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Tribuno della plebe

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Organi costituzionali romani


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Massime cariche per epoca

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Iltribuno della plebe (in latinotribunus plebis) fu la primamagistratura plebea aRoma. Il nome deriva dalle antichetribù formatesi fin dall'età regia.[1]

Evoluzione

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Epoca repubblicana

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Secessione sul Monte Sacro, B. Barloccini, 1849

Fu creata nel494 a.C., all'incirca 15 anni dopo la fondazione dellaRepubblica romana nel509 a.C. Iplebei di Roma avevano effettuato unasecessione, cioè avevano abbandonato in massa la città, ritirandosi sul Monte Sacro, accettando di rientrare (fuMenenio Agrippa a convincerli grazie a un apologo sul corpo umano, nel quale evidenziava l'importanza della plebe per Roma, essendo un paese fondato sulla guerra), solo quando ipatrizi avessero dato il loro consenso alla creazione di una carica pubblica che avesse il carattere di assoluta inviolabilità esacralità, caratteristiche sintetizzate dal termine latinosacrosanctitas.

Questo significava che lo Stato si assumeva il dovere di difendere i tribuni da qualsiasi tipo di minaccia fisica, e inoltre garantiva ai tribuni stessi il diritto di difendere un cittadino plebeo messo sotto accusa da un magistrato patrizio (ius auxiliandi). Secondo la tradizione i primi tribuni della plebe si chiamavanoLucio Albinio eGaio Licinio Stolone.

Lasacrosanctitas, cioè l'inviolabilità, faceva sì che chiunque toccasse il tribuno diventassesacer aglidei inferi, quindi passibile di pena capitale. Il tribuno aveva il diritto di presiedere iconcilia plebis (ius agendi cum plebe) e, in epoca più tarda, il diritto di convocare ilsenato (ius senatus habendi).[2][3]

I tribuni della plebe, dal471 a.C., vennero eletti daiconcilia plebis.

I tribuni della plebe non avevano alcun potere al di fuori delle mura della città, tranne quando, con gli altri magistrati romani, si recavano sul monte Albano per i sacrifici, comuni ai Latini, aGiove. Questa limitazione fu sfruttata dai consoli del483 a.C.,Marco Fabio Vibulano eLucio Valerio Potito, per superare l'opposizione di un tribuno della plebe alla leva militare di quell'anno; i due consoli infatti, sfruttando questa limitazione al potere del tribuno, chiamarono la leva fuori dalle mura della città[4].

A partire dal457 a.C., durante il consolato diGaio Orazio Pulvillo e diQuinto Minucio Esquilino Augurino il numero dei tribuni fu elevato a dieci, due per ciascuna classe.

«Questa notizia suscitò uno spavento tale che i tribuni permisero l'arruolamento, non senza aver prima ottenuto - siccome per cinque anni erano stati presi in giro riuscendo così di ben poco aiuto alla plebe - la garanzia che in futuro sarebbero stati eletti dieci tribuni. I patrizi furono costretti ad accettare, assicurandosi però con una clausola di non rivedere più, da quel giorno in poi, gli stessi tribuni. Si passò poi sùbito alla nomina dei tribuni, per evitare che quella promessa, come tutte le altre in passato, non venisse mantenuta una volta finita la guerra. A 36 anni di distanza dai primi, furono allora nominati dieci tribuni, due per ciascuna classe, e si stabilì che in futuro l'elezione avrebbe seguito la stessa procedura»

(Tito Livio,Ab Urbe Condita Libri, Libro III, 30.)

Fino al421 a.C. il tribunato fu l'unica magistratura a cui i plebei potevano accedere e che, naturalmente, era a essi riservata. Per contro negli ultimi periodi della repubblica questa carica aveva assunto un'importanza e un potere talmente grandi che alcuni patrizi ricorsero a espedienti per riuscire a conseguirla. Ad esempioClodio si fece adottare da un ramo plebeo della sua famiglia e fu così in grado di candidarsi, con successo, alla carica. Non mancarono casi in cui l'inviolabilità della carica di tribuno fu usata come pretesto per compiere violenze e soprusi, come nel caso dello stesso Clodio e in quello diMilone.

Dal449 a.C. acquisirono un potere ancora più formidabile, loIus intercessionis, ovvero il diritto diveto sospensivo contro provvedimenti che danneggiassero i diritti della plebe emessi da un qualsiasi magistrato, compresi iconsoli, idittatori e gli altri tribuni della plebe; soltanto l’interrex ne era esentato.[5]Polibio aggiunge che, se anche uno solo dei tribuni della plebe avesse opposto il proprio veto, ilSenato non solo non avrebbe potuto eseguire alcuna delle sue deliberazioni (senatus consulta), ma neppure tenere sedute ufficiali o riunirsi.[6]

I tribuni avevano inoltre il potere di irrogare lapena capitale a chiunque ostacolasse o interferisse con lo svolgimento delle loro mansioni, sentenza di morte che veniva solitamente eseguita mediante lancio dallaRupe Tarpea. Questi sacri poteri dei tribuni furono a più riprese sanciti e confermati in occasione di solenni riunioni plenarie di tutto il popolo plebeo.

Epoca imperiale

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Un altro espediente usato dai patrizi per aggirare il divieto di diventare tribuni fu quello di farsi investire del potere di tribuno (tribunicia potestas) anziché essere eletti direttamente, come avvenne nel caso del primoimperatore romanoAugusto. Questa prerogativa costituiva una delle due basi costituzionali su cui si fondava l'autorità di Augusto (l'altra era l'imperium proconsulare maius). In questo modo egli era in grado di porre il veto su qualsiasi decreto delSenato, tenendo così questa assemblea sotto il proprio totale controllo. Inoltre poteva esercitare l'intercessione e irrogare la pena capitale oltre a godere dell'immunità personale. Anche la maggior parte degli imperatori successivi assunse latribunicia potestas durante il proprio regno, sebbene alcuni imperatori ne fossero stati investiti anticipatamente dai rispettivi predecessori, come ad esempioTiberio,Tito,Traiano eMarco Aurelio. Altri personaggi, comeMarco Vipsanio Agrippa eDruso maggiore, l'assunsero pur senza divenire in seguito imperatori.

Epoche successive

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Per analogia con la funzione svolta dai tribuni dell'antica Roma anche alcuni politici delmedioevo e dell'età moderna furono indicati cometribuni della plebe, ad esempioCola di Rienzo.

Note

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  1. ^Carmine Ampolo,La nascita della città, vol.13, pp.170-171.
  2. ^Giovanni Ramilli,Istituzioni Pubbliche dei Romani, ed. Antoniana, Padova, 1971, pag. 57.
  3. ^Georges-Calonghi,Dizionario Latino Italiano.
  4. ^Dionigi,Antichità romane, Libro VIII, 87.
  5. ^Livio, AUC, Libro XXII, 33-34.
  6. ^Polibio, VI, 16.4.

Bibliografia

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  • Carmine Ampolo,La nascita della città, in Arnaldo Momigliano e Aldo Schiavone (a cura di),Storia Einaudi dei Greci e dei Romani, vol. 13, ed. speciale perIl Sole 24 Ore, Torino-Milano, Einaudi, 2008.
  • Luca Fezzi,Il tribuno Clodio, Roma-Bari, Laterza, 2008,ISBN 978-88-420-8715-1.
  • Giovanni Niccolini,I fasti dei tribuni della plebe, Milano, Giuffrè, 1934.
  • Ettore Pais,Storia di Roma, Torino, C. Clausen, 1899.

Voci correlate

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