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L'Età del Ferro e il periodo Celtico(900 a.C. - 100 a.C.)

Il nord Italia nel periodo Celtico

Disertato dalle popolazioni per circa quattro secoli, il territorio lomellinoinizia nuovamente ad animarsi nella parte II di Golasecca, nel corso del VI e poi nel V secoloprima di Cristo, grazie al ripopolamento avvenuto da nord e da ovest da parte di popolazionicelto-liguri o semplicemente celtiche: vediamo, infatti, gradualmente nascere tutta una serie diinsediamenti, dislocati soprattutto lungo il corso del Ticino. Non a caso il villaggio piùimportante della prima Età del Ferro è situato proprio lungo il paleoalveo diquesto fiume, a Santo Spirito di Gropello Cairoli. Sempre lungo il Ticino, nello stesso periodo,si sviluppa anche il commercio etrusco con i popoli transalpini: a Garlasco, infatti, adocumentazione di ciò, è stato rinvenuto un bacile bronzeo di fabbrica orvietana.

Un periodo ancor più interessante nella storia antica della Lomellina,tuttavia, è la successiva seconda Età del Ferro, o Età Celtica. Non viè praticamente un attuale comune della Lomellina nel quale non sia stato rinvenutomateriale celtico, soprattutto riguardante i secoli II e I a.C., secoli contraddistinti da unaparticolare floridezza economica e da un incremento demografico, simili a quelli che abbiamovisto caratterizzare l'Età del Bronzo. I principali centri di cultura celtica sonocomunque: Vigevano (La Sforzesca), Gambolò (Belcreda), Gravellona, Garlasco, GropelloCairoli, Valeggio (Cascina Tessera), Dorno, Scaldasole, Sannazzaro, Lomello, Pieve del Cairo.

Il periodo caratterizzato dalla cultura celtica ha inizio in Lombardia attornoal IV sec. a.C., quando i Celti (Galli per i Romani) varcano una seconda volta le Alpi edinvadono l'Italia settentrionale, spingendosi in breve tempo fino a Chiusi (338 a.C.) e, quindi,a Roma, che viene presa e saccheggiata (336 a.C.). Tra le varie tribù celtiche stanziatesiin Lombardia, un ruolo di rilievo occupano proprio quelle che pongono la loro sede in Lomellina.Le fonti storiche ci testimoniano la presenza di tribù nella nostra zona: secondo Pliniosono i Levi e i Marici, di origine ligure, fondatori di Pavia (Ticinum), e i Libici,fondatori di Vercelli; secondo Livio, i Libui (Libici) e i Levi; secondo Polibio, i Libici,liguri celtizzati, che si sono mossi coi Galli per fermarsi ad ovest della Transpadana.

A questi popoli si deve la primitiva colonizzazione della zona che, all'epoca,si presenta in gran parte acquitrinosa e quasi interamente coperta da fitte boscaglie: la sceltadei terrazzamenti diluviali per la fondazione del primi nuclei abitati è perciòobbligata. Numerosi centri vengono fondati sulle sponde dei corsi d'acqua, alcuni dei quali,trasformandosi in empori fortificati, sopravvivono alla successiva conquista romana. Di questi,Vigevano resta uno degli esempi più probabili.

I Celti sono alti, biondi, e di corporatura robusta. I Romani, che siscontrano con loro in battaglia, rimangono colpiti dal loro aspetto terrificante e specialmentedai loro capelli. Sembra infatti che i guerrieri celti li imbevessero di acqua mista a gesso,per indurirli e schiarirli. Li tirano in seguito indietro verso la nuca, in modo che,asciugandosi, rimangono rigidi come una criniera di cavallo. Alcuni portano la barba, ma lamaggioranza di essi ha solo i baffi lunghi e spioventi.

I Celti sono senza dubbio dei bungustai, e vari ritrovamenti in Europa hannoappurato che mangiano molta carne. Gli ossi animali trovati nelle cittadine celtiche (gli"oppida") e nelle tombe, dove i ricchi defunti ricevono come offerta pezzi di carne,indicano chiaramente che la selvaggina non ha alcuna importanza per l'alimentazione. Per la vitaquotidiana dei Celti, il ruolo del cinghiale è più importante come divinitàche nella cucina, mentre sono stati rinvenuti soprattutto resti di maiale, di pecora, di capra edi manzo.

Ma i Celti sono conosciuti soprattutto come grandi amatori di vino. Gliesportatori ed i mercanti di vino greci e romani fanno affari con i ricchi celti. Chi nonpuò permettersi vino beve birra ed una specie di miscuglio al miele, per ubriacarsi. DaDiodoro Siculo sappiamo che: "Amavano straordinariamente il vino che i mercanti portavano e lobevevano così avidamente che, divenuti ebbri, cadevano in un profondo sonno o in impetidi furore. Così molti mercanti italiani, spinti dalla loro abituale cupidigia, nonmancavano di approfittare dell'amore dei Galli per il vino. In cambio di un'anfora di vinoricevevano un giovane schiavo, barattando così la loro bevanda con un coppiere". Tral'altro, il sabbioso terreno lomellino è particolarmente adatto alla coltivazione dellavite ed in Lomellina, all'inizio del II sec. a.C., è stato elaborato un particolarerecipiente, che ha la funzione di contenere proprio il vino: il vaso a trottola. Da qui, poi, ilvaso si è diffuso in Lombardia e nei territori limitrofi, ma con una particolareconcentrazione nei territori situati lungo il corso del Ticino e dei suoi affluenti. La suasparizione si ha con la romanizzazione, attorno agli anni 40-30 a.C., quando viene sostituitodall'olpe romana. Spesso il corredo per la libagione è accompagnato dalle coppe inceramica a vernice nera, che nel II-I sec. a.C. vengono fabbricate anche in Lomellina.

Prendendo in considerazione l'armamentario del guerriero di alto rango,possiamo constatare che è composto da svariati elementi. La spada, simbolo di coraggio edi autorità, reca talvolta una punzonatura figurata ed è sostenuta da una catena.La lancia ha la punta ed il puntale in ferro. Tra le armi difensive vi sono l'elmo e lo scudo(ovale, rettangolare o esagonale), con umbone centrale per riparare la mano. Completano ilcorredo il coltello, le cesoie, il rasoio e, talvolta, l'ascia. Il"carnyx" è unagrande tromba da guerra, tenuta verticalmente per portare il suono più lontano e peratterrire il nemico.

Gli elementi sui quali basare una ricostruzione del vestiario nella secondaEtà del Ferro in Lomellina sono piuttosto scarsi. Ipotizziamo l'indumento base maschilee femminile semplice come una tunica, stretto in vita da una cintura in tessuto che, a volte,è chiuso da anelli in ferro o in bronzo. Le fibbie con bottone rialzato servonoprobabilmente ad agganciare delle cinture non di tessuto, ma di cuoio. Il mantello vieneagganciato sulla spalla sinistra mediante una grossa fibula, che nel nostro territorio ègeneralmente quella di tipo Pavese; sono attestate. però, anche grosse fibule in ferro(a Gambolò e Gropello) e le grandi fibule a corpo fogliato (a Dorno, Lomello e Valeggio).

L'elemento più diffuso è di gran lunga proprio la fibula,poichè riassume in sé valore sia funzionale che decorativo. La loro collocazioneè sulle spalle o sul petto. Quando sono utilizzate in un certo numero, vengono dispostea coppia su varie altezze, fino alla vita. Tra gli anelli digitali, vi sono quelli a bocca dipesce, quelli a castone ed a vera. Numerosi sono i braccialetti rinvenuti negli scavi lomellini,persino in pasta di vetro ed in argento. Essi vengono indossati all'omero ed al polso. Non sipuò parlare in Lomellina di vere e proprie collane costituite da un sufficiente numero divaghi: generalmente si tratta di vaghi in pasta vitrea, o di semplici anellini in bronzo o inferro, che probabilmente sono appesi al collo mediante un legaccio.

Nell'abbigliamento femminile compaiono più o meno accessori metalliciidentici a quelli maschili: gli ornamenti, però, sono più ricchi. Una donna celtaè in grado di indossare senza difficoltà più di una quindicina di fibule.Le donne celte sono alte e robuste: hanno i capelli lunghi, che portano sciolti o intrecciati.Tengono molto al loro aspetto: si tingono le sopracciglia di nero e si scuriscono le labbra ele guance con succo di bacche di sambuco. Di solito le donne dedicano l'intera giornata acucinare, a curare la conservazione dei cibi, a filare, a tessere e ad allevare bambini.Tessono le stoffe dai colori vivaci su dei telai verticali. I fili dell'ordito, attaccati inalto, sono tenuti in posizione dal peso di pietre forate o da blocchetti d'argilla (pesi datelaio).

Anche nella seconda Età del Ferro gli insediamenti in Lomellina sonoper lo più ancora localizzati sui dossi posti lungo i paleoalvei fluviali. Ognitribù ha il proprio villaggio. Ceramica di tipo domestico è stata recuperatain vari siti di Gravellona, a Gambolò (Belcreda) ed a Gropello (Santo Spirito). Le capannesono semplici costruzioni di pali e di tronchi d'albero, che poggiano direttamente sul suolo: lefessure vengono chiuse con l'argilla. Nell'area celtica a nord ed a ovest delle Alpi, invece,nello stesso periodo (soprattutto a partire dalla seconda metà del II sec. a.C.) sidetermina una tendenza verso insediamenti di grandi dimensioni, dall'aspetto di città(chiamate dai Romani "oppida"). Occupano una grande superficie in un luogo di facile difesa,sono circondati da un muro di pietre, da terrapieni e da palizzate in legno. All'interno vi sonobotteghe artigianali di ogni genere ed il santuario. L'economia dei villaggi lomellini è,invece, a carattere esclusivamente agricolo-pastorale. Se, come ha scritto Tito Livio, sonostati l'abbondanza di vino e delle messi che hanno spinto i Galli a valicare le Alpi e adinvadere l'Italia, la Lomellina deve senza dubbio essere stata da loro giudicata un territorioidoneo alle aspettative. Gli invasori, quindi, si sono gradualmente trasformati in agricoltoried in pastori, pacificamente stanziati su un territorio fertile.

Dopo la I guerra punica (264-241 a.C.), 50.000 fanti e 25.000 cavalieri Celtivalicano le Alpi e vengono dapprima fermati in Etruria, a Talamone, nel 225 a.C., edefinitivamente sconfitti da Marco Claudio Marcello a Casteggio (Clastidium) nel 222 a.C.;dopo questa battaglia avviene l'occupazione della Lomellina da parte dei romani. Il passaggio diAnnibale nella II guerra punica (218-201 a.C.) ridà l'indipendenza alle tribùgalliche, alleate coi cartaginesi. Infatti, nel 218 a.C., dopo l'incredibile traversata delleAlpi coi suoi elefanti, Annibale costeggia a sinistra il Po, giunge in Lomellina e sconfiggel'esercito romano del console Scipione, che gli si para incontro sul Ticino; secondo moltistorici la battaglia avviene in una spianata fra Garlasco e Gropello; certo è che primadell'evento Annibale soggiorna a Dorno.

Anche dopo la rotta di Annibale a Zama, i Galli non cedono se non sotto l'urto dellearmi; con tre battaglie, nel 197, 194 e 191 a.C., i romani hanno la meglio sulle popolazionistanziate in Lomellina. Tuttavia non è ancora dominazione: Roma, come sempre, preferiscepenetrare lentamente, stabilire del"foedera" (patti d'alleanza) coi vari popoli. Pochianni dopo, si profila la prima minaccia di invasione barbarica, quella dei Cimbri e Teutoniscesi dalla Danimarca; nel 101 a.C., nei"campi Raudii" situati fra Candia e Robbio,avviene lo scontro tra Caio Mario e queste popolazioni, scese in Italia con mogli, figli edarmenti. La lotta è terribile: 52.000 romani affrontano 250.000 barbari e li sconfiggono.Restano sul campo migliaia di morti e di morenti i quali vengono gettati nel fiume agonizzanti.Di qui si vuole appunto derivare il nome Agogna da"agonìa", in ricordo di quelleterribili giornate.


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