittadinomedio) e proporre «una soluzione che soddisfi di volta involta l’esigenza della media dei lettori». Fondamentaleè quindi capire che cosa interessa il lettore e come fare perafferrare la sua attenzione.

Per intercettare l’interesse del destinatario, ilgiornalista o l’oratore deve adeguare la propria comunicazioneagli usi, agli standard linguistici, alle aspettative dei lettori odegli ascoltatori:

1946-11-16: «Altri aggiungeranno qui la loro parola diesperti e di economisti. Io non parlerò che il linguaggiocomune, rivolgendomi al senso realistico e al civismo degliitaliani»

De Gasperi sa che la comunicazione cambia al variare degliinterlocutori e che l’oratore deve saper calibrare il suostile a diverse situazioni:

1949-04-20: «nei comizi […] parlavo con parolasemplice e franca e senza avere il tempo di preparare idiscorsi»

Ciò non vuol dire che De Gasperi non prestasseattenzione alla costruzione dei suoi discorsi. E nemmeno che i suoidiscorsi siano “semplici”. Quello che vuole mettere inluce è l’immediatezza, la semplicità diun’oratoria che non cede alla retorica vuota e pomposa.

Questo ideale di concretezza e di efficacia si trova anche sesi cerca, ad esempio, l’uso che De Gasperi fa del lemmaparola:

Dalle co-occorrenze con LEMMA parola + Aggettivo, spiccanoinnanzitutto, come è facile intuire, alcune co-occorrenzegeneriche con ultimo e con solo che entrano nelle frasi fatte“avere, dire l’ultima parola” e “dire unasola parola”.

Ma accanto a questi aggettivi più generali, ci sonoanche alcuni aggettivi molto indicativi del modo in cui De Gaspericoncepisce la parola che può essere precisa, testuale,franca, semplice. Sono aggettivi che esprimo le caratteristiche dellinguaggio a cui De Gasperi pensa e che confermano proprio i duepoli della sua riflessione: l’adesione alla realtà el’immediatezza comunicativa.

Lo stile dell’oratore deve quindi essere convincente eimmediato, legato ai fatti e alla realtà delle cose, vicinoalla lingua del destinatario. È quello che De Gasperi affermaanche in altre occasioni, negli ultimi anni della sua vita: dapiù parti gli viene rimproverata una certa durezza di stile,che lui però nega sostenendo che non di durezza si tratta, madi un linguaggio diretto e senza filtri, che sembra duroperché dice le cose come stanno (a differenza di chi non ledice: cioè, nello specifico, i comunisti). De Gasperi ammetteche il suo linguaggio è aspro, rude e forte, ma perchévuole essere prima di tutto chiaro e veritiero:

1948-03-07, Discorso elettorale: «mi viene rivoltal’accusa di usare un linguaggio troppo rude»

1948-03-14, Comizio: «Nel mio linguaggio forte, maassolutamente veritiero, non ho mai ricorso ad accuse anonime; nonho mai avanzato sospetti»

1948-22-02:«Grave sarebbe però anche la responsabilità delpresidente del Consiglio [= De Gasperi stesso] se non smascherassequeste manovre e queste menzogne dei comunisti, se non rendesseedotti gli italiani del vero stato delle cose, con linguaggiodecisamente chiaro anche se gli viene rimproverato di essereaspro»

Quando si legge De Gasperi, l’impressione è chela sua prosa non è sempre facile, ma è anchepiù varia di quello che si può pensare. Spesso riescea alternare stili e registri, e li sa variare in base ai contesti:così, se in molti contesti, soprattutto nell’ultimafase della sua vita e in ambiti ufficiali, di partito eistituzionali, è molto controllato e misurato, dalla suaesperienza giovanile di giornalista emerge uno stile moltopiù vivace e creativo.

Il discorso sull’Europa

Insieme a Konrad Adenauer, Rober Schuman, Jean Monnet ePaul-Henri Spaak, De Gasperi è considerato uno dei padrifondatori dell’Europa. Negli ultimi anni di vita lavoròcon energia alla costruzione di un’unitàpolitico-economica dell’Europa occidentale, che ai suoi occhirappresentava uno straordinario strumento di pace, crescita esviluppo per i paesi da poco usciti dalla guerra.

Ma quale attenzione ha riservato De Gasperi all’Europanel corso della sua attività politica e pubblicistica? Unesame delle ricorrenze testuali e del loro contesto permette dievidenziare come nella prima parte del suo impegno il termine siastato utilizzato in un’accezione prevalentementestorico-geografica o . L’Europa eradefinita, in questo senso, dalle esperienze comuni che le nazionieuropee avevano maturato e valeva a circoscrivere uno spazio storicoe politico non unitario; più che un orizzonte politicoomogeneo, essa costituiva la cornice entro cui si svolgevano isingoli destini nazionali.

La “vecchia Europa” era un insieme di esperienzestorico-politiche in decadenza, attraversata da una profonda crisimorale, spirituale, civile e politica. Poco prima dello scoppiodella Prima guerra mondiale, «le ruine di questa vecchiaEuropa crollante» apparivano in tutta la loro evidenza, comesottolineava in uno scritto del febbraio 1913: «Come è nuda, come si rivela in tuttoil suo crudo egoismo codesta Europa moderna, proclamatasi tantevolte nei congressi e nelle esposizioni internazionali madredisinteressata dei progressi umani. E pure la mente si ribella alpensiero che la crisi manifestatasi negli ultimi anni e fattasiacuta negli ultimi mesi, diventi un male incurabile e letale. Uominidel secolo ventesimo che hanno tanto studiato e tanto esperimentatala vita sociale ed internazionale, non possono credere che la chinasu cui l’Europa va scivolando sia già la paraboladiscendente della nostra cultura e che ormai si pieghi verso ladecadenza. Noi dobbiamo sperare che si tratti solo di una crisipasseggera, di un sussulto momentaneo che scuota ma non distrugga ilpresente organismo. Ci sono infine in fondo a questa vecchia Europadelle grandi forze morali da far rivivere e fruttare. Dietro lefrasi vuote del moderno naturalismo sta ancora il grande patrimoniosecolare dell’idealismo cristiano. Come attingendo ad esse sirifanno gli individui così si rinnovano le nazioni.Così l’Europa potrà celebrare il suorisanamento. Illusione? Può essere; ma, in fondo, senzaillusioni la vita politica sarebbe insopportabile».

La «guerra universale», come l’avevadefinita già nel 1911 presagendone i contorni, avrebberappresentato uno spartiacque: l’Europa, e con essa«tutto il mondo antico che fino ieri si disse moderno»,sarebbe sprofondata in un’immensa rovina. A implodere non eraun progetto politico unitario di respiro sovranazionale, mal’insieme dei singoli percorsi nazionali e con essol’idea stessa di una cornice culturale e spirituale comune.

Tra il 1919 e il 1939 il discorso degasperianosull’Europa non cambia di segno: la connotazione è ancora storico-culturale, conuna particolare attenzione al dato spirituale, in cui venivarilevato il vero collante ideale tra le nazioni europee. Leattenzioni del politico trentino vanno così alle sorti dellacultura cattolica nel contesto europeo, più cheall’edificazione di un orizzonte politico comune. Emblematica,a questo riguardo, la riflessione condotta nei primi anni Trenta apartire dalla Storia d’Europa di Croce, criticata per non avercorrettamente messo in luce il ruolo propulsivo che il pensierocattolico ha avuto nello sviluppo della cultura democratica europeaRipensando la Storia d’Europa; Sulla Storiad’Europa. Anche i riferimenti all’attivitàdella Società delle Nazioni sono quelli di un analistainternazionale (in particolare negli anni Trenta, in cui fu attivocome esperto di politica internazionale per il quindicinaledell’Osservatore Romano), più che quelle di un politicoimpegnato attivamente alla costruzione di un disegno istituzionaledi respiro continentale.

Le cose mutano con la fine della Seconda guerra mondiale ed ilconseguente rimodellamento degli scenari politici internazionali. Un primo indicatore delprogressivo cambio di paradigma è dato dall’evoluzionelessicale, che fotografa il mutamento dell’orizzonte politicocontemporaneo: se prima il baricentro della riflessione degasperianariguardava l’”Europa centrale”, nel secondodopoguerra l’attenzione va all’”Europaoccidentale”, a testimoniare la divisione geopolitica subitadal continente all’indomani del conflitto. Ma a marcare conevidenza il nuovo passo del discorso di De Gasperi, che si faeuropeista in senso sempre più stretto, sono le espressionicon cui si riferisce alla realtà europea: “Unionedell’Europa”, “Europa unita”,“unità dell’Europa” (42 co-occorrenzecomplessive) e Consiglio d’Europa (37 co-occorrenze) sono leespressioni con cui il termine Europa ricorre con maggiorefrequenza. In ballo non è più la riflessione sulleradici storico-culturali del continente europeo, ma la costruzionedi un progetto politico volto a garantire pace, sviluppo economico esociale all’Europa occidentale, divenuta negli anni il modellodi “nuova Europa”.

Negli anni tra le due guerre De Gasperi aveva maturato laconvinzione che per salvaguardare la pace nell’ordinamentopolitico internazionale fosse necessario un superamento delladimensione nazionale e statuale. Negli scritti programmatici deiprimi anni Quaranta i riferimenti all’internazionalismo sonoancora generici e non troppo strutturati, legati alla difesa di unaprospettiva universalistica e sovranazionale alla quale non eranoperò attribuite caratteristiche specifiche. È solo apartire dal 1947 che l’ideale federalista ed europeista presecorpo in termini più definiti, e fu il frutto diun’opera di mediazione tra le istanze universaliste diprovenienza cattolica e modelli argomentativi maturati in ambientilaici. La base culturale intorno a cui si definìl’europeismo degasperiano è costituita dal solidarismocattolico, ma a quella componente si andò affiancando, nelcorso dei tardi anni Quaranta e in misura ancor più spiccatanei primi anni Cinquanta, una progressiva apertura all’opzionefederalista.

Per mezzo di una proiezione dei temi della libertà,della democrazia e della giustizia nel contesto internazionale, DeGasperi giunse a tracciare i lineamenti di una politica europeistaorientata al superamento dello Stato nazionale e delle formetradizionali della sovranità da perseguire attraverso lafondazione di istituzioni politiche sovranazionali. Il tutto in nomedella difesa della pace e della salvaguardia dellasolidarietà rinnovatrice intorno a cui si sarebbe dovutocostruire, sulla scorta del messaggio democratico-cristiano, ilnuovo ordine politico internazionale. Per lo statista italiano lacollaborazione economica doveva seguire quella politica, la qualeavrebbe dovuto rappresentare l’obiettivo primariodell’agenda internazionale dell’Europa postbellica. Lasua adesione al paradigma federalista era del resto strettamentelegata alla difesa e allo sviluppo del concetto di democrazia cheaveva maturato nel corso dei decenni precedenti, che costituiva lostrumento per garantire la convivenza civile e, attraverso di essa,la ricostruzione di un ordine internazionale di pace.

L’attenzione alla costruzione di un nuovo orizzontepolitico comune su scala europea è ben condensato nelleparole pronunciate da De Gasperi in un discorso alla radio nel 1952:«Non vi parlerò dell'Italia, ma dell'Europa e nondell'Europa di ieri o di oggi, ma dell'Europa di domani, diquell'Europa che vogliamo ideare, preparare, costruire». Negli ultimi mesi di vita DeGasperi, abbandonate le cariche di governo, investì molteenergie nell’edificazione della casa comune europea, fornendoun contributo importante al dibattito sul tema e dando conferma diquanto la prospettiva internazionale fosse per lui una componentefondante di quella nazionale. Come disse in occasione del suo ultimodiscorso pubblico, «nell’attuale situazioneinternazionale l’unica politica nazionale dell’Italiaè quella della solidarietà con i popoli liberi, ossia- non si gridi al paradosso - la politica nazionale è lastessa politica internazionale e sopranazionale».

Il cammino verso l’Europa unita sarebbe stato ancoralungo e tortuoso e avrebbe seguito percorsi non del tutto aderential disegno degasperiano, ma è innegabile che la definizionedel concetto politico di Europa deve molto all’esperienzadello statista trentino.

Temi e concetti

L’esame dei principali concetti chiave presenti negliscritti e discorsi di De Gasperi restituisce il senso di fusione traidealità e realtà che ha caratterizzato lo sviluppodel suo progetto politico. Fin dagli anni della formazione ilgiovane Alcide ha mostrato una certa sensibilitànell'interpretare i profondi mutamenti culturali e sociali in atto.Si prenda ad esempio la nuvola concettuale del discorso diMezzocorona del settembre 1901, uno deiprimi interventi pronunciati dal giovane De Gasperi, in cui egliesprime la propria fiducia nella militanza religiosa come strumentodi costruzione dell’identità politico-culturale delTrentino asburgico. Il discorso ruota intorno ad alcuni concettichiave come decadenza, cristianesimo, cultura moderna, colpe dioggi, cultura avvenire, rinascimento, riscossa cristiana,redenzione. Un insieme di termini ed espressioni che rivelano lecoordinate di un progetto di agitazione politica orientato allariscossa (culturale ma non solo) del movimento cattolico.

Il tema dell’identità religiosa resteràcentrale nella prima parte della sua attività politica,segnata da una vivace contrapposizione alle forze anticlericali. Leparole chiave lo esprimono chiaramente:liberalismo e socialismo sono i bersagli polemici intorno a cui sicostruisce il progetto del Partito popolare trentino. Le espressionie le aggettivazioni che co-occorrono coi termini liberalismo esocialismo confermano il peso che l’avversario ha nelladefinizione dell’identità politica del cattolicesimolocale: tra le espressioni più ricorrenti associate allapolitica dei liberali troviamocosì inetto, intollerante, vecchio, anticlericale,impenitente, miserabile; a descrivere l’azione dei socialisti ricorrono invece parole comeateo, anticristiano, organizzazione dell’irreligione. Comemostrano altri concetti chiave ricorrenti (Alto Adige,università e Volksbund), lo stesso meccanismo di costruzionea contrario dell’orizzonte politico vale per i temi legatialla difesa dell’identità nazionale del Tiroloitaliano, osteggiata dalle autorità imperiali e dai circolipangermanisti tirolesi.

Con l’ingresso nella vita politica italiana cambiarono(ma solo in parte) temi e orizzonti dell’azione politica di DeGasperi, il quale si ritrovò avivere su scala nazionale un’esperienza simile a quella fattain ambito locale nel Trentino asburgico, ovvero la costruzione di unpartito politico di ispirazione cattolica. Anche in questo caso sitratta di un progetto definito in alterità rispetto ad altreforze politiche (socialisti e fascisti su tutti), ma con una diversaaccentuazione del profilo programmatico rispetto agli annigiovanili. I temi prevalenti riguardano la giustizia sociale, ildecentramento amministrativo, la tutela della moralitàpubblica, la libertà di insegnamento. Come suggerisce lanuvola concettuale relativa al Discorso alla Camera dei Deputati del 24 giugno 1921, l’attenzione èancora centrata sull’identità nazionale del Trentino,che il passaggio al Regno d’Italia aveva rimodellatosignificativamente: non a caso i termini più rilevanti deldocumento sono Italia, nazione, provincie, domandiamo, autonomielocali, diritto storico. Una posizione centrale nel bagaglioargomentativo degasperiano del primo dopoguerra lo hal’espressione “Partito popolare”, cuoredell’esperienza politica di De Gasperi in quegli anni.È una presenza per molti versi ovvia, ma il suo datoquantitativo [parola chiave: partito popolare] testimonia ladeclinazione tutta politica che in quegli anni tenta di offrire delmessaggio cattolico. Nei turbolenti anni della crisidell’Italia liberale l’attenzione all’elementopolitico prevarrà in genere sulle riflessioni di caratterepiù strettamente culturale e spirituale. Una parzialeinversione di rotta si avrà negli anni del fascismo, cherelegheranno l’ultimo segretario del partito di Sturzo aimargini della vita politica nazionale.

Per De Gasperi, ostile al regime mussoliniano, l’unicospazio di intervento restava l’attività pubblicistica esaggistica. La centralità ricoperta tra la fine degli anniVenti e i primi anni Quaranta da termini come cattolicesimo,corporazioni, economia, Chiesa, libertà, Quadragesimo anno testimonia in forma abbastanza netta laprospettiva degasperiana di quegli anni, orientata a difendere ifondamenti del discorso cattolico-democratico da una prospettivaculturale prima che politica. L’insistenza sui fondamenti delmessaggio sociale cristiano e sul recupero dei principi dilibertà difesi dal cattolicesimo descrivono i contorni diquesta lotta politica trasfigurata, perseguita in sostanzialesintonia con gli indirizzi politici della Santa Sede.

Singolare, ma solo in apparenza, è l’assenza deltermine fascismo nella nuvola concettuale che descrive temi econtenuti affrontati nell’attività pubblicistica dellungo esilio. De Gasperi dà centralità alladiscussione delle proposte politiche concorrenti, quella socialistae comunista, che dal suo punto di vista minacciano le sorti stessedella civiltà europea. Più circospetti e misurati sonol’esame e la contrapposizione col fascismo. Per ovvie ragionile prese di posizione nei confronti del regime da parte di DeGasperi, sottoposto in quegli anni a stretta sorveglianza, nonpotevano che essere sfumate.

Lo suggeriscono anche i dati relativi ai nomi di personarichiamati con maggiore frequenza negli anni della dittatura: Mussolini è “solo” ilquinto personaggio più citato (presente in 27 documenti),preceduto da Gil Robles (citato in 35 documenti), Dio creatore (40documenti), Leone XIII (57 documenti) e Gesù Cristo (76documenti). La frequenza dei riferimenti a figure politichestraniere (ricorrenti anche i richiami a Roosevelt, Rosenberg,Papen) è favorita dal taglio internazionalista di buona partedella produzione degasperiana degli anni Trenta, ma la frequenza deirichiami a personalità di ambito religioso come Vogelsang oLeone XIII (il caso di Gesù Cristo e di Dio sono ovviamentecasi limite) conferma le caratteristiche dell’orizzonteargomentativo degasperiano di quegli anni, in cui il confronto conla politica nazionale avviene spesso per linee indirette.

L’ultima parte della vita politica degasperiana rifletteun orizzonte concettuale in cui a prevalere sono i temi impostidall’agenda politica. Convinto, adifferenza di alcuni ex compagni di partito, che non fossesufficiente far rivivere l’esperienza del popolarismo, DeGasperi si impegnò a dare forma ad un disegno politico capacedi richiamare la tradizione cattolico-democratica europea, ma con unapproccio programmatico rivolto al futuro. Il famoso documento Idee ricostruttive della democrazia cristianadedicato alle, l’atto fondativodella Dc composto in larga parte di suo pugno, testimonial’orizzonte ideale in cui si mosse la sua azione politica;l’asse concettuale intorno a cui si struttura il documentoè definito dai seguenti temi: popolo italiano,comunità internazionale, economia, libertà politica,giustizia, rappresentanza, accesso alla proprietà,libertà di coscienza, fraternità. Temi generali, chedescrivono in termini generali le basi ideali di un progettopolitico che si sarebbe definito nel tempo.

Quello della nascente Dc sarà, lo confermal’esame degli ambienti-idea dei concetti cardine deldocumento, uno spettro ideologico piuttosto ampio, forte ma pocodefinito, comprendente il recupero di vecchi stilemi della dottrinasociale della Chiesa, suggestioni personaliste assorbite daldibattito teologico d’oltralpe, richiami alla tradizionecattolico-liberale e ai modelli di democrazia rappresentativa,rimandi alla vecchia cultura guelfa alleggerita dei timbripiù conservatori.

In occasione dei discorsi programmatici degli anni a seguireil panorama ideale sarebbe rimasto pressoché stabile. Comemostrano, solo per fare due esempi, i nodi tematico-concettualiespressi nel discorso sulle Basi morali della democrazia pronunciato a Bruxelles il 20 novembre 1948 e nel discorsodedicato a La nostra patria Europa tenuto a Parigi il 21 aprile 1954, riguardano la libertà politica, ilcristianesimo, l’idea di civiltà, la pace,l’unione europea, il principio di solidarietà. Temi dilargo respiro che si ben si adattano alle occasioni ufficiali in cuisono stati richiamati, ma che si rifletteranno (non senza alcuniparziali rimodellanti) nella sua pratica politica.

La costellazione concettuale restituita dall’analisidegli scritti e dei discorsi composti tra il 1943 e il 1954 dà ancora centralità alla dimensionedi governo, elemento cardine della visione e della pratica politicadegasperiane, e a temi come le conseguenze della Conferenza di Paceo la funzione esercitata dagli Stati Uniti nel nuovo equilibriointernazionale. Non mancano naturalmente i riferimenti alle istanzeideali, come conferma la presenta tra i concetti chiavedell’ultima fase di temi come la cooperazione, la giustizia,la libertà, ma le sfide legate alla gestione della lunga ecomplessa transizione alla democrazia guidarono giocoforza la mano ela parola di De Gasperi.

Religione e politica

Nella formazione e nella vita politica di De Gasperi ladimensione spirituale ha avuto un ruolo di grande rilevanza. Unaconferma indiretta del peso che la cultura religiosa ha avuto per ilpolitico trentino viene dall’esame dei nomi di persona citatiall’interno dei suoi scritti e discorsi politici: la figura in assoluto più citataè Gesù Cristo (richiamato in 192 documenti), seguitoda Mussolini (167), Togliatti (159), Nenni (145), Leone XIII (95).Sono numeri che, pur nella loro genericità, indicanoun’attenzione tutt’altro che episodica perl’elemento religioso. I riferimenti a Cristo sono naturalmenteun caso limite, ma comunque significativo. I richiami a Leone XIII,il pontefice della Rerum Novarum promotore di un rinnovamentodell’impegno sociale della Chiesa, testimoniano in manieraanaloga la rilevanza che l’orizzonte religioso ha avuto nellamaturazione della proposta politica dello statista trentino.

La fede cristiana ispirò non solo gli ideali di DeGasperi, ma la sua stessa azione politica. Egli partecipòalla vita pubblica da cristiano, guardando alla cultura politica delcattolicesimo per trovare le categorie con cui interpretare larealtà. Lo mostra l’esame delle principalico-occorrenze che nel lungo periodo caratterizzano l’uso deltermine “cristiano”: “spirito cristiano”,“senso cristiano”, “Stato cristiano”,“popolo cristiano”, “pensiero cristiano”sono i termini che definiscono lo sforzo degasperiano di definire unapproccio cristiano alla politica, capace di condensare leidealità del messaggio religioso senza però dare vitaa una prospettiva politica piattamente confessionale. Del resto i primi passi DeGasperi li aveva mossi come giovane agitatore politico, convinto chei cattolici avessero il compito di rinnovare la cultura movendo allaconquista della vita moderna e aiutando in tal modo la Chiesa a daresoluzione alla questione sociale che affliggeva la classe operaia ela popolazione contadina.

Quale fosse il valore (e il ruolo politico) del cattolicesimo lo esplicitò in occasione delprimo Congresso cattolico Trentino nel settembre 1902:«O chiamate voi forse religione cattolica quelle quattrousanze rimaste per forza d’inerzia, come far battezzare ibambini, assistere a qualche funzione di parata e far posare lacroce sul feretro, mentre la vita privata e pubblica èinformata a principii pagani o a vieti compromessi, mentre i libri,la stampa quotidiana, l’arte, il teatro, le istituzioni sonoinspirati ad ideali che sono fuori o contro il cristianesimo? No, osignori, il cattolicismo è qualche cosa di piùintegrale, non estraneo a niente di bene, avverso a qualunque male,una regola fissa che deve seguire l’uomo dalla culla allabara, l’anima e il midollo di tutte le cose».

La rilevanza dell’elemento religioso non significaperò che la sua attività politica, in particolarequella della maturità, sia espressione della volontàdelle gerarchie ecclesiastiche. Per De Gasperi agire“cristianamente” non significava confondere il pianoreligioso con quello politico; il partito, pur espressione delmessaggio cristiano, doveva infatti conservare un’anima nonconfessionale, frutto di una divisione rispetto all’azionedella Chiesa.

Sulla centralità dell’ispirazione cristiana comemotore della sua pratica politica De Gasperi è intervenutopiù volte; basti pensare all’orizzonte entro cuiproiettava il progetto democristiano nella drammatica estate del1943: «Una democrazia rappresentativa, espressa dalsuffragio universale, fondata sulla eguaglianza dei diritti e deidoveri e animata dallo spirito di fraternità, che èfermento vitale della civiltà cristiana: questo deve essereil regime di domani». Per lo sviluppo democratico del Paeseera necessario, secondo De Gasperi, che il «lievito cristianofermenti in tutta la vita sociale, che la missione spirituale dellaChiesa cattolica si svolga in piena libertà, e che la vocedel Romano Pontefice, levatasi così spesso in difesa delladignità umana, possa risuonare liberamente in Italia e nelmondo».Ciò non significava, però, abbandonare una concezionepienamente laica delle istituzioni e rimettere alle gerarchieecclesiastiche la scelta degli indirizzi politici del partitodemocristiano. In questo De Gasperi fu sempre risoluto, anche acosto di scontrarsi duramente con altre anime della Dc e con ilVaticano stesso. In questo senso il leader della Dc difesel’autonomia della propria azione politica ricorrendo alprincipio di responsabilità e rivendicando la sostanzialelaicità dell’organizzazione politica democristiana, purin un contesto di chiara adesione ai principi cristiani.

Una netta propensione verso un approccio non confessionale altema dell’impegno politico dei cattolici si evince dainumerosi scritti dedicati negli anni alle varie esperienze delcattolicesimo politico europeo (tra cui la Lettera aperta aPadre Gemelli, 1926; Le direttive politico religiose del Zentrum,1928; I tempi e gli uomini che prepararono la rerum Novarum, 1931;Ripensando la Storia d’Europa, 1932). L’esperienza nellaVienna asburgica guidata dai cristiano-sociali di Lueger avevarappresentato per De Gasperi un significativo esempio di partitoorientato ad un’azione politico-sociale ispirata alle basietiche del cristianesimo. Come scriveva in un articolo del dicembre1907, «i cristiano sociali non sono un partito confessionale:hanno un programma politico e le loro azioni come deputati vannogiudicate, quali azioni politiche, né è giustochiamare a renderne conto la Chiesa cattolica o ilcattolicismo». Le forze politiche cattoliche dovevanotendere «a che la Chiesa trovi più giustaconsiderazione nella vita pubblica» e contribuire allariscossa del pensiero cristiano sulle ideologie concorrenti, inparticolare liberalismo e socialismo, ma nel rispetto delladivisione tra sfera religiosa e orizzonte politico.

Anche l’esempio del partito cattolico tedesco delZentrum fu per De Gasperi di particolare rilevanza. Con esso ilcattolicesimo aveva mostrato di potersi aprire all’esperienzacostituzionale moderna e di voler difendere la laicità delleistituzioni senza per questo rinnegare la propria ispirazionereligiosa. Non a caso a quell’esempio De Gasperi feceesplicito richiamo nel febbraio 1944 all’interno di uno deiprincipali documenti programmatici della neonata Democraziacristiana: «perché del Zentrum germanico non siutilizza anche la tradizione politica?» Il che significava cooperare alla costruzione dello Stato,«garrire la bandiera civile della libertà»,lavorare per garantire la dignità dei cittadini el’uguaglianza dei loro diritti.

Come ricordava in chiusura di un intervento al Consiglionazionale della Dc del 1950, «la Dc è sociologiacristiana messa in pratica. Siamo un partito riformatore,rinnovatore, che va avanti, che può adattarsi a qualsiasiforma a meno che non sia una forma negatrice della libertà.Nostra speranza: riuscire a far fermentare lo spirito cristiano inmodo di restaurare una coscienza civica e politica fondata suinostri princìpi». Era la conferma del principiodi laicità a cui si era riferito nell’estate del 1949 aconclusione del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristianatenutosi a Fiuggi: «A questa “laicità”basta la Costituzione, a cui gli spiriti credenti hanno collaboratovotandola così come è, non perché ritenesseroche l’invocazione a Dio avrebbe menomata la dignitàumana e il libero arbitrio (…) ma perché sanno chenella Costituzione di uno Stato moderno non è necessarioproclamare le proprie credenze, quanto è indispensabile diaccordarsi su norme di convivenza civile che colla libertà ditutti, difendono anche la libertà della fede».

L’azione degasperiana del secondo dopoguerra si èmossa tra questi due poli: condurre il mondo cattolico alla pienaaccettazione del principio democratico mostrando che «iprincìpi fondamentali della Chiesa cattolica sonoconciliabili con le regole di convivenza e di condotta in uno Statomoderno e costituzionale ispirato a giustizia elibertà», e preservare il partito da ingerenze troppomarcate da parte della gerarchia ecclesiastica distinguendo, senzagiungerle a separarle irrimediabilmente, la sfera religiosa daquella politica.

A costo di andare incontro a notevoli difficoltà con legerarchie vaticane, De Gasperi mantenne sempre fedeall’esercizio in senso laico di una politica poggiata su saldebasi cristiane. Del resto tra gli obiettivi di un partito politico equelli della Santa Sede non poteva esserci piena aderenza; comeandava confidando alle persone a lui più vicine,«aiutare certo, nella ricostruzione delle chiese, ma ammettereinterferenze, nelle nomine dello Stato, no […]. Noi, in quantouomini politici, abbiamo un ideale, la democrazia, che la Chiesa nonha, ne ha ben altri». Un principio che aveva espressopubblicamente, seppur in forma più sfumata, in uno dei suoiultimi discorsi, quello pronunciato a conclusione del congressodella Dc del giugno 1954: «Nessun dubbio che nella sfera cheè della Chiesa la nostra adesione è piena, sincera.Tale sentimento si estende anche alle direttive morali e sociali,contenute nei documenti pontifici, che quasi quotidianamente hannoalimentato e formato la nostra vocazione alla vita pubblica. [...]Ma è anche vero che per operare nel campo sociale e politiconon basta né la fede né la virtù; convienecreare e alimentare uno strumento adatto ai tempi, il partito,cioè una organizzazione politica che abbia un programma, unmetodo proprio, una responsabilità autonoma, una fattura euna gestione democratica».

Dalla lettura dei suoi scritti, il senso di fedeltà diDe Gasperi per il messaggio cristiano ed il rispetto per lagerarchia vaticana appaiono in tutta evidenza. La sua azionepolitica ha sempre trovato fondamento e ispirazione in una spiccatareligiosità, ma si è trattato di una fede che non hamai compromesso il senso di autonomia politica nei riguardi dellaChiesa. In fondo tra i principali meriti di De Gasperi ci fu propriol’aver riassorbito da una prospettiva laica, democratica elibertaria, gli storici steccati che a lungo avevano diviso politicae religione cattolica.

Cultura e retorica

Spesso si dice che De Gasperi fosse un politico interessatopiù alla concretezza dell’azione che alla dimensioneteorica e culturale. In realtà, però, De Gasperi neisuoi scritti accenna spesso a riferimenti culturali specifici, confinalità retoriche.

Se si cerca il lemma Dante – un nome dalle chiarerisonanze culturali – con le co-occorrenze, si trovano alcunisostantivi di facile spiegazione come monumento (di Trento), Italia,padre, patria, e nomi di altri artisti, come Raffaello eMichelangelo. Altri sostantivi sono meno intuitivi: un casointeressante è, ad esempio, quello di libertà. In unprimo discorso (del 29 gennaio 1904), Dante è citato per unfamoso verso della Divina Commedia:

“è sintomatico che il motto di Dante«libertà va cercando ch’è si cara»trovi anche nella pratica degli studenti nostri tutte leinterpretazioni fuori di quella che gli diede l’autore dellamirabile visione” (1904).

De Gasperi contesta l’interpretazione corrente delverso, datagli dai giovani socialisti, di “libertà dipensiero”, perché non terrebbe conto del verosignificato che lui invece vi riconosce, di “libertàcristiana” e “morale”. In questo primo passo, inrealtà, De Gasperi cita il verso, ma non si dilunga inspiegazioni.

In secondo caso, il giovane giornalista De Gasperi espone lasua posizione al riguardo in modo molto più articolato:

“E qui è caratteristico per l’adulterazionedel significato delle parole, prodotta universalmente dalliberalismo, la falsa interpretazione che da noi s’èvoluto dare ad un verso dantesco. [...] La libertà che Danteandava cercando, è dunque trovata. Ma è forse lalibertà dei «liberi pensatori»? No, è lalibertà cristiana, la libertà morale. [...] la mente,se vuole che la conoscenza corrisponda alla realtà, deveseguire la legge del pensiero, che è la verità. Inquesto senso è scritto che «la verità cifarà liberi» (Giovanni VIII, 31).” (1912)

Un terzo passo che si può trovare è un po’più complicato: il nome di Dante compare in un passaggio diCesare Balbo, che De Gasperi cita per confutare alcune opinioni diBenedetto Croce:

“Già nelle «Speranze d’Italia»il Balbo si era rivolto contro la tendenza che gli amici delcattolicismo parevano accettare dai suoi nemici, quella cioèdi far risalire tutto il movimento di libertà alla riformaprotestante. «La ragione non aveva bisogno di emancipazionedopo Dante, Tomaso, Machiavelli. La libertà e la licenza nonerano figliate dalla libertà e licenza di coscienza,già vecchie come erano di quattro secoli nei comuniitaliani…».” (1935)

Questo uso particolare deve essere collocato nel suo contestodiscorsivo, di polemica intellettuale in difesa del pensierocristiano europeo; tuttavia, anche solo la registrazione di questacitazione è indicativa, perché conferma chel’associazione tra Dante e la libertà non arrivi a DeGasperi dal nulla, ma abbia alle spalle una tradizione di pensieromolto ben definito (quello del cattolicesimo ottocentesco). Inoltre,tra tutte le possibili citazioni da Balbo, De Gasperi ricorda quiproprio un passo che affianca Dante e libertà, adimostrazione di come il nesso tra l’uno e l’altrafossero ben presenti alla sua memoria e a lui congeniali.

Un quarto passo, infine, che appare in chiusura di un comizio,riprende Dante con un linguaggio estremamente aulico, con una fortecarica emotiva:

“Cercavo io qualche cosa di sicuro, di incontestabile,di eterno che riaffermasse la nostra fede nei destini della patria,che fosse il segno supremo della nostra storia, l’ancora dellanostra speranza, la sorgente perenne della nostra civiltà epiegai le ginocchia dinanzi alla tomba di Dante. Egli che avevabattagliato per la libertà politica aveva infine riposato nelpoema della redenzione e della libertà religiosa.”(1951)

Qui, oltre che permettere l’evocazione dellalibertà e della chiara associazione tra Dante e la“nostra civiltà”, nominare il poeta ha unaevidente funzione retorica. L’obiettivo di De Gasperi ècommuovere i suoi ascoltatori, trascinarli a credere a quello chesta dicendo. Per farlo usa parole che rinviano a valori di grandeimpatto, e dalla forte connotazione religiosa: eterno, fede,destini, patria, supremo, storia, sorgente perenne,redenzione… Potremmo dire che qui De Gasperi è retoriconel senso comune del termine: adotta uno stile molto elevato, unaforma molto elaborata, ma quello che gli interessa, più cheil contenuto in sé, è proprio l’effetto che leparole esercitano su chi le ascolta. Nel 1951, a Milano, un discorsopubblico di De Gasperi raccoglieva migliaia di persone, che silasciavano entusiasmare, trascinandosi a vicenda: è un mododi comunicare che incide sul testo, e di cui dobbiamo sempre tenereconto nel valutare un documento. In questo contesto Dante e lalibertà diventano un mezzo, un pretesto per creare un vincoloemotivo con dei possibili, futuri elettori.

Naturalmente, queste quattro occorrenze della figura di Dantenon sono le uniche, nel corpus degasperiano, anzi. Dante Alighiericompare molte altre volte, e per capire bene il significato chericopre nel pensiero di De Gasperi, è necessario collocarlenel loro contesto più ampio. Dante spesso è nominatoin quanto portatore di valori dell’italianità,cioè della cultura e della storia di Italia, e come poeta euomo cristiano, che ha saputo vivere con piena coerenza la sua fedee il suo impegno politico.

Il valore politico e retorico che Dante assume negli scrittidi De Gasperi si spiega in virtù della grandepopolarità di Dante stesso: tutti a scuola l’avevanoletto e tutti, appena ne sentivano il nome, lo associavano a valoriforti di identità nazionale. Evocarlo contro i nemici,citarlo in un comizio permette a De Gasperi di creare un senso diappartenenza con i suoi lettori e i suoi ascoltatori. È comese dicesse: “io e voi siamo accomunati dalla stessa percezionedi questo grande poeta, italiano e cattolico”.

Partito e governo

De Gasperi è ricordato come uno dei maggiori statistiitaliani. Vero e proprio emblema dell’”uomo diStato” portato a servire il Paese, egli è stato anche“uomo di partito” e “uomo di governo”. Valeallora la pena chiedersi quale concezione abbia avuto del partito edel governo, due dei principali poli intorno a cui è ruotatala sua lunga azione politica.

Un primo elemento da segnalare riguarda la rilevanza che i duetermini hanno negli scritti e discorsi degasperiani. In particolare, governo rappresenta la key wordpiù significativa dell’intero corpus, partito la nona.È un dato che non stupisce e che naturalmente non vasovrastimato, trattandosi di termini ovviamente centrali nellapubblicistica di un leader di partito e di governo cosìlongevo. In linea generale è possibile notare come il terminepartito sembri avere un peso particolare nella prima parte della suaesperienza politica, mentrel’insistenza sul governo come snodo centrale delle sueriflessioni (e della sua azione politica, visto che fu Presidentedel Consiglio dal 1945 al 1953) sia un fenomeno caratteristico inparticolare dell’ultima fase della sua attivitàpubblica.

Un’analisi delle co-occorrenze del termine partitopermette di comprendere come per il primo De Gasperi esso nonrappresentasse il motore esclusivo della vita sociale; il partitocostituiva infatti solo uno degli organismi attraverso cui siesprimeva la vita politica, economica e sociale di unacomunità. Era una visioneper così dire limitata del partito, che per De Gasperirappresentava anzitutto uno strumento di mobilitazione elettorale ericopriva un ruolo di sostegno rispetto al vero fulcrodell’organizzazione cattolica, che nel Trentino di quegli anniera rappresentato dal Comitato Diocesano. Lo avrebbe ricordato nel1920 all’assemblea del Partito popolare trentino: «Lesocietà cattoliche o i sindacati hanno una propria sferad’azione ed una funzione particolare. Il partito politico nonle assorbe né pretende dirigerle o sfruttarle, chéesse hanno vita propria e, direi, anteriore e superiore al partito,ma ne appoggia l’azione quando essa rientra nella direttivadel suo programma».

Gli anni modificarono naturalmente molte sfumature nellavisione degasperiana del partito, a partire dalla stretta dipendenzanei riguardi della gerarchia ecclesiastica, ma si conservò infondo una visione non troppo strutturata del partito, cosìcome rimase inalterata la convinzione nella sua sostanzialesubalternità rispetto all’azione esercitataall’interno delle istituzioni. «Il partito è unorganismo limitato», avrebbe scritto nel gennaio del 1944,«che non ha da proporsi di fare o innovare in tutti i campi,perché è consapevole che altri organismi socialiagiscono nello stesso tempo e nello stesso spazio su diversipiani». Inaltre parole, il partito era espressione solo di una porzione dellasocietà e non ne rappresentava una sintesi politica organica.In questo senso il partito doveva essere «soprattutto unostrumento organizzativo», dunque un'organizzazione chenell'attività ministeriale e parlamentare avrebbe dovutoindirizzare solo una parte delle proprie energie, da dedicareegualmente alla formazione politica e all'intervento diffuso nellediverse realtà territoriali del paese. Certo, il partitorappresentava lo spazio per dare unità politica ai cattolici,ma non doveva rappresentare l’elemento trainantedell’attività parlamentare e di governo, alle quali erainvece subordinato.

Lo avrebbe ricordato ancora in occasione del Congressonazionale della Democrazia cristiana del giugno 1954,sottolineando che «il partito non è una organizzazionefine a se stessa, ma è un quadro animatore e organizzatoredel corpo elettorale». Nel ricordarlo, il politico trentinotornava a ribadire la doppia funzione del partito, quella di forniredemocraticamente le direttive politiche ai rappresentanti e allegislatore e quella di favorire, in quanto «quadro di unarealtà più vasta che deve interessare il corpoelettorale», «frequenti e costanti scambi di idee conforze parallele […] come gli organismi professionali,sindacali, di educazione», promuovendo al tempo stesso nelleregioni un contatto stabile col notabilato della periferia.

Come testimonia l’intervento all’Assembleanazionale della Dc del gennaio 1949, dunque in un momento incui il consenso elettorale democristiano aveva superato il 48%, ilpartito era visto come uno strumento al servizio del paese:«Il partito [...] non si considera fine a se stesso néserve idealità e interessi estranei alla nazione. Il partitoè parte ma è parte al servizio del tutto, il paese,l’Italia. Quando studiate nuovi organismi o strutture dovetedomandarvi soltanto se esse possono meglio servire il paese o ilpopolo italiano. Questa idea del servizio sociale, del serviziopolitico deve essere l’idea fondamentale che ci distinguedagli altri. Siamo un partito nazionale unitario». Del restol’evoluzione del quadro politico nazionale el’estromissione delle sinistre dal governo aveva in poco tempomutato la dimensione progettuale del partito cattolico.

Dalla dichiarazione del giugno del 1945 in cui definiva la Dccome «partito di centro che muove verso sinistra»(link), si era arrivati all’inquadramento della Democraziacristiana come partito di governo, o meglio come «partitonazionale» che trovava nel centrismo la formula di governocorrispondente: «È necessario, amici miei»,dichiarava nel novembre 1947 al Congresso di Napoli [link],«giunti a questo punto, che voi facciate uno sforzoparticolare per inquadrare il Partito nella nazione e diventarePartito nazionale».

Si può dire che De Gasperi abbia inteso imporre alpartito lo stesso atteggiamento che poneva alla base del proprioagire politico, ossia la sottomissione alle esigenze del paese:«Quando parlo di partito – ricordava nel febbraio del1953– penso al partito come strumento e forza dellanazione; perché, in fondo, la sommissione vuol diresommissione agli interessi della Nazione». Legatoall’idea di responsabilità politica e lealtàallo Stato che vedeva testimoniata nella forma più nobiledalla storia del Zentrum germanico, il partito tedesco diispirazione cattolica fondato nel 1870, De Gasperi ha avanzato apiù riprese l’idea di un partito capace dirappresentare l’interesse generale e di lavorare alperseguimento del bene comune indipendentemente dalle propriecaratterizzazioni specifiche. Lo ha ricordato nel 1949 in undiscorso ai dirigenti lombardi della Democrazia cristiana:«Quando si diventa partito di maggioranza, interprete dellamaggioranza del paese, allora, pur mantenendo nel nostro cuore, nelnostro sentimento le nostre idee particolari, noi abbiamo il compitoe il dovere di prospettare innanzi alla nostra coscienza quello chepuò essere il modo migliore di servire il paese».

Si è scritto che De Gasperi abbia difeso il primatodelle istituzioni più che la supremazia dei partiti, ai qualiera chiesto di svolgere un’azione di cerniera tral’esecutivo e la realtà sociale. Nella complessadinamica politica e istituzionale, la preminenza andava riservata algoverno, quindi alla maggioranza parlamentare, e solo in ultimaistanza al partito. Lo avrebbe ricordato al Congresso nazionale diVenezia nel giugno del 1949 in polemica con Dossetti:«Stimolare e preparare è del partito, deliberareè del Parlamento, eseguire è del governo».Proprio intorno ai rapporti tra la pratica di governo e il partitosi consumò non a caso il contrasto con la sinistrademocristiana, la quale puntava ad accentuare la prospettivaprogrammatica della Dc ed il suo potere di indirizzo nei confrontidel governo.

In ogni caso De Gasperi, che ben conosceva i limiti di unaprospettiva politica portata a far coincidere l’azione delgoverno con l’indirizzo statale, condannò le posizioniorientate a mitizzare il governo e i suoi poteri. Lo ricordòall’indomani della sua nomina a Presidente del Consiglio:«È assurdo formarsi un concetto magico del potere delloStato e del governo […] Come presidente del Consiglio ammettoche il governo è forse la collettività, ma mi rifiutodi accettare la massima tutto nello Stato e niente fuori delloStato. […] Poiché la realtà è chel’elemento principale della storia è l’uomo e chel’organizzazione sociale ha la sua più alta base sufattori che non sono compresi nell’idea di Stato: la famiglia,la chiesa, l’università, le associazioni private diassistenza, i sindacati, gli altri istituti della cooperazionearmonica dalle quali si esprimono le forme più alte dellavita organica di un popolo”.

Non gli furono risparmiate, negli anni che lo videro allaguida dell’esecutivo, le accuse di voler instaurare «ilgoverno del cancelliere», puntando a soffocarel’attività delle Camere e, con esse, il principiodemocratico. A queste accuse De Gasperi, per il quale il governoparlamentare era la garanzia di sopravvivenza della democrazia,ribatte in termini sempre accesi, come in occasione di un interventoal Senato il 30 giugno 1949: «Il Governo ha la visionee il ricordo del passato, e non dimenticate che io sono stato unodei difensori della libertà parlamentare sull’Aventino,e sono rimasto fedele nella mia vita a questo principiofondamentale, a questa esigenza democratica e più che mai,subito dopo, nelle mie manifestazioni politiche – ed anchequest’anno – mi sono sempre allarmato di qualunquemovimento antiparlamentare sorgesse, sia che venissedall’opposizione o da altri partiti o dalla piazza».

L’esecutivo per De Gasperi aveva il compito «diprendere l’iniziativa della maggioranza» e di governare,ma senza mai sottrarsi al controllo del Parlamento. La base delprincipio democratico, del resto, era la «fiducia nel sistemaparlamentare senza riserve». La democrazia si fondava sullarappresentanza parlamentare e sul principio di maggioranza e ilfuturo del paese andava costruito entro quelle coordinate.


[8]ページ先頭

©2009-2025 Movatter.jp