Vallabha oVallabhācārya (Pampāraṇya,1479 –Benares,1531) è stato unteologo efilosofoindianovedānticoviṣṇuita-kṛṣṇaita, nonché il fondatore della scuola delloRudra-sampradāya[1], ancheVallabha sampradāya, propugnatrice della dottrina detta dellośuddhādvaitavāda ("dottrina del non-dualismo [assolutamente] puro").
Vallabha nacque nel 1479 (la datazione tradizionale vuole il 1481[2]) a Pampāraṇya (nei pressi di Benares) in una famiglia di brahmani del lignaggio di Yajñanārāyaṇa Bhaṭṭa, originari delle regioni centro-meridionali parlanti il telugu che si recavano a Benares per un pellegrinaggio. Trascorse a Vārānasí la sua infanzia, dedicandosi con precoce successo allo studio e all'interpretazione della letteratura religiosa, in particolar modo delBhāgavatapurāṇa testo particolarmente esegetico e devoto della figura diKṛṣṇa. I suoi maestri, tra questi Trirammalaya, Andhanārayaṇadīkṣita e Madhāvayatīndra, erano tutti seguaci della scuola vedāntica fondata daMadhva.
Compì presto diversi pellegrinaggi presso i luoghi sacri indicati nelle scritture, incontrando e disputando con diversi esegeti dell'epoca, soprattutto seguaci delle dottrine di Śaṅkara contro i quali difese il primato della devozioni religiosa (bhakti) rispetto alla pratica della retta conoscenza (jñāna) da questi predicata. A seguito di una di queste dispute gli fu offerta la guida (ācārya) della scuola religiosa fondataViṣṇusvāmī[3] (XIII secolo?). Un'esperienza mistica è alla base della fondazione della scuola di Vallabha, ilVallabha sampradāya: quando soggiornava nella regione del Vraja (in bengaleseBraj, si intende quel distretto nei pressi di Mathurā), Kṛṣṇa apparve a Vallabha impartendogli ilbrahmasambandha mantra, ovvero quelmantra attraverso il quale gli uomini possono avere un rapporto diretto (sambandha) con ilBrahman, la Realtà assoluta. Talemantra corrisponde ancora oggi alla formula di iniziazione (dīkṣā) a questosampradāya.
Sempre nella medesima regione, Vallabha rinvenne l'icona in pietra di Kṛṣṇa-Govardhanadhara ("Sorrettore del Govardhana", anche Govardhananāthajī, abbreviato in Srī Nāthajī), ovvero di Kṛṣṇa che solleva la collina del Govardhana per proteggere i suoi devoti dall'ira di Indra così come narrato nelBhāgavata Purāṇa (X, 24, 35):
Gopa-viśrambhaṇaṁ gatah
śailo 'smīti bruvan Bhuri
balim Adad Brhad-vapuh»
(Bhāgavata Purāṇa X, 24, 35)
L'immagine sacra di Kṛṣṇa-Govardhanadhara è quindi la principale immagine devozionale per questosampradāya
Dopo queste esperienze mistiche, Vallabha si sposò ed ebbe due figli, Gopinātha (1512-1543) e Vitthalanātha (1516-1586) i quali gli succedettero, rispettivamente, nella guida della sua scuola. Agli otto figli di Vitthalanātha si devono i differenti rami della scuola la cui guida rimase ereditaria per discendenza maschile (questi appellati comemahārāja).
Negli ultimi anni della sua vita abbracciò, come vuole la tradizione religiosa hindũ, lo stato (āśrama) disaṃnyāsa.
Vallabha è, tra gliācāryavedāntin, l'ultimo commentatore delBrahmasūtra. La dottrina centrale del suo insegnamento è dettaśuddhādvaita (non dualismo puro) in quanto rifiuta la descrizioneadvaita diŚaṅkara, considerata "non-pura" laddove quest'ultimo intendemāyā opporsi alBrahman:māyā è, per Vallabha, dipendente dalBrahman, non è da lui separabile in alcun modo. Così anche glijīva, ilkāla e laprakṛti, tutti coeterni nelBrahman, tutti da lui dipendenti, tutti da lui non separabili.
IlBrahman dispone degli attributi disat (essere),cit (coscienza) eānanda (beatitudine). Ènirguṇa, solo in quanto non dispone di attributi ordinari ma solo "straordinari".
La personificazione delBrahman è il Kṛṣṇa che si manifesta nellaBhagavadgītā e tema centrale delBhāgavatapurāṇa. Kṛṣṇa è quindi ilBrahman che prende coscienza (jñāna) e agisce (kriyā), manifestando quindi il cosmo semplicemente con la volontà.
Kṛṣṇa non possiede alcun corpo fisico, ma lo assume per soccorrere i suoi devoti che altro non sono che queijīva, ovvero parti di lui, i quali tuttavia hanno dimenticato di appartenergli e quindi vagano senza né vero scopo né meta nel ciclo delsaṃsāra finché non si ridestano alla Verità ultima, ovvero a Kṛṣṇa, che quindi li soccorre, manifestandosi a loro.
Il mondo materiale, laprakṛti, è quindi ilBrahman detentore disat (essere), ma privo dicit (coscienza) e diānanda (beatitudine), qui vagano glijīva oscurati dalla nescienza (avidyā) dettisaṃsārin finché non divengonomukta, liberati, riacquistando la loro vera natura, quindi la conoscenza (vidyā). Il mondo materiale, per Vallabha e a differenza di Śaṅkara, non è irreale, è irreale solo la sua presenza da noi esperita (pratīti).
La liberazione (mukti) si consegue con labhakti, la devozione nei confronti di Kṛṣṇa, la personificazione delBrahman, che risponde con la stessa per opera della sua "grazia" nutrendo l'anima del devoto, da qui il terminepuṣṭimārga ("via dell'arricchimento") con cui volentieri i seguaci di Vallabha appellano le sue dottrine.
Lo scopo ultimo della liberazione è tuttavia il ritorno ai giochi eterni tra Kṛṣṇa e i suoijīva, là nello spirituale Vṛndāvana.
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