Upanayana (devanāgarī उपनयनम्) è un sostantivo neutrosanscrito con cui si indica la cerimonia diiniziazione (diksha) dei fanciulli di sesso maschile[1] appartenenti allecasteārya (nobili),[2] in cui questi acquisiscono lostatus di "nati due volte" (dvija)[3] entrando nel primoāśrama, quello delBrahmacarya (lett.: "condotta in armonia colBrahman"), e divenendo quindi deibrahmacārin.
Il termineupanayana ha il significato di "condurre vicino" ovvero di "condurre un giovane discepolo vicino ad un maestro affinché conosca ilVeda".
SecondoJan Gonda[4] tale cerimonia ha origini preistoriche, mentre perStefano Piano[5] essa possiede quantomeno antiche origini indoiraniche avendo, la cultura religiosazoroastriana, cerimonie del tutto analoghe.
L'età della cerimonia varia a seconda delvarṇa di appartenenza del fanciullo, la durata dellostatus diBrahmācarya è invece stabilita in dodici anni.
Il periodo ritenuto propizio per questa iniziazione è anch'esso stabilito secondo ilvarṇa del fanciullo:
Dopo una notte trascorsa in silenzio, il fanciullo consuma l'ultimo pasto con la madre e viene condotto presso un capanno dove lo attende il maestro (guru,ācārya) vicino ad un fuoco sacrificale (agni) acceso, fuoco che deve essere alimentato per tutta la durata della cerimonia[6].
Quindi il fanciullo viene rasato (muṇḍana) lasciando solo un ciuffo di capelli sul capo (śikhā), e si procede con il suo bagno di purificazione, dal quale esce per indossare unperizoma (kaupīna), proprio anche dei rinuncianti.
Allora si avvicina al maestro (guru,ācārya) chiedendogli di essere ammesso comebrahmācarin, quest'ultimo approvando la sua richiesta si posiziona davanti al fuoco sacrificale con il volto verso Oriente, mentre il discepolo gli si pone innanzi con il volto verso Occidente. Porgendogli l'offerta di burro fuso (ghṛtha) il discepolo tocca il maestro che a questo punto lo veste con nuove vesti: una per la parte superiore del corpo (uttarīya) e una seconda per quella inferiore (vāsas)[7], e legandogli alla vita una cintura (mekhalā)[8] avente lo scopo di proteggerlo da ciò che è negativo e che rappresenta il cordone ombelicale della "nuova nascita".
Segue la consegna di una pelle di antilope (ajina), che sarà il tappeto del discepolo. Per mezzo di opportunimantra, il maestro versa con le mani unite dell'acqua nelle mani unite dell'allievo, invitandolo poi a dirigere lo sguardo verso il sole (ādityadarśana), quindi lo invita a compiere un giro in senso orario (pradakṣiṇa) intorno a lui e toccandolo all'altezza del cuore, lo invita a salire su una pietra posta a Settentrione del fuoco sacrificale, spronandolo ad essere "forte come una pietra". Afferratagli la mano il maestro accoglie il discepolo invitandolo a pronunciare il suo nuovo nome. Dopo averlo guidato in una circumambulazione intorno al fuoco sacrificale gli consegna loyajñopavīta, il cordone sacro posto, di norma sopra la spalla sinistra facendolo scendere sotto il fianco destro.
Il primo insegnamento al giovanebrahmācarin consiste nell'impartirgli i versi delGāyatrī preceduto dalle tre sillabe mistiche dettevyāhṛti:bhūḥ,bhuvaḥ,svaḥ:
(Ṛgveda III,62,10)
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