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Ugo La Malfa | |
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Vicepresidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 23 novembre 1974 – 12 febbraio 1976 |
Capo del governo | Aldo Moro |
Predecessore | Mario Tanassi |
Successore | sé stesso |
Durata mandato | 21 marzo 1979 – 26 marzo 1979 |
Capo del governo | Giulio Andreotti |
Predecessore | sé stesso |
Successore | Arnaldo Forlani |
Ministro del tesoro | |
Durata mandato | 8 luglio 1973 – 15 marzo 1974 |
Capo del governo | Mariano Rumor |
Predecessore | Giovanni Malagodi |
Successore | Emilio Colombo |
Ministro del bilancio | |
Durata mandato | 22 febbraio 1962 – 22 giugno 1963 |
Capo del governo | Amintore Fanfani |
Predecessore | Giuseppe Pella |
Successore | Giuseppe Medici |
Durata mandato | 21 marzo 1979 – 26 marzo 1979 |
Capo del governo | Giulio Andreotti |
Predecessore | Tommaso Morlino |
Successore | Bruno Visentini |
Segretario del Partito Repubblicano Italiano | |
Durata mandato | marzo 1965 – febbraio 1975 |
Predecessore | Oddo Biasini |
Successore | Oddo Biasini |
Ministro del commercio con l'estero | |
Durata mandato | 5 aprile 1951 – 7 luglio 1953 |
Capo del governo | Alcide De Gasperi |
Predecessore | Ivan Matteo Lombardo |
Successore | Paolo Emilio Taviani |
Ministro dei trasporti del Regno d'Italia | |
Durata mandato | 21 giugno 1945 – 8 dicembre 1945 |
Capo del governo | Ferruccio Parri |
Predecessore | Francesco Cerabona |
Successore | Riccardo Lombardi |
Deputato della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 18 giugno 1946 – 26 marzo 1979 |
Legislatura | AC,I, II, III, IV, V, VI, VII |
Gruppo parlamentare | Partito Repubblicano Italiano |
Coalizione | Centrismo (1948-1963) |
Circoscrizione | Lazio |
Collegio | CUN (AC), Roma |
Incarichi parlamentari | |
Presidente della II commissione per l'esame dei disegni di legge | |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | UN(1924-1926) Pd'A(1942-1946) CDR(1946) PRI(1946-1979) |
Titolo di studio |
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Università | Università "Ca' Foscari" di Venezia |
Professione | Economista |
Ugo La Malfa (Palermo,16 maggio1903 –Roma,26 marzo1979) è stato unpoliticoitaliano. Con un passatoantifascista, fu tra i fondatori delPartito d'Azione nel 1942 eministro dei trasporti sottoFerruccio Parri. Eletto nel 1946 all'Assemblea Costituente nelle file dellaConcentrazione Democratica Repubblicana (minoranza), da lui fondata con lo stesso Parri, portò il partito a confluire nelPartito Repubblicano Italiano nel medesimo anno.
Ininterrottamente deputato dal 1948 fino alla morte, fuministro del commercio con l'estero nelsesto esettimo governoDe Gasperi,ministro del bilancio nelquarto governo Fanfani,ministro del tesoro nelquarto governo Rumor evicepresidente del Consiglio dei ministri delquarto governo Moro.
Fu anche segretario delPartito Repubblicano Italiano dal 1965 al 1975 e suo presidente dal 1975 al 1979.
Suo figlio èGiorgio La Malfa.
Nacque da Vincenzo La Malfa e Filomena Imbornone.
Il padre era appuntato di Pubblica Sicurezza; la madre, proveniente da famiglia agiata, anche se ormai decaduta, ispirò nei figli (Ugo, Renato e Olga) una tenace esigenza di emergere dal soffocante ambiente della piccola borghesia siciliana e di emanciparsi dalle ristrettezze in mezzo alle quali trascorsero l'infanzia.[1]
Diplomatosi inragioneria, nel 1920 ottenne anche lalicenza liceale al"Torquato Tasso" diRoma.[2]
Si iscrisse alla facoltà digiurisprudenza dell'Università degli Studi di Palermo, poi si trasferì aVenezia per frequentare allaCa' Foscari il Regio istituto superiore di scienze economiche e commerciali. Fra i suoi docenti ebbeFrancesco Carnelutti,Silvio Trentin eGino Luzzatto.[3]
Influenzato principalmente dal pensiero diGiustino Fortunato,Gaetano Salvemini eBenedetto Croce,[4] fin dagli anni dell'Università ha contatti con il movimento repubblicano diTreviso e con altri gruppi antifascisti. Nel 1924 si trasferisce aRoma con una borsa di studio per frequentare un corso sul commercio italo-americano. Partecipa alla fondazione dell'"Unione goliardica per la libertà" che ebbe vita brevissima ma guadagnò abbastanza autorevolezza da essere citata sia sulle pagine de "La Rivoluzione Liberale" diPiero Gobetti, sia sul foglio "Non Mollare!" diCarlo Rosselli. Il 14 giugno del 1925 interviene al primo congresso dell'Unione nazionale democratica fondata daGiovanni Amendola. Il movimento amendoliano è in seguito dichiarato fuori legge: il giovane La Malfa figura nella "Pentarchia" che ha lo scopo di porre in liquidazione il movimento. Si laurea nel 1926 a Venezia con una tesi in diritto processuale civile, dal titolo:Di alcune caratteristiche giuridiche del contratto della giurisdizione, dell'arbitrato, della conciliazione nei diritti intersindacale, interindividuale ed internazionale. Il suo relatore è Carnelutti. Dopo la laurea frequenta la scuola allievi ufficiali d'artiglieria di Palermo per il servizio militare, ma viene degradato e trasferito inSardegna per aver diffuso la rivista antifascistaPietre ma pochi mesi dopo congedato per motivi di salute. Nel 1928 viene arrestato nel quadro delle retate seguenti all'attentato alla Fiera di Milano, ma viene presto prosciolto.
A causa dei suoi trascorsi politici, il suo contratto all'Istituto Nazionale per l'Esportazione non è rinnovato. Nel 1930 è chiamato daGiovanni Gentile all'Enciclopedia Treccani, ed è redattore di alcune voci fra cui "Industria": qui lavora sotto la direzione del filosofo fascista di sinistra, teorizzatore della comunistica "corporazione proprietaria",Ugo Spirito, frequentando altri giovani intellettuali fascisti e non fascisti. Alla Treccani Ugo La Malfa conosce anche la siciliana Orsola Corrado, che sposa nel 1934. Quell'anno grazie a Manlio Masi, direttore dell'Istituto Nazionale per l'Esportazione, viene assunto daRaffaele Mattioli aMilano, all'Ufficio studi dellaBanca Commerciale Italiana del quale diviene direttore nel 1938.
In questi anni lavora intensamente, soprattutto con funzioni di raccordo fra i vari gruppi dell'antifascismo, per costituire una rete che confluisce nelPartito d'Azione, di cui egli sarà uno dei fondatori. Il 1º gennaio1943 La Malfa e l'avvocatoAdolfo Tino riescono a pubblicare il primo numero clandestino deL'Italia libera; nello stesso anno La Malfa deve lasciare l'Italia per sfuggire a un arresto della polizia fascista. Trasferitosi a Roma, prende parte alla Resistenza e rappresenta il PdA in seno alCLN, insieme conSergio Fenoaltea. Esprime una linea di intransigenza sulla questione istituzionale che costituisce un'alternativa alla linea chePalmiro Togliatti imprime al suo rientro in Italia con lasvolta di Salerno.
Finito il conflitto, è chiamato per il suo partito nellaConsulta Nazionale. Nel giugno 1945 assume la guida del dicastero dei Trasporti nel governo guidato daFerruccio Parri. Nel dicembre, primo governo diAlcide De Gasperi, è nominato brevementeministro per la Ricostruzione e in seguitoMinistro del commercio con l'estero.[5] Nel febbraio del 1946 si tiene il primo congresso del Partito d'Azione, nel quale prevale la corrente filosocialista facente capo aEmilio Lussu: La Malfa e Parri lasciano il partito, il primo dimettendosi anche dal governo. A marzo, La Malfa partecipa alla costituzione dellaConcentrazione Democratica Repubblicana che si presenta alle elezioni per l'Assemblea Costituente del giugno 1946: La Malfa risulta eletto insieme a Parri.[6] Nel settembre dello stesso anno, incoraggiato da Pacciardi, La Malfa aderisce alPartito Repubblicano Italiano (PRI); si scontra, intorno agli indirizzi politico-economici della storica formazione, con l'ostilità della vecchia guardia, rappresentata soprattutto daGiovanni Conti.
Nell'aprile del 1947 La Malfa viene designato a rappresentare l'Italia alFondo Monetario Internazionale. L'anno seguente è nominato vicepresidente dell'Istituto. Ma non lascia la politica attiva. Nello stesso anno infatti assume, insieme con Belloni e Reale, la segreteria provvisoria del partito. Eletto nella I legislatura deputato alla Camera nel 1948 nella circoscrizione Emilia-Romagna (confermato fino alla VII legislatura).[7]
Nel 1950 assume l'incarico diministro senza portafoglio con il compito di procedere alla riorganizzazione dell'IRI. Fondamentale per i destini dell'economia italiana, l'opera da lui portata a termine, nel 1951, divenuto ministro del Commercio estero (fino al 1953), per la liberalizzazione degli scambi[8] e per la soppressione dei contingentamenti alle importazioni.[9] Il decreto sulla liberalizzazione apre la strada al "boom" economico italiano. Nel 1952 propone, senza successo, una "Costituente programmatica" tra i partiti laici; dal 1956, radicando la cultura repubblicana nella tradizione democratica e in particolare nelNew Deal diFranklin Delano Roosevelt, elabora la strategia del centrosinistra e dell'incontro con ilPartito Socialista Italiano (PSI), con il duplice obiettivo di allargare le basi democratiche dello Stato e di avviare una politica di riforme. Dal 1953 al 1958 è presidente della Giunta per i trattati di commercio e la legislazione doganale della Camera.[10]
Nel1957 i repubblicani ritirano l'appoggio esterno algoverno Segni;Randolfo Pacciardi lascia la direzione del partito. Nel 1959 La Malfa assume la direzione deLa Voce Repubblicana. Nel 1962 è nominato ministro del Bilancio nel governo tripartitoFanfani caratterizzato da un'opera riformatrice[11] per preparare l'ingresso delPSI nell'area della legittimazione democratica.[12]
Nel mese di maggio presenta laNota aggiuntiva,[13] che fornisce una visione generale dell'economia italiana e degli squilibri da cui è caratterizzata, delineando inoltre gli strumenti e gli obiettivi della programmazione democratica attraverso lapolitica dei redditi. Il quadro diagnostico di La Malfa si concentrava su tre campi di intervento: il settore agricolo; l'industrializzazione nel Mezzogiorno e lungo la dorsale adriatica; i consumi e servizi pubblici, in particolare istruzione, sanità, previdenza sociale e gestione del territorio. Strumenti per raggiungere questi obiettivi vengono identificati negli Enti di sviluppo per le zone agricole; nella programmazione regionale; e nella volontà politica di perseguire un'espansione dei consumi pubblici superiore a quelli privati.
Nel campo dei consumi e dei servizi pubblici, di particolare rilevanza è la discussione sulla scuola, in cui «la crisi è gravissima» con il rischio di innescare «un processo cumulativo, pericolosamente vicino al punto in cui diverrà irreversibile». Tre in particolare le preoccupazioni: modesta spesa in istruzione delle famiglie, struttura delle remunerazioni e del riconoscimento sociale che scoraggia l'investimento in capitale umano; e scarsità dei fondi destinati alla ricerca scientifica e all'istruzione.[14]
Deve affrontare l'ostilità dei sindacati e diConfindustria.[15] Nello stesso anno concorre alla decisione del governo di nazionalizzare l'industria elettrica.[16] Dal 1963 al 1965 è presidente della Commissione bilancio e partecipazioni statali della Camera.[17]
EspulsoRandolfo Pacciardi dalPartito Repubblicano Italiano per avere votato contro il primo governo organico di centrosinistra,[18] nel marzo del 1965 è eletto segretario del PRI. Si avvede immediatamente delle insufficienze della coalizione dicentrosinistra.[19]
Nel 1966 La Malfa apre un dibattito con ilPCI che coinvolgePietro Ingrao eGiorgio Amendola, col quale aveva condiviso le prime esperienze antifasciste, comunista, figlio di Giovanni: il leader repubblicano invita la sinistra a lasciare la sua vecchia ortodossia, ponendosi come forza in grado di sviluppare un approccio riformatore, consonante con la complessità di un paese radicato nell'Occidente e la cui crescita soffriva ancora di problemi irrisolti.[20]
Nel 1970, dopo la caduta del terzogoverno Rumor, La Malfa rifiuta l'invito diEmilio Colombo ad assumere la carica diMinistro del tesoro: per il leader repubblicano il governo non è in grado di delineare un piano strategico di finanziamenti per le riforme dell'università, della sanità, dei trasporti e della casa.
Nel quartogoverno Rumor (1973), La Malfa assume l'incarico di ministro del Tesoro.[21] Blocca la strada alla richiesta di aumento del capitale dellaFinambro, aprendo la strada al fallimento delle banche diMichele Sindona. Fa mettere a punto dagli uffici del ministero e con la collaborazione dellaBanca d'Italia un disegno di legge che, tra l'altro, mira a istituire un organo di vigilanza sull'attività delle società per azioni e della borsa, testo normativo che in parte confluirà nel successivo decreto-legge n. 95 dell'8 aprile 1974 con cui vedrà la luce laConsob. Nel febbraio del 1974 si dimette[22] dall'incarico a seguito di contrasti col ministro del Bilancio e della Programmazione economicaAntonio Giolitti[23] sulle condizioni poste daFondo Monetario Internazionale al prestito di 1 235 miliardi di dollari all'Italia.[24]
Dopo un periodo di lunga incomprensione conAldo Moro, a partire dal 1968, nell'ottobre 1974[25] assume lavicepresidenza del consiglio nel quarto governo dello statista pugliese (bicolore DC - PRI). I rapporti con Moro sono cementati dalla convergenza nell'analisi delle difficoltà della democrazia italiana. Ilquarto governo Moro avvia un dialogo colPCI diEnrico Berlinguer nella comune visione della necessità di una nuova fase che conduca a compimento il percorso avviato con la costruzione del sistema democratico. La Malfa riceve da Moro l'incarico di coordinatore della politica economica del governo, esercitando un'influenza notevole in alcune scelte (ad esempio nel caso della nomina a governatore della Banca d'Italia diPaolo Baffi). E il ministro del Bilancio e della Programmazione economicaGiulio Andreotti accetta di cedergli la presidenza delle riunioni degli organismi di competenza del suo ministero.[26]
Nel 1975 assume la presidenza del PRI, di cuiOddo Biasini diviene segretario. Nel gennaio del 1976, dopo la crisi di governo aperta dal PSI, crescono le sue preoccupazioni sull'evoluzione della democrazia italiana. Intanto, in una prospettiva europea, La Malfa porta il partito nella Federazione dei partiti liberali e democratici europei (attualeALDE), nonostante la contrarietà della sinistra del PRI, che avrebbe preferito un'adesione all'Internazionale Socialista.
Tra il 1976 e il 1979 è convinto sostenitore della politica di "solidarietà nazionale"[27] tesa a condurre ilPCI nell'area di governo. La Malfa ha presente le difficoltà crescenti del sistema democratico e giudica positivamente la revisione ideologica e politica cheEnrico Berlinguer imprime alPCI. Si impegnò a far conoscere questa revisione del PCI anche all'estero, ad esempio con un articolo sulla prestigiosa rivista USA "Foreign affairs" nella primavera del 1978.[28]
Nel 1978 la sua azione risulta determinante nella decisione italiana di aderire alSistema monetario europeo; nello stesso anno, nel periodo del sequestro Moro, La Malfa fu uno dei più attivi alfieri del cosiddetto "fronte della fermezza", ostile a ogni forma di trattativa con leBrigate Rosse. Scorse nel terrorismo rosso una devastante azione tesa a bloccare l'evoluzione della democrazia italiana e a colpire il faticoso processo di revisione delPCI.[29]
In occasione delle elezioni presidenziali del 1978 l'eventualità di una sua candidatura è ostacolata dal veto diBettino Craxi, in compenso La Malfa fu determinante nell'elezione diSandro Pertini alla presidenza della Repubblica.
Dopo la caduta delIV Governo Andreotti (31 gennaio 1979) Pertini gli affida un incarico esplorativo al fine di sondare la possibilità di ricostituire una maggioranza di solidarietà mazionale.[30] Il tentativo non ha successo,[31] ma La Malfa rimane il primo laico dopo l'azionistaFerruccio Parri (1945) ad aver ricevuto l'incarico di formare un governo.[32] Il 20 marzo 1979 è nominato vicepresidente del consiglio eMinistro del bilancio e della Programmazione economica nelV governo Andreotti.
La Malfa aveva l'obiettivo[33] di favorire una ricomposizione traPCI ePSI i cui rapporti, in verità, conoscevano un deterioramento che si rivelò negli anni successivi irreparabile. Del PRI Spadolini accettò di entrare nel governo mentreBruno Visentini rifiutò, per poi prendere il suo posto con la sua morte:[34] quattro giorni dopo, infatti, il 24 marzo La Malfa è colpito daemorragia cerebrale.[35]
Il decesso sopraggiunse[36] dopo due giorni di agonia.
Noto per la sua sobrietà,[37] si oppose all'introduzione della televisione a colori;[38] i continui moniti, lanciati nei confronti dei governi di cui pure faceva parte[39] e, comunque, nei confronti delle debolezze del sistema economico-sociale italiano,[40] gli guadagnarono il soprannome diCassandra della politica italiana.[41]
Trasmise il testo del disegno di legge per l'istituzione dellaConsob al presidente del ConsiglioMariano Rumor con una letterariservata-personale, segreto, allo scopo di "evitare speculazioni di borsa".[42]
Ministro | Mandato | Governo |
---|---|---|
Ministro dei Trasporti | 21 giugno 1945 - 10 dicembre 1945 | Governo Parri |
Ministro della ricostruzione | 10 dicembre 1945 - 22 dicembre 1945 | Governo De Gasperi I |
Ministro del commercio con l'estero | 9 gennaio 1946 - 20 febbraio 1946 | |
Ministro senza portafoglio | 27 gennaio 1950 - 26 luglio 1951 | Governo De Gasperi VI |
Ministro del commercio con l'estero | 5 aprile 1951 - 26 luglio 1951 | |
Ministro del commercio con l'estero | 26 luglio 1951 - 16 luglio 1953 | Governo De Gasperi VII |
Ministro del bilancio | 21 febbraio 1962 - 21 giugno 1963 | Governo Fanfani IV |
Ministro del tesoro | 6 luglio 1973 - 14 marzo 1974 | Governo Rumor IV |
Vicepresidente del Consiglio dei ministri | 23 novembre 1974 - 12 febbraio 1976 | Governo Moro IV |
Vicepresidente del Consiglio dei ministri | 20 marzo 1979 - 26 marzo 1979 | Governo Andreotti V |
Ministro del bilancio e della programmazione economica | 20 marzo 1979 - 26 marzo 1979 |
Altri progetti
Predecessore | Vicepresidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana | Successore | ![]() |
---|---|---|---|
Mario Tanassi | 23 novembre 1974 – 12 febbraio 1976 | sé stesso | I |
se stesso | 21 marzo 1979 – 26 marzo 1979 | Arnaldo Forlani | II |
Predecessore | Ministro del tesoro | Successore | ![]() |
---|---|---|---|
Giovanni Malagodi | 8 luglio 1973 – 15 marzo 1974 | Emilio Colombo |
Predecessore | Ministro del bilancio | Successore | ![]() |
---|---|---|---|
Giuseppe Pella | 22 febbraio 1962 – 22 giugno 1963 | Giuseppe Medici | I |
Tommaso Morlino | 21 marzo 1979 – 26 marzo 1979 | Bruno Visentini | II |
Predecessore | Ministro del commercio con l'estero | Successore | ![]() |
---|---|---|---|
Ivan Matteo Lombardo | 5 aprile 1951 – 7 luglio 1953 | Paolo Emilio Taviani |
Predecessore | Ministro dei trasporti del Regno d'Italia | Successore | ![]() |
---|---|---|---|
Francesco Cerabona | 21 giugno 1945 – 8 dicembre 1945 | Riccardo Lombardi |
Predecessore | Segretario del Partito Repubblicano Italiano | Successore |
---|---|---|
Oddo Biasini | marzo 1965 – febbraio 1975 | Oddo Biasini |
Controllo di autorità | VIAF(EN) 39418659 ·ISNI(EN) 0000 0000 8374 0696 ·SBNCFIV033362 ·BAV495/286611 ·LCCN(EN) n81082698 ·GND(DE) 120140357 ·BNF(FR) cb121722154(data) |
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