Tommaso Tittoni | |
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Presidente del Senato del Regno | |
Durata mandato | 1º dicembre1919 – 21 gennaio1929 |
Predecessore | Adeodato Bonasi |
Successore | Luigi Federzoni |
Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia | |
Durata mandato | 16 marzo1905 – 28 marzo1905 |
Monarca | Vittorio Emanuele III |
Predecessore | Giovanni Giolitti |
Successore | Alessandro Fortis |
Deputato del Regno d'Italia | |
Legislatura | XVI, XVII, XVIII, XIX |
Gruppo parlamentare | Destra storica |
Circoscrizione | Roma (XVI, XVII legislatura), Civitavecchia (XVIII, XIX legislatura) |
Collegio | III (XVI, XVII legislatura) |
Sito istituzionale | |
Senatore del Regno d'Italia | |
Legislatura | dallaXXI (nomina 25 novembre 1902) |
Gruppo parlamentare | Destra storica |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | Destra storica |
Tommaso Tittoni (Roma,16 novembre1855 –Roma,7 febbraio1931[N 1][1]) è stato undiplomatico epoliticoitaliano. FuPresidente delSenato del Regno dal 1919 al 1929. È il Presidente del Consiglio con il mandato più breve di tutta la storia dell'Italia unita.
Nacque a Roma, durante ilperiodo risorgimentale, daVincenzo, patriota che prese parte ad alcune azioni contro loStato Pontificio e nel 1860 fu costretto a fuggire con la famiglia inCampania; tornato nella Capitale solo dieci anni dopo, sarebbe stato il primo Tittoni a diventare deputato e senatore delRegno d'Italia.
Tommaso Tittoni studiò legge e dopo lalaurea ingiurisprudenza entrò in politica con il gruppo liberal-conservatore. Fu eletto allaCamera dei deputati dal 1886 nella XVI legislatura e lo restò per quattro legislature fino al 1897[2].
Dal 1898 al 1903 fu Prefetto, prima aPerugia (15 maggio 1898 - 1º settembre 1900), e poi aNapoli (1º settembre 1900 - 3 novembre 1903).
Fu poi nominato senatore da reVittorio Emanuele III di Savoia il 25 novembre 1902.
FuMinistro degli esteri dal 1903 al 1905 e fu brevemente Presidente del Consiglio dei ministri per soli dodici giorni, dal 16 al 28 marzo 1905: ilsuo governo fu il più breve della storia dell'Italia unita. Da marzo al dicembre 1905 fu ministro dell'interno nelgoverno Fortis I[3].
Ambasciatore Italiano aLondra (dal febbraio al maggio 1906), quell'anno tornò alla carica di Ministro degli esteri nelGoverno Giolitti III e come tale, nel 1908, si dovette confrontare con la difficile situazione creata dallacrisi bosniaca. Tale evento diplomatico fu di così grande rilevanza da essere considerato, di fatto, la fine della Triplice Alleanza, in quanto l'Austria-Ungheria rifiutò di concedere all'Italia quei compensi territoriali che erano stati concordati nell'accordo del 1891, in caso di espansione austriaca nei Balcani.
Il 6 ottobre 1908 l'Imperatore d'Austria-UngheriaFrancesco Giuseppe diede all'Europa l'annuncio dell'annessione nei suoi territori dellaBosnia ed Erzegovina, provincia formalmente ottomana ma che l'Austria amministrava grazie altrattato di Berlino dal 1878. L'opinione pubblica italiana, interpretando a favore dell'Italia l'articolo 7 della Triplice Alleanza, reclamò al Ministro degli Esteri Tittoni l'ottenimento di compensi territoriali o di altro tipo da parte dell'Austria.
Tittoni, che aveva avuto colloqui con il Ministro degli esteri austriacoAehrenthal sull'argomento dellaBosnia, apparve subito in difficoltà a contenere le proteste. Tanto più che il 6 ottobre, in un discorso aCarate Brianza, il ministro italiano aveva chiesto la fiducia del popolo sulla questione balcanica. Quando però fu chiaro che l'Austria non aveva intenzione di concedere nulla, la campagna di stampa contro di lui fu durissima. Per convincere il governo di Vienna a cedere, Tittoni contattò più volte l'ambasciatore austriaco aRoma, Heinrich von Lützow, pregandolo di considerare, per il bene delle due nazioni, la necessità di un compenso per l'Italia; ma la proposta del ministro italiano di aprire un'università italiana aTrieste (allora austriaca) fu immediatamente respinta.
L'11 ottobre fece supplicare Aehrenthal affinché usasse «tutta la sua influenza perché il tema della conoscenza preventiva e dell'approvazione dell'annessione da parte dell'Italia non venisse trattato in alcun modo né da parte dei circoli dirigenti né da parte della stampa» austriaca. Due giorni dopo ripartiva alla carica con Lützow sul tema dei compensi: se nonTrieste, l'università italiana poteva sorgere aTrento, più fedele all'imperatore asburgico. L'ambasciatore comunicò la proposta ad Aehrenthal che prese tempo.[4]
Già dall'8 ottobre, sulla possibilità di una conferenza internazionale, Tittoni aveva cambiato idea: troppo tardi si era reso conto che la soluzione migliore sarebbe stata non un incontro a tre fra Austria,Germania e Italia, come aveva inizialmente proposto, ma una conferenza allargata a tutti i Paesi che parteciparono alCongresso di Berlino. Per ammansire l'opinione pubblica propose come sede dell'incontro l'Italia. Alle prime perplessità del Cancelliere tedescoBülow, il quale dichiarò che l'Austria non era d'accordo, Tittoni affermò che in caso di rifiuto dell'Austria, laGran Bretagna (che invece accettava la conferenza) avrebbe mandato unultimatum all'Austria, ritirato l'ambasciatore e mandato una squadra navale nell'Adriatico. In questa situazione lui si sarebbe dimesso e l'Italia, per non trovarsi in una crisi grave con laGran Bretagna, avrebbe dovuto abbandonare laTriplice alleanza.
L'ambasciatore Lützow riferendo ciò ad Aehrenthal, osservò: «A quanto pare la fedeltà dell'Italia all'alleanza non giunge fino a sopportare tale contegno dell'Inghilterra»[5] e il Ministro degli Esteri austriaco rimase sulla sua posizione rifiutando la minaccia italiana di lasciare l'alleanza. Ritiratosi anche sul punto della conferenza, il Ministro degli Esteri italiano, il 26 ottobre, tornò sulla questione dei compensi, chiedendo, questa volta un piccolo ritocco del confine austro-italiano di modo da far rientrare le “rovine diAquileia” in Italia. Questa volta il rifiuto di Aehrenthal fu così deciso che il ministro austriaco rimproverò al suo ambasciatore di aver anche solo «consentito una conversazione sulla proposta di una rettifica di frontiera ad Aquileia».[6]
Così fu che Tittoni dovette presentarsi, nel dicembre 1908, in Parlamento senza avere ottenuto né i compensi, né assicurazioni sulla conferenza internazionale. Egli tuttavia si difese con abilità e riuscì a non subire conseguenze dalla Crisi bosniaca, dimostrando che la politica seguita dall'Italia con l'Austria era l'unica percorribile date le circostanze.
Lasciata nel dicembre 1909 la Farnesina, ricoprì, ancora, la carica di Ambasciatore aParigi, dall'aprile 1910 al novembre 1916. Fu poi per la terza volta Ministro degli esteri nel GovernoNitti dal 23 giugno 1919 al dicembre dello stesso anno, e fu anche Capo della Delegazione Italiana allaConferenza di Pace di Parigi fino alle dimissioni del Governo il 21 maggio 1920.
Da Ministro degli Esteri nel GovernoNitti, il 29 luglio 1919 concluse l'accordo segreto Venizelos-Tittoni con il governo greco diEleutherios Venizelos, in modo da poter coordinare il comportamento greco alla Conferenza di pace di Parigi sulla questione albanese e contenere le ambizioni dellaSerbia.
Con l'istituzione delregno dei Serbi, Croati e Sloveni, l'Italia si vedeva nuovamente minacciata nell'Adriatico, così la sicurezza in quel mare divenne il leitmotiv del comportamento italiano alla Conferenza di pace e negli anni immediatamente successivi: Roma non poteva tollerare, dopo aver eliminato il pericolo austriaco, di ritrovarsi con un'altra minaccia alle sue coste. Gli slavi infatti si erano ingranditi notevolmente, mentre il Governo italiano aveva stimato che al massimo il loro allargamento si sarebbe limitato alMontenegro.
Per contrastare gli jugoslavi, che godevano dell'appoggio del presidente statunitenseWoodrow Wilson, Tittoni concluse l'accordo con i Greci: laGrecia avrebbe appoggiato le richieste italiane di un mandato inAlbania[7] e dell'annessione diValona, mentre l'Italia avrebbe acconsentito a rettifiche territoriali nel nord dell'Epiro e appoggiato laGrecia per l'annessione di territori già facenti parte dell'Impero ottomano (Epiro, Macedonia, Tracia meridionale). Inoltre, l'Italia s'impegnava a cedere progressivamente alla Grecia le isole delDodecaneso, che aveva strappato alla Turchia nel 1912.
L'accordo era evidentemente sbilanciato a sfavore dell'Italia, in quanto l'Albania era stata riconosciuta come Stato indipendente sin dal 1912, e non aveva partecipato alla prima guerra mondiale; di conseguenza, la limitazione della sua sovranità, da parte dell'Italia, produceva un altro caso di violazione del principio di nazionalità, nel settore balcanico, scoprendo ulteriormente il fianco alle critiche concernenti un presunto imperialismo italiano. LaGrecia, al contrario, si garantiva l'appoggio per l'annessione di territori già facenti parte dello sconfitto Impero Ottomano, parte dei quali conquistati proprio grazie al sacrificio dell'esercito italiano.
Il mese successivo, i greci resero pubblico l'accordo. Le conseguenze furono disastrose per l'Italia, che fu costretta a fronteggiare una rivolta anti-italiana aValona, mentre il Governo filo-italiano nell'Albania del Sud, con sede aDurazzo, veniva rovesciato; nel frattempo, aTirana si installava un Governo ostile all'Italia. L'espansione della rivolta diValona, che vedeva la guarnigione italiana assediata, portòCarlo Sforza, Ministro degli esteri nel successivoGoverno Giolitti V a denunciare l'Accordo Tittoni-Venizelos e a concludere un trattato di amicizia con gli albanesi (2 agosto 1920); il trattato sancì l'abbandono diValona, pur mantenendo l'isolotto diSaseno, a garanzia del controllo militare italiano sulle due sponde del canale diOtranto[8].
Dal 1º dicembre 1919 al 21 gennaio 1929 fuPresidente delSenato.
Dopo laMarcia su Roma, Tittoni appoggiòMussolini. Alla Marcia su Roma partecipò anche Attilio Pozzi, suo nipote (Tittoni era fratello di sua madre), che nel 1944 sarà podestà diMontopoli di Sabina (comune fino al 1929 inprovincia di Perugia, poi incluso nellaprovincia di Rieti istituita in quell'anno).
Socio dell'Accademia dei Lincei, fu scelto come il primo Presidente dell'"Accademia d'Italia" (28 ottobre 1929 - 16 settembre 1930), la più importante istituzione culturale dell'Italia fascista. Fra il 1928 e il settembre 1930, in virtù dei suoi incarichi, fece parte delGran consiglio del fascismo in qualità di componente di diritto. L'8 aprile 1923 fu nominato Cavaliere dell'Annunziata dal reVittorio Emanuele III di Savoia.
Fu membro dellaMassoneria[9].
Altri progetti
Predecessore | Presidente del Senato del Regno | Successore |
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Adeodato Bonasi | 1º dicembre1919 - 7 aprile1921 11 giugno1921 - 25 gennaio1924 24 maggio1924 - 21 gennaio1929 | Luigi Federzoni |
Predecessore | Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia | Successore | ![]() |
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Giovanni Giolitti | marzo1905 - marzo1905 | Alessandro Fortis |
Predecessore | Ministro degli Esteri delRegno d'Italia | Successore | ![]() |
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Enrico Morin | 3 settembre1903 - 28 marzo1905 | Alessandro Fortis | I |
Francesco Guicciardini | 29 maggio1906 - 10 dicembre1909 | Francesco Guicciardini | II |
Sidney Sonnino | 23 giugno1919 - 26 giugno1919 | Francesco Saverio Nitti (ad interim) | III |
Predecessore | Ministro degli Interni delRegno d'Italia | Successore | ![]() |
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Giovanni Giolitti | 12 marzo1905 - 24 dicembre1905 | Alessandro Fortis |
Predecessore | Ambasciatore italiano nel Regno Unito![]() | Successore | ![]() |
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Alberto Pansa | 1906 | Antonino Paternò Castello, marchese di San Giuliano |
Predecessore | Ambasciatore italiano in Francia![]() | Successore | ![]() |
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Antonino Paternò Castello, marchese di San Giuliano | 1910 -1916 | Giuseppe Salvago Raggi |
Predecessore | Presidente dellaReale Accademia d'Italia | Successore |
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nessuno | 1929 -1930 | Guglielmo Marconi |
Controllo di autorità | VIAF(EN) 95297299 ·ISNI(EN) 0000 0001 2144 2439 ·SBNRAVV064625 ·BAV495/267242 ·LCCN(EN) n88253976 ·GND(DE) 124988431 ·BNF(FR) cb15806893q(data) ·J9U(EN, HE) 987007278696705171 |
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