| Vaiasseide | |
|---|---|
| Autore | Giulio Cesare Cortese |
| 1ª ed. originale | 1612 |
| Genere | poema |
| Sottogenere | eroicomico |
| Lingua originale | napoletano |
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Vaiasseide è unpoemetto eroicomico inlingua napoletana, scritto ai primi delXVII secolo daGiulio Cesare Cortese.
In lingua napoletana il termine «Vaiassa» indica la domestica, la "serva di casa"[1].Vaiasseide ha pertanto il significato di «epopea delle serve»: vi si narrano infatti le vicissitudini amorose a cui vanno incontro tre giovani servette, Renza, Preziosa e Carmosina, alle quali i padroni negano la possibilità di contrarre matrimonio con i loro innamorati, rispettivamente Manichiello, Cienzo e Ciullo. Nei cinquecanti inottave in cui si svolge la vicenda, che ovviamente si conclude con il matrimonio delle tre coppie di innamorati, più che la trama in sé, è interessante la descrizione realistica della societànapoletana vivace e chiassosa del'600.
Il poemetto è apparso nel1612 a Napoli per i tipi di Tarquinio Longo; è stato tuttavia ipotizzato che nel1604 ne sia stata pubblicata una prima versione parziale[2][3]. L'autoreGiulio Cesare Cortese (1570 –1640) si era recato, in un recente passato, sia inSpagna (di cui Napoli eravicereame) sia nelGranducato di Toscana; a Firenze sarebbe stato ammesso all'Accademia della Crusca[3]. Cortese usò il dialetto napoletano sia per fini espressivi, come ad esempio faranno nei secoli successivi ilBelli e ilPorta con rispettivamente ilromanesco ed ilmilanese, sia con l'intento di dimostrare la congenialità del dialetto ai tre generi più in voga ai primi delXVII secolo: ilpoema, ilromanzo e lacommedia[3]. Alla prima edizione aveva cooperatoGiambattista Basile, amico del Cortese, il quale, con lo pseudonimo di Gian Alesio Abbattutis, aveva corredato il poema degli «argomenti» e di una dedica "A lo re de li viente" (Al re dei venti).
Nel1628 fu pubblicata a Napoli, "appresso Ottavio Beltrano", una nuova edizione del poemetto a cura diBartolomeo Zito, attore della commedia dell'arte e scrittore di teatro per la compagnia stabile della "Stanza della Commedia vecchia"[4]. In questa seconda edizioneCortese era dato per "morto", era aggiunto un «Defennemiento contra la cenzura dell'Accademmece Scatenate» (Difesa contro la censura degli accademici scatenati) e ciascuncanto era accompagnato da un commento al testo, e dalla presenza di "allegorie" iniziali[5]. Il testo del poema risultava inoltre notevolmente modificato rispetto all'edizione del 1612, tale che intere ottave venivano rifatte: venivano per esempio eliminateespressioni scatologiche, eliminati accenni disatira politica e di costume, eliminate espressioni dialettali più spinte. Il fatto che in realtà nel1628 Cortese fosse ancora in vita e che non sia intervenuto contro questa versione apocrifa conformista del suo poema nei numerosi anni in cui rimase in vita, ha suscitato interrogativi a cui finora non sono state date risposte del tutto convincenti[3].
L'interesse per Giulio Cesare Cortese, e quindi per laVaiasseide, rinacque nelXX secolo ad opera di Muscetta e Ferrante[6] e infine con l'edizione critica dellaVaiasseide, corredata di note e di un glossario, a cura di Enrico Malato nel1967.
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