Vescellium (talvolta italianizzato inVescellio) era un borgo o villaggio fortificato(oppidum) della tribùsannitica degliIrpini.
Secondo una consolidata tradizione storiografica[1], sorretta inizialmente da vaghe considerazioni geografiche ed etimologiche[2] ma poi avvalorata dai risultati delle moderne indagini archeologiche[3], il sito doveva essere ubicato neimonti della Daunia alla localitàVetruscelli, in posizione baricentrica tra gli attuali comuni diRoseto Valfortore (cui amministrativamente appartiene l'area),Castelfranco in Miscano eFaeto. Non mancano però alcune ipotesi alternative.
Unitamente aVercellium eSicilinum,Vescellium è citata dallo storico romanoTito Livio che ne rammenta la conquista nel 215 a.C. da parte del pretoreMarco Valerio Levino[4]. Tuttavia, benché Livio affermi esplicitamente che i borghi o villaggi conquistati fossero stati tre(oppida tria), la moderna critica storica non esclude cheVescellium eVercellium rappresentassero semplicemente due varianti grafiche dello stesso toponimo[5]. In quanto aSicilinum, esso doveva costituire un fortilizio ausiliario, oppure dovette subire una distruzione totale, o più semplicemente dovette cambiare nome poiché da allora in poi non fu mai più citato, a meno che non si trattasse diSicalenum che, però, era situato nel remoto entroterra del territorio deiFrentani (presso l'attualeCasacalenda) e dunque piuttosto lontano dall'Irpinia e dalle basi romane[6].
Vescellium, invece, doveva costituire un centro di una certa importanza, poiché iVescellani sono citati anche daPlinio il Vecchio nell'elenco delle principali comunità dell'Irpinia antica[7], che nel frattempo era stata annessa allaRegio II Apulia et Calabria unitamente al territorio dei SannitiCaudini (ma diversamente dai SannitiPentri e dai Frentani che invece rimasero legati allaRegio IV Samnium)[8]. Benché non vi siano certezze etimologiche (daVescellium sarebbe dovuto derivare*Vescellini o eventualmente*Vescelliani, piuttosto cheVescellani)[9], si ritiene generalmente assai probabile che Plinio volesse riferirsi alla popolazione dello stessooppidum già citato da Livio[10]. Poiché però il nomeVescellium non compare in altri autori né in altre opere o iscrizioni, gli storici moderni hanno dovuto basarsi sui pochi dati disponibili per tentare di localizzare il sito.
Livio scrive che la conquista dei treoppida avvenne per ritorsione contro i loro abitanti che avevano tentato di unirsi adAnnibale dopo la vittoria militare che questi aveva conseguito aCanne, inApulia. Lo stesso Livio afferma inoltre che le legioni romane, dopo aver espugnato glioppida, fecero ritorno nella colonia romana diLuceria (l'attualeLucera) portando con sé alcune migliaia di prigionieri. All'epoca, però, non vi era alcuna strada che collegasse l'Irpinia aLuceria (laVia Aemilia sarebbe stata infatti costruita soltanto un secolo più tardi); il territorio irpino era invece percorso unicamente dallavia Appia che univa le due colonie romane diBeneventum eVenusia passando perAeculanum (Passo diMirabella) eAquilonia (Lacedonia). Ciò ha permesso di ipotizzare cheVescellium dovesse trovarsi in un luogo piuttosto distante dallaVia Appia e non molto lontano daLuceria (e comunque a nord della stessaVia Appia), altrimenti l'assedio sarebbe stato portato a termine assai più agevolmente dalle legioni beneventane o venosine piuttosto che da quelle lucerine, senza contare le difficoltà insite nel trasporto di un gran numero di prigionieri attraverso un tragitto lungo e impervio. Non a caso un'analoga incursione, condotta contro altri gruppi di Irpini ribelli stanziati però nelle montagne a sud dellaVia Appia, fu fatta opportunamente partire dalla basecampana diNola.[10]
Analizzando poi lo scritto di Plinio si può notare come egli distribuisca abbastanza uniformemente le altre comunità irpine sul territorio, lasciando però scoperto un ampio settore nord-orientale comprendente lavalle del Miscano, laValmaggiore (ossia valle delCelone) e lavalle del Cervaro, talché si è potuto supporre cheVescellium dovesse trovarsi proprio presso tale settore. Si evidenzia inoltre che nella lista pliniana, oltre aiVescellani e agli altri cinque gruppi indigeni dell'Irpinia(Aeculani,Aquiloni,Abellinati,Compsani,Caudini), siano citati anche la colonia romana diBeneventum e gli abitati deiLiguri Bebiani (stanziati nella mediavalle del Tammaro) eCorneliani. Di questi ultimi non si conosce l'area di insediamento, ma si ipotizza che risiedessero nella valle delFortore[11], poiché si ritiene che la deportazione deiLiguri apuani nel cosiddettoAger Taurasinus (l'area appenninica situata a nord-est della colonia beneventana)[12] servisse a creare una sorta di diaframma tra gli Irpini (a sud-est) e i SannitiPentri (a nord-ovest)[13]; l'irpinaVescellium doveva dunque trovarsi a sud-est dell'Ager. Lo stesso Plinio assegna invece all'Apulia le tribù degliAecani e deiVibinates (i primi stanziati adAecae presso l'attualeTroia, i secondi aVibinum ossiaBovino)[7], il che significava che l'intera fasciasubappenninica apparteneva aiDauni; dunqueVescellium, quale parte integrante del Sannio Irpino, doveva essere collocata nell'Appennino propriamente detto.
Vetruscelli fu un borgo medievale appartenente allagrancontea ediocesi di Ariano; già citato nelCatalogus baronum comeVetrascellum, fu successivamente noto con i nomi diVetroscello,Vetruscello,Bitrassello,Vetestrello oVetrisciello. Nel 1299 è altresì documentata una disputa di confine con il vicino feudo diCasale Campanaro (Casale Campanarii inlatino medievale). Dotato di una chiesa arcipretale e di due monasteri,Vetruscelli cessò comunque di esistere nel 1450 allorquando la locale chiesa fu chiusa e unita a quella di Roseto (facente parte anch'essa, a quel tempo, della diocesi di Ariano)[14].
Il sito diVetruscelli era inoltre noto con il soprannome diSerra delle Tre Marine poiché vi si trovano le sorgenti di tre corsi d'acqua divergenti su altrettanti versantiappenninici: ilMiscano, confluente nell'Ufita e afferente al versante tirrenico; ilFortore, sfociante nell'Adriatico centrale; e ilCanale del Feudo, affluente delCelone diretto nelTavoliere e, tramite ilCandelaro, nelgolfo di Manfredonia. Perdipiù alle falde settentrionali diVetruscelli sgorga un quarto torrente, ilVulgano, la cui valle sbocca nel Tavoliere proprio all'altezza di Lucera, a quel tempo sede di una fiorente colonia romana. Si trattava dunque di un'area di fondamentale rilevanza strategica[15].
L'etimologia del toponimoVetruscelli rimane piuttosto incerta, anche se non sono mancati tentativi volti ad accostare le forme latino-medievaliVetrascellum (attestata, come già si è detto, nelCatalogus baronum) ecastrum Vetrascelli (menzionata nel registri della cancelleria angioina[16]) alle antiche denominazioniVescell(i)um /Vercell(i)um, queste ultime risalenti indubbiamente allalingua osca[17] parlata in epoca preromana dagli Irpini e da numerose altre popolazioni dell'Italia meridionale. Non tutti gli autori sono però concordi: l'origine etimologica diVetruscelli potrebbe anche essere del tutto differente, e vi è perfino un'ardita teoria alternativa che ipotizzerebbe un etimoantico-ligure del toponimo, in correlazione a un lemmaAetruscianum citato sullaTabula alimentaria deiLiguri Bebiani stanziati traReino eCircello[2].
AVetruscelli vi sono tre aree archeologiche: il monteSan Chirico (991 m s.l.m.), di forma troncoconica e circondato da ripe e fossati, dunque ideale per l'estrema difesa; la fontanala Noce, ubicata un po' più in basso e circa un chilometro più a sud, ove vi è una fonte sorgiva perenne presso cui era possibile lo stanziamento di una comunità umana; infine il monteSaraceno (1138 m s.l.m., una delle vette più elevate dei monti Dauni), situato3,5 km a nord-est del monteSan Chirico e del vicinobosco Vetruscelli. I tre siti sono collegati tra loro da una mulattiera che corre lungo la linea di displuvio[18].
Sul monteSan Chirico (detto così dal nome dall'antica chiesa arcipretale di Vetruscelli, dedicata asan Quirico) non sono state comunque rinvenute tracce consistenti della presenza sannitica, forse perché cancellate dalla successiva, prolungata occupazione medievale dell'altura. Di contro, presso la fontanala Noce le ricerche archeologiche hanno permesso di individuare, oltre a una grande villa di epoca romana (situata forse lungo laVia Aemilia), anche un'area di dispersione riferibile a uno stanziamento sannitico e piuttosto ricca in reperti, consistenti soprattutto in ceramiche ma con presenza anche di tracce di armi, tra le quali si annovera la punta di ungiavellotto in ferro[3]. Il fatto che tali ritrovamenti siano avvenuti all'altezza della fontanala Noce è assai significativo, poiché era esattamente quello il sito tramandato dalla tradizione storiografica locale[15].
Ma i resti più cospicui emergono sul monteSaraceno, ove è stata individuata una massicciaarx ("fortezza") sannitica i cui muri di pietra, seppur diroccati, sono ben evidenti sui fianchi della montagna. In realtà il monteSaraceno, circondato da rupi su tre lati e accessibile unicamente da sud tramite la mulattiera proveniente da monteSan Chirico, faceva parte di un più ampio sistema difensivofederale comprendente anche le roccaforti di monteSambuco e monteRotaro (entrambe situate più a nord, rispettivamente a 20 e30 km di distanza), il cui obiettivo primario doveva essere quello di contrastare la colonia romana diLuceria (dedotta fin dal 314 a.C.) e di proteggereBovianum (capitale dei SannitiPentri[19]) e in una prima fase ancheMaleventum (appartenente in origine agli Irpini[20]); quest'ultima città era infatti assai ambita per la sua posizione strategica, tanto da essere poi a sua volta colonizzata dai Romani nel 268 a.C.[3]. È inoltre interessante notare che il toponimo "monteSaraceno" risulti assai spesso associato adarces sannitiche (ciò accade infatti anche aCercemaggiore, così come aPietrabbondante e altrove[21]), sebbene l'origine di tali denominazioni rimanga piuttosto oscura; ad ogni modo l'ipotesi prevalente è che l'epiteto"Saraceno", di matrice popolaresca e correlato almeno idealmente aiSaraceni, sia stato appioppato a tal genere di rovine preromane (e, in una seconda fase, alle alture su cui esse sorgevano) in epoca non molto antica[22].
Situato a sud diFaeto presso le sorgenti delCelone, il monteCastiglione (oCastellone) è un rilievo molto simile, per struttura e altitudine, al monteSan Chirico. L'altura domina il valico diSan Vito, percorso fin dalla più remota antichità daltratturello Camporeale-Foggia, cui in epoca imperiale si sarebbe poi sovrapposta laVia Traiana. Ad ogni modo l'itinerarium burdigalense, di epoca tardo-antica (IV secolo d.C.), non menziona alcuna città nell'area, ma cita piuttosto unastazione di posta, la cosiddettamutatio Aquilonis (Aquilo era infatti l'antico nome del Celone), situata forse in corrispondenza dell'attuale masseriaSan Vito[23] (circa500 m a nord-est del monteCastiglione). L'ipotesi secondo cui l'anticaVescellium e lamutatio Aquilonis sarebbero state in qualche modo connesse era stata ventilata fin dall'Ottocento[1], tuttavia nel secolo successivo si è invece suggerito (grazie a un conteggio più accurato delle miglia) di localizzare lamutatio lungo la mulattiera che collegaCelle conOrsara, più distante dunque dal monteCastiglione (circa2 km in direzione nord-est)[24]; non è mancato, peraltro, un tentativo per ricollegare etimologicamente(le) Celle aiVescellani.[25]
Nel medioevo, allorquando laVia Traiana fu integrata nellaVia Francigena, sul monteCastiglione sorse la grandefortezza di Crepacuore (presidiata dai cavalierigerosolimitani), il che potrebbe aver determinato la riconversione delle antiche strutture nonché la perdita del toponimo originario (eventualmenteVescellium /Vercellium, o ancheSicilinum); l'occupazione dell'altura in epoca preromana è comunque attestata da reperti archeologici[26], dai quali si può dedurre la probabile esistenza di un'arx, sia pur di modeste dimensioni[27]. Inoltre,4 km chilometri a sud del monteCastiglione si erge il monteRovitello (nell'attuale territorio diGreci) alle cui falde è stata rinvenuta una necropoli sannitica del IV-III secolo a.C.[28].
Ubicata lungo iltratturo Pescasseroli-Candela, su di un colle dominante la mediavalle del Miscano,Casalbore dovette essere un centro di primaria importanza in epoca preromana: oltre alle necropoli (piuttosto frequenti, comunque, anche nel resto d'Irpinia), a Casalbore sono state infatti rinvenute due fornaci (destinate alla produzione di ceramiche e laterizi)[29] nonché un tempio italico, l'unico superstite in tutto il Sannio irpino[30]; tale edificio religioso, peraltro, fu devastato proprio al tempo delle guerre annibaliche[31]. Inoltre nelle vicinanze, a4 km in direzione ovest-nordovest presso il confine tra i territori comunali diBuonalbergo eSan Giorgio la Molara, vi è una grossa altura denominataSerra Viscigli, il cui nome sembrerebbe riecheggiare quello dell'anticaVescellium. È stato però osservato che il toponimoViscigli è estremamente comune in tutta l'Italia meridionale; esso infatti ricalca il termine dialettaleviscigliu (ovisciglia,visceglie), la cuietimologia è alquanto incerta[32], ma il cui significato è "giovane quercia"[33] (dalla stessa radice deriva anche il toponimoVisciglieto, anch'esso assai diffuso in tutto il Sud)[34]. Inoltre, le indagini archeologiche compiute aSerra Viscigli (situata comunque a una discreta distanza daLuceria) non hanno trovato alcuna traccia dell'oppidum, benché siano stati rinvenuti svariati reperti ceramici risalenti al III secolo a.C.[29]. Vestigia di un insediamento fortificato di epoca preromana emergono invece sulmonte Chiodo, meno di3 km a ovest di Casalbore e poco più a monte di Buonalbergo[35].
Secondo l'archeologoWerner Johannowsky Casalbore, pur potendo non corrispondere all'oppidum Vescellium citato da Livio, poteva comunque costituire il centro principale del clan irpino deiVescellani nominati da Plinio, il cui territorio di insediamento doveva dunque abbracciare anche la valle del Miscano. Se così fosse, l'etnonimoVescellani non sarebbe derivato dal nome della loro principale città, bensì da quello della loro più importante roccaforte militare d'altura (Vescellium, appunto) situata in posizione pressoché intermedia tra le due colonie romane diBeneventum eLuceria. A seguito delleguerre puniche Casalbore dovette comunque finire distrutta.[36]
Dall'analisi delle fotografie aeree sembrerebbe che il versante orientale della valle delFortore sia stato sottoposto, inepoca repubblicana, a unacenturiazione; tale ipotesi è inoltre avvalorata dal rinvenimento di diversi cippigraccani nell'attuale territorio diCelenza Valfortore. Non è chiaro però a quale centro urbano facessero capo tali villaggi rurali sparsi; e poiché in localitàCastelmagno (4 km a nord-ovest dell'attualeSan Bartolomeo in Galdo) sono state rinvenute tracce di un insediamento romano, è stato ipotizzato che questo potesse essere sorto sul sito dell'anticaVescellium. Tuttavia secondo studi più recenti è assai più probabile che tale area fosse popolata non dagli Irpini, ma piuttosto daiLiguri Corneliani stanziati sul territorio fin dal 180 a.C., benché non si possa escludere che questi ultimi abbiano potuto occupare aree precedentemente controllate dagli Irpini[37]; ad ogni modo Plinio il Vecchio cita i Liguri Corneliani separatamente dai Vescellani. Tracce di fortificazioni di epoca preromana sono comunque evidenti nei vicinimonti della Daunia (presso monteRotaro e monteSambuco, come già si è accennato)[3]; tali roccaforti erano però localizzate assai a nord rispetto al territorio irpino propriamente detto e dunque potrebbero essere meglio attribuite ad altre tribù sannitiche, quali iPentri o iFrentani. Malgrado ciò, alcuni storici ritengono comunque possibile che i monti della Daunia fossero sotto totale controllo irpino[38].
Pago Veiano, già esistente in epoca romana, è posta entro un'ampia ansa del fiumeTammaro; tracce di unoppidum sannitico sono state rinvenute sulla sponda opposta del fiume, alla localitàToppo Santa Barbara diSan Marco dei Cavoti. In passato si era ipotizzato che lo stesso toponimo anticoVeianus potesse costituire una forma abbreviata diVescellianus[39], tuttavia le interpretazioni più recenti sostengono che il nome originario delpagus fosseVetanus anzichéVeianus[40]. Ad ogni modo la località era alquanto lontana daLuceria ed invece assai vicina alla colonia beneventana, il che costituisce indubbiamente un elemento discordante; peraltro non è neppure sicuro che a quel tempo l'agro beneventano facesse parte dell'Irpinia, poiché lo stesso Livio afferma che Annibale, per riuscire ad espugnarlo, dal territorio degli Irpini dovette portarsi nel Sannio(ex Hirpinis in Samnium transit, Beneventanum depopulatur agrum)[41]. In effetti secondo studi recenti il più probabile confine storico tra SannitiPentri e Irpini era costituito proprio dal fiume Tammaro[42] per cui Pago Veiano, trovandosi a ovest del corso d'acqua, era verosimilmente situata in territorio pentro.
In aperto contrasto con l'orientamento predominante, qualche autore attribuisce assai poca importanza all'elemento geografico, preferendo invece soffermarsi sugli aspetti sociopolitici della questione. In particolare si è ipotizzato che l'epicentro della rivolta anti-romana fosse da ricercarsi aCompsa (pressoConza, nell'Irpinia meridionale), ove è effettivamente attestata la presenza di un partito filo-cartaginese capeggiato daStatius Trebius. Nella stessa zona è inoltre nominato unsacello dedicato aIovis Vicilinus, un appellativo che con qualche forzatura si è tentato di ricollegare aSicilinum (ammettendo che quest'ultima costituisca una forma corrotta)[43] o anche aVescellium[4]; tuttavia appare molto più verosimile che la suaetimologia risalga invece aviculus (="villaggio", diminutivo divicus), analogamente a diversi altri similiepiteti associati ad antiche divinità[44]. Malgrado ciò sarebbe forse anche concepibile che Livio, citando glioppida tria, intendesse riferirsi aTrivicum (pressoTrevico) o eventualmente ad altri luoghi dell'Irpinia centrale prossimi aCompsa e all'Apulia (quantunque lontani daLuceria), ma secondo un'ipotesi piuttosto ardimentosa potrebbe entrare in gioco addirittura l'Irpinia meridionale, precisamente l'area compresa tra Conza,Nusco,Montella eBagnoli ove è documentata una parrocchia medievale denominataSicilio[45], ricollegabile dunque all'anticooppidum Sicilinum (sempreché tale appellativo rappresenti una forma corrotta, da emendarsi aoppidum Sicilium)[4]; nella medesima zona emergono anche tracce di fortificazioni preromane (alla localitàOppido Vetere diLioni)[46] benché, secondo moderni studi, esse sarebbero piuttosto riconducibili alla stessaCompsa, il cui sito di insediamento sarebbe stato trasferito presso l'attuale Conza soltanto dopo la conquista romana[47].
Ad ogni modo tali congetture, intrinsecamente poco congruenti e alquanto datate, non hanno riscosso consensi tra gli autori contemporanei, ritenendosi invece assai più plausibile cheVescellium si trovasse nell'Irpinia settentrionale, a non molta distanza dalla colonia romana diLuceria[48][49].
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