LeCactaceae sono alcune delle xerofite per eccellenza
Lexerofite opiante xerofile (dalgreco anticoξηρος?,xēros, "secco" eφυτον,phyton, "pianta") sonovegetali adattati a vivere in ambienti caratterizzati da lunghi periodi disiccità o da clima arido o desertico, definiti genericamente ambientixerici. Una categoria particolare di piante xerofile presenta anche adattamenti a vivere su suoli ad elevato accumulo disalinità; in questo caso le piante sono denominatealofite e possono colonizzare anche ambienti umidi, ma che per l'elevatatensioneosmotica mantengono prerogative analoghe a quelle degli ambienti xerici.
Le condizioni ambientali in cui si insediano le xerofite sono caratterizzate daterreni generalmente asciutti o permeati daacque salse e da un'atmosfera secca. Tali condizioni sono sfavorevoli alla vita delle piante normali in quanto l'aria secca intensifica latraspirazione senza la compensazione da un adeguato assorbimento idrico da parte delleradici: in assenza di adattamenti morfologici o fisiologici di tipo xerofitico, le piante vanno incontro all'appassimento temporaneo e, infine, all'avvizzimento.
Gli adattamenti xerofitici, sviluppati sotto l'aspetto morfologico o fisiologico, hanno lo scopo di limitare l'impatto del deficit di umidità, rallentando la traspirazione e le perdite d'acqua perevaporazione dai tessuti, oppure di attivare meccanismi fisiologici che permettono la sopravvivenza in condizioni critiche per tempi anche molto lunghi.L'adattamento allasiccità non si accompagna necessariamente ad un adattamento all'alta temperatura: la siccità di un ambiente può essere dovuta ad una scarsapiovosità e ad uno scarso apporto idrico anche in ambienti freddi. Tuttavia l'alta temperatura è uno dei fattori principali che intensificano l'evapotraspirazione, perciò gli adattamenti xerofitici sono spesso accompagnati da adattamenti ad alte temperature. In questo caso le piante sono dette anchetermoxerofite o termoxerofile. Rientrano in questa categoria le piante tipiche degli ambienti aridi o desertici delle regioni temperate calde e di quelle tropicali.Esempi di piante xerofile sono: l'olivastroOlea europaea, il fico comuneFicus carica, il lentiscoPistacia lentiscus, l'olivello spinosoHippophae rhamnoides, il fico d'indiaOpuntia ficus-indica, il corbezzoloArbutus unedo, l'ulivoOlea europaea, lavandeLavandula spp., timiThymus spp., salvie, agazzinoPyracantha coccinea.
L'olivastro, pianta tipicamente arborea, negli ambienti aridi assume un portamento arbustivo formando cespugli bassi, compatti e spinescenti.
Gli adattamenti morfologici hanno lo scopo di ridurre la superficie fogliare traspirante, aumentare la resistenza al passaggio delvapore acqueo nell'atmosfera con il mantenimento di un gradiente di umidità frafillosfera eatmosfera, aumentare l'efficienza delle radici nella nutrizione idrica, costituire riserve d'acqua all'interno dei tessuti per far fronte alle perdite per evaporazione. Si tratta di adattamenti che si accompagnano in genere per conferire congiuntamente un particolare habitus alla pianta, d'altra parte non tutti gli adattamenti sono necessariamente presenti nella stessaspecie, perciò l'habitus xerofitico può presentare diverse espressioni.
Lamacchia mediterranea è un'associazione fitoclimatica che raggiunge pochi metri d'altezza a causa del clima secco che si protrae per diversi mesi l'anno
Ilportamento xerofitico è in generale finalizzato a ridurre il LAI (Leaf Area Index,indice di area fogliare) e, di conseguenza, la superficie traspirante. Espressioni di un adattamento di questo tipo sono i seguenti:
Il ridotto sviluppo in altezza è una proprietà determinata sia come adattamento sia come conseguenza dell'adattamento. La minore efficienza fotosintetica, causata dai lunghi periodi di arresto della fotosintesi, determina infatti un minore apporto energetico nel corso della vita della pianta, perciò l'accrescimento vegetativo viene naturalmente subordinato alla riproduzione; in altri termini, la specie destina le poche risorse principalmente all'incremento della popolazione (riproduzione) più che all'incremento delle dimensioni dei singoli esemplari. D'altra parte il ridotto sviluppo crea le condizioni per una minore esposizione all'azione delvento e dell'insolazione, attenuando nel complesso quei fattori che intensificano la traspirazione.
Un esempio di questo concetto si può trarre esaminando lo sviluppo in altezza delle associazioni vegetali in rapporto alla piovosità neibiomi. Le foreste raggiungono le altezze maggiori e il maggior grado di copertura dove la piovosità è più elevata (40-60 metri nella foresta pluviale tropicale, 80-100 metri nella foresta pluviale temperata). A parità di latitudine, la riduzione della piovosità comporta, con vari gradi di progressione, il passaggio dalla foresta a volta alla foresta a parco, dalla foresta alla boscaglia, dalla boscaglia alla prateria, fino alla scomparsa totale della vegetazione arborea.
L'accorciamento degli internodi è una condizione che favorisce la formazione, all'interno della chioma, di un microambiente che rallenta la dispersione del vapore acqueo nell'atmosfera, creando un gradiente di umidità fra fillosfera e atmosfera: una chioma compatta, determinata dalla fitta ramificazione e dall'accorciamento degli internodi, ostacola la ventilazione al suo interno facendo in modo che si crei, in prossimità delle foglie una zona d'aria meno secca rispetto allo spazio aperto. La chioma compatta determina inoltre un maggiore ombreggiamento all'interno della chioma, riducendo il peso dei fattori che favoriscono l'evapotraspirazione.
Il portamento arbustivo è un adattamento che in generale si accompagna a quelli precedenti e porta alla formazione di una chioma più compatta e meno esposta, nel complesso, all'azione del vento e dell'insolazione. Diverse essenze legnose mediterranee assumono portamenti differenti in relazione alla piovosità dell'ambiente in cui si insediano; una delle specie più rappresentative, sotto questo aspetto, è illeccio: nelle stazioni più piovose ha un portamento arboreo e tende a costituire formazioni boschive a volta e colonnari alte 20-25 metri (foresta mediterranea sempreverde), mentre in quelle più asciutte riduce lo sviluppo fino ad assumere un portamento arbustivo integrandosi in una formazione vegetale pluristratificata alta dai 2-3 metri ai 4-6 metri (macchia mediterranea).
Questi adattamenti sono portati all'estremo nelle piante con portamento mammellonare, con la caratteristica conformazione a pulvino tipica di molte specie che vivono nellegarighe aride delle coste mediterranee: lasfera è infatti la conformazione sterica che oppone la minore superficie a parità di volume e permette di raggiungere al meglio l'obiettivo di ridurre la superficie traspirante a parità di sviluppo. Gli arbusti a portamento mammellonare formano una chioma fittamente ramificata, spesso spinescente, e con una superficie esposta compatta e quasi impenetrabile. Questo adattamento rappresenta anche una difesa dal pascolamento, al fine di ridurre al minimo le perdite di biomassa causate dagli erbivori brucatori.
Le piante succulente, come ilfico d'India, hanno fusto e rami modificati (cladodi) i quali svolgono lafotosintesi e accumulano cospicue riserve d'acqua.
Gli adattamenti più evidenti del fusto e dei rami, che si riscontrano in un gran numero di piante xerofile, riguarda la presenza di untessuto parenchimatico, dettoparenchima acquifero, in grado di accumulare riserve d'acqua. Questa proprietà è dovuta alla presenza dimucillagini neivacuoli, che hanno la proprietà di richiamare e trattenere cospicue quantitativi d'acqua. Le piante che mostrano questo adattamento sono comunemente chiamatepiante succulente opiante grasse per la consistenza carnosa e l'elevato tenore in acqua del fusto o delle foglie. In altri piante la proprietà di accumulare acqua è affidata all'epidermide pluristratificata.
Le piante succulente si annoverano in particolare nellefamiglie delleCactaceae, delleEuphorbiaceae e delleCrassulaceae, tuttavia sono numerose le specie succulente appartenenti ad altre famiglie. Questo carattere si accompagna spesso alla perdita precoce delle foglie o al loro mancato o ridotto sviluppo o alla loro trasformazione in spine, perciò i rami assumono anche la funzione di svolgere lafotosintesi. Ad esempio, nelfico d'India le foglie sono presenti solo nei giovani germogli ma vengono perse precocemente, mentre i rami, detticladodi, assumono una forma appiattita per svolgere al meglio la funzione fotosintetica.
Le false foglie (fillocladi) delpungitopo sono in realtà rami adattati a svolgere la fotosintesi al posto delle foglie.
La mancanza delle foglie e il passaggio della funzione fotosintetica ai rami è un adattamento xerofitico che non si accompagna necessariamente alla presenza dei parenchimi acquiferi, anche se questo adattamento è meno diffuso. Un esempio di questo comportamento è ilpungitopo, nel quale le apparenti foglie sono in realtà rami fortemente appiattiti che assumono una disposizione e una forma del tutto analoghe a quella delle foglie.
Singolari sono la morfologia e l'anatomia deiPachypodium, piante succulente dell'Africa. IPachypodium hanno un portamento dendroide e riassumono più caratteri xerofitici che conferiscono un habitus analogo a quello delleCactaceae e delleEuphorbiaceae succulente.
Il fusto, detto specificamentepachicaule, ha uno spiccato ingrossamento alla base ed è sede di accumulo di riserve idriche, mentre la parte superiore e le rade ramificazioni portano un apparato fogliare poco sviluppato. L'intero apparato di sostegno, fusto e rami, svolge anche funzioni fotosintetizzanti che integrano oppure sostituiscono del tutto la funzione svolta dalle foglie. La specificità dell'habitus deiPachypodium risiede nel fatto che l'apparato fogliare, pur essendo ridotto nel complesso, è composto anche foglie dal lembo piuttosto sviluppato, portando ad un marcato contrasto morfologico fra il fusto e parte superiore.
L'apparato radicale non presenta sostanziali adattamenti morfologici, tuttavia può essere considerato un carattere tendenzialmente xerofitico la profondità delle radici. In generale la maggior parte dell'apparato radicale delle piante si sviluppa nei primidecimetri di profondità, dove l'attività chimica e biologica è più intensa. In ambienti aridi diverse specie approfondiscono una parte delle radici anche di alcuni metri, riuscendo ad assorbire l'acqua eventualmente presente in strati più profondi.
L'apparato fogliare delle specie xerofile è quello che in generale presenta gli adattamenti più determinanti. La xerofilia nelle foglie può esprimersi in vari modi. I più frequenti sono i seguenti:
riduzione della superficie traspirante;
elementiistologici che aumentano la resistenza intrinseca al flusso di vapore verso l'atmosfera;
elementi istologici che rallentano le perdite d'acqua per evaporazione.
L'olivo trae beneficio dall'irrigazione, ma è una delle poche colture arboree che, grazie ai suoi caratteri morfologici e fisiologici, può garantire una produzione, sia pur minima, anche in coltura asciutta in ambienti siccitosi.
La riduzione della superficie traspirante si manifesta con meccanismi differenti, anche combinati, che si riconducono ad una riduzione del numero delle foglie o della loro ampiezza o all'assunzione di forme adatte a disperdere minori quantità d'acqua.
La riduzione del numero delle foglie è un carattere piuttosto frequente nelle piante ad habitus xerofitico. L'olivo, ad esempio, in annate siccitose elimina spontaneamente una parte più o meno considerevole delle proprie foglie in modo da ridurre la superficie traspirante e prevenire l'appassimento. Comportamento simile si riscontra anche nei pini mediterranei (pino domestico,pino marittimo,pino d'Aleppo) e in molte essenze arbustive o arboree mediterranee. La riduzione del numero di foglie raggiunge tuttavia la sua espressione estrema nella perdita completa delle foglie in molte piante come adattamento evolutivo all'ambiente xerico. È il caso, ad esempio, del pungitopo, in cui le foglie sono del tutto assenti e sostituite, nella loro funzione, dai rami.
La riduzione della superficie del lembo fogliare è un carattere frequente nelle piante che non hanno adattamenti specifici in relazione al numero di foglie. In questo modo la superficie traspirante si riduce in virtù delle dimensioni delle foglie.
La foglia aghiforme espone una ridotta superficie traspirante in rapporto al volume.
Adattamenti interessanti sono quelli che riguardano la forma del lembo fogliare. In generale le piante xerofitiche con adattamenti non spinti tendono ad avere foglie lanceolate, ellittiche o lineari poco espanse in larghezza, spesso con il margine revoluto. Quest'ultimo carattere associato alla forma lineare della lamina e allo sviluppo di un tomento nella pagina inferiore permette di ridurre notevolmente le perdite d'acqua, in quanto crea in corrispondenza dell'area in cui si aprono glistomi un microambiente che ostacola il flusso di vapore, instaurando un gradiente di umidità relativa fra fillosfera e atmosfera.
Adattamenti della morfologia fogliare più spinti si riscontrano nelle piante che hanno foglie aghiformi oppure squamiformi e embricate sul rametto. In entrambi i casi il risultato è quello di esporre una superficie traspirante a sviluppo cilindrico, che a parità di volume è inferiore alle forme appiattite. Questo adattamento è una costante nelleconifere: queste piante sono in generale adattate a vivere in ambienti poco piovosi (sia nelle regioni calde sia in quelle fredde), anche se non mancano esempi di conifere che popolano ambienti ad elevata piovosità (es. lesequoie). Le conifere hanno in genere foglie aghiformi (es.Pinaceae) oppure squamiformi ed embricate sul rametto (es.Cupressaceae) anche se non mancano conifere con foglie che non presentano queste caratteristiche. Le foglie aghiformi o squamiformi-embricate non sono tuttavia una prerogativa esclusiva delle conifere e si possono riscontrare anche nelleAngiosperme: ad esempio, l'Erica arborea, essenza tipica dellamacchia mediterranea, ha foglie aghiformi, mentre letamerici, arbustive tipicamente xerofile ealofite, hanno foglie squamiformi appressate sui rametti come neicipressi.
Lasalicornia glauca ha sviluppato una caratteristica morfologia xerofitica: le foglie squamiformi si saldano a formare una guaina che avvolge i rametti succulenti e articolati. Lo stesso carattere è presente in altrechenopodiaceealofite comunemente chiamatesalicornie.
Singolari adattamenti xerofitici, riconducibili nel significato biologico ai casi precedenti, sono quelli presenti in diverse piante come lecasuarine e alcuneChenopodiaceae alofite (Halocnemum,Arthrocnemum,Salicornia) comunemente chiamate salicornie. Le casuarine, che un inesperto può confondere facilmente con le conifere, hanno "foglie apparenti" aghiformi; in realtà, ad un esame più attento si può vedere che queste foglie sono invece dei rametti articolati, mentre le foglie vere e proprie sono ridotte a piccolissime squame inserite in corrispondenza dei nodi. Le salicornie hanno invece rametti cilindrici articolati, con foglie ridotte a squame opposte e saldate a formare una guaina che avvolge l'articolo. Infine, una differenziazione morfologica estrema delle foglie è la trasformazione in spine, come avviene nelle Cactaceae.
Gli adattamenti anatomici e istologici che rallentano il flusso di vapore verso l'atmosfera hanno lo scopo di interporre, fra la superficie fogliare e l'atmosfera, uno strato d'aria in cui si instaura un gradiente d'umidità: l'intensità della traspirazione è determinata dal deficit dipressione di vapore saturo dell'atmosfera e l'eventuale presenza di uno strato di aria più umida ristagnante, in corrispondenza della fillosfera, rallenta il flusso di vapore acqueo verso l'atmosfera. La struttura che svolge questa funzione è il tomento, ossia lo sviluppo di una fitta copertura di peli uni o pluricellulari. Il tomento si sviluppa in genere nella pagina inferiore delle foglie e sui giovani germogli, mentre la pagina superiore è generalmente glabra o leggermente pubescente o rivestita un tomento più rado.
Le sclerofille mediterranee hanno foglie rigide e coriacee in virtù della cuticola spessa che protegge i tessuti sottostanti dall'evaporazione dell'acqua.
Infine, la perdita d'acqua per evaporazione o per traspirazione viene rallentata con lo sviluppo di strutture istologiche che aumentano la resistenza intrinseca al passaggio dell'acqua, dall'interno della foglia all'esterno, sotto forma di vapore. Questo adattamento si realizza con la riduzione del numero distomi per unità di superficie e, soprattutto, con l'ispessimento della cuticola fogliare.
Lacuticola è un rivestimento composto da sostanze idrofobiche, prevalentementecere, avente la funzione di rendere impermeabile all'acqua e ai gas le pareti delle celluleepidermiche esposte all'esterno. Presente in tutti i vegetali, la cuticola s'ispessisce notevolmente nelle piante xerofite allo scopo di impedire l'evaporazione dell'acqua attraverso l'epidermide. Questo adattamento è presente nella maggior parte delle xerofite ma raggiunge la sua massima espressione nelle cosiddettesclerofille, ossia nelle piante sempreverdi a foglie coriacee, piuttosto diffuse fra le essenze dellamacchia mediterranea: la foglia è rigida e di consistenza coriacea, spesso con superficie glabra e traslucida sulla pagina superiore. Un'altra categoria di piante sclerofille è costituita dalle Pinaceae: oltre agli adattamenti citati in precedenza, le Pinaceae mostrano anche un ispessimento della cuticola degli aghi fino a conferirgli una consistenza coriacea. L'efficacia della cuticola nell'ostacolare la perdita d'acqua si osserva facilmente confrontando i tempi di essiccazione delle foglie di sclerofille e quelle di piante non sclerofille: una foglia dialloro o di olivo si essicca con difficoltà e impiega alcuni giorni prima di mostrare sintomi di appassimento; al contrario, le foglie diactinidia o diOrtensia manifestano sintomi di appassimento nelle ore più calde anche quando la pianta è regolarmente irrigata.
Gli aspetti fisiologici sono in generale meno evidenti di quelli morfologici, ma possono rappresentare in taluni casi la più alta espressione di adattamento xerofitico.
L'accorciamento del ciclo biologico rappresenta uno dei principali adattamenti xerofitici dei vegetali. La concentrazione dell'attività vegetativa e della prima fase dell'attività riproduttiva nei periodi più favorevoli permette alle piante di superare annualmente le difficoltà della stagione secca. Questo adattamento si manifesta in gradi di differente intensità. Dove le condizioni ambientali diventano gradualmente più proibitive, la vegetazione arborea e arbustiva lascia lo spazio a quella erbacea, che in generale è in grado di adattarsi meglio alla stagione secca, specialmente nelle zone temperate a clima continentale, che alternano una stagione calda e secca ad una fredda. In questo caso la vegetazione arborea scompare del tutto in quanto la lunghezza del ciclo vegetativo è tale da non consentire il suo svolgimento nella stagione di transizione (primavera-inizio estate).
Nell'ambito delle piante erbacee, l'adattamento xerofitico è maggiore nelle annuali rispetto alle biennali e alle perenni, perciò tendono a prevalere dove l'aridità s'intensifica. La massima espressione di questo adattamento si realizza nellepiante effimere, piante erbacee annuali adattate a vivere in ambientidesertici. Queste piante sono in generale sprovviste di adattamenti morfologici xerofitici perché sono in grado di sfruttare gli eventi piovosi sporadici e di carattere eccezionale che si verificano nei deserti più aridi. La durata del ciclo di una pianta effimera è dell'ordine di poche settimane, in media 6-8; isemi restano in dormienza anche per diversi anni, ma in occasione di una pioggia eccezionale germinano rapidamente e in un tempo piuttosto breve la pianta è in grado di crescere, fiorire e disperdere i semi prima che le sopraggiunte condizioni di aridità ne determinino la morte.
La colorazione rossa che assume in estate il fogliame dell'euforbia arborea è uno degli esempi più suggestivi di estivazione.
L'estivazione è un comportamento tipico di molte xerofite perenni che vivono in ambienti a clima caldo-arido, come ad esempio gliecosistemi mediterranei. In questo caso la pianta svolge il suo ciclo vegetativo durante le stagioni più fresche, con la massima attività in primavera e attraversa un periodo di riposo vegetativo in estate, riprendendo l'attività eventualmente in autunno. La riproduzione può completarsi all'inizio dell'estate oppure in autunno, ma in genere si svolge nel corso della primavera. Sono normalmente soggette a estivazione, ad esempio, piante arbustive come leCistaceae o l'Euphorbia dendroides, piante fruticose come l'elicriso e lastecade, piante erbacee rizomatose come ilcardo selvatico e bulbose come molteLiliaceae.
Molte specie arboree o arbustive mediterranee attraversano comunque durante i mesi più caldi e asciutti una fase di arresto vegetativo anche senza un'estivazione vera e propria, mostrando un'attività di intenso accrescimento vegetativo nei mesi primaverili e autunnali. Hanno questo comportamento, ad esempio, illeccio, lasughera, l'olivastro, ecc., che nelle regioni a clima più mite hanno un'attività prevalente nel periodo autunno-primaverile pur attraversando un brevissimo periodo di riposo invernale e conducendo la fase riproduttiva di accrescimento dei frutti in estate.
Forme di adattamento assimilabili, entro certi versi, all'estivazione sono quelle proprie delle specie che vivono in regioni temperate a clima freddo-arido e quelle che vivono in regioni tropicali a regime climatico regolato dall'alternanza stagionale fra glialisei, venti asciutti, e imonsoni, venti umidi. In queste regioni si verifica l'alternanza fra una stagione asciutta[1] e una umida[2]. Queste regioni, che a nord dell'Equatore si estendono nelleFilippine, nell'Indocina, nel subcontinenteindiano, nellaPenisola Arabica, nell'Africa subsahariana, nella parte occidentale delCentro America, sono interessate daibiomi tropicali di transizione fra laforesta pluviale e ildeserto tropicale (foresta decidua tropicale, boscaglia spinosa, savana). Le essenze adattate a questi climi sono per lo più piante arboree che attraversano il periodo di riposo vegetativo nella stagione asciutta, arrivando anche a perdere le foglie, e piante erbacee che svolgono il loro ciclo nel corso della stagione delle piogge.
A differenza delle altre, le piante xerofile hanno in generale la proprietà di regolare attivamente l'apertura deglistomi modificando lo stato diturgore delle cellule di guardia. In condizioni di stress idrico, pertanto, chiudono gli stomi impedendo la fuoriuscita di vapore acqueo proveniente dall'evaporazione dell'acqua tissulare. Questo comportamento, se da un lato implica l'arresto dellafotosintesi e, quindi, dell'attività vegetativa, da un altro permette alla pianta di prolungare la sua sopravvivenza. Nelle stesse condizioni, infatti, una pianta incapace di regolare l'apertura degli stomi andrà inesorabilmente incontro all'appassimento e, infine, all'avvizzimento in tempi brevi.
Lasalicornia strobilacea, pianta diffusa nei deserti, nelle depressioni salate e presso gli stagni salati costieri, tollera concentrazioni saline superiori a quelle del mare.
Un meccanismo fisiologico di adattamento sofisticato è quello che permette alle piante xerofile di acquisire un'elevata efficienza nell'assorbimento radicale dell'acqua. Questo meccanismo raggiunge la sua massima espressione nellealofite, piante adattate a vivere in condizioni estreme.
Ilterreno lega l'acqua con una forza, dettatensione, che in genere assume valori negativi; fanno eccezione i suoli sommersi, nei quali la tensione è nulla, se non positiva[3]. L'assorbimento radicale dell'acqua implica una spesa energetica necessaria per vincere la tensione, perciò la forza con cui il terreno trattiene l'acqua è convenzionalmente associata allavoro, dettopotenziale idrico, necessario per sottrarre un determinato quantitativo d'acqua. Le condizioni di riferimento adottate per definire il potenziale idrico fanno sì che questo sia espresso - in termini dimensionali - come una pressione, perciò il potenziale idrico è misurato convenzionalmente inbar oppure con indici numerici assoluti correlati alla misura in bar a mezzo dell'operatore matematicop (pF).
In condizioni di terreno nonsaturo, il potenziale idrico assume sempre valori negativi[4], perciò le piante esercitano uno sforzo per assorbire l'acqua. A definire il potenziale idrico concorrono diversi fattori, fra i quali hanno il peso determinante l'acqua legata daicolloidi e quella trattenuta percapillarità; dal momento che questi fenomeni sono correlati alla natura della matrice litologica del suolo, questa componente del potenziale idrico è dettapotenziale matriciale. In condizioni ordinarie il potenziale idrico si identifica approssimativamente con il potenziale matriciale, mentre in condizioni particolari entrano in gioco - in misura significativa - anche altre componenti. Ad esempio, nel caso di alberi ad alto fusto con altezze dell'ordine di diverse decine di metri ha un ruolo non trascurabile ilpotenziale gravitazionale, in quanto gli alberi devono esercitare una pressione di suzione di diversi bar solo per superare il dislivello geometrico (approssimativamente 1 bar ogni 10 metri)[5]. Nel caso di suoli con un elevato accumulo disale è invece determinante ilpotenziale osmotico, che arriva a prevalere sul potenziale matriciale; infatti, la maggior parte delle piante soffre di stress idrico e giunge alla morte per avvizzimento nei terreni sommersi da acque saline, non riuscendo ad assorbire l'acqua legata dai sali in essa disciolti.
Unsalicornieto adArthrocnemum, prateria di xerofite e alofite comune presso gli stagni costieri.
I meccanismi di assorbimento radicale dell'acqua e di trasporto all'interno della pianta sono di diversa natura e non bene conosciuti nel dettaglio. Nel complesso il flusso di umidità dal terreno all'atmosfera, attraverso l'assorbimento e la traspirazione, è alimentato da un gradiente di potenziale idrico decrescente: l'acqua arriva alle foglie in virtù della differenza di potenziale idrico che s'instaura all'interno della pianta e fra le radici e il terreno; tale differenza è alimentata dalla traspirazione e dal trasporto attivo degli ioni, processo, quest'ultimo, che richiede una spesa energetica. In condizioni di intensità di traspirazione bassa, il flusso ascendente è alimentato invece dalla pressione radicale e si manifesta con il fenomeno dellaguttazione.
In condizioni ordinarie l'acqua arriva perciò alle foglie in virtù del basso potenziale idrico causato dalla concentrazione ionica e dal passaggio allo stato di vapore. Il basso potenziale idrico genera una pressione negativa (tensione) nelloxilema che si trasmette alla radice. Nella radice il flusso è alimentato dal trasporto attivo degli ioni, che permette il passaggio dell'acqua dall'apoplasto alsinplasto.
In virtù di questi fenomeni, di natura in parte fisica in parte chimica, l'adattamento xerofitico si concretizza nella capacità di creare, all'interno della pianta, potenziali idrici di valore tale da vincere le basse tensioni dell'acqua nel terreno. Nella maggior parte delle piante l'acqua è assorbita finché il potenziale idrico del terreno si mantiene sopra un valore limite compreso fra -15 e -25 bar (denominatocoefficiente di avvizzimento). Le piante non xerofite manifestano però sintomi di sofferenza a valori più alti, quando il potenziale idrico scende a valori variabili da -4 a -6 bar, ma le più sensibili soffrono già a potenziali di poco superiori -1 bar. Si può già individuare un adattamento xerofitico in quelle piante che riescono ad assorbire l'acqua, senza mostrare particolari sintomi di sofferenza, a potenziali compresi fra -4 ÷ -6 bar e -15 ÷ -25 bar.
Le piante con marcato adattamento xerofitico e le alofite possono tuttavia assorbire l'acqua a potenziali molto più bassi, con casi estremi di specie che assorbono l'acqua anche fino a -175 bar. In particolare, le piante alofite devono la loro capacità di assorbimento all'elevatatensione osmotica generata dall'accumulo di sali all'interno deivacuoli, in grado di vincere la tensione osmotica dell'acqua deisuoli salini o dei suoli sommersi da acque saline.
L'Agave è una pianta succulenta in grado di svolgere la fotosintesi anche con clima secco usando la via metabolica CAM
Lafotosintesi CAM (acronimo diCrassulacean Acid Metabolism), attuata nelleCrassulaceae, nelleCactaceae e in alcune specie di altre famiglie (es.Ananas,Agave, ecc.), è un adattamento xerofitico vero e proprio perché consente lo svolgimento dellafotosintesi anche con glistomi chiusi. Nelle vie metaboliche ordinarie dellepiante C3 e dellepiante C4, infatti, la fotosintesi necessita dell'apertura degli stomi affinché si svolgano gli scambi gassosi (ingresso dellaCO2 e uscita dell'O2. In caso di chiusura degli stomi, pertanto, le piante non svolgono la fotosintesi.
Nelle piante a metabolismo CAM si svolge una via metabolica alternativa che rappresenta un'evoluzione adattativa delciclo di Calvin, proprio delle piante C3. La fase luminosa e la fase buia sono infatti separate nel tempo: durante la notte la pianta apre gli stomi, permettendo l'ingresso della CO2 che sarà fissata da unacido a tre atomi dicarbonio (C3), prevalentemente l'acido malico, accumulato neivacuoli. Durante il giorno, a stomi chiusi, gli acidi C4 accumulati nel corso della notte saranno metabolizzati nel ciclo di Calvin.
La via metabolica CAM ha un'efficienza fotosintetica molto bassa, tuttavia permette lo svolgimento della fotosintesi in condizioni ambientali che impedirebbero le altre vie. Un aspetto interessante del metabolismo CAM consiste nel fatto che pur avendo una basegenetica, il meccanismo è innescato dalle condizioni ambientali: la fotosintesi CAM si svolge infatti in condizioni diclima arido, ma in occasione di giornate umide, ad esempio dopo un temporale, le piante CAM svolgono il ciclo di Calvin secondo il meccanismo delle piante C3. La fotosintesi CAM, pertanto, va intesa come una risorsa metabolica integrativa che consente il proseguimento dell'attività vegetativa anche in condizioni proibitive.
La capacità didisidratare e reidratare i tessuti è forse uno degli adattamenti xerofitici più estremi, diffuso per lo più fra gli organismi inferiori. Casi molto più rari si riscontrano tuttavia anche nelle Piante. L'esempio più spettacolare è quello dellarosa di Gerico, emblematicamente chiamata anchePianta della Resurrezione. Questalicopodiofita è in grado di disidratare completamente i tessuti dei propri microfilli e sopravvivere a condizioni di ambiente secco anche per decine d'anni restando in uno stato di latenza; con la completa reidratazione la pianta riacquista la vitalità e la funzionalità senza perdere le proprie strutture morfo-anatomiche.
Un fenomeno di questo genere ricorda approssimativamente la proprietà di moltimicrorganismi, come ad esempio ilieviti, di essere conservati perliofilizzazione e rivitalizzati con la reidratazione. Singolare è trovare un comportamento simile, in natura, presso organismi più complessi come le Licopodiofite,piante vascolari affini alleFelci.
La Rosa di Gerico in piena attività vegetativa
La particolarità di questo comportamento lo differenzia nettamente dagli altri adattamenti xerofitici. Infatti, nei casi precedenti si assiste ad adattamenti che presuppongono il mantenimento dell'attività vegetativa in condizioni più o meno estreme; oppure la perdita, in condizioni sfavorevoli, degli organi che rappresentano il fattore di criticità, salvo poi rigenerarli al ripristino delle condizioni favorevoli; oppure l'adattamento dei ciclo biologico all'alternanza fra condizioni favorevoli e sfavorevoli.
L'esame microscopico dei tessuti disidratati mostra una particolare struttura cellulare nella pianta disidratata, in cui si evidenziano in particolare icloroplasti schiacciati. Con la reidratazione le cellule si rivitalizzano, gli organuli cellulari ripristinano la loro morfologia funzionale e le attività biochimiche si riavviano[6].
^Nell'emisfero boreale si protrae da ottobre-novembre a maggio, con clima torrido in marzo-aprile.
^Nell'emisfero boreale da maggio all'inizio dell'autunno.
^In questi casi l'acqua tende a penetrare attivamente nelle radici, soprattutto attraverso lelenticelle.
^Nello studio dei rapporti acqua-terreno, più che i valori assoluti del potenziale idrico hanno importanza i differenziali, perciò si assume per convenzione che il potenziale dell'acqua completamente libera nel suolo sia uguale a zero.
^In realtà i calcoli delle pressioni teoriche dimostrano che per l'assenza di fenomeni dicavitazione il flusso della linfa ascendente negli alberi ad alto fusto presuppone il concorso di fattori più complessi della semplice pressione generata da una forza motrice
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