Val Bormida | |
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Località principali | Acqui Terme,Cairo Montenotte,Carcare,Cengio,Millesimo. |
Comunità montana |
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Fiume | Bormida |
Nome abitanti | valbormidesi |
Sito web | |
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LaVal Bormida (Val Bornia invalbormidese) è unavallealpino-appenninica, afferente albacino idrografico delfiume Bormida, che si sviluppa a partire dalleAlpi liguri, inoltrandosi poi nell'Appennino ligure per un certo tratto dell'entroterra diSavona, proseguendo poi inPiemonte tra le colline dell'altoMonferrato e delle alteLanghe, fino a allaPianura Padana dove la Bormida confluisce nelTanaro (ad est diAlessandria).
Il fiume Bormida in realtà è diviso in due diversi rami, laBormida di Millesimo e laBormida di Spigno (a sua volta divisa inquella di Mallare e inquella di Pallare) che confluiscono in due ampie aree geografiche conosciute come Valle della Bormida di Spigno e Valle della Bormida di Millesimo appunto. Quest’utima si identifica per la maggior parte, dal punto di vista amministrativo, con il cuneese, mentre l'altra si estende per un ampio tratto nel territorio ligure di Savona, e poi in territorio piemontese nelle province di Asti e Alessandria. I due principali rami si uniscono nel comune diBistagno (AL) e in seguito confluiscono nel fiumeTanaro, che a sua volta termina il suo corso nelPo.
LaBormida di Millesimo nasce inprovincia di Savona, dalColle Scravaion. La vallata ospita i comuni diBardineto,Calizzano,Murialdo,Millesimo. ACengio, con la fine delle Alpi Liguri, termina il corso montano. La valle entra in Piemonte sugli aspri rilievi delleLanghe, assumendo l'aspetto di un suggestivo paesaggio boschivo. La valle da qui interessa un grande numero di centri tutti situati inprovincia di Cuneo tra i qualiSaliceto,Camerana,Monesiglio,Gorzegno,Torre Bormida eCortemilia.
La parte orientale è solcata da due rami: laBormida di Pallare e laBormida di Mallare. La prima attraversa i comuni diPallare eCarcare, la seconda quello diMallare. I due rami confluiscono poco dopoCarcare (aSan Giuseppe di Cairo precisamente), formando laBormida di Spigno. Da qui la valle interessa molti comuni, tra i quali il centro più importante dell’intera alta valle, ovveroCairo Montenotte. Si incontrano successivamente i centri diRocchetta Cairo,Dego ePiana Crixia, centri tutti situati inprovincia di Savona.
In seguito alla confluenza dei due tronconi il fiume cambia nome diventando semplicemente Bormida. Dopo aver bagnatoTerzo il fiume arriva nella città diAcqui Terme, il centro di maggior rilevanza della bassa valle. Prosegue poi bagnandoStrevi,Rivalta Bormida eCassine, dove terminano i rilievi delMonferrato e si apre la piena pianura incontrando i comuni diCastellazzo Bormida,Frugarolo. Il fiume lambisce la periferia sud diAlessandria sino a giungere nei pressi diPavone dove sfocia da destra nel fiumeTanaro.
La collocazione geografica ha fatto della Val Bormida la porta di transito fra l'entroterra piemontese-lombardo e ilmare rendendo estremamente complesse le vicende storiche. Sviluppandosi così un modello culturale, ampiamente influenzato da apporti sostanzialmente estranei.[1]
I primi abitanti riconoscibili della Val Bormida furono iLiguri, in particolare alcune tribù: gliStatielli, che avevano come centro principale Carystum, ovvero l'odiernaAcqui Terme[2]; e gli Epanteri che dalRoero, sembrerebbe si siano in parte trasferiti nella valle. Le tracce lasciate da questo popolo si ritrovano nel nome del fiume, derivante dalla parola pre-romana "bormo" (sorgente calda o che gorgoglia), legata agli dèi delle sorgentiBormō eBormānus, divinità celtiche adorate anche dagli antichi Liguri. Durante la guerra punica gli Statielli, come le tribù liguri di ponente decisero di allearsi conAnnibale Barca e di essere ostili aRoma; molto probabilmente parteciparono alle leve diGalli eLiguri organizzate dal condottiero cartaginese e dal fratelloAsdrubale quando scesero nellapianura padana. Allontanata la minaccia cartaginese,l'Urbe poté volgere lo sguardo verso le genti liguri. Nel 173 a.C. le legioni romane guidate dal consoleMarco Popilio Lenate,attaccarono il centro di Carystum. Gli Statielli non opposero resistenza, tuttavia, contravvenendo al diritto di guerra romano, il console ridusse in schiavitù gli Statielli e cominciò a organizzare la vendita di schiavi provenienti da questa popolazione. Un anno dopo, per intervento delSenato di Roma venne posto termine a questo duro trattamento e gli Statielli, riacquistata la libertà, furono via viaromanizzati. Venne fondata la città di Aquae Statiellae a cui, nell'89 a.C. venne estesa laLex Pompeia con la concessione delloIus Latii.
Il territorio conquistato venne inquadrato nellaRegio IX Liguria e sottoposto alla giurisdizione del municipio di Alba Pompeia, iscritto alla tribù Camilia. È probabile che le zone dell'alta valle, attigue alla Valle delTanaro, fossero invece sottoposte al dominio del municipio di Albingaunum (Albenga) iscritto alla tribù Publilia.[1]
Nel 109 a.C. fu fatta costruire lavia Aemilia Scauri dal console Emilio Scauro, che univa il centro di Aquae Statiellae a Vada Sabatia (Vado ligure) passando per i mansi di Ferraria (Ferrania), Canalicum (Cairo Montenotte), e Crixia (Piana Crixia).
A seguito dellacaduta dell'Impero romano d'Occidente, e la successiva riconquista da parte dell'Impero d'Oriente, icrinali appeninici costituirono il limes della bizantinaProvincia Maritima Italorum (lariviera ligure), arginando l'invasione longobarda dal 568 al 643: quando quest'ultima cadde nelle mani del reRotari che la saccheggiò daVentimiglia aLuni.
Dopo la conquista del regno longobardo da parte diCarlo Magno, entrò a far parte delRegno d'Italia. La zona fu teatro delle incursionisaracene che nel 889 misero a ferro e fuoco Acqui.
L'invasione costrinseBerengario II di Ivrea, re d'Italia, a riorganizzare amministrativamente laLiguria (intesa comeItalia nord-occidentale) suddividendola in marche. I frutti non tardarono a venire: nel967 le truppe diGuglielmo di Provenza espugnarono il covo saraceno di Frassineto e in tal modo posero fine alla minaccia dell'Islam sullaLiguria e sullaProvenza.
Superata la minaccia saracena, Berengario II ruppe definitivamente quell'assetto unitario che ricalcava ancora la struttura della bizantina Maritima Italorum, dividendo il territorio in tre marche: l'Obertenga, l'Aleramica e l'Arduinica. Nella Marca Aleramica vennero compresi iterritori di Savona, Acqui e Monferrato. La valle rientrando in quest ultima fu governata dalla dinastia degli Aleramici, che successivamente si dividerá in diverse linee. In questo periodo incominciano a emergere finalmente le prime tracce documentarie dei centri abitati:Dego,Prunetto,Saliceto,Cortemilia.
La storia della val Bormida trova significative testimonianze a partire dalMedioevo. Questo periodo ha lasciato sul territorio diverse tracce architettoniche di prestigio, di cui alcune ci sono giunte intatte e altre no, come nel caso di molti castelli,Bardineto,Cairo,Cortemilia,Cosseria,Dego,Millesimo,Monesiglio,Prunetto,Roccavignale, eSaliceto.
Nel 967 su una porzione delcomitato diAcqui donata adAleramo del Monferrato dall'imperatoreOttone I fu costituito ilMarchesato del Monferrato.
Nel1306, ladinastia aleramica si estinse e il marchesato passò a un ramo cadetto della famiglia imperiale bizantina, iPaleologi (eredi degli Aleramici in linea femminile).
Nel1533 anche la casa Paleologa si estinse e tutto ilMonferrato venne eredidato daiGonzaga,duchi di Mantova.
Tra il '500 e il '600 l'importanza strategica della valle aumentò, in quanto metteva in comunicazione laRepubblica di Genova (alleata dellaSpagna) e ilDucato di Milano, posto direttamente sotto controllo di Madrid. Su questo nodo viario infatti lo stato iberico progettò una via sicura per le sue truppe: partendo dallaMarina di Finale, per le Valli dellaBormida di Spigno attraverso il ducato di Milano e laValtellina, e infine passando per laGermania, esse avrebbero potuto raggiungere e domare leFiandre ribelli.
Tra il 1628 e il 1631 fu il terreno di scontri tra la Francia, i Savoia, la Spagna, Genova e l'impero durante laGuerra di successione di Mantova e del Monferrato, conflitto legato alla più grandeGuerra dei Trent'anni.
Dopo laguerra di successione spagnola nel 1707, la maggior parte della valle, come tutto il Monferrato, venne a far par della monarchia sabauda, da poco diventata Regno di Sardegna.
Nel 1738 con iltrattato di Vienna anche la parte restante venne acquisita dai Savoia, seguendone le sorti storiche fino alla dominazione napoleonica di fine Settecento. Da questo momento in poi il territorio costituì per lo stato sardo un'importante zona di confine con laRepubblica di Genova.
Altri fatti d'arme risalgono al periodo 1742-1748 quando fu luogo di transito degli eserciti francese e spagnolo in guerra contro il Piemonte nell'ambito dellaGuerra di successione austriaca.
Nella primavera del 1794 l'Armata d'Italia, già da due anni in guerra con ilRegno di Sardegna diVittorio Amedeo III, era in una situazione critica, con le truppe bloccate tra l'esercito piemontese a nord e le imbarcazioni militari inglesi a sud, che bloccavano il commercio marittimo dellaRepubblica di Genova.
Nel 1796 gli austro-piemontesi affidarono il comando al generale Beaulieu, mentre sull'altro schieramento assunse la guida delle operazioni un giovane ufficiale destinato a una folgorante carriera:Napoleone Bonaparte.
Lo stesso giorno in cui diventò comandante dell'armata d'Italia, il 27 marzo 1796, Napoleone convocò il suo quartier generale, per mezzo delcapo di stato maggiore.
Individuata inCarcare l'anello debole della giuntura traesercito austriaco epiemontese, Napoleone mirò a conquistare questa posizione per poi attaccare l'ormai isolato Colli, lasciando altre unità a fronteggiare l'austriaco Argenteau aDego. Avanzare verso laBocchetta di Altare parve essere la soluzione migliore, perché permetteva ai francesi di avvicinarsi rapidamente aCarcare con tanto di artiglieria, senza dare tempo all'avversario di prepararsi per la difesa.
L'11 aprile il fronte si mise in movimento. Un attacco austriaco sorprese il battaglione Rampon sul Montenotte e lo costrinse a ripiegare a Monte Negino. Qui i francesi, consci del pericolo di sfondamento delle linee e della minaccia su Savona, si imposero una resistenza a oltranza. L'eroismo di Rampon e di Fornesy permise a Bonaparte la manovra d'attacco: il 12 aprile le divisioni francesi investirono le truppe austriache. Gli uomini di Massena e Laharpe sfondarono sul Montenotte, quelli di Augereau presero Carcare e si spinsero verso Millesimo. L'indomani, i croati del generale Provera e i granatieri del colonnello Filippo del Carretto si ritrovarono asserragliati tra i ruderi delcastello di Cosseria. Investiti da forze nettamente superiori, cadutoFilippo del Carretto, i difensori capitolarono con l'onore delle armi il giorno 14. Lo stesso giorno, attaccati dalle forze del generale Rusca, i piemontesi abbandonarono la difesa di San Giovanni di Murialdo, aprendo ai francesi le porte del loro Stato. Il 15 aprile si concluse la prima grande battaglia della campagna napoleonica.L'armistizio venne firmato aCherasco dai plenipotenziari piemontesi il 28 aprile, e iSavoia uscirono dal conflitto.
Con l'annessione all'Impero francese il territorio fu inquadrato nelDipartimento di Montenotte, che comprese le terre del Savonese, dell'Acquese, parte di quelle delMonregalese e la zona diOneglia. Venne divisa in Circondari che, a loro volta, si suddivisero in Cantoni. Capoluogo del Dipartimento fuSavona: le terre valbormidesi fecero capo a essa e ai Circondari diCeva e di Acqui.
Parigi mandò un funzionario lungimirante e capace per amministrare il territorio: il prefetto Chabrol de Volvic. Egli fece condurre una ponderosa indagine sullo stato del Dipartimento: la Statistique des Provinces de Savone, d'Oneille, d 'Acqui et de partie de la Province de Mondovi, che resta tuttora un modello insuperato di analisi storico-amministrativa.
Individuate le esigenze primarie del territorio, il prefetto passò all'azione. Sua prima cura fu quella di assicurare alporto di Savona un adeguato sistema viario: le comunicazioni transappenniniche vennero realizzate con la strada che da Savona per Lavagnola e Montemoro raggiungevaCadibona, da dove scendeva nella piana di Carcare, biforcandosi versoAcqui eAlessandria, da un lato, e sostituendo, dall'altro, l'antica e malagevole mulattiera perCeva versoTorino. AncheFinale venne collegata aCalizzano con una nuova strada. Il nuovo assetto viabilistico rivoluzionò le prospettive di sviluppo di quasi tutti i paesi dell'entroterra. Persero d'importanza i valichi del San Giacomo, a detrimento diMallare, e delMelogno, che portò all'emarginazione di Bormida e Pallare; l'itinerarioCastelnuovo di Ceva-Finale sparì quasi del tutto, sacrificandoMurialdo eOsiglia. Al contrario, ricevettero nuovo impulso i centri diCarcare,Cairo eMillesimo. La rete viaria dello Chabrol rispondeva però perfettamente alle esigenze dei tempi, alla situazione economica e alla geografia della valle, tanto da giungere pressoché immutata fino ai giorni nostri.
In val Bormida sono sorte nelsecondo dopoguerra numeroseindustrie, concentrate in particolare al confine tra le regioniLiguria ePiemonte, che, in massima parte negli ultimi anni, hanno lasciato posto a un tessuto produttivo fondato prevalentemente sulla piccola industria e sull'artigianato.L'insediamento aCengio dell'ACNA, ora dismesso, ha determinato l'inserimento della Valle fra i siti di interesse nazionale a elevato rischio ambientale[3].
I dialetti della Val Bormida si presentano molto eterogenei, soprattutto rapportando quelli dell'alta valle con quelli della bassa.
Le ragioni di ciò sono da trovare nella secolare frammentazione politica, e nella natura del territorio, storicamente luogo di incontro tra cultura ligustica e pedemontana.
Il dialetto acquese è tipicamente alto Monferrino, di tipo piemontese orientale, affine all'alessandrino, anche se con influenze liguri.
L'alta valle invece risente molto di entrambe le influenze: ligure grazie alla grande influenza da sempre esercitata dal capoluogo di regioneGenova e da quello di provinciaSavona, ma anche piemontese, sia a causa della notevole vicinanza con i confinanticuneese ealessandrino, sia in virtù dei lunghi legami storici che questa ha intrattenuto con ilMonferrato.
Pertanto le parlate della val Bormida savonese sono considerati dialetti di transizione tra i sistemipiemontese eligure.
Ecco di seguito un confronto tra i dialetti alto-valligiani (Cairo Montenotte) e basso valligiani (Acqui Terme), comparati con il dialetto alessandrino e genovese.
Brano in Italiano:Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.
Dialetto di Cairo Montenotte:In òm r'äva doi fieuj. U ciu zono r'ha dicc a sò päre: “Popà, dème ra part ed beni ch''o'm toca!”. E chièl r'ha facc tra chej ra pärt du sò patrimoni. Da lì a cärch dì, botä tucc insèm ës fieu ciu pcit, o's n'è indä int in paìs lontàin, e lì r'ha xgheirä tucc 'r fäcc sò in desbaoxi.
Dialetto di Acqui Terme:In pari l’eiva doi fieuj. Ër pì zovo l'ha dicc a sò pari: "Pari, dem ra part ch'o m'aparten dër fait mè!" E 'r pari sciulinda ai ti l'ha spartì col pòch ch'l'avìa e o j'ha dacc lo ch'j'avniva. Da lì a cuich dì 'st fieu 'n pu zovòt l'ha migiä tit col ch'l'ha pussii, l'ha féi fagòt e o's n'é tiré via d'an cà e o 's n'andä ant in pais strangé. Là ch's'é stacc, o la squarsava da sgnor e, vist novist, ant pòch temp l'è balà tit, e l'è restä biot e patani che o 'n eiva manch pì 'n sòld da passé l'eva.
Alessandrino:In òm l'éiva dói fieuj. Ër pu giovo 'd 'sti fieuj l'ha dicc a sò pari: “Papà, dam ra part ed beni ch'o 'm tuca!”. E lu o j'ha spartì e o j'ha dacc ra sò part. E da léi a pochi dì, ër fieu pu giuvu l'ha facc su tucc e l'è andacc ant in pais luntàn, e là l'ha sgarà tüt ër facc sò a fè der sbauci.
Genovese:Ïn ommu u l'avéiva duì figiö; u ciü piccìn u dîxe óu puæ: "Dæme a mè parte de bén ch'a me tucca!", e u puæ u ghe spartì u fætu sö. U figiö, quande u l'a fætu i fèri, de lì a pochi giurni u se ne scappa, e u se n'andià 'n t'ïn pàise luntàn, dunde, a fórsa de desbaüsci, u s'asgærià tüttu u sö avê.
La valBormida ebbe un ruolo determinante nella formazione in epoca medievale dei cosiddettidialetti gallo-italici di Basilicata e deidialetti gallo-italici della Sicilia.
L'origine di queste parlate risale al medioevo, e si spiega con l'arrivo di coloni e soldati provenienti dalla valle e dal resto del nord Italia, durante il periodonormanno.
Nel1087 il gran contenormannoRuggero I di Sicilia sposo l'aleramicaAdelaide del Vasto, suggellando così un'alleanza traaleramici e normanni.[1]
Gli Altavilla favorirono un processo dilatinizzazione della Sicilia, incoraggiando una politica d'immigrazione di genti "lombarde" (Italiani del nord), con la concessione di terre e privilegi.
L'obiettivo dei sovrani normanni era infatti quello di rafforzare il "ceppo cattolico-latino" che in Sicilia a quel tempo era una minoranza rispetto ai più numerosigreci earabo-saraceni.[19]
A partire dalla fine dell'XI secolo così, la Sicilia centrale e orientale furono ripopolate con coloni e soldati provenienti dallaMarca Aleramica, dominata dalla famiglia di Adelaide, area comprendente tutto il marchesato delMonferrato e quindi anche la Val Bormida.
La migrazione di valbormidesi e altre gentilombarde in sicilia sarebbe poi continuata fino a tutto ilXIII secolo.[20] Si ritiene che la consistenza numerica di questi immigrati nel corso di qualche secolo fu di circa 200.000 individui, una cifra piuttosto rilevante.
Il fenomeno riguardò anche alcune zone della Basilicata, le tracce si trovano ancora oggi in due aree importanti della regione: un nucleo presente sulle alture che sovrastano ilgolfo di Policastro; un altro collocato sullo spartiacque ionico-tirrenico lungo la direttrice Napoli-Salerno-Taranto.
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