Il monacokashmiro e filosofo Cittamātra, Vasubandhu (IV secolo), così come fu rappresentato nella scuola cinese delChán che lo annovera tra i suoi patriarchi. Vasubandhu fu dapprima un seguaceSarvāstivāda che aderì poi alla scuolaSautrāntika, convertendosi infine alla scuolaMahāyāna Cittamātra.
IlVijñānavāda (detto ancheCittamātra oYogācāra, cinese 瑜伽行派Yújiāxíng pài o anche 唯識宗Wéishì zōng, coreanoYugahaeng pa o ancheYusik jong, giapponeseYuishiki shū o ancheYugagyō ha, tib.Sems tsam pa, vietnamitaDuy thức tông) è una scuola buddista indiana sorta nel III secolo che ha profondamente influenzato ilBuddismo Mahāyāna sia nella sua versionetibetana che in quellacinese,coreana egiapponese.
La scuola ha, come la precedente scuola deiMādhyamika, dei precisi testi di riferimento e un suo variegarsi in sottocorrenti. In ambito sino-giapponese le sue tesi hanno profondamente influenzato molte scuole, segnatamente laHuāyán (華嚴宗,Huāyán zōng, lignaggio giapponeseKegon), ilChán (禪宗,Chán zōng, lignaggio giapponeseZen) e loZhēnyán (眞言宗,Zhēnyán zōng, lignaggio giapponeseShingon), trovando una compiuta collocazione nella scuolaFǎxiāng (法相宗,Fǎxiāng zōng, lignaggio giapponeseHossō) fondata daXuánzàng nel 645 dopo il suo ritorno dal viaggio inIndia.
La scuola Cittamātra si inserisce nel procedere ermeneutico deiPrajñāpāramitā Sūtra e nella loro interpretazione da parte della scuola che l'ha preceduta, ilMādhyamika.
Lo sviluppo dei 'giri' della Ruota del Dharma corrisponde, secondo la scuola Cittamātra, ai testi da interpretare e quelli da prendere alla lettera. I sūtra da interpretare (o provvisori) sono denominati in sanscritoneyârtha[8] mentre quelli dal significato chiaro (definitivi) sono denominati in sanscritonītārtha[9].
Per ilMadhyamaka sono già iPrajñāpāramitā Sūtra e i relativi commentari Mādhyamika ad essere definitivamente chiari, secondo i Cittamātra invece anche iPrajñāpāramitā Sūtra come gliĀgama-Nikāya devono essere interpretati, mentre solo a partire dalSaṃdhinirmocanasūtra gli insegnamenti risultano di per sé espliciti e rappresentano la dottrina definitiva[10]. Il nome e la dottrina di questa scuola sono ben rappresentati da una strofa di un altro sutra Cittamātra, ilSamādhirājasūtra: «O figli dei Vittoriosi, i tre regni non sono altro che mente». La scuola Cittamātra sostiene infatti che i fenomeni, così come noi li percepiamo, non sono altro che mente, non esistono se non come apparenze. L'unica cosa realmente esistente è lacoscienza[11]. L'ignoranza dell'uomo fa sì che egli creda non solo che questa coscienza sia un "soggetto" ovvero che abbia una sua identità permanente ma che esistano, con la stessa qualità, anche gli oggetti percepiti. Questa illusione viene sempre paragonata, in questa scuola e nei suoi Sutra, come "l'illusione di una magia", "illusione ottica", "miraggio", "sogno", "riflesso della luna sull'acqua", a una "eco", a una città "aerea", a un "fantasma".Lavacuità (Śūnyatā) è, per i Cittamātra, la fine della differenza tra soggetto e oggetto e corrisponde al Risveglio (bodhi), mentre ciò che sperimentiamo nella coscienza illusa è il frutto del nostrokarma[12]. Quindi la sede dellavacuità è, per la scuola Cittamātra, la coscienza che è la sola ad esistere anche se sempre priva di identità inerente.
L'aver considerato la sede della vacuità la coscienza provocò l'accusa da parte di autori di scuolaMādhyamika nei confronti delle dottrine Cittamātra di esseresostanzialiste in quanto avrebbero "sostanziato" lavacuità nellacoscienza (e da qui anche il famoso dibattito tra il mādhyamikaCandrakīrti e il cittamātraCandragomin all'università diNālandā durato sette anni senza che nessuno dei due prevalesse). In sostanza iMādhyamika preferirono limitarsi alle due Verità: assoluta (sans.paramārtha-satya ośūnyatā-satya, cin. 空諦kōngdì, giapp.kūtai, tib.don-dam bden-pa) e relativa (sans.saṃvṛti-satya, cin. 假諦jiǎdì, giapp.ketai, tib.kun-rdzob kyi bden-pa), ritenendo quest'ultima "mondana"[13]. Per il MādhyamikaCandrakīrti, ad esempio, la Verità è quella assoluta della vacuità di tutto l'esistente (e non della coscienza "non soggettiva" dei Cittamātra). Mentre i Cittamātra accusavano i Mādhyamika di tendenzenichiliste in quanto ponevano, di fatto, ilDharma nel vuoto. La posizione Cittamātra, si fonda comunque sempre sulla fine esperienziale della distinzione soggetto-oggetto tipico di alcune pratiche meditative e quindi sulla realizzazione dellatathātā (cin. 眞如zhēnrú, giapp.shinnyo, tib.de bzhin nyid), della realtà così come è, facendo scomparire concetti e distinzioni.
La scuolaVijñānavāda pur prendendo avvio dalSaṃdhinirmocanasūtra venne sviluppata da due fratelli,Asaṅga eVasubandhu (IV secolo). Le loro opere descrivono otto coscienze (âṣṭâvijñāna), sei coscienze dei sensi, una mentale contaminata dalkarma dettakliṣṭamanas (cinese 染汚意rǎnwū yì, giapp.zenmai, tib.nyon mongs pa can gyi yid, yid kun nas nyon mongs par byed pa) e l'ottava coscienza, l'ālayavijñāna incontaminata (cinese 阿賴耶識ālàiyéshì, giapp.arayashiki, tib.kun gzhi rnam shes pa). Per Asaṅga e Vasubhandhu solo l'ottava coscienza, l'ālayavijñāna, che ricevendo come un ricettacolo i semi contaminati dalla settima coscienza, è quella assoluta che non muore ma rinasce di corpo in corpo fino alla liberazione (sanscritobodhi). L'ālayavijñāna "non è né bene, né non bene" ed è comunque e sempre del tutto priva di soggettività. Dopo la morte diVasubandhu, la scuolaVijñānavāda si svilupperà in due distinte branche: quella che continuerà l'opera più legata alla tradizione psicologico-abhidharmica dei due fratelli, rappresentata dalle opere diSthiramati (VI secolo),Dharmapāla (VI o VII secolo),Vinītadeva (VII secolo, discepolo di Dharmapāla) eXuánzàng (602-664); e quella che curerà un approccio più prettamente logico ed epistemico conDharmakīrti (VII secolo) eDignaga (fine IV secolo, discepolo di Vasubandhu), la quale però si indica solo sei coscienze: i cinque sensi più quella mentale, ritenendo quella mentale quella di base. A quest'ultimo indirizzo appartengono ancheSāntarkṣita (VII secolo, discepolo di Dharmakīrti) eRatnakīrti (XI secolo, discepolo diJñānaṡrīmitra).
Saṃdhinirmocanasūtra (o più correttamenteĀryasaṃdhinirmocananāmamahāyānasūtra, Sutra che rivela il pensiero o Sutra che rivela i misteri, 解深密經 pinyin:Jiěshēnmìjīng giapp.Gejinmikkyō, è conservato nelJīngjíbù, l'edizione tibetana dal titolo 'Phags-pa dgons-pa nges-par 'grel-pa zhes-bya-ba theg-pa chen-po' i mdo è invece conservata nelKangyur obKa'-'gyur), tradotto in cinese daBodhiruci nel 514 e daXuánzàng nel 647 (ne esistono comunque altre due traduzioni parziali di:Guṇabhadra del 435-43 e diParamārtha del 557).
Samādhirājasūtra (ancheSamādhi-rāja-candra-pradīpa-sūtra oCandra-pradīpa-sūtra, Sutra del Re del Samadhi, 月燈三昧經 pinyin:Yuèdēng sānmèi jīng, giapp.Gattō zammai kyō, conservato nelT.D. 639.15.549-620). Sūtra di scuola Cittamātra in cui il Buddha insegna a Candrapradita Kumāra la più elevata tecnica meditativa. Si conservano tre traduzioni cinesi (riportate nelJīngjíbù) relative a questo testo e tutte con lo stesso titolo:T.D. 639.15.549-620, eseguita da Narendrayaśas in 10 fascicoli nel 557;T.D. 640.15.620-623, eseguita da Xiangong (先公) in 1 fascicolo;T.D. 641.15.623-629, sempre eseguita da Xiangong (先公) in 1 fascicolo. Di queste traduzioni solo quella di Narendrayaśas è completa, anche se questa sembra essere basata su un'opera leggermente più breve rispetto all'originale sanscrito e alla versione tibetana che prende il nome diChos thams cad kyi rang bzhin mnyam pa nyid rnam par spros pa ting nge dzin gyi rgyal pa ed è conservata nelKangyur .
Yogâcārabhūmiśāstra (Trattato sulle terre dei praticanti dello yoga, 瑜伽師地論pinyin:Yúqié shīdì lùn, giapp.Yugashijiron, tib.rNal-'byor spyod-pa'i sa) inCina è tradizionalmente attribuito aMaitreyanatha, monaco indiano vissuto nel IV secolo, mentre la tradizione tibetana lo attribuisce aAsaṅga. Questo testo, che tratta in particolar modo del cammino yogico e delle otto coscienze studiate dalla scuola Cittamātra, fu tradotto daXuánzàng nel 646 (T.D. 1579.30.279-882) in 100 fascicoli.Xuánzàng si era recato precedentemente inIndia allo scopo di riportarne una copia inCina. Contiene anche un elencoTrentadue segni maggiori di un Buddha (三十二相pinyinsānshíèr xiàng,giapponesesanjūni sō).
Triṃśikāvijñaptikārikā (Trenta versi sulla dottrina della sola mente, 唯識三十頌pinyin:Wéishì sānshí sòng giapp.Yuishiki sanjū shō) diVasubandhu, tradotto daXuánzàng nel 648 in 10 fascicoli (T.D. 1586.31.60a-61b).
Vimśatikāśāstra (Venti versi sulla dottrina della sola mente, 二十唯識論pinyin: Èrshí wéishì lùn, giapp. Nijūyuishikiron) anche questa opera diVasubandhu, tradotta daXuánzàng eParamārtha. È un testo polemico a difesa delle dottrine della scuola Cittamātra.
Anche se non può essere considerata una delle opere principali della scuola Cittamatra ricordiamo l'Āryagambhīrasaṃdhinirmocanasūtraṭīkā del discepolo coreano diXuánzàng,Wŏnch'uk (원측, cinese 圓測 Yuáncè, giapp. Enjiki, 613-696), un commentario delSaṃdhinirmocanasūtra che verrà tradotto in tibetano con il titolo di 'Phags pa dgongs pa zab mo nges par 'grel pa'i mdo'i rgya cher 'grel pa e collocato nelTanjur a dimostrazione di come le opere di questa scuola, come quelle dell'avversariaMādhyamika, spesso non avessero confini.
^Cinese 了義教liǎoyì jiào, giapp.ryōgi kyō, tib.nges pa'i don bshad pa.
^Gli autorimādhyamika erano, ovviamente, di parere opposto considerando ilSaṃdhinirmocanasūtra un sutraneyârtha (provvisorio) mentre solo iPrajñāpāramitā Sūtra eranonītārtha (definitivi).
^Anche se inCina, nello stesso periodo del dibattito tra Candrakīrti e Candragomin, si andava sviluppando una differente impostazione ermeneutica della dottrina mādhyamika esposta da Nāgārjuna, con particolare riferimento ai versi 8 e 9 del capitolo XXIV dellaMūlamadhyamakakārika (Le Stanze di mezzo, 中論 pinyinZhōnglùn, giapp.Chūron, tradotto daKumārajīva nel 409, è collocato nelloZhōngguānbù al n. 1564) dove viene esaminata la Verita dellaVia di Mezzo (sanscritomādhya-satya, cin. 中諦zhōngdì, giapp.chūtai), e non la "Verità assoluta", come verità completa. Dottrina che va sotto il termine cinese diyuánróng sāndì e che fu elaborata daZhìyǐ. Cfr. Paul L. Swanson,Foundations of T'ien-T'ai Philosophy: The Flowering of the Two Truths Theory in Chinese Buddhism, Asian Humanities Press, USA, 1989, pagg. 1-37.
Nagao Gadjin.Madhyamika and Yogacara: A Study of Mahayana Philosophies. USA, Albany, 1991.ISBN 0-7914-0187-1
Dan Lusthaus. Buddhist Phenomenology: A philosophical Investigation of Yogācāra Buddhism and the Ch'eng Wei-shih lun, Routledge-Curzon: 2002.ISBN 0-415-40610-2
Diana Paul.Philosophy of Mind in Sixth-Century China: Paramartha's Evolution of Consciousness, Stanford, Calif.: Stanford University Press 1984
Fernando Tola,Carmon Dragonetti. Being As Consciousness: Yogācāra Philosophy of Buddhism, Delhi: Motilal Banarsidass, 2004