Lo pseudonimo "Tintoretto" gli derivò dal mestiere paterno, tintore di tessuti di seta. Per la sua energia fenomenale nella pittura è stato soprannominatoil furioso[2] oil terribile, come lo definì ilVasari per il suo carattere forte[3] e il suo uso drammatico della prospettiva e della luce, che lo ha fatto considerare il precursore dell'arte barocca.[N 1]Considerato come uno tra i più grandi pittori delRinascimento e di tutti i tempi[2][3], il Tintoretto seppe continuare, insieme aPaolo Veronese, lo straordinario successo internazionale dellapittura veneta, anche dopo la morte diTiziano. Famoso per la grande profondità prospettica delle sue opere, prediligeva l'uso di fondi scuri per arrivare alla luce, creando effetti straordinari di chiaroscuri che sarebbero, poi, diventati fondamentali per l'arte di personalità comeMichelangelo Merisi, detto Caravaggio[4] edEl Greco[5][6]. La sua arte arrivò a influenzare, nei secoli successivi, persino gliImpressionisti[7].
La sua data di nascita è controversa. L'atto dibattesimo andò perduto nell'incendio degli archivi diSan Polo, quindi la si desume dall'atto di morte: «31 maggio 1594: morto messer Jacopo Robusti detto Tintoretto de età de anni 75 e mesi 8»[8]: si risale così al settembre/ottobre del1518. Secondo il Krischel, invece, nacque nel1519, probabilmente in aprile o maggio, come lo studioso desume dai registri della parrocchia e degli uffici sanitari[6].
Il padre Giovanni Battista lavorava nel campo della tintura della seta, non si sa se a livello artigianale o commerciale: probabilmente era originario diLucca, dato che quest'arte era stata importata aVenezia nelXIV secolo proprio dai lucchesi. Quest'ascendenza spiegherebbe l'interesse dell'artista verso i suoi "colleghi" della scuola tosco-romana, comeMichelangelo,Raffaello eGiulio Romano[N 2]: Tintoretto conobbe le loro opere attraverso la diffusione delle stampe, mentre è sicuro che dal vero vide gliaffreschi del Romano aPalazzo Te aMantova. Sembra che Battista facesse parte dei "cittadini", ovvero quei veneziani non nobili che pure godevano di certi privilegi: grazie a questa posizione di un certo privilegio, Jacopo fu in buoni rapporti con l'élite veneziana e ottenne l'appoggio dei patrizi.
Dell'infanzia del pittore si sa ben poco in quanto non esistono documenti che attestino gli studi effettuati. Le fonti principali sono i pagamenti delle commesse e la biografia scritta daCarlo Ridolfi (1594-1658), anche se questi non incontrò mai Tintoretto, ma attinse le sue informazioni dal figlioDomenico. Racconta Ridolfi che Tintoretto, ancora fanciullo, usava i colori del laboratorio del padre per dipingere le pareti del laboratorio: per assecondare l'inclinazione del figlio, Battista gli trovò un posto come apprendista presso la bottega diTiziano, nel1530. Questo apprendistato durò solo pochi giorni: sembra che Tiziano, veduto un disegno dell'allievo, per il timore che il promettente allievo diventasse un pericoloso rivale, lo fece cacciare da Girolamo, uno dei suoi collaboratori.[7]
Venezia, lapide posta sulla casa di Tintoretto
In un documento del1539 Tintoretto si firma "mistro Giacomo depentor nel champo di san Cahssan[8]", ovvero si fregia del titolo di maestro, con uno studio indipendente presso campo san Cassiàn, nelsestiere diSan Polo.
La prima commissione gli giunse da Vettor Pisani, nobile con legami di parentela conAndrea Gritti e titolare di una banca, intorno al1541[9]: in occasione delle nozze fece restaurare la propria residenza presso San Paterniàn e affidò al giovane Tintoretto, ventitreenne, la realizzazione di 16 tavole che illustrasserole metamorfosi diOvidio. I dipinti, ora in gran parte conservati presso laGalleria Estense diModena, sarebbero stati collocati sul soffitto e Pisani richiese che avessero la potente prospettiva dei dipinti di Giulio Romano a Mantova: Tintoretto si recò di persona a Palazzo Te, probabilmente a spese del suo committente[10].
Coeve ai dipinti per Pisani sono le sei tavole conservate alKunsthistorisches Museum diVienna, che si pensano realizzate come decorazione dicassoni, anche per le loro dimensioni pressoché identiche: il Ridolfi, infatti, riferisce che Tintoretto collaborasse con gli artigiani mobilieri che commerciavano nei pressi diPalazzo Ducale.[11] Nulla, però, conferma che queste tavole provengano proprio da cassoni nuziali. La particolarità di queste opere è la gestione del formato allungato (le più grandi, infatti, misurano 29x157 cm): Tintoretto sfrutta le architetture per scandire la sequenza temporale degli eventi narrati.
Si pensa che Tintoretto avesse cercato un contratto con laScuola Grande di San Marco nel1542, quando venne commissionata la decorazione della sala capitolare: all'artista vennero preferiti dei decoratori, che avrebbero impiegato meno tempo per la realizzazione delle opere richieste.
Cinque anni dopo Marco Episcopi, padre della promessa sposa dell'artista, venne nominatoguardian da matin e questo facilitò una commissione favorevole per Jacopo. Episcopi era figlio di Pietro, farmacista acampo Santo Stefano, che aveva delle proprietà date in affitto a tintori di sete e velluti: per questo, o per il semplice fatto che in qualità di farmacista commerciasse anche pigmenti, si suppone che avesse dei contatti con Battista Robusti.[12]
«(...) le cere, l'arie e le viste de le turbe, che la circondano, sono tanto simili agli effetti ch'esse fanno in tale opera, che lo spettacolo pare più tosto vero che finto»
Nel frattempo, nel1547, Tintoretto si trasferì aCannaregio, vicino allachiesa della Madonna dell'Orto: qui iniziò una collaborazione con icanonici di San Giorgio in Alga, responsabili della chiesa, che avevano intenzione di rinnovarla. Realizzò così diverse opere, che vanno dalla decorazione dell'organo con laPresentazione della Vergine al Tempio, allaCappella Contarini, ultimata nel1563; collaborò anche con i fratelli Cristoforo e Stefano Rosa, che si occuparono del soffittotrompe-l'œil in legno, in cui Tintoretto inserì dipinti raffiguranti episodi dell'Antico Testamento e, nel cleristorio, dodici nicchie contenenti ritratti di profeti e sibille, aperto riferimento allaCappella Sistina diMichelangelo. La maggior parte di queste opere andò perduta durante il restauro in stileneogotico delXIX secolo. Per ottenere questa commissione, Tintoretto chiese un pagamento che poteva coprire a malapena le spese dei materiali: è però probabile che un successivo compenso gli giunse dalla famiglia Grimani, che aveva una cappella all'interno della chiesa[14].
I rapporti con la Scuola grande di San Marco continuano fino al1566 circa, con l'esecuzione di altre tre tele raffiguranti miracoli postumi del santo:San Marco salva un saraceno,Trafugamento del corpo di san Marco eRitrovamento del corpo di san Marco. Questi dipinti furono pagati dall'alloraGuardian Grande della Scuola, Tommaso Rangone: il lavoro fu terminato presumibilmente nel 1566, data in cui il Vasari annota di averli visti.[15] A queste tele si aggiungono anche dei dipinti murali, raffiguranti i sette Vizi e le sette Virtù, di cui, però, non resta traccia.
Conclusi per il momento i rapporti con la Scuola Grande di San Marco, il pittore ottenne un incarico importante per l'Albergo della Scuola della Trinità, una confraternita minore: l'edificio si trovava dove ora sorge laBasilica di Santa Maria della Salute. Inizialmente, la commissione era stata affidata aFrancesco Torbido: non si conosce il motivo della rescissione del contratto, ma si può supporre che sia stato preferito Tintoretto per un'offerta più vantaggiosa, come egli era solito procurarsi le commissioni[16].
Per l'Albergo della Scuola, tra il1551 e il1552, eseguì un ciclo di dipinti ispirati alle storie dellaGenesi, tra cui laCreazione degli animali, ilPeccato originale eCaino e Abele: nell'ideazione delle composizioni, prese spunto da opere di artisti contemporanei, come Tiziano e il suo collaboratoreGerolamo Tessari, o del passato di Venezia, comeVittore Carpaccio e le sueStorie di sant'Orsola. Il dipinto delPeccato originale influenzerà in seguito un artista comeGiambattista Tiepolo.
Nelle tele che dipinge per le Scuole Grandi a Venezia, Tintoretto realizza quadri che sembrano grandi palcoscenici in cui si materializzano gli episodi miracolosi in cui dominano la gestualità drammatica dei personaggi, i forti e antinaturalistici contrasti fra luci e tenebre che evidenziano anche simbolicamente l'eccezionalità dell'evento rappresentato.
Fondata nel1478, già nel1489 poteva vantare il titolo di “Grande”: come le altre Scuole, si proponeva di offrire ai propri membri “onorata sepoltura”[17], assistenza in caso di malattia, doti per le figlie, case di accoglienza per le vedove. Le Scuole gareggiavano tra loro non solo in opere pie, ma anche in magnificenza delle decorazioni: Tintoretto aspirava a diventare artista “ufficiale” dellaScuola Grande di San Rocco già agli albori della propria carriera. Quando nel1542 furono commissionati i primi lavori per la Scuola[18] vennero però convocati, come nel caso della Scuola Grande di san Marco, dei decoratori: sette anni dopo, finalmente, Tintoretto si vide assegnare la sua prima commissione,San Rocco risana gli appestati, per la chiesa adiacente alla Scuola.
Per la commissione successiva, però, il pittore dovette aspettare ancora: infatti Tiziano, geloso del suo successo, si rifece vivo come membro della scuola e si offrì di eseguire delle opere per l'albergo. Questo si concluse in un nulla di fatto e Tintoretto, nel1559, ricevette una nuova commissione: si trattava dell'esecuzione degli sportelli dell'armadio che conteneva gli argenti sacri diSan Rocco.
Nel1564, Tintoretto presentò allaGiunta l'ovale diSan Rocco in Gloria, da collocare nella sala principale dell'Albergo: la Scuola stava progettando un concorso che avrebbe coinvolto anche altri artisti oltre Tintoretto, per l'assegnazione dell'ovale in questione. Dai documenti si evince che uno dei membri della confraternita, Maria Zuan Zignoni, era disposto a sborsare 15 ducati perché la commissione non fosse assegnata a Tintoretto[19]: questo indica che già si pensava al suo nome per il lavoro.
IlVasari narra che al contrario dei colleghi coinvolti nel concorso, intenti ad eseguire studi preparatori, Tintoretto prese le misure esatte dell'opera, la dipinse e la collocò direttamente ove prestabilito: alle proteste dei confratelli, che avevano richiesto disegni e non un'opera finita, rispose che quello era il suo modo di disegnare e che era disposto a donare loro l'opera.[19]
Con la sua offerta decisamente vantaggiosa, l'artista riuscì ad ottenere l'incarico tanto desiderato, seppur destando “scalpore e malcontenti”[20].
Nonostante ciò, l'undici marzo dell'anno successivo, con 85 voti a favore e 19 contrari, Tintoretto fu nominato membro della Scuola: in concomitanza con la sua elezione, venne incaricato dell'esecuzione di un ciclo di dipinti per le pareti della sala dell'Albergo, che avrebbero dovuto rappresentare laPassione di Gesù. Anziché iniziare in ordine cronologico, quindi con ilCristo davanti a Pilato, Tintoretto preferì eseguire per prima laCrocifissione: l'anno successivo la decorazione della sala era terminata e l'artista si rivolse nuovamente alla chiesa del santo.
Già nel1549 aveva eseguito ilSan Rocco risana gli appestati: ora aveva la possibilità di concludere il ciclo, pensato composto da quattro tele, tra cui quella che spicca maggiormente è ilSan Rocco in carcere (1567). Nel1575 il restauro del soffitto della sala Grande era stato ultimato e venne dato il via libera all'esecuzione delle tele, già progettate da tempo da Tintoretto: nell'estate dello stesso anno, però, Venezia venne sconvolta dallapeste. Forse per assicurare la clemenza del Santo, protettore degli appestati, verso di sé e la propria famiglia, l'artista si offrì di eseguire senza alcun compenso la tela centrale: l'anno successivo, in occasione della festa del Santo, la tela venne inaugurata. Solo alcuni giorni dopo, giunse la notizia della morte di Tiziano e di suo figlio Orazio.
Per le altre due tele del soffitto, eseguite nel1577, Tintoretto prese spunto dall'orazione che il doge tenne a San Marco, come richiesta di Salvezza e incoraggiamento alla popolazione rimasta:Alvise I Mocenigo ricordò gli episodi biblici dellamanna e della sorgente fatta scaturire daMosè, che l'artista raffigurò su due grandi tele. Per questo lavoro chiese il compenso relativo unicamente alle spese per i materiali impiegati, e così si offrì di fare anche per le opere successive: chiese alla Scuola come unico compenso un pagamento di 100 ducati annui, somma di molto inferiore a quella percepita, per esempio, dal collega Tiziano quando era al servizio degliAsburgo. Questa richiesta si spiega con la grande devozione dell'artista verso il Santo, verso cui si sentiva debitore per aver avuto la famiglia salva durante la terribile pestilenza di quegli anni[21].
Tintoretto lavorò alla Sala Capitolare fino al1581, illustrando scene tratte dall'Antico Testamento per il soffitto e dalNuovo per le pareti. L'anno successivo iniziò a dipingere per la Sala Inferiore, con dipinti ispirati alla vita diMaria e di Gesù.
Una delle maggiori fonti di entrate per la bottega di Tintoretto era costituita dairitratti, nonostante la grande concorrenza che doveva affrontare a Venezia, in particolare quella di Tiziano: sembra che in questo particolare settore l'artista si facesse aiutare dai figliMarietta eDomenico, e che la bravura della figlia al tempo fosse ben nota. La ritrattistica era un ottimo modo di farsi conoscere presso le alte sfere e ottenere così incarichi importanti.
Per un ritratto era fondamentale il tempo di esecuzione: spesso il soggetto non poteva permettersi lunghe sedute di posa, sia perché stancanti, sia perché impossibilitato ad allontanarsi troppo dai propri affari. Per questo, si usava eseguire una serie di studi veloci dal vero, da rielaborare poi per il dipinto vero e proprio: questi studi potevano essere conservati e riutilizzati anche in altre occasioni, come per esempio nel caso dei ritratti di sovrani in più versioni.
Girolamo Priuli, divenuto doge nel1559, incaricò Tintoretto dell'esecuzione del suo ritratto:Andrea Calmo, amico dell'artista, riferisce che l'opera fu completata in mezz'ora. Tintoretto aveva infatti preparato per tempo la tela; la posa era già abbozzata, dato che i ritratti dogali avevano uno schema determinato; le rifiniture e i panneggi delle vesti venivano eseguiti poi nello studio del pittore, con l'ausilio di manichini e stoffe.
Nel caso in cui un ritratto dovesse essere inserito in un'opera di grandi dimensioni, come per esempio un dipinto votivo, Tintoretto soleva eseguirlo su una tela tesa su un telaio provvisorio, per poi farlo cucire direttamente sulla tela più grande.
Oltre alle personalità di spicco della Venezia contemporanea, come nobili e politici, tra i ritratti realizzati si annoverano anche quelli di alcune tra le più famosecortigiane dell'epoca: tra queste si ricordaVeronica Franco, donna colta e istruita che si dilettava di poesia, frequentava le case nobili come quella deiVenier ed entrò persino nelle grazie diEnrico III di Francia. Tintoretto ritraeva le cortigiane anche nelle vesti di eroine dellamitologia, comeLeda,Danae oFlora. Nei ritratti di queste fanciulle si può riconoscere la "professione" di cortigiana grazie agli attributi tipici che posseggono: gioielli preziosi, girocolli di perle, pettini decorati o specchi.[22]
Alla metà del secolo, morti Tiziano eBonifacio de' Pitati, i due nomi maggiori del panorama artistico veneziano sono quelli di Tintoretto e diPaolo Veronese: nonostante laRepubblica si stesse avviando verso il declino a causa della riduzione della sua importanza nelle rotte commerciali causate dalla scoperta delle Americhe, delle sconfitte contro i Turchi e contro laLega di Cambrai, le richieste di opere d'arte continuavano a pieno ritmo, grazie alla spinta dellaControriforma e del conseguente rinnovamento degli edifici religiosi.
Veronese era un rivale non solo per la sua bravura, ma anche per la giovane età: da poco giunto a Venezia, riuscì già nel1553 ad ottenere una commissione per Palazzo Ducale.[23]
È in questo periodo che Tintoretto si dedicò a commissioni impegnative, in particolare cicli decorativi per chiese, scuole e per Palazzo Ducale: in queste opere, l'artista «approfondisce la componente dinamica delle composizioni»[24], ricorrendo a scorci e prospettive che esaltano il dinamismo delle scene illustrate.
LeStorie della Genesi, realizzate per la Scuola della Trinità nei primi anni deldecennio 1550, trovano un importante supporto ai personaggi nel paesaggio, tema poco usuale per Tintoretto, che lo sfrutta per evidenziare e accompagnare il racconto, anche se non riesce ad ottenere la stessa forza che si può invece notare inGiorgione o Tiziano.[24] IlCompianto sul corpo di Cristo, ora alMuseo civico Amedeo Lia aLa Spezia, si colloca tra il1555-1556, influenzato dall'opera diPaolo Veronese. Le innovazioni paesaggistiche si condensano inSusanna e i vecchioni del1557: qui la natura che circonda la scena scandisce la narrazione, portando l'occhio dell'osservatore, indubbiamente attratto dalla prorompente nudità di Susanna, verso i due vecchi lascivi, fino al giardino sullo sfondo, unEden irraggiungibile.
Busto di Tintoretto, opera di Antonio Bianchi del 1858
Per due anni, fu impegnato con i dipinti realizzati per il coro dellachiesa della Madonna dell'Orto, consegnati nel1563: si trattava di due teleri di grandi dimensioni, 14,5 x 5,8 metri, raffiguranti l'Adorazione del vitello d'oro e ilGiudizio Universale, e cinque spicchi dedicati alle Virtù. Per ilGiudizio si ispirò indubbiamente allaGloria di Tiziano e alGiudizio Universale di Michelangelo.[25]
Nello stesso periodo, Tommaso Rangone, Guardian Grande della Scuola Grande di San Marco, si offrì di far eseguire a proprie spese tre dipinti raffiguranti i miracoli del santo: la commissione fu affidata a Tintoretto, che già aveva lavorato per la Scuola. Continuò così la relazione dell'artista con la Scuola Grande di San Marco, che si protrasse fino al1566 circa, con l'esecuzione delle teleSan Marco salva un saraceno durante un naufragio,Trafugamento del corpo di San Marco eRitrovamento del corpo di San Marco. A queste, si aggiunsero anche dei dipinti murali, raffiguranti i setteVizi capitali e le sette Virtù, cardinali e teologali, di cui, però, non resta traccia.
Il 6 marzo del 1566 venne nominato membro della prestigiosaAccademia delle arti del disegno, nata aFirenze per volere di Vasari, sotto la protezione diCosimo I, e che raggruppava sotto di sé gli artisti più importanti del tempo.
Ancora una volta, gli venne affidata un'importante commissione da una Scuola, quella del Santissimo Sacramento, di cui era Guardiano Christino de' Gozi[26]: si trattava dell'esecuzione di due teleri per lachiesa di San Cassiano, raffiguranti laDiscesa nel Limbo e laCrocifissione.
Giulio Carlo Argan scrive[27]:«La repubblica veneta è il solo stato italiano in cui l'ideale religioso si identifichi con l'ideale civile, e questo ideale si riflette ugualmente, benché con accenti diversi, nella pittura dei due maestri. Della Venezia del Cinquecento Tintoretto esprime la coscienza del dovere e della responsabilità civile, lo spirito profondamente cristiano che la conduce alla guerra contro iturchi e al drammatico trionfo diLepanto; ilVeronese invece, è l'interprete dell'apertura intellettuale e del civile modo di vita che fanno della società veneziana (...) la società più libera e culturalmente avanzata. Il sentimento del dovere e quello della libertà hanno una fonte comune, l'ideale umanistico della dignità umana; e poiché questo è sentito, nell'arte del tempo, soltanto dai maestri veneti (dalPalladio architetto non meno che dai pittori), si spiega come la loro opera custodisca e tramandi al secolo successivo (alCaravaggio, aiCarracci, alBernini e alBorromini) la grande eredità della cultura umanistica» (cioè dell'Umanesimo e delRinascimento). Più oltre Argan scrive che in Tintoretto[28] «la natura è visione fantastica turbata quasi ossessiva; [...] la storia è tormento spirituale, tragedia». «Le visioni tintorettesche non sono estatiche, contemplative, rasserenanti ma, all'opposto, agitate, drammatiche, tormentate. Non placano, intensificano fino al parossismo ilpathos dell'esistenza.»[29]
Già nel1566 Tintoretto aveva lavorato perPalazzo Ducale, con cinque tele da collocare nella Saletta degli Inquisitori: il Borghini le nomina come l'Allegoria del Silenzio e leVirtù.[30] Nello stesso periodo, gli giunse, dopo tante commissioni per istituti religiosi, anche un importante incarico da parte dello stato: una tela di grandi dimensioni raffigurante ilGiudizio Universale da collocare nellaSala dello Scrutinio, che il Ridolfi descrive come fosse “tale il motivo, che cagionava quella pittura, che atterriva gli animi a vederla”.[31] Assieme a questa, realizzò anche la rievocazione dellaBattaglia di Lepanto, per il dogeAlvise I Mocenigo: entrambe le tele vennero distrutte nell'incendio del1577, che devastò Palazzo Ducale proprio ad un anno di distanza dalla grave pestilenza che aveva decimato la popolazione.[32]
La bottega dell'artista venne anche coinvolta nella decorazione dellaLibreria Sansoviniana, affidata a maestri come Veronese,Salviati,Andrea Schiavone: a Tintoretto venne affidata l'esecuzione delle cinque tele deiFilosofi, anche se i critici contemporanei riportano undici o addirittura dodici tele.[33] Allo stesso periodo risalgono anche i cartoni permosaici da collocare in San Marco[8]: laPresentazione al Tempio è fedele almosaico bizantino in uno “stile volutamente arcaico”[34] e le analogie conLa Circoncisione realizzata da Domenico per la Scuola di San Rocco ne fanno ricondurre l'ideazione al figlio dell'artista.
Pur ancora impegnato con la Scuola di San Rocco, Tintoretto accettò di lavorare alla ricostruzione di Palazzo Ducale, a cominciare dal soffitto dellaSala delle Quattro Porte, con gli affreschi negli scomparti ideati daFrancesco Sansovino: le decorazioni hanno per tema la personificazione di Venezia e i suoi domini di terraferma.
Nel1574 acquista una casa nella fondamenta dei Mori presso laChiesa di San Marziale, dove abiterà fino alla morte: per l'altare maggiore della chiesa l'artista aveva già realizzato, tra il1548 e il1549, una pala raffiguranteSan Marziale tra i santi Pietro e Paolo.
Ancora impegnato con le commissioni per Palazzo Ducale, nel1579 ricevette l'incarico dal ducaGuglielmo Gonzaga per la realizzazione di una serie di opere da collocare nelPalazzo Ducale diMantova: si tratta di un ciclo formato da otto grandi tele - noto comeFasti gonzagheschi - raffigurante episodi bellici e cortesi che hanno per protagonisti marchesi e duchi della stirpe dei Gonzaga. Nel settembre del1580 Tintoretto si recò di persona a Mantova con la moglie Faustina, ospiti del fratello Domenico, per l'inaugurazione delle opere collocate nella Sala dei Duchi.
L'incendio del1577 distrusse anche l'affresco delGuariento che occupava la parete delle tribune del Doge e dei Consiglieri nellaSala del Maggior Consiglio: nel1580 venne indetto un concorso per l'assegnazione dell'incarico, cui parteciparono assieme a Tintoretto anche Veronese,Francesco Bassano figlio diJacopo eJacopo Palma il Giovane. Inizialmente affidata lacommissione a Veronese e Bassano, venne poi rilevata da Tintoretto alla morte di Veronese, nel1588.
L'immenso dipinto (7,45x24,65 metri) raffigurante ilParadiso venne realizzato a pezzi, nello studio di San Marziale, con un grande contributo della bottega e in particolare del figlioDomenico, che si occupò anche della connessione delle tele in loco. A differenza del bozzetto iniziale, che vedeva come protagonista Maria incoronata, il dipinto è incentrato sulla figura di Cristo Pantokrator, “doge divino”[35].
Ad oltre 70 anni, nello stesso anno della morte, Tintoretto ebbe ancora la forza di dedicarsi a due grandi opere per laBasilica di San Giorgio Maggiore, gliEbrei nel deserto e la caduta della manna e un'Ultima cena: ancora per San Giorgio, eseguì laDeposizione nel sepolcro, che si può collocare tra il1592, data di costruzione della cappella dei morti, e il 1594, data del pagamento.
Dopo una febbre di due settimane, Tintoretto morì il 31 maggio1594 e venne sepolto, dopo tre giorni, nella chiesa della Madonna dell'Orto, nella cripta della famiglia Episcopi.[36]Secondo quanto riportato da un cartografo e committente artistico coevo,Ottavio Fabri, Tintoretto dopo essere morto, per volontà testamentaria fu disteso per terra per quaranta ore, apparentemente nel tentativo di resuscitare. Scrive infatti il Fabri a suo fratello Tullio che si trovava a Costantinopoli:il Tentoretto Dominica se ne morì et d'ordine di suo testamento è stato tenuto 40 hore sopra terra, mà no' è ressussitato. Vi è inoltre da notare come il 31 maggio fosse un martedì e non una domenica.[37]
Dalle analisi effettuate negli anni'70 su campioni prelevati dalle tele della Scuola Grande di San Rocco, si sono ottenute preziose informazioni riguardo ai materiali e alle tecniche impiegate da Tintoretto.[38]
Letele utilizzate, in tutti i campioni, si sono rivelate essere dilino, con differentiarmature, sia semplici come iltabì, simile a quella deltaffetà, che più robuste come laspina di pesce. La scelta della trama non sembra essere dipendente dal tipo di dipinto o dalla sua collocazione, piuttosto dal suo committente: ad esempio, per l'Ultima Cena Tintoretto ha utilizzato una trama grossolana, nonostante il dipinto sia visibile da una distanza ravvicinata.[38]
Come già accennato riguardo alParadiso, non era raro che i dipinti venissero realizzati su tele cucite assieme: i telai dell'epoca potevano infatti realizzare altezze fino a 110 cm.[38] Solitamente, le cuciture venivano effettuate prima dell'esecuzione del dipinto, in modo tale che fossero il più possibile invisibili, e soprattutto che non si trovassero in corrispondenza di parti importanti come mani e volti: era preferibile inoltre utilizzare pezze con la stessa trama, per avere una maggiore uniformità. Tintoretto invece pare non prestare attenzione a questi accorgimenti: utilizza ritagli di tela con trame diverse tra loro, con cuciture anche evidenti, come nel caso del volto della Vergine nellaFuga in Egitto, della Scuola di San Rocco.[38]
Leimprimiture più comuni erano composte da uno strato sottile digesso ecolla, derivate da quelle già utilizzate nellapittura su tavola: il fondo chiaro dava una maggior luminosità ai colori successivamente stesi. Tintoretto preferiva invece un fondo scuro, steso sull'imprimitura a gesso o direttamente sulla tela: le analisi hanno rivelato che non si tratta di un colore bruno uniforme, bensì di un impasto ottenuto con i residui delle tavolozze, data la presenza di particelle colorate microscopiche.[39] Sul fondo così preparato era possibile dipingere sia i toni chiari che gli scuri, lasciando anche trasparire il fondo stesso: questo era possibile nei casi in cui il dipinto si fosse trovato in zone buie o in ombra e contribuiva a velocizzare notevolmente l'esecuzione del dipinto.
Il Ridolfi racconta che l'artista era solito approntare dei piccoli "teatrini" per studiare la composizione delle opere e l'effetto delle luci: panneggiava le vesti su modellini di cera, che poi disponeva in "stanze" costruite con cartoni, illuminate da candele. Per lo studio degli scorci, appendeva manichini al soffitto dello studio: questo è evidente dal confronto di due dipinti, ilMiracolo di San Marco che libera lo schiavo e ilSan Rocco in carcere confortato da un angelo, in entrambi i quali si può riconoscere un modello simile utilizzato per le figure sospese.
Per gli studi a gesso, Tintoretto era affezionato alla carta azzurra che tanto andava di moda aBologna e che gli permetteva di utilizzare sia gli scuri che le lumeggiature.[40]
Nel1550 sposòFaustina Episcopi, da cui ebbe 7 figli, mentre ebbe una figlia illegittima da una straniera:Marietta, la primogenita, fu l'unica, insieme al figlioDomenico, ad avere abbastanza talento da poter seguire le orme del padre. Già a 16 anni era richiesta come ritrattista da committenti di una certa importanza: tra il1567 e il1568 il mercanteJacopo Strada aveva commissionato a Tiziano un proprio ritratto, mentre per quello del figlio Ottavio, evidentependant del proprio, si era rivolto a Marietta. Per evitare che la figlia venisse "rapita" dalle corti estere, Tintoretto la diede in moglie all'orefice veneziano Marco Augusta.[41] Nel1590, a poco più di trent'anni, Marietta morì: venne sepolta nella chiesa della Madonna dell'Orto.
Domenico, di quattro anni più giovane (1560 - maggio 1635), scelse di portare avanti la bottega paterna a discapito della propria vita privata: amante della letteratura, dovette farsi carico del mantenimento della madre e delle sorelle. La bottega, sotto la sua guida, perse il prestigio che aveva conosciuto con il capostipite. Tra le opere prodotte brillano maggiormente i ritratti per la loro freschezza, mentre le composizioni con più figure si presentano più pesanti e stereotipate. Morì nel1635: quattro anni dopo, il suo collaboratore Sebastiano Casser sposò la sorella di Domenico, Ottavia, ormai più che ottantenne, tentando inutilmente di risollevare le sorti della bottega.[36]
Di Giovan Battista si conosce molto poco, probabilmente morì in giovane età; Marco (12 marzo 1563 - ottobre 1637) preferì diventare attore, contro il volere della famiglia. Perina (1562-1646) e Ottavia (n.1570) scelsero la vita del convento di Sant'Anna, a Venezia; anche delle altre due figlie, Altura e Laura, non si sa molto.
In vita, Tintoretto trattò i figli e le figlie con pari dignità, cercando di lasciar loro di che vivere: nella richiesta per la senseria del1572 fece il nome dei maschi come quello delle femmine e nel testamento nominò tutti loro come suoi eredi.[42]
Il cantautore britannicoDavid Bowie era un estimatore del Tintoretto e ne possedeva un'opera[43]. A lui ha dedicata l'etichetta di produzioneJones/Tintoretto EntertainmentCompany.
^La luce del Tintoretto, infatti, evidenzia i personaggi e gli oggetti staccandoli da qualsiasi contesto reale e proiettandoli nello spazio scenografico di una fantasia.
^I lucchesi venivano definiti dai veneziani come "toscani" inKrischel, 2000, p. 6.
Nino Barbantini,La mostra del Tintoretto. Catalogo delle opere, Venezia, Officine Grafiche Carlo Ferrari, 1937.
Calo Bernari e Pierluigi de Vecchi (a cura di),L'opera completa del Tintoretto, inClassici dell'Arte Rizzoli,Rizzoli, 2000,ISBN978-88-17-27336-7.
Ernesto Francalanci,Da Giotto a Caravaggio. Letture di opere fondamentali della pittura italiana, Istituto geografico De Agostini, 1989,ISBN88-402-0374-5.
Francesca Marini,Tintoretto, a cura di Filippo Pedrocco, Milano, Rizzoli, 2004.
Rodolfo Pallucchini e Paola Rossi,Tintoretto: le opere sacre e profane, 1982.
Rodolfo Pallucchini e con note storiche di Mario Brunetti,Tintoretto a San Rocco, 1937.
Joyce Plesters e Lorenzo Lazzarini,I materiali e la tecnica dei Tintoretto della Scuola di San Rocco, inLionello Puppi e Paola Rossi (a cura di),Jacopo Tintoretto nel quarto centenario della morte,Atti del Convegno Internazionale di Studi, Venezia, 24 novembre - 26 novembre 1994, Padova, Il Poligrafo, 1996,ISBN88-7115-063-5.