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IT201600098246A1 - Dispositivo e metodo di drenaggio dell'umore acqueo del bulbo oculare - Google Patents

Dispositivo e metodo di drenaggio dell'umore acqueo del bulbo oculare

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Publication number
IT201600098246A1
IT201600098246A1IT102016000098246AIT201600098246AIT201600098246A1IT 201600098246 A1IT201600098246 A1IT 201600098246A1IT 102016000098246 AIT102016000098246 AIT 102016000098246AIT 201600098246 AIT201600098246 AIT 201600098246AIT 201600098246 A1IT201600098246 A1IT 201600098246A1
Authority
IT
Italy
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drainage
drainage device
plate
support flange
tube
Prior art date
Application number
IT102016000098246A
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English (en)
Inventor
Gabriele Ubaldo Ferentini
Original Assignee
Gabriele Ubaldo Ferentini
Priority date (The priority date is an assumption and is not a legal conclusion. Google has not performed a legal analysis and makes no representation as to the accuracy of the date listed.)
Filing date
Publication date
Application filed by Gabriele Ubaldo FerentinifiledCriticalGabriele Ubaldo Ferentini
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Priority to US16/335,687prioritypatent/US11406534B2/en
Priority to CA3038470Aprioritypatent/CA3038470A1/en
Priority to JP2019538738Aprioritypatent/JP2019529056A/ja
Priority to AU2017335400Aprioritypatent/AU2017335400A1/en
Priority to BR112019006443Aprioritypatent/BR112019006443A2/pt
Priority to ES17788308Tprioritypatent/ES2831089T3/es
Priority to RU2019109262Aprioritypatent/RU2749066C2/ru
Priority to MX2019003631Aprioritypatent/MX2019003631A/es
Priority to EP17788308.9Aprioritypatent/EP3518846B1/en
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Description

DESCRIZIONE
La presente invenzione riguarda il campo della chirurgia oculistica ed in particolare le tecniche di cura del glaucoma.
L’invenzione ha per oggetto un dispositivo ed un metodo di drenaggio dell’umore acqueo presente nella camera anteriore del bulbo oculare. Questo dispositivo, noto anche nel gergo tecnico con il termine “shunt”, viene utilizzato per ridurre la pressione intraoculare, una delle principali cause dell’insorgenza del glaucoma. Con il termine glaucoma vengono raggruppate una serie di condizioni patologiche a carico dell’occhio caratterizzate da alterazioni anatomiche della testa del nervo ottico, compromissione del campo visivo e aumento della pressione intraoculare.
In questo eterogeneo gruppo di patologie, la più nota, nonché una delle principali cause di cecità in tutto il mondo, è il Glaucoma Primario ad Angolo Aperto (Primary Open Angle Glaucoma o POAG). Essa è una neuropatia ottica cronica lentamente progressiva e ad evoluzione spontanea verso la cecità se non curata, generalmente bilaterale (sebbene la sua gravità possa essere asimmetrica nei due occhi).
Si assiste infatti a una progressiva perdita di cellule ganglionari retiniche e di fibre nervose a carico del nervo ottico e poiché tali fibre raccolgono gli stimoli luminosi provenienti da determinate aree della retina, il paziente affetto viene progressivamente a perdere vere e proprie “zone” del suo campo visivo, fino ad arrivare in fasi avanzate della malattia ad avere dapprima una visione tubulare e alla fine a cecità assoluta.
I fattori di rischio noti per un possibile sviluppo del danno glaucomatoso del nervo ottico sono molti: uno fra i più importanti è la pressione intraoculare elevata. Altri fattori di rischio sono: la miopia, alterazioni dell’aspetto del nervo ottico e dello strato delle fibre nervose retiniche, l’età avanzata, la familiarità, la razza nera, il diabete mellito e patologie cardiovascolari.
I meccanismi eziopatogenetici attraversi i quali la patologia glaucomatosa provoca danno alle fibre nervose del nervo ottico sono da un lato la compressione esercitata dall’aumentata pressione intraoculare sulle fibre nervose con azione meccanica diretta, dall’altro fattori vascolari (come un deficit di perfusione vascolare quando la pressione diastolica scende al di sotto di valori critici per periodi protratti inducendo ischemia al nervo).
Attualmente, l’unica possibilità per curare il glaucoma è ridurre la pressione intraoculare quando supera i valori normali per lunghi periodi. L’occhio produce costantemente un liquido simile all’acqua chiamato umore acqueo; la sede di produzione sono i processi ciliari e da qui l’acqueo riempie la camera posteriore ossia lo spazio tra cristallino e la parte posteriore dell’iride per poi fluire nella camera anteriore, ovvero nello spazio tra iride e cornea. L’umore acqueo deve uscire dalla camera anteriore attraversando una struttura complessa, chiamata “trabecolato”, che si può paragonare ad un filtro, quindi immettersi in una struttura tubulare adiacente chiamata “Canale di Schlemm” (“Schlemm canal”), quindi defluire nelle vene acquose e poi nel plesso venoso.
La pressione oculare aumenta quando si altera l’equilibrio tra produzione di umore acqueo ed il deflusso dell’umore acqueo. La struttura anatomica che pone la maggior resistenza al deflusso è costituita dal trabecolato e dal canale di Schlemm. Lasciando l’occhio, senza trattamento, a valori di pressione elevati, si instaurano dei danni irreversibili alle cellule ganglionari, alle fibre nervose retiniche e alla testa del nervo ottico che determinano la perdita permanente e progressiva della visione.
Una volta effettuata una diagnosi di malattia, le opzioni terapeutiche sono le seguenti.
Terapia medica con colliri ipotonizzanti
Questi colliri agiscono riducendo la pressione intraoculare; in particolare, o riducono la produzione di umor acqueo o ne aumentano il riassorbimento ovvero facilitano il deflusso. La classi di farmaci più utilizzate sono quelle dei Beta bloccanti, gli Inibitori anidrasi carbonica topici, gli Alfa 2 agonisti selettivi, Prostaglandine e prostamidi e parasimpaticomimetici.
Di solito si sceglie di partire con una monoterapia e, qualora non si riesca a far rientrare la pressione oculare entro valori normali, si aggiungono più colliri in associazione. Tra l’altro, sono disponibili preparati contenenti associazioni fisse di due principi utili per migliorare la compliance alla terapia prescritta.
Terapia laser
Si può ricorrere a terapie parachirurgiche come la ALT (Argon laser trabeculoplastica, ormai in disuso) o l’SLT (trabeculoplastica laser selettiva) che, attraverso l’uso del laser, cercano di aumentare il deflusso dell’umore acqueo a livello trabecolare. La prima terapia ha un meccanismo d’azione termico e crea dei fori nel trabecolato; la seconda terapia ha un’azione biologica di stimolazione alla produzione di citochine.
Chirurgia
La terapia chirurgica del glaucoma è stata classicamente indicata quando la terapia medica o laser sia risultata inefficace o quando vi fosse il dubbio che i colliri fossero adeguatamente utilizzati dal paziente.
Tuttavia, nell’ultimo decennio, l’intervento chirurgico è stato proposto anche come prima scelta terapeutica, sulla base di un controllo pressorio migliore e più stabile, di una riduzione delle visite periodiche ed in definitiva, di un minore impatto sulla qualità della vita del paziente.
In tutti i casi, la terapia chirurgica dovrebbe essere seriamente presa in considerazione quando il glaucoma non risulti sufficientemente controllato e manifesti un danno progressivo documentato o un alto rischio di progressione della malattia.
La terapia chirurgica per il glaucoma si avvale di numerose tecniche che sono tutte mirate a ridurre la pressione oculare attraverso la riduzione delle resistenze al deflusso mediante la creazione di una via artificiale per il passaggio dell’umore acqueo.
I principali tipi di interventi sono la trabeculectomia, gli interventi non penetranti (come la sclerectomia profonda e la viscocanalostomia), e gli impianti drenanti.
La trabeulectomia è l’intervento più diffuso sin dal 1969. Consiste nello scollare la capsule e la congiuntiva e nella creazione nello spazio sottostante di uno sportello sclerale, nell’asportazione di una porzione di trabecolato, nell’iridectomia ossia nell’asportazione di una parte dell’iride e nella sutura dello sportello sclerale e della congiuntiva. In questo modo l’acqueo può defluire dall’interno dell’occhio verso l’esterno ossia nello spazio sottocongiuntivale senza attraversare le resistenze del filtro trabecolare e del canale di Schlemm.
Gli impianti drenanti hanno avuto un notevole sviluppo durante gli ultimi due decenni. Sono dei sistemi di deflusso composti, nella maggior parte dei casi, da un tubo che comunica con un serbatoio di raccolta posto esternamente alla sclera e diffonde l’umore acqueo sotto la capsula di Tenone e la congiuntiva. Il tubo viene inserito in camera anteriore e permette di drenare l’umore acqueo posteriormente verso il serbatoio senza passare nelle maglie del filtro trabecolare.
L’area di drenaggio che viene creata è così ampia e così posteriore da essere meno influenzata dai processi cicatriziali congiuntivali e tenoniani, responsabili del fallimento dell’intervento.
I processi cicatriziali sono infatti la causa più importante del fallimento di ogni tipo di intervento per glaucoma. Solitamente, il serbatoio ha una sezione maggiore di 1 cm² ed il tubo ha una lunghezza superiore ai 15 mm.
Fra gli impianti drenanti più frequentemente usati vi sono la valvola di Baerveldt e di Molteno, l’impianto di Ahmed e di Krupin. Questi impianti vengono presi in considerazione quando l’intervento classico di trabeculectomia non ha dato i risultati sperati.
I risultati degli impianti drenanti ad oggi disponibili sono molto variabili in rapporto alla patologia di base. In generale una tensione oculare inferiore a 21 mmHg con o senza terapia additiva è ottenuta in circa 53-74% a 2 anni dall’intervento. Tuttavia, gli impianti drenanti presentano molte delle complicanze tipiche degli interventi fistolizzanti. Inoltre, sono caratterizzati da un primo periodo post-operatorio nel quale è possibile un ipertono o un ipotono. In alcuni casi è possibile una diplopia secondaria ad un impedimento della motilità oculare dovuta al piatto della valvola. A lungo termine invece è possibile un progressivo rialzo del tono o un fallimento dell’intervento.
I dispositivi drenanti di più recente concezione sono molto più semplici dei sopracitati in quanto sono costituiti da un microtubo provvisto di appendici per la sua stabilizzazione o dotato di un angolo di curvatura per il suo posizionamento. In tutti i casi rendono l’intervento chirurgico più semplice della trabeculectomia. Il loro disegno è realizzato per far defluire l’acqueo nello spazio sottocongiuntivale o nel canale di Schlemm o nello spazio sopracoroideale.
Le tecniche di impianto vengono definite ab externo quando il dispositivo drenante viene inserito dall’esterno della sclera verso l’interno dell’occhio e più precisamente nella camera anteriore. Vengono definite ab interno quando il dispositivo viene introdotto dalla camera anteriore verso l’esterno senza scollare la congiuntiva. In tutti i casi, l’intervento è più semplice della trabeculectomia.
Scopo della presente invenzione è quello di proporre un dispositivo di drenaggio che permetta di rendere l’intervento chirurgico ancora più efficace, più rapido e meno stressante per il paziente ed il chirurgo.
Tale scopo è conseguito con un dispositivo di drenaggio secondo la rivendicazione 1 e con un metodo di drenaggio secondo la rivendicazione 10.
Ulteriori caratteristiche e vantaggi del dispositivo e del metodo di drenaggio secondo l’invenzione risulteranno evidenti dalla descrizione di seguito riportata di forme di realizzazione preferite, ma non esclusive, dell'invenzione, illustrate a titolo indicativo e non limitativo negli allegati disegni, in cui:
- la figura 1 è una vista prospettica del dispositivo di drenaggio secondo l’invenzione;
- la figura 1a è una vista ingrandita di una porzione prossimale del dispositivo;
- le figure 2, 2a, 2b sono viste in pianta, di fianco e di estremità del dispositivo di drenaggio, rispettivamente;
- la figura 3 è una vista ingrandita del dettaglio cerchiato nella figura 2b; e
- le figure 4 e 5 mostrano in modo schematico il dispositivo di drenaggio posizionato nel bulbo oculare. In detti disegni, con 1 è indicato, nel suo complesso, un dispositivo di drenaggio per drenare l’umore acqueo presente nella camera anteriore del bulbo oculare.
In una forma generale di realizzazione, il dispositivo di drenaggio 1 comprende un tubo di drenaggio 10 ed una flangia di supporto 30.
Il tubo di drenaggio 10 si estende assialmente lungo un asse di tubo X tra un’estremità distale 10’ ed un’estremità prossimale 10”. Le estremità distale 10’ e prossimale 10” sono almeno parzialmente aperte e sono inclinate a becco di flauto nella stessa direzione. Ad esempio, l’inclinazione delle estremità è compresa tra 30° e 60° rispetto all’asse di tubo X, preferibilmente è di circa 45°.
In una forma di realizzazione, l’estremità distale 10’ è completamente aperta.
In una forma di realizzazione, l’estremità prossimale 10” è completamente aperta e viene parzialmente chiusa dalla flangia di supporto 30 quando il tubo di drenaggio 10 è accoppiato alla flangia di supporto 30, come verrà descritto in seguito.
La flangia di supporto 30 si estende dall’estremità prossimale 10” del tubo di drenaggio 10 e comprende una porzione piastriforme 32 che si sviluppa sia in direzione assiale sia in direzione ortogonale rispetto all’asse di tubo X. In una forma preferita di realizzazione, la porzione piastriforme 32 si estende prevalentemente in direzione ortogonale rispetto all’asse di tubo X.
Questa porzione piastriforme 32 è delimitata da una superficie superiore 32’ e da una superficie inferiore 32”.
L’estremità prossimale 10” del tubo di drenaggio 10 è inclinata in modo tale da rivolgere la propria apertura sulla superficie superiore 32’ della porzione piastriforme 32. In tal modo, il fluido entrante nell’estremità distale 10’ del tubo di drenaggio viene diretto su tale superficie superiore 32’.
In una forma di realizzazione, la flangia di supporto 30 si sviluppa simmetricamente rispetto all’asse di tubo X.
Ad esempio, la porzione piastriforme 32 della flangia di supporto 30 ha una forma sostanzialmente rettangolare, con i lati maggiori perpendicolari all’asse di tubo X.
Pertanto, in una forma di realizzazione, il dispositivo di drenaggio 1, visto in pianta (figura 2), ha una forma generale a “T”.
In una forma di realizzazione, l’estremità prossimale 10” del tubo di drenaggio 1 è assialmente distanziata dal lato prossimale della porzione piastriforme 32.
Nella forma di realizzazione illustrata, l’estremità prossimale 10” del tubo di drenaggio 10 è aperta su una porzione centrale della superficie superiore 32’ della porzione piastriforme 32.
In una forma di realizzazione, la flangia di supporto 30 comprende una porzione tubolare 34 di accoppiamento al tubo di drenaggio 10. Una porzione prossimale del tubo di drenaggio 10 è inserita con accoppiamento di forma in questa porzione tubolare 34. Per inserimento con accoppiamento di forma si intende che non vi è sostanzialmente gioco tra la parete laterale esterna del tubo di drenaggio 10 e la parete laterale interna della porzione tubolare 34.
Per permettere al tubo di drenaggio 10 di essere aperto sulla superficie superiore 32’ della porzione piastriforme 32, la porzione tubolare 34 ha un’apertura prossimale 34’ almeno parzialmente aperta verso la superficie superiore 32’ della porzione piastriforme 32.
In una forma di realizzazione, lo spessore della porzione piastriforme 32 occlude parzialmente sia l’estremità prossimale aperta 10” del tubo di drenaggio 10 sia l’apertura prossimale 34’ della porzione tubolare 34.
In altre parole, la porzione tubolare 34 è ricavata in parte nello spessore della porzione piastriforme 32 e in parte sporge dalla superficie superiore 32’ di questa. Ad esempio, lo spessore della porzione piastriforme 32 è pari o inferiore rispetto al raggio della porzione tubolare 34.
Pertanto, nella forma di realizzazione illustrata, l’estremità prossimale aperta 10” del tubo di drenaggio 10 sporge oltre l’apertura prossimale 34’ della porzione tubolare 34 solo per la porzione superiore del becco di flauto che supera in altezza lo spessore della porzione piastriforme 32.
In una forma di realizzazione, il tubo di drenaggio 10 e la flangia di supporto 30 sono sostanzialmente complanari tra loro.
In una forma di realizzazione, il tubo di drenaggio 10 è privo di aperture lungo la sua parete laterale. In altre parole, le uniche aperture ricavate nel tubo di drenaggio 10 sono quelle alle sue estremità distale e prossimale.
In una forma di realizzazione, il tubo di drenaggio 10 e la porzione tubolare 34 sono uniti tra loro in modo stabile, ad esempio mediante forzamento, oppure mediante incollaggio, oppure mediante costampaggio.
In una forma di realizzazione, il tubo di drenaggio 10 è realizzato in un materiale plastico ad alte prestazioni, ad esempio in Polyimide o materiale similare biocompatibile.
In una forma di realizzazione, il tubo di drenaggio 10 ha una lunghezza compresa tra 3,5 e 6 mm, preferibilmente circa 4,5 mm, un diametro esterno compreso tra 0,2 e 0,3 mm, ed uno spessore di parete compreso tra 0,004 e 0,006 mm.
In una forma di realizzazione, la flangia di supporto 30 è realizzata in un tecnopolimero ad alta prestazione, ad esempio Polietereimmide o materiale similare biocompatibile, preferibilmente per stampaggio o anche da lavorazione meccanica.
In una forma di realizzazione, la flangia di supporto ha uno spessore di circa 0,1 mm ed una dimensione trasversale, ovvero ortogonale all’asse di tubo X, compresa tra 1,5 mm e 2,5 mm.
Con riferimento alle figure 4 e 5, l’invenzione riguarda anche un metodo di drenaggio per drenare l’umore acqueo presente nella camera anteriore 50 del bulbo oculare 3 per il tramite del dispositivo di drenaggio 1 sopra descritto. Il dispositivo di drenaggio viene posizionato con l’estremità distale 10’ del tubo di drenaggio 10 all’interno della camera anteriore 50 con l’apertura dell’estremità distale 10’ rivolta verso la cornea 60 e con la flangia di supporto 30 all’interno della sclera 70, senza contatto con la capsula 80 e la congiuntiva 90.
Più in dettaglio, la tecnica chirurgica per inserire il dispositivo di drenaggio 1 è ab externo: occorre quindi scollare la capsula e la congiuntiva dalla sclera, preferibilmente tra i due quadranti superiori dell’occhio.
La scelta del punto dove inserire il dispositivo può essere tra le ore 10 e le ore 2 della sclera evitando di ledere i vasi perforanti che provocherebbero un sanguinamento. La superficie sclerale va accuratamente cauterizzata per evitare il sanguinamento.
E’ consigliabile asportare la capsula per una superficie sclerale di circa 1 cm² per evitare di favorire le aderenze cicatriziali.
In una forma di realizzazione, la distanza dal limbus dove iniziare l’incisione 100 (figura 5) è a 3.5-4 mm. L’incisione 100 è lineare, parallela al limbus, lunga ad esempio circa 2.5 mm e profonda circa la metà dello spessore sclerale. Se si dispone ad esempio di un micro bisturi calibrato, lo si può impostare a 200-250 µm. I bordi dell’incisione vanno sotto minati in modo da poter incastrare la parte distale della flangia di supporto 30 sotto il bordo distale dell’incisione e la parte prossimale della flangia di supporto 30 sotto il bordo prossimale dell’incisione. Questa posizione blocca la flangia evitandole di spostarsi sia verso la parte interna dell’occhio che verso la parte esterna.
Utilizzando ad esempio un bisturi angolato con la larghezza di 23 gauce o un ago di 25 o 27 gauce si penetra in camera anteriore passando attraverso il trabecolato sino a vedere la punta dello strumento sopra l’iride, ma non a contatto.
Si crea così un tunnel per infilare il dispositivo di drenaggio 1. L’uso del bisturi è da preferire perché incontra meno resistenza all’avanzamento e permette una migliore manipolazione.
Il punto di ingresso è preferibilmente al centro dell’incisione lineare.
Una volta realizzato il tunnel, si può infilare il dispositivo di drenaggio 10 tenendo l’estremità distale 10’ del tubo di drenaggio 10 con l’apertura rivolta verso l’alto.
La flangia di supporto 30 viene posizionata sotto l’incisione lineare in modo da mantenere divaricati e sollevati i bordi dell’incisione.
Pertanto, come indicato dalle frecce nella figura 4, l’umore acqueo passa dalla camera anteriore alla flangia di supporto del dispositivo di drenaggio, quindi, attraverso l'incisione sclerale, defluisce sotto la congiuntiva. Essendo stata asportata la capsula, il liquido solleva la congiuntiva per essere riassorbito dal circolo venoso.
Con il dispositivo di drenaggio sopra descritto, particolarmente miniaturizzato, si evita la formazione del flap sclerale mobile, ossia l’incisione rettangolare della sclera di 4x4 o 4x5 mm, attualmente praticata con alcuni dispositivi di drenaggio e nella trabeculectomia secondo l’arte nota.
Inoltre, non è necessario asportare il trabecolato con la sua componente corneo sclerale, in quanto il tubo di drenaggio secondo l’invenzione bypassa questa struttura.
Non occorre effettuare l’iridectomia.
Non è necessario effettuare suture poichè non vi è alcun sportello da sigillare.
Riassumendo, il dispositivo di drenaggio secondo l’invenzione permetta all’umore acqueo di uscire dall’interno dell’occhio evitando il contatto del trabecolato e dal canale di Schlemm, che sono le aree di maggior resistenza al deflusso.
L’estremità del tubo di drenaggio che si trova all’interno dell’occhio, ossia quella in camera anteriore, è tagliata a becco di flauto ed è rivolta verso la cornea così da evitare di essere facilmente occlusa dall’iride.
Sia il tubo di drenaggio sia la flangia di supporto rimangono all’interno della sclera così da evitare il contatto con la capsula e la congiuntiva e non stimolare la proliferazione fibroblastica cicatriziale che potrebbe ridurre o annullarne l’efficacia.
L’inclinazione dell’estremità del tubo rivolta verso la flangia di supporto fa sì che il flusso dell’acqueo vada contro la flangia e sia questa a distribuire il liquido all’esterno della sclera per tutta la sua larghezza. Pertanto, gli eventuali fenomeni cicatriziali si devono estendere per un ampio tratto, ad esempio pari a 2 mm, per poter impedire il passaggio del’acqueo.
La forma della flangia e la sua posizione rispetto al tubo di drenaggio permettono di evitare che il dispositivo si sposti dalla posizione dove è stato impiantato. Infatti il dispositivo non si deve muovere verso l’interno dell’occhio per evitare il contatto con l’iride che potrebbe chiudere il foro di accesso del liquido e per evitare che la parte esterna del foro di uscita del liquido si trovi troppo distante dall’incisione sclerale aumentando il rischio di chiusura. Il dispositivo non si deve spostare verso l’esterno per evitare l’estrusione che impedirebbe alla parte interna di pescare l’umore acqueo.
La flangia di supporto 30 è costruita per essere posta sotto l’incisione sclerale per mantenere divaricati i bordi e permettere all’acqueo di defluire più facilmente grazie alla larghezza della flangia di supporto. Inoltre, lo spessore del tubo e della flangia sollevano i bordi dell’incisione tenendoli separati per facilitare il deflusso rendendo più difficili i processi cicatriziali.
Grazie all’utilizzo del dispositivo di drenaggio proposto, è possibile bloccare l’eventuale emorragia che può verificarsi durante la formazione del tunnel nel quale va infilato il tubo di drenaggio. In questo caso, infatti, si utilizza un endo cauterio, cosa che non può essere fatta con la chirurgia ab interno in quanto risulta quasi impossibile ripercorrere lo stesso tragitto dell’iniettore oltre a dover estrarre il tubo precedentemente inserito.
Da notare che il tubo di drenaggio del dispositivo secondo l’invenzione ha una superficie esterna liscia e l’ancoraggio è dato dalla flangia di supporto.
La flangia di supporto ha una struttura piastriforme ed è realizzata in un materiale morbido che, a differenza del metallo, non genera erosione sclerale.
Alle forme di realizzazione del dispositivo e del metodo di drenaggio secondo l’invenzione un tecnico del ramo, per soddisfare esigenze contingenti, potrà apportare modifiche, adattamenti e sostituzioni di elementi con altri funzionalmente equivalenti, senza uscire dall'ambito delle seguenti rivendicazioni. Ognuna delle caratteristiche descritte come appartenente ad una possibile forma di realizzazione può essere realizzata indipendentemente dalle altre forme di realizzazione descritte.

Claims (12)

  1. RIVENDICAZIONI1. Dispositivo di drenaggio per drenare l’umore acqueo presente nella camera anteriore del bulbo oculare, comprendente:- un tubo di drenaggio (10) che si estende assialmente lungo un asse di tubo tra un’estremità distale (10’) ed un’estremità prossimale (10”), dette estremità distale e prossimale essendo almeno parzialmente aperte ed essendo inclinate a becco di flauto nella stessa direzione;- una flangia di supporto (30) che si estende dall’estremità prossimale (10”) del tubo di drenaggio (10) e che comprende una porzione piastriforme (32) avente una superficie superiore (32’) ed una superficie inferiore (32”),l’estremità prossimale (10”) essendo inclinata in modo da rivolgere la rispettiva apertura su detta superficie superiore (32’) della porzione piastriforme.
  2. 2. Dispositivo di drenaggio secondo la rivendicazione 1, in cui la porzione piastriforme (32) si sviluppa prevalentemente in direzione ortogonale rispetto all’asse di tubo (X).
  3. 3. Dispositivo di drenaggio secondo la rivendicazione 1 o 2, in cui la flangia di supporto (30) si sviluppa simmetricamente rispetto all’asse di tubo (X).
  4. 4. Dispositivo di drenaggio secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui la porzione piastriforme (32) della flangia di supporto (30) ha una forma sostanzialmente rettangolare, con i lati maggiori perpendicolari all’asse di tubo (X).
  5. 5. Dispositivo di drenaggio secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui l’estremità prossimale (10”) del tubo di drenaggio (10) è aperta su una porzione centrale della superficie superiore (32’) della porzione piastriforme (32).
  6. 6. Dispositivo di drenaggio secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui la flangia di supporto (30) comprende una porzione tubolare (34) di accoppiamento al tubo di drenaggio (10), una porzione prossimale del tubo di drenaggio (10) essendo inserita con accoppiamento di forma in detta porzione tubolare (34), la porzione tubolare avendo un’apertura prossimale (34’) almeno parzialmente aperta verso la superficie superiore (32’) della porzione piastriforme (32).
  7. 7. Dispositivo di drenaggio secondo la rivendicazione precedente, in cui lo spessore della porzione piastriforme (32) occlude parzialmente sia l’apertura prossimale del tubo di drenaggio sia l’apertura prossimale della porzione tubolare.
  8. 8. Dispositivo di drenaggio secondo la rivendicazione 6 o 7, in cui la porzione tubolare (34) è ricavata in parte nello spessore della porzione piastriforme (32) e in parte sporge dalla superficie superiore (32’) di questa.
  9. 9. Dispositivo di drenaggio secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui il tubo di drenaggio (10) e la flangia di supporto (30) sono sostanzialmente complanari tra loro.
  10. 10. Dispositivo di drenaggio secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, in cui il tubo di drenaggio è privo di aperture lungo la sua parete laterale.
  11. 11. Metodo di drenaggio per drenare l’umore acqueo presente nella camera anteriore del bulbo oculare per il tramite del dispositivo di drenaggio secondo una qualsiasi delle rivendicazioni precedenti, che prevede di posizionare il dispositivo di drenaggio con l’estremità distale all’interno della camera anteriore con l’apertura distale rivolta verso la cornea e con la flangia di supporto all’interno della sclera, senza contatto con la capsula e la congiuntiva.
  12. 12. Metodo di drenaggio secondo la rivendicazione precedente, comprendente le fasi di:- scollare la capsula e la congiuntiva dalla sclera; - asportare la capsula per una superficie sclerale di circa 1cm²;- effettuare un’incisione lineare della sclera, con una profondità pari a circa la metà dello spessore sclerale;- praticare un tunnel dal centro dell’incisione lineare alla camera anteriore passando attraverso il trabecolato;- infilare il dispositivo di drenaggio nel tunnel;- posizionare la flangia di supporto sotto l’incisione lineare in modo da mantenere divaricati e sollevati i bordi dell’incisione.
IT102016000098246A2016-09-302016-09-30Dispositivo e metodo di drenaggio dell'umore acqueo del bulbo oculareIT201600098246A1 (it)

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