«LoZen punta direttamente alla mente-cuore dell'uomo, guarda la tua vera Natura e diventa Buddha.»
Con il terminezen (禅?) ci si riferisce a un insieme di scuolebuddiste giapponesi, parte delle scuoleMahayana. Derivano per dottrine e linguaggi dalle scuolecinesi delbuddismo Chán, fondata, secondo la tradizione, dal leggendario monaco buddhistaBodhidharma. Per questa ragione talvolta si definiscezen anche la tradizione cineseChán, ma anche le tradizioniSòncoreana eThiềnvietnamita.
Zen è la pronuncia nipponica del carattere cinese 禅. Nella manualistica occidentale questo carattere quando viene trascritto in caratteri latini per riportare la sua pronuncia cinese, seguendo il metodopinyin viene indicato comeChán o inWade-GilesCh'an. È da tenere presente, tuttavia, cheChán (eCh'an) (pronunciato [tʂʰǎn]) è la restituzione del carattere incinese, lingua ufficiale dellaRepubblica popolare cinese, derivata a sua volta daldialetto di Pechino. Tuttavia il carattere 禅 incinese medio veniva, probabilmente, pronunciato come [d͡ʑiᴇn] ed è molto probabile che i maestri cinesi dei pellegrini giapponesi, nonché i missionari cinesi della scuolaChán giunti in Giappone intorno al XIII secolo, pronunciassero questo carattere in cinese medio, da qui la resa in giapponese dizen.
Questo termine è dunque un prestito linguistico dalla lingua cinese media, e fu utilizzato fin dalla prima introduzione delbuddismo inCina per rendere foneticamente il terminesanscritodhyāna ("visione") che nell'insegnamento delBuddha indicava i graduali stati di coscienza caratterizzati da profonda comprensione che scaturiscono dall'esercizio delsamādhi, ossia la concentrazione meditativa raggiunta con lameditazione di calma (Śamatha, in giapponeseshi, "stare fermi") e anche con quella diconsapevolezza (Vipassana, in giapponesekan, "contemplare"), da cui la meditazione seduti praticata nel chán/zen (ma anche nelTendai),shikan/shikantaza ("sedere in shikan")[1], definita poi, nelle scuole zen giapponesi, nella tipica postura dellozazen ("sedere in zen").[2][3]
In seguito la paroladhyana, in diverse forme composte, qui sempre restituite in cinese comechánsēng (禪僧, monaco meditante) echánshī (禪師, maestro di meditazione) divenne una definizione generica per una categoria di religiosi che si dedicavano specialmente alla meditazione. Sembra che in questo ambito sia nata la tradizione e che adotterà questo termine come vera e propria denominazione specifica del proprio lignaggio (cinese:Chánzōng, giapponese:zenshū 禅宗, la tradizione/scuola del buddismo zen).
Il padiglione principale del tempioTōfuku-ji a Kyoto. Seppur costruito, nel 1236, secondo i voleri di Fujiwara Michiie patronoEnni Ben'en, come luogo di pratica Tendai,Shingon e zen, divenne presto un tempio della scuola zenRinzai e risulta oggi il tempio zen più antico del Giappone.L'ingresso al tempio Eihei-ji, il tempio principale della scuolazen Sōtō fondato, daDōgen nel 1244, nei pressi diEchizen.
Le scuole del buddismo zen derivano per linguaggi, dottrine e testi (anche se con delle specifiche evoluzioni) da quelle delbuddismo Chán fondato in Cina dal leggendario monaco indianoBodhidharma, che faceva risalire il proprio lignaggio direttamente al Buddha, tramite il discepoloMahākāśyapa. Furono trasferite nell'arcipelago giapponese da monaciTendai di ritorno dai loro viaggi in Cina. Oppure, successivamente, trasferite da monaci cinesi missionari inGiappone. L'introduzione del buddismo zen, come scuola autonoma, in Giappone ha avuto un processo piuttosto sofferto. Tali difficoltà non si riscontrarono tanto nel trasferimento di dottrine, testi e lignaggi quanto piuttosto nel rendere autonomo lo zen dalla scuola Tendai.
Il primo lignaggio zen: Saichō e la scuolaGozu (Rinzai)
Saichō (767-822), il fondatore del buddismo Tendai, introdusse nel IX secolo in Giappone anche gli insegnamenti del buddismo ChánBeizōng (北宗, Scuola settentrionale) ricevendo, sempre in Cina, anche il lignaggio della scuola buddista Chán denominataNiútóuchán (anche 牛頭宗,Niútóu zōng), fondata daFǎróng (594-657), che scomparirà dalla Cina pochi decenni dopo ma che egli trasferirà in Giappone come scuolaGozu (牛頭宗,Gozu shū). Le dottrineChán erano quindi regolarmente studiate e praticate sulMonte Hiei, sede della scuola Tendai, fin dal IX secolo.
Eisai, Dainichi Nōnin, Enni Ben'en e la scuolaRinzai
Nel XII secolo, il monaco tendaiEisai (1141-1215) studiò ilChán durante il suo secondo soggiorno in Cina, sotto la guida del maestroXuan Huaichang (虛庵懷敞, giapp. Kian Esho, date sconosciute), appartenente al ramoHuánglóng (黃龍, giapp.Ōryū) della denominazioneLínjì (臨濟, giapp.Rinzai). Tornato in Giappone, ebbe difficoltà a insegnare tali dottrine al di fuori del contesto curricolare tradizionale previsto dal principale monastero Tendai, l'Enryaku-ji. Nonostante questo,Eisai non uscirà mai dalla scuolaTendai. Un primo tentativo di una scuola autonomazen fu compiuto da un altro monaco tendai,Dainichi Nōnin (大日能忍, morto nel 1196?)[4] che inviati due discepoli in Cina, ottenne il lignaggio cinese[5] dal maestroZhuan Deguang (1121–1203) a sua volta erede del Dharma del maestro di denominazioneLinji,Dahui Zonggao (大慧宗杲, 1089–1163)[6] fondando laDaruma shū (達磨宗). Un tentativo finito piuttosto male se consideriamo che, nel 1194, un decreto imperiale proibirà le sue dottrine e distruggerà la sua scuola con i suoi monasteri[7]. Dopo gli importanti tentativi di Eisai e diDainichi Nōnin, miglior successo lo ottenneEnni Ben'en (圓爾辯圓, anche Shōichi Kokushi, 1201-1280) altro importante monaco tendai che studiò ilChán dapprima sul Monte Hiei, poi durante un pellegrinaggio in Cina da dove fu il primo a trasferire il ramoYōgi (楊岐, cin.Yángqí) della denominazioneLinji, appreso sotto il maestro cineseWúzhǔn Shīfàn (無準師範, giapp. Bujun Shipan o Bushun Shihan, 1177–1249).
L'arrivo dei maestri cinesi e la fondazione dei primi templi zen
Se neancheEnni Ben'en si distaccò dalla scuola Tendai, il fatto che ricoprisse il ruolo di abate del prestigioso monasteroTōfuku-ji (東福寺)[8], aKyoto, diede grande prestigio alle dottrine zen da lui insegnate. Ormai i tempi erano maturi perché alcuni maestri cinesi delChán potessero giungere in Giappone:Lánxī Dàolóng (溪道隆, giapp. Rankei Dōryū, 1213-1278), fondatore, nel 1253, del monastero Kenchō-ji (建長寺) aKamakura;Wùān Pǔníng (兀菴普寧, giapp. Gottan Funei, 1197–1276), vissuto solo 4 anni in Giappone, dove ricoprì il ruolo di abate del tempioKennin-ji (建仁寺), fondato da Eisai a Kyoto nel 1202;Dàxiū Zhèngniàn (大休正念, giapp. Daikyū Shōnen, 1214–1289), che fondò il monasteroKinpōzan Jōchi-ji (金宝山浄智寺) a Kamakura; infineWúxué Zǔyuán (無學祖元, giapp. Mugaku Sogen, 1226–1286), che fu l'abate del monasteroEngaku-ji (円覚寺) a Kamakura.
Nello stesso periodo, un altro monacotendai nonché discepolo diEisai,Dōgen (1200-1253), anche lui di ritorno dalla Cina dove aveva studiato sulMonte Tiantong (天童山Tiantong shan) sotto la guida del maestro, di denominazioneCaódòng, (曹洞)Rujing (如淨, 1163-1228), ottenne il certificato di "illuminazione" e il lignaggio di trasmissione (傳法, cin.chuánfǎ, giapp.denpō) della scuola ChánCaódòng. Tornato in Giappone nel 1225,Dōgen si trasferirà nel 1230 nel tempioAnyo-in (安養院) alla periferia diKyoto, consumando una frattura definitiva con la scuolaTendai e fondando la scuola giapponesezen Sōtō[9].
È difficile stabilire quali siano stati i primi approfonditi contatti tra occidentali e il buddismo zen. I flussi di immigrazione ed emigrazione tra i diversi continenti avviatisi in modo massiccio sul finire del XIX secolo hanno consentito lo scambio di idee e culture non solo materiali. Il primo episodio di conversione formale di un occidentale al buddismo zen lo si registra tuttavia nel 1906 quando la moglie di Alexander Russel avvia la prima pratica formalmente registrata dizazen ekōan con il maestro zen giapponeseShaku Sōyen (釈 宗演, 1859–1919) giunto a Chicago nel 1893 su invito di circoli cristiani che promossero, in quell'anno, ilWorld's Parliament of Religion. Shaku Sōyen ebbe modo di conoscere, in quella occasione, i coniugi Russel e fu da questi invitato a tornare negliStati Uniti nel 1905. Dopo Shaku Sōyen giunsero i suoi discepoli:D.T. Suzuki (鈴木 大拙 Suzuki Daisetsu, 1870–1966) nel 1899,Shaku Sokatsu (1869–1954) nel 1906 eSenzaki Nyogen (千崎 如幻, 1876-1958) nel 1905. Fu tuttavia il discepolo di Shaku Sokatsu,Sasaki Shigetsu (meglio conosciuto come Sokei-an, 佐々木 指月-曹渓庵, 1882—1945) a fondare aNew York, nel 1931, la Buddhist Society of America (poi ridenominata comeFirst zen Institute) che seguì fino alla sua morte nel 1945. Negli stessi anni operava, ma aSan Francisco e aLos Angeles,Senzaki Nyogen che fondò diversi gruppi di meditazione zen aperti ai giovani americani. Grande influenza sulla cultura occidentale la ebbeD.T. Suzuki attivo negli Stati Uniti dal 1897 al 1909 e poi durante gli anni cinquanta. Egli operò aLaSalle (Illinois), come traduttore e studioso, per la casa editriceCourt Publishing Company di proprietà del cittadino americano di origini tedeschePaul Carus (1852‑1919), già conoscente dello stessoShaku Sōyen. È comunque nel Dopoguerra che il buddismo zen prende piede negli Stati Uniti, grazie anche al movimentobeat. Bisognerà tuttavia aspettare la fine degli anni sessanta per vedere i primi maestri zen occidentali, tra questi vanno ricordati:Richard zentatsu Baker (1936, di scuolaSoto) attivo aSan Francisco,Philip Kapleau (1912–2004, di scuolaSanbo Kyodan anche detta scuola diHarada Yasutani, sintetizza sia le dottrineSoto che quelleRinzai) attivo aRochester eRobert Aitken (1917, anche lui di scuolaSanbo Kyodan), attivo adHonolulu.
In Europa va ricordata l'opera del monaco di scuolaSoto,Taisen Deshimaru (1914-1982), allievo diKōdō Sawaki Rōshi, che fu tra i primi, sul finire degli anni sessanta aParigi, a raccogliere intorno alla sua figura discepoli europei molti dei quali poi ordinati monaci, come gli italiani Fausto Taiten Guareschi[10] e Massimo Daido Strumia[11]. Oltre a Deshimaru, altri studenti di Sawaki, che viaggiavano spesso e fondarono dei sangha in Europa e in Occidente, furonoKōshō Uchiyama,Yokoyama Sodō,Gudō Wafu Nishijima (che nominò come suo successore il musicista e monaco laico statunitenseBrad Warner) eWatanabe Kōhō.
Un autoritratto diHakuin Ekaku (1686-1769), importante riformatore della scuolazen Rinzai (Eisei Bunko Museum, Tokyo).
Le scuole del buddismo zen, pur con delle differenze, conservano tutte la centralità della pratica meditativa denominatazazen (座禅), una minore attenzione allo studio deisutra e una cura particolare (presente peraltro anche nelle altre scuole) nei confronti della trasmissione del "lignaggio" (戒脈, cin.jiè mài, giapp. kai myaku) che procede, secondo questa tradizione, mediante l'ishin denshin (以心傳心, cin.yǐxīn chuánxīn, trasmissione "da mente a mente")[12] ovvero da maestro a discepolo senza l'utilizzo delle parole, ovvero per tramite di una intuizione improvvisa che genera l'illuminazione profonda (悟, cin.wù, giapp.go osatori). Le scuole zenRinzai eSōtō sono, unitamente all'associazione laica di derivazioneNichirenSoka Gakkai, le scuole buddiste giapponesi più diffuse oggi inOccidente.
LascuolaRinzai deriva dalla denominazione Línjì (臨済) delbuddismo Chán. Il primo a trasferire dottrine e lignaggi di questa scuola fu il monaco giapponeseEisai, di scuolaTendai, di ritorno dal suo secondo viaggio in Cina. Dopo essere stata a lungo inglobata nella scuolaTendai, lo zen Rinzai divenne una scuola autonoma a partire dal XIII secolo. Questa separazione si realizzò proprio grazie ai maestri cinesi di scuolechánlínjì (臨済),Lánxī Dàolóng, fondatore, nel 1253, del monasteroKenchō-ji aKamakura;Wùān Pǔníng, abate del tempioKennin-ji aKyoto;Dàxiū Zhèngniàn che fondò il monasteroKinpōzan Jōchi-ji a Kamakura; infineWúxué Zǔyuán che fu l'abate del monasteroEngaku-ji aKamakura. Questi maestri, che furono per lo più invitati dalle autorità di governo giapponese, insegnarono lo zen Rinzai con le relative dottrine e pratiche esattamente come era impartito nella Cina del XIII secolo. Con glishōgunAshikaga lo zen Rinzai ottenne ulteriori riconoscimenti e protezioni da parte del governo. Dopo aver subìto influenza dalla scuola zen Obaku, fu riformata daHakuin Ekaku (白隠慧鶴, 1686-1769) il quale eliminò le pratichenenbutsu proprie della scuola Obaku, centrando le dottrine e le pratiche Rinzai sullo studio deikōan e sullozazen. Tutti i maestri zen Rinzai conservano oggi nel loro lignaggio il nome diHakuin.
LascuolaSōtō fu fondata dal monacotendaiDōgen (道元, 1200-1253) quando nel 1230, trasferendosi nel tempioAnyo-in (安養院) alla periferia di Kyoto, avviò la separazione con la scuolaTendai. La dottrina di questa scuola è riportata nell'opera di Dōgen, loShōbōgenzō (正法限蔵, La Custodia della Visione del Vero Dharma) e consiste nella pratica dellozazen secondo la modalità denominatashikantaza (只管打坐, Solo sedersi). Oggi questa è la scuola zen più importante del Giappone con circa quindicimila templi e trentuno monasteri. Appartenente a questa scuola fuHaku'un Yasutani (安谷白雲, 1885-1973), fondatore dellaSanbō-Kyōdan (三宝教団) una scuola zen che cerca di coniugare il Sōtō con il Rinzai e che si è diffusa in Occidente.
Un monaco zenfuke (komusō) con il caratteristico copricapo mentre suona il flautoshakuhachi in una stampa del 1867.
LascuolaFuke origina da un movimento di exsamurai itineranti denominatikomusō (虚无僧, lett. monaco dellavacuità). I monacikomusō, già di osservanzaRinzai, vivevano di elemosine suonando il flautoshakuhachi (尺八), indossando un cappello fatto di canne che gli oscurava buona parte del volto, questo rappresentava la loro pratica meditativa denominatasuizen (吹禪). La scuola zen Fuke vantava le sue origini dal monaco cinese di scuolachánPǔhuà (普化, giapp.Fuke) vissuto durante laDinastia Tang da cui la scuola prende il nome.Pǔhuà, contemporaneo e stretto amico diLínjì Yìxuán (臨済義玄, giapp. Rinzai Gigen, ?–866), fu un maestro dai comportamenti iconoclasti e gioiosi, uso a camminare cantando al suono di una piccola campana. Secondo questa tradizione la scuola Fuke fu portata in Giappone da ShinchiKakushin (心地覺心, 1207–1298); secondo gli studiosi[13] invece tale scuola nacque in Giappone durante l'Era Tokugawa. Vietata dal Governo imperiale nel 1871 la scuola scomparve. Testo storico di questa scuola fu ilKyotaku Denki (虚铎传记, Campana della vacuità) opera del XVIII secolo.
La scuola zenŌbaku è una delle tre scuole zen esistenti oggi in Giappone. La sua nascita la si deve al monaco cinesechán di tradizioneLínjì (臨済),Yǐnyuán Lóngqí (隱元隆琦, giapp. Ingen Ryūki, 1592-1673) giunto in Giappone nel 1654. Questa scuola è molto simile allozen Rinzai conservando tuttavia alcune peculiarità cinesi proprie del suo fondatore. Innanzitutto una maggiore attenzione ai sutra rispetto alla scuola Rinzai versata principalmente allo studio deikōan, in secondo luogo alla pratica delnenbutsu tipiche della scuole dellaTerra Pura già inserite in Cina nella scuolaChán daZhū Hóng (株宏, 1535-1615) nel XVI secolo; infine l'osservanza dei precetti delCāturvargīya-vinaya (四分律Shibunritsu) e non solo quelli delBrahmajālasūtra (梵網經Bonmō kyō) come è tradizione invece per le scuole zenRinzai eSōtō e per la scuolaTendai. Influenzò profondamente la scuolaRinzai fino a quando la riforma attuata daHakuin Ekaku (白隠慧鶴, 1686-1769) non eliminò dalla scuolaRinzai la pratica delnenbutsu a favore del solo studio deikōan e della pratica dellozazen.
La dottrina buddista zen si fonda, come lo stessobuddismo Chán da cui strettamente deriva, sul rifiuto di riconoscere autorità alle scritture buddiste (sutra). Questo non significa che lo zen rigetti le scritture buddiste. Anzi, alcune di esse come ilSutra del Cuore della Grande Saggezza, ilVimalakīrti Nirdeśa Sūtra o lo stessoLaṅkāvatārasūtra, sono spesso utilizzate durante le funzioni religiose e nella formazione dei discepoli.Dōgen zenji (道元禅師, 1200-1253), fondatore giapponese della scuolazen Sōtō (曹洞宗Sōtō-shū) ebbe a dichiarare nella sua opera fondamentale, loShōbōgenzō:
«IlSutra del Loto è il re dei sutra: riconoscetelo come il vostro grande maestro. Comparato a questo sutra tutti gli altri si pongono soltanto come suoi contenuti, perché esso soltanto esprime la Verità ultima. Gli altri presentano soltanto insegnamenti provvisori, non le vere intenzioni del Buddha.»
L'unica autorità che il buddismo zen riconosce e su cui fonda il proprio insegnamento è tuttavia la particolare esperienza che viene indicata come 悟 (satori ogo, "Comprensione della Realtà") o anche 見性 (kenshō, "guardare la propria natura di Buddha" ovvero "attualizzare la propria natura 'illuminata'"). Questa esperienza non viene semplicemente identificata come "intuizione" quanto piuttosto come una esperienza improvvisa e profonda che consente la "visione del cuore delle cose" la quale risulta essere identica alla "natura di Buddha" (佛性busshō). Tale "natura di Buddha" è la natura di tutta la realtà, del cosmo e del Sé e corrisponde alla stessavacuità (空kū) indicata dall'Ensō (円相), unsimbolo dalla forma circolare tra i più significativi dello zen. Ilsatori, essendo un'esperienza transitoria che pure cambia la mente e può essere ripetuto, non corrisponde esattamente alnirvāṇa obiettivo delle scuole delbuddismo dei Nikāya: se quest'ultimo si presenta infatti fondamentalmente come rinuncia al mondo e distacco da esso, ilsatori è una forma dibodhi che si propone una partecipazione attiva e consapevole al mondo anche se percepito nella sua dimensione divacuità.
(inglese) «Essentially Satori is a sudden experience, and it is often described as a ‘turning over’ of the mind, just as a pair of scales will suddenly turn over when a sufficient amount of material has been poured into one pan to overbalance the weight in the other.»
(italiano) «Il satori è essenzialmente un’esperienza improvvisa, e spesso viene descritto come un capovolgimento della mente, proprio come improvvisamente ruota l’asse della bilancia quando mettiamo nel piatto un peso superiore a quello dell’altro piatto.»
(Alan Watts,The Spirit of Zen. A way of life, work and art in the Far East. New York, Grove Press, 1958, pp. 65 e 68)
Lo zen evita la speculazione intellettuale e si distingue anche dalle altre scuole buddistemahāyāna per aver reso centrale la pratica meditativa (zazen) nelle sue forme dishikantaza (meditazione sul respiro, la mente e la vacuità, effettuata da seduti) o accompagnata dallo studio deikōan.
Il Buddismo Zen non ritiene necessario lo studio delle scritture buddiste, perché secondo questa filosofia, il modo più efficace per raggiungere l'illuminazione è la meditazione profonda volta a una visione più chiara e lucida di sé stessi. Lo studio (da sutra, libri e commentari) può però essere considerata da molti praticanti dello zen una grande risorsa per imparare di più sulle dottrine buddiste e la storia del culto.
L'importanza dello zazen e di non fraintenderlo è stata trattata da diversi maestri in molti koan e storie zen, ad esempio:
«Maestro Nangaku si recò dal maestroBaso e chiese: «Adesso, grande monaco, quale la sua intenzione nel praticare zazen?» Baso Do-itsu rispose: «Voglio diventare un buddha». Nangaku Ejo afferrò un pezzo di tegola e si mise a levigarla su una pietra davanti alla capanna di Baso. Baso Do-itsu disse: «Maestro! Cosa sta facendo?» Nangaku Ejo rispose: «Sto levigando questa tegola per farne uno specchio». Baso Do-itsu disse: «Come mai si potrebbe fare uno specchio con una tegola?» Nangaku Ejo rispose:«Come mai si potrebbe fare di sé un buddha praticando zazen»? Baso Do-itsu rispose: «Cosa bisogna fare, allora?» Nangaku Ejo disse: «Quando un uomo viaggia in vettura, se la vettura non va avanti, cosa deve fare? Picchiare la vettura, o picchiare i buoi che la trascinano?» Baso Do-itsu rimase senza risposta. Nangaku Ejo insegnò in più:«Imparare zazen è imparare che sei un buddha in zazen. Quando si impara zazen, è diverso dal comportamento quotidiano come sedere o coricarsi. Eppure, quando si impara di essere un buddha in zazen, quel buddha sta al di là di ogni forma fissa».»
«Questo koan è abitualmente interpretato nel senso che non è possibile diventare un buddha unicamente con la pratica di zazen. Ma l'interpretazione di maestro Dogen era diversa assai. Egli attacca proprio l'idea del diventare intenzionalmente. Quando ci si siede in zazen, si è già un buddha. Non è possibile ri-diventare un buddha che già si è. Il levigare non è il fabbricare uno specchio, è solo l'atto di levigare - è l'azione di un buddha.[16]»
Molti maestrichán/zen (ad esempioLínjì Yìxuán oIkkyū Sōjun) si caratterizzarono anche per la loroiconoclastia, volta a scardinare le convenzioni religiose e le rigidità mentali a queste sottese[17]. Collegate allo zen è possibile inoltre trovare numerose pratiche appartenenti a campi eterogenei. Origine e fondamento delle arti e della cultura, lo zen ispirò la poesia (haiku), la cerimonia del tè (cha no yu o chadō), l'arte di disporre i fiori (ikebana), l'arte della calligrafia (shodō), la pittura (zen-ga), il teatro (Nō), l'arte culinaria (zen-ryōri,shojin ryōri,fucha ryōri) ed è alla base delle arti marziali (es.aikidō,karate,jūdō), dell'arte della spada (kendō) e del tiro con l'arco (kyūdō).
^Watanabe Toshirō (渡邊敏郎), Edmund R. Skrzypczak, and Paul Snowden, eds. (2003),Kenkyusha's New Japanese-English Dictionary (新和英大辞典), 5th edition, Kenkyusha, p. 1125.
^Fischer-Schreiber, Ingrid; Schuhmacher, Stephan; Woerner, Gert (1989).The Encyclopedia of Eastern Philosophy and Religion: Buddhism, Hinduism, Taoism, Zen, p, 321
^Il pensiero diDainichi Nōnin, riportato nell'opera del suo allievo Kakuan (覚晏), loShin'yō teiji (心要提示), influenzerà profondamente la successiva opera diDōgen che, tuttavia, accuserà, insieme adEisai,Dainichi Nōnin di "contraddizione" in quanto se da una parte aveva rigettato le pratiche esoteriche (mikkyō) delTendai in favore delle dottrine Chán, dall'altra aveva anche rifiutato la pratica meditativa, aspetto principale del Chán cinese.
^La ragione di non essersi recato lui di persona in Cina e di non aver quindi ricevuto direttamente il lignaggio fece sì che questo non venne mai riconosciuto in Giappone.
^Autore delloZhèngfǎyǎn zàng (正法眼藏, giapp.Shōbōgenzō) conosciuto come lo Shōbōgenzō cinese.
^Costruito nel 1236 secondo i voleri di Fujiwara Michiie, patrono Enni Ben'en, come luogo di pratica Tendai, Shingon e Zen, divenne presto un tempio della scuola Zen Rinzai e risulta oggi il tempio Zen più antico del Giappone.
^Oltre a queste personalità occorre ricordare che nello stesso periodo operavanoShinchi Kakushin (心地覺心 , 1207–1298), che introdusse inGiappone una delle più importanti collezioni digong'an cinesi, ilWúmén guān (無門關, giapp.Mumon kan, Il passo di frontiera di Wumen, raccolta di quarantotto gong'an della scuola Chán, T.D. 2005.48.292c-299c, composto nel 1228 in 1 fascicolo da Wumen Huikai, 無門慧開, 1183-1260), eNampo Jōmin (南浦紹明, conosciuto anche come Daiō Kokushi, 1235–1308), che ricevette il lignaggio dal maestroXūtáng (虛堂, 1185–1269) e da cui si sviluppò il monastero Zen RinzaiDaitoku-ji (大徳寺).
^Il carattere 心 (xīn, xin primo tono) significa cuore (sanscrito:hṛd) ma, anticamente in Cina, si riteneva che questo fosse l'organo del pensiero e quindi significava anche mente pensante (sanscrito:citta); decisamente impropria è invece la traduzione occorsa in alcuni casi di "anima" o "essenza" (sanscrito:atman) è noto infatti che le scuole Chan, come tutte le scuoleMahayana, ne denunciano l'inconsistenza.
^Cfr., tra gli altri, James H. Sanford.Shakuhachi Zen: The Fukeshū/Komusō Monumenta Nipponica, Vol. 32, No. 4, Winter 1977, pp. 411-440.
^Il koan origina in realtà da un altro, più antico, in lingua cinese, cfr. John McRae,Seeing Through Zen. Encounter, Transformation, and Genealogy in Chinese Chan Buddhism, The University Press Group Ltd, 2003, p.81
«By the middle of the ninth century, sensitized to the recursive danger of imposing a means-end structure on the relationship between Buddhist practice and Buddhist enlightenment, a significant number of Chan communities had adopted a critical and iconoclastic stance toward the gradualism of a Buddhist establishment that insisted on disciplined study and practice as a necessary precursor to expressing one’s own, originally enlightened and enlightening nature. This stance was graphically epitomized by Linji’s (d. 866) denunciation of Buddhist scriptures as “hitching posts for donkeys” and his fierce insistence that true practitioners must be ready even to “kill ‘Buddha’” en route to becoming “true persons of no rank,” responding to each situation as needed to improvise an enlightening turn in its dynamics.»
(Peter D. Hershock,Public Zen, Personal Zen: A Buddhist Introduction. Lanham, Rowman & Littlefield Publishers, 2014, pos. 66/277)
«But rather than turning to the historical Buddha as a model, he took the route of personally exemplifying the at times shocking capacity for relating freely that featured so prominently in the recorded encounter dialogues and kōans attributed to such Tang dynasty Chan masters as Mazu, Huangbo, and Linji. In turn dismayed and angered by what he saw as the decadent aestheticism and almost fetishistic desire for power that shaped life in both gozan and rinka temples, Ikkyū came to feel a special kinship with Linji and his iconoclastic disdain for convention. But whereas Linji seems to have maintained a relatively uncontroversial monastic lifestyle, Ikkyū went well beyond rhetorical iconoclasm, making a shambles of both monastic and social convention.»
(Peter D. Hershock,Public Zen, Personal Zen: A Buddhist Introduction. Lanham, Rowman & Littlefield Publishers, 2014, pos. 200/277)
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