Leuniversitates (dallatinouniversitas, -tis), definite ancheuniversità del Regno (o semplicemente "università"), è il termine che generalmente indicava i comuni dell'Italia meridionale, sorti già sotto ladominazione longobarda e successivamenteinfeudati con le conquiste deiNormanni. La loro evoluzione storica è differente rispetto ailiberi comuni sorti nell'Italiacentro-settentrionale nelMedioevo.
Più in generale sono "uno specifico ente collettivo, launiversitas civium ouniversitas loci, che si autogoverna entro certi ambiti e con determinati poteri tradizionali, in dipendenza da un’autorità superiore di varia natura (regia, feudale, cittadina) con la quale contratta in occasioni ordinarie o straordinarie (dedizioni, rese, passaggi di signoria o di dinastia) sia la propria costituzione (e la riforma della stessa), sia le modalità, talvolta anche la consistenza, delle proprie contribuzioni in denaro e in servizi"[1].
Durante il dominio diFederico II si usava il termine "comune", mentreCarlo I d'Angiò lo mutò inuniversitas (dauniversi cives, "unione di tutti i cittadini"), ordinando la distruzione dei sigilli comunali. Le università sopravvissero sino all'abolizione delfeudalesimo avvenuta condecreto del 2 agosto1806, ad opera diGiuseppe Bonaparte.
Con l'avvento deiLongobardi molte comunità delmezzogiorno conservarono usi propri ed istituzioni che in alcuni casi risalivano all'epoca romana. INormanni concessero tali terre in feudo a persone di fiducia, togliendo loro l'autonomia ma il più delle volte rispettando le antiche consuetudini. SuccessivamenteFederico II di Svevia limitò i privilegi dei feudatari e riconobbe personalità giuridica alleuniversitates (tale definizione, intesa come comunità di cittadini rappresentate da singoli soggetti, compare peraltro già in un documento di epoca normanna del 1105[2]).
A partire dai governi degliAngioini e degliAragonesi il numero e la potenza dei feudatari locali crebbe notevolmente, indebolendo così il potere reale e ingerendo pesantemente nell'elezione dei magistrati delleuniversitates. Queste ultime, impotenti di trovare un rimedio e gravate da pesanti oneri, finirono per cedere alle pressioni feudali o, al contrario, tentarono diproclamarsi al demanio regio avviando lunghe, dispendiose e inutili liti presso ilSacro Regio Consiglio diNapoli. Altre comunità, invece, tentarono di accordarsi con i feudatari con l'emanazione degliStatuti comunali che definivano obblighi e diritti reciproci e dettavano norme in materia didiritto civile,penale,commerciale edamministrativo del comune[3]. La medesima forma giuridica ed istituzionale (l'universitas) connota dunque realtà insediative e politiche assai diverse, dal villaggio rurale alla città, alla sua stessa articolazione interna. Rappresentavano – stabilmente o occasionalmente – parti sociali o parti del territorio.
Le tensioni fra ifeudatari e i magistrati delleUniversitates toccarono punte drammatiche a partire dal regno diAlfonso d'Aragona quando questi confermò ai baroni il "Mero e Misto Imperio", cioè lagiurisdizione completa in materia di reati civili e penali, e concesse loro le "Quattro lettere arbitrali", precedentemente dettate daRoberto d'Angiò e indirizzate ai soliregi ufficiali, che facevano acquisir loro le prerogative di commutare lepene, imporne di superiori a quelle stabilite delle leggi, di procedere d'ufficio per alcuni delitti e di torturare il reo senza limite di tempo. In compenso ifeudatari pagavano alRe ilRelevio (metà delle loro entrate del primo anno in cui succedevano), l'Adoa ed il servizio di investitura[4].
Nel1316 vennero censite 1 259Universitates il cui numero si accrebbe nei secoli successivi[5].
Leuniversitates, sopravvissute ai diversi moti delXVIII secolo, tornarono ad avere pieni poteri nel1806 a seguito dell'abolizione del feudalesimo nelRegno di Napoli.
Il termineuniversitas, largamente usato nel diritto delRegno di Napoli, cadde in disuso a seguito dell'Unità d'Italia in favore del terminecomune, pur non essendo esattamente un sinonimo; infatti, da un punto di vista giuridico, ma anche da quello storiografico, nella tassonomia si può dire che 'universitas' è il genere e che 'comune' è la specie, in quanto i comuni erano 'autonomi', ma non 'autocefali'[1].
L'ordinamento delle varieuniversitates aveva alla base un'assemblea formata dai capi famiglia più nobili o più degni che ogni anno eleggeva un consiglio (magistratus) composto da un numero di membri (decurioni) che variava a seconda della popolazione (90decurioni adAversa, 36 aMolfetta, 24 adAriano, 12 aCerreto, 6 aCaiazzo;Nocera è stata ununicum di città strutturata da università confederate). Fra i membri del consiglio si nominavano il sindaco (syndicus) e gli assessori (electi), fra cui unaerariuslicteratus (un rappresentante che doveva saper leggere e scrivere). Numerose erano poi le altre cariche e le diverse magistrature cittadine: per la determinazione di pesi e misure, per l'amministrazione della giustizia, per la sicurezza dei cittadini, per la manutenzione delle strade, delle mura e delle porte[3].
L'amministrazione di una università era affidata a pubblici ufficiali scelti fra gli abitanti, ad esclusione di chierici e nobili. In carica per un anno, essi erano competenti o per la parte finanziaria o per quella giudiziaria. Era però previsto un controllo esterno: l'amministrazione della giustizia era supervisionata dalgiustiziere provinciale, quella finanziaria era sotto la responsabilità dei capitani del re che si occupavano anche di assicurare l'ordine pubblico. Mancando un responsabile unico, la struttura amministrativa era acefala.
Da essa potevano dipendere deicasali, villaggi in aperta campagna fondati per ospitare i contadini per evitar loro lunghi tragitti di trasferimento verso i fondi che dovevano lavorare, ma non dotati di mura[6]; in un secondo momento questi casali assunsero una propria autonomia rispetto a molte questioni di carattere amministrativo.
Leuniversitates, a seconda della proprietà, potevano essere feudali se sottoposte ad un feudatario o demaniali se di proprietà della corona.
Leuniversitates feudali erano proprietà di un feudatario che le amministrava (spesso tramite vassalli). Passavano quindi di castellano in castellano, vendute e comprate come una merce qualsiasi. E non erano solamente le terre a passare di mano, perché la stessa sorte subivano gli uomini e gli animali ad esse legati.
L'amministrazione della giustizia era affidata a giudici di nomina feudale, che però prestavano giuramento al giustiziere della provincia.
Negli altri ambiti, il potere di controllo delcapitano del re era in generale molto ridotto, anche perché spesso il feudatario lo nominava propriocastellano (cioè amministratore del feudo) volgendo a proprio favore ilconflitto di interessi che ne scaturiva.
Leuniversitates demaniali (il 10% del totale), dipendevano dalla Corona ed erano amministrate da ufficiali regi. Godevano di maggiore libertà e privilegi potendo, in caso di abusi da parte degli amministratori, esercitare il diritto di ricorrere alle autorità superiori ottenendo, di norma, soddisfazione.
L'amministrazione della giustizia, che dipendeva dal giustiziere provinciale, era formata dallacuria dei bàiuli (ocuria dei baglivi) responsabile del servizio dipolizia urbana e campestre, dell'elevazione di contravvenzioni, dell'arresto di delinquenti e di servi fuggiaschi, della verifica di pesi e misure etc.
I baiuoli erano divisi in due ruoli: gliiudices ad contractus et ad causas amministravano la giustizia mentre gliiudices ad conactus tantum, come rappresentanti dell'autorità regia, si occupavano solo della stipulazione dei contratti pubblici e privati.
Rimanevano in carica nel loro ufficio per un anno ed eranogiudici popolari essendo scelti tra le persone di più chiara fama, ma ne erano esclusi chierici e nobili.
Fra i dipendenti dell'università c'erano anche ilpubblico banditore ed ilmastrogiurato. Quest'ultimo, in particolare, coadiuvava il capitano nei servizi di polizia: comunicava mandati di comparizione in giudizio, riceveva denunzie che poi trasmetteva al Giustiziere, impediva la circolazione di armi proibite, puniva igiocatori d'azzardo, gli usurai e perfino i bestemmiatori.Il ricavato delle multe inflitte dal mastrogiurato non era incamerato dalfisco ma devoluto al Giustiziere. Questo dava luogo a un conflitto di interessi che non di rado sfociava in comportamenti illeciti.
Leuniversitates si avvicinano come istituto alle coevecittà libere delSacro Romano Impero e alleBonne ville dellaFrancia.