L'anticoidronimo del fiume eraAlbula, per la tradizione in riferimento al colore chiaro delle sue acque bionde[2]. Un altro antico nome del Tevere è statoRumon[3], diorigine etrusca, da molti collegato al nome diRoma[4].
Diagramma degli affluenti del TevereSorgente del Tevere su Monte FumaioloColonna in travertino alla sorgente del TevereVista aerea della foce del TevereIl Tevere alle porte di Perugia
FuMussolini che nel 1923[7] fece spostare i confini regionali, includendo il monte Fumaiolo e la cosiddettaRomagna Toscana nellaregione aest dell'Appennino: ciò per assecondare il suo desiderio che le sorgenti del Tevere si trovassero nel Forlivese, sua provincia di origine[7]. Accanto alla sorgente nel 1934 è stata posta una colonna di travertino, dove appaiono tre teste di lupo e sovrastata da un'aquila rivolta verso Roma (simbolo imperiale riutilizzato in epoca fascista), con incisa la frase retoricaQui nasce il fiume sacro ai destini di Roma[8].
Questo è lo schema dei 405 km di corso del suo percorso dall'Appennino alTirreno[9]:
attraversa poi l'Umbria scendendo da quota 300 a quota50 m (alta valle tiberina).
Alla fine del tratto collinare del percorso fu realizzata durante glianni cinquanta unadiga finalizzata alla generazione dienergia elettrica, all'epoca destinata soprattutto alleAcciaierie di Terni, le cui acque alimentano duebacini artificiali: illago di Corbara, direttamente a valle della diga, e il successivo piccololago di Alviano, 500 ettari di ambiente umido che ospitano un'oasi naturalistica. Questo tratto finale del corso del Tevere in Umbria di circa 50 km costituisce ilParco fluviale del Tevere. DaCittà di Castello il fiume incrementa progressivamente nella portata, passando da 28 m³/s presso quest'ultimo centro a 56 dopo laconfluenza con l'affluenteChiascio, a 70 dopo quella con ilNestore pressoMarsciano, a 82 dopo la confluenza col Paglia, e a 271 dopo la confluenza con ilNera;
Lento attraversaRoma, ricevendo l'Aniene che gli incrementa a quasi 320 m³/s la portata media e infine, dopo altri 30 km, sfocia nelmar Tirreno aOstia, in undelta di due soli bracci: uno naturale, dettoFiumara grande, e uno artificiale (ilCanale di Traiano), che delimitano l'Isola Sacra aFiumicino. Nell'antichità i bracci erano tre, essendo la foce del Tevere nei pressi diOstia Antica.
Come si vede nel diagramma, il bacino del Tevere è ricco di affluenti e subaffluenti, ma il fiume riceve la maggior parte delle sue acque dalla riva sinistra, dove ha come adduttori principali il sistemaChiascio -Topino, ilNera (che raccoglie le acque delVelino) e l'Aniene. I maggiori tributari della riva destra sono ilNestore, ilPaglia, e ilTreja, a cavallo tra le province diRoma eViterbo, attorno al quale, in consorzio fra i comuni diMazzano Romano eCalcata, è stato costituito dal 1982 ilParco regionale Valle del Treja.
Le principali località attraversate sonoPieve Santo Stefano,Sansepolcro,Città di Castello,Umbertide,Orte eRoma. Passa anche nelle immediate vicinanze diPerugia,Marsciano,Deruta eTodi. Il fiume fu utilizzato per molti secoli come via di comunicazione: in epoca romana il naviglio mercantile poteva risalire direttamente fino a Roma, all'Emporio che era situato ai piedi dell'Aventino, mentre barche più piccole e adatte alla navigazione fluviale trasportavano merci e prodotti agricoli dall'Umbria, attraverso un sistema navigabile capillare che penetrava nella regione anche attraverso gli affluenti, in particolare Chiascio e Topino.
I fiumi in sinistra idrografica hanno un carattere carsico, con portate abbastanza costanti, in special modo il Nera, 7º corso d'acqua italiano per portata con 168 metri cubi d'acqua al secondo. Invece i fiumi in destra idrografica hanno un carattere stagionale, con piene invernali anche di 800 metri cubi d'acqua al secondo e magre estive: i maggiori sono Nestore e Paglia, tra i principali responsabili dello storico evento calamitoso del 12 novembre 2012.
Il Tevere, fin dalla sua nascita, è stato l'anima di Roma, e il fatto che la città gli debba la propria stessa esistenza è descritto già dalla prima scena della leggenda di fondazione, conRomolo e Remo nella cesta che, arenati sotto ilficus ruminalis, succhiano il colare zuccherino dei frutti in attesa di una vera poppata.[11]
Tutti gli insediamenti preromani il cui convergere diede luogo alla Roma storica "vedevano" il Tevere, ma dall'alto e non da vicino (si pensi adAntemnae, ad esempio), per evidenti ragioni di difesa e perché il Tevere è sempre stato un fiume soggetto a piene improvvise. Il punto in cui la pianura alluvionale era più sicuramente guadabile era l'Isola Tiberina, accanto alla quale (in quella zona che sarebbe poi divenuta ilForo romano a partire da un più modestoForo boario) si localizzò in origine il punto di scambio tra le popolazionietrusche che dominavano la riva destra (detta poiRipa Veientana) e i villaggi delLatium vetus sulla riva sinistra (laRipa Greca).
L'Isola era, inoltre, il punto fin dove le navi antiche, di basso pescaggio, potevano risalire direttamente dal mare. Poco a valle dell'Isola fu costruito (in legno, e tale rimase per diversi secoli) il primoponte di Roma, ilPons Sublicius. Per le popolazioni arcaiche erano così importanti, questo ponte e la sua manutenzione, che in relazione a essi nacque il più antico e potente sacerdozio romano: ilPontifex.
Il fiume stesso era considerato una divinità, personificata nelPater Tiberinus: la sua festa annuale (leTiberinalia) veniva celebrata l'8 dicembre, anniversario della fondazione del tempio del dio sull'Isola Tiberina ed era un rito di purificazione e propiziatorio. Secondo Virgilio, durante la guerra fra troiani e italiciEnea decapitò il giovane nemicoTarquito facendone poi rotolare testa e busto nella foce del Tevere.[12]
Progredendo l'interramento del fiume, le navi non poterono più arrivare come in epoca classica fino all'emporio (sotto l'attuale rione diTestaccio), ma merci e passeggeri continuavano a giungere a Roma via fiume, col metodo dell'alaggio, cioè su chiatte o barconi che venivano rimorchiati dalla riva: la forza motrice per risalire il Tevere, che nei periodi di magra non offriva più di due metri e mezzo di pescaggio, era generalmente costituita da buoi ma anche, al bisogno, da uomini. Il sistema era ancora in uso a metà dell'Ottocento, quando i buoi vennero sostituiti da rimorchiatori a vapore, che trascinavano tre o quattro chiatte, come avveniva sullaSenna fino a non molti anni fa.
Il porto dell'Emporium era stato abbandonato già in epoca medioevale, e il nuovo attracco si consolidò sulla riva destra (che era detta "Ripa Romea": era in effetti molto più comodo, per i pellegrini, sbarcare sulla riva dove era posto il Vaticano). Questo approdo era detto, per antonomasia, Ripa. Modificando il percorso delle mura a porta Portese, il porto venne ricostruito nel 1642 un po' più a monte, all'interno della cinta daziaria, in corrispondenza dell'ospizio di San Michele, e divenne ilporto di Ripa Grande, dedicato a merci e uomini in arrivo daOstia. Sulla riva sinistra, a monte diCastel Sant'Angelo, venne costruito nel 1704 ilporto di Ripetta, dedicato soprattutto al traffico con il retroterra umbro. Ebbe sede qui l'idrometro storico del Tevere, installato nel 1821, e che aveva come zero idrometrico il settimo gradino della scalinata del porto stesso.
Più a valle sulla riva destra, poco più giù diporta Santo Spirito c'era un altro porto. Era detto "porto dei travertini" perché era stato utilizzato per i marmi destinati alla costruzione dellabasilica di San Pietro. Fu poi fatto ricostruire all'inizio dell'Ottocento (1827) daLeone XII, come porto di servizio della città Leonina e da lui prese il nome. Il porto fu dotato in quell'occasione anche di una fontana che utilizzava il condotto dell'acqualancisiana che era stato riattivato sottoPio VII; il mascherone che l'adornava è quello che arricchisce oggi la fontana fuori dalgiardino degli Aranci. Un secolo dopo, la costruzione dei muraglioni e l'abbandono del trasporto fluviale lo obliterarono completamente. Ne rimane la traccia nella doppia scala che scende alla banchina da piazza della Rovere, e nella lapide a memoria dei lavori, che è stata conservata.
Imbarco dei battelli turistici a ponte Garibaldi (di fronte, l'Isola Tiberina)
Sul Tevere navigavano imbarcazioni di tutti i tipi (anche a vela: per discendere il fiume daOrte ci volevano tre giorni). Oltre alle chiatte trainate da rimorchiatori, alle barchette dei pescatori, c'erano anche piccole barche per trasbordare le persone da una riva all'altra: non si dimentichi che fino alla caduta delloStato Pontificio i ponti cittadini sul Tevere erano soltanto cinque:ponte Mollo,ponte di Castello,ponte Sisto e i due ponti attraverso l'isola Tiberina,ponte Cestio e ilponte dei Quattro Capi.
Il porto fluviale (1967)
Per via fluviale, circumnavigando l'Italia dallago Maggiore alTicino, alPo, all'Adriatico e infine risalendo il Tevere fino ai piedi della basilica con un viaggio di quattro anni, arrivarono dalle cave diBaveno eMontorfano le 150 colonne monolitiche di marmo bianco del nuovo portico dellabasilica di San Paolo fuori le mura.
L'ultimo grande trasporto via fiume, su una chiatta di cemento appositamente costruita, fu quello effettuato nel 1929, dei marmi provenienti dalleAlpi Apuane e destinati all'obelisco delForo Italico, fin dove risalirono, appunto, via fiume[13].
Canottieri sul Tevere
Lo sviluppo del trasporto stradale e ferroviario, la costruzione nel tempo di ben 23dighe di sbarramento lungo l'intero bacino e il progressivo interramento del basso corso del fiume hanno completamente annullato questo utilizzo (durato fin verso la metà dell'Ottocento), e ormai la navigazione fluviale si limita a fini sportivi (canottaggio) e turistici, con battelli che dalla fine deglianni novanta percorrono tratti del corso romano del fiume. A causa delle soglie costruite all'altezza dell'Isola Tiberina per regolare e armonizzare il flusso del fiume, la navigazione sul fiume è divisa in due tratte, una verso monte, dall'isola a ponte Risorgimento, l'altra verso il mare, da ponte Marconi a Ostia Antica. Va tenuto presente, quando si riflette sull'uso del Tevere, che attualmente sono 36 i soggetti pubblici che hanno titolo a intervenire sul Tevere: il numero rende evidenti, da solo, le difficoltà che presenta ogni nuovo progetto d'uso o di intervento.
Un'altra presenza sul fiume, che datava dal Medioevo e della quale ora non c'è più traccia, erano i molini ad acqua (a Roma detti "mole", anche nel linguaggio ufficiale della burocraziaannonaria), ancorati in gran parte vicino all'Isola Tiberina.
La storia delle mole a Tevere iniziò quandoVitige, tagliando durante l'assedio del 537 l'acquedotto Traiano che forniva energia aimulini installati sulGianicolo, costrinseBelisario a cercare una nuova soluzione per l'approvvigionamento difarina dei romani assediati. La soluzione trovata fu quella di installare coppie di barche incatenate: ogni coppia era dotata, al centro, di una ruota che azionava lemacine di pietra alloggiate sulle barche stesse. La prima coppia era incatenata alle rive del fiume presso il Ponte di Agrippa (l'attualePonte Sisto)[14], le altre erano collegate alla prima. A monte di questo sistema di molini galleggianti furono installate palafitte di riparo, allo scopo di deviare i tronchi con i quali i Goti cercavano di travolgerlo.
Nei secoli successivi si continua ad avere notizie dei molini sul Tevere - anche se non se ne hanno rappresentazioni sulle mappe fino alla fine delQuattrocento[15] - che appaiono però dislocati più a valle, verso l'Isola Tiberina[16].
La collocazione attorno all'Isola non fu però mai esclusiva: ci furono mole sull'ansa a monte di Ponte Sisto sia sulla riva sinistra (esiste ancora in fondo avia Giulia, unavia delle Mole dei Fiorentini), sia sulla riva destra sottoSanto Spirito in Sassia, all'altezza all'incirca delPonte Neroniano. A un certo punto dell'Alto Medioevo (non si sa quando), i molini furono ancorati singolarmente alla riva, assumendo la struttura che conosciamo dalle rappresentazioni. L'impianto era costituito da:
un manufatto detto "torretto", sulla riva, a cui era legata, con catene di ferro, la mola[17];
un arco in muratura che poggiava da una parte sulla riva e dall'altra nel fiume;
a questo si appoggiava una passerella di legno, che collegava il sistema alla terra, consentiva di movimentare (a dorso d'asino) i carichi di cereali e di grano, e ammortizzava le variazioni di altezza del fiume;
la passerella portava all'imbarcazione più ampia, coperta e sormontata da una croce, nella quale era alloggiata la macina e avveniva la lavorazione;
la ruota, orizzontale, installata per traverso alla corrente, che trasmetteva il proprio movimento alla macina;
un'altra imbarcazione più piccola (detta "barchetto"), che supportava l'asse della ruota verso il centro del fiume.
Memorie delle alluvioni del Tevere nei secoli a Santa Maria sopra Minerva
I muraglioni di contenimento dei Lungotevere, rendono oggi difficile immaginare quanto "fluviale" potesse essere la città antica e quanto lo fosse ancora un secolo fa. Ma questa connessione con il fiume, che certo era una risorsa economica notevole, era anche - da sempre - ad alto rischio. GiàLivio attesta che le piene del Tevere, spesso disastrose (come quelle del215 a.C.[18]), erano ritenute dal popolo romano annunciatrici di eventi importanti o punizione degli dei irati, e certo comportavano - oltre che distruzioni -epidemie causate dal ristagno delle acque.
Le grandi piene (mediamente almeno 3 o 4 per secolo) sono sempre arrivate a Roma dallavia Flaminia: a valle dell'ultima confluenza con l'Aniene il fiume, libero fin lì di distendersi su territori pianeggianti e praticamentegolenali, incontrava costruzioni e ponti che lo ostacolavano (ripetutamente ilPons Sublicius era stato trascinato via dalle alluvioni) e si incanalava rovinoso per vie e piazze.
Cesare immaginò di raddrizzare i meandri urbani del fiume deviandolo attorno alGianicolo (cioè facendogli evitareTrastevere e la pianura dei Fori) e canalizzandolo attraverso lePaludi Pontine in direzione delCirceo.Augusto, di temperamento più realista e "amministrativo", dopo aver nominato una commissione di 700 esperti si limitò a disporre la pulizia dell'alveo fluviale e a istituire una magistratura apposita, iCuratores alvei et riparum Tiberis, carica cheAgrippa tenne per tutta la vita. Gli esperti diTiberio suggerirono di deviare le acque del Chiani verso l'Arno, ma per l'opposizione dei fiorentini non se ne fece nulla (il progetto fu riesumato - e ugualmente abbandonato - nel 1870). ATraiano si deve il completamento del canale di Fiumicino (la cosiddettaFossa Traiana) iniziato daClaudio, funzionale alla navigabilità del fiume, ma anche a migliorare il deflusso delle acque verso il mare. L'ultimo imperatore che dispose una pulizia radicale dell'alveo e un'arginatura del fiume fuAureliano.
Incessantemente Roma nei secoli venne allagata dalle piene del Tevere, un vero flagello per l'Urbe. Ancora sui vecchi muri del centro storico vi sono lapidi che ricordano il livello delle acque raggiunto da quelle alluvioni (vedi la foto sopra). L'ultima grande alluvione avvenne nel dicembre 1937 allorché il governo fascista decise di ampliare notevolmente il progetto già in attuazione dal 1936 da parte del Ministero dei Lavori Pubblici e quello dell'Aeronautica, ora con i cantieri allagati. Questo progetto prevedeva, tra l'altro, di accorciare il corso del Tevere per aumentare il deflusso delle acque verso il mare. Ciò era possibile tagliando un'ansa del fiume di circa 8 km che si trovava in localitàSpinaceto, a valle di Roma,[19] realizzando ildrizzagno del Tevere. I lavori ripartirono su vasta scala dal 1938, scavando un nuovo alveo rettilineo di oltre 1 km di lunghezza insieme a colossali lavori di sbancamento che portarono i nuovi argini del Tevere a ben 400 metri di larghezza, creando un alveo capace di contenere anche le piene più copiose. Il 12 agosto del 1940 l'allora capo del governo Mussolini inaugurò il drizzagno facendo esplodere gli ultimi diaframmi e deviando le acque nel nuovo alveo artificiale. Già dall'inverno del 1940 questo invaso, assieme al nuovo drizzagno, scongiurò il pericolo di altre grandi alluvioni, alluvioni che da allora a Roma non si verificarono più per straripamento del Tevere.
Il porto di Ripetta fu demolito nel 1893 per costruire ilPonte Cavour, fondamentale per l'urbanizzazione del nuovo rione deiPrati di Castello e l'idrometro sistemato sul muro laterale dellachiesa di San Rocco. In corrispondenza del nuovo ponte, cinque anni dopo venne sistemato il nuovo idrometro, con lo stesso zero idrometrico. L'attuale stazione idrometrica è situata, dal 1941, cinque chilometri più a valle, a Porta Portese (via Portuense 49).
Le osservazioni sulla portata del Tevere a Roma, iniziate nel 1782 per iniziativa dell'abateGiuseppe Calandrelli, direttore dell'Osservatorio astronomico e meteorologico diCollegio Romano, costituiscono ad oggi la serie storica più rilevante tra le osservazioni sistematiche dei fiumi italiani[20].
La spinta definitiva a riprendere l'elaborazione di un sistema di difesa della città dalle furie del suo fiume venne certamente dalla disastrosa alluvione del 28 dicembre 1870. L'inondazione arrivò, quella volta, a più di 17 metri oltre il livello normale del fiume (praticamente fino apiazza di Spagna). Il 1º gennaio 1871 fu nominata un'apposita Commissione di studio che in quattro anni non produsse risultati. Nel 1875Garibaldi, arrivato a Roma come parlamentare, risuscitò l'idea di Cesare di deviare il corso del fiume presentando una proposta in merito. L'ipotesi suscitò gran dibattito, apparendo ad alcuni quasi blasfema, ma facendo balenare ad altri il sogno di ritrovamenti di smisurati tesori, archeologici o propriamente preziosi, inabissati nel fiume lungo i secoli.
Navigazione turistica sul Tevere
La proposta di Garibaldi risuscitò comunque la Commissione, che il 23 settembre non approvò il progetto di Garibaldi, ma quello conservativo dell'ingegnereRaffaele Canevari. Esso prevedeva l'arginatura del corso del fiume daPonte Milvio allaBasilica di San Paolo fuori le mura, la"rimozione dei ruderi ed escavamento del fondo dell'alveo" e una stabilizzazione della sua ampiezza a 100 metri, lo"studio della situazione di un porto in luogo di quello di Ripetta nella località che si troverà più opportuna", scongiurando però l'ipotesi, che pure era stata avanzata, dell'interramento del braccio sinistro del fiume a lato dell'Isola Tiberina (quello del Ponte Quattro Capi), e quindi la sua scomparsa.
Alla fine del 1876 il Governo assegnava l'appalto del primo lotto dei lavori, che durarono 25 anni. Il Porto di Ripetta non fu mai ricostruito, ma una nuova piena disastrosa del fiume nel 1900, che superò i 16 metri, mostrò che il contenimento fornito dai muraglioni funzionava (anche se alla fine crollarono 125 metri di argine traPonte Garibaldi ePonte Cestio). L'ultimo tratto dell'opera, sotto l'Aventino, fu completato nel 1926, a cinquant'anni dall'inizio.
Loscalo de Pinedo, sulla riva sinistra del fiume, fu costruito alla fine del XIX secolo per compensare la demolizione delPorto di Ripetta.
Salvata dalleesondazioni e bonificata dall'umidità che ristagnava nelle fondazioni dei rioni cresciuti lungo il Tevere, la città perse tuttavia il contatto con il suo fiume. Le demolizioni che furono effettuate per far spazio all'arginatura, e la standardizzazione dell'altezza delle rive fecero sì che alcune delle strade storiche che corrono a lato del fiume restassero al di sotto del livello deiLungotevere (è sufficiente, per rendersene conto, una passeggiata inVia Giulia), e che andasse in parte smarrito il senso delle situazioni urbanistiche e architettoniche di molti edifici, anche importanti, che erano stati costruiti sulle rive, dotati di giardini e approdi sul fiume - si pensi ad esempio, aPalazzo Falconieri, o allaVilla Farnesina alla Lungara.
Con i muraglioni e l'inquinamento urbano scomparvero anche - un po' più lentamente ma irrevocabilmente - figure legate al fiume, come i barcaioli o ifiumaroli[21], e le loro attività commerciali ed artigiane.
Attualmente il Tevere nella città di Roma è parzialmente navigabile da piccole imbarcazioni,canoe ebattelli, in alcuni tratti a partire dalladiga di modulazione diCastel Giubileo a nord fino alla foce aOstia a sud, a causa della presenza di alcunerapide (per esempio nei pressi dell'Isola Tiberina) e bassifondi. Sul Tevere è posta una delle sedi del famosoCircolo Canottieri Aniene. Ogni anno, da ormai circa quarant'anni, la Discesa Internazionale del Tevere percorre il fiume in canoa da Città di Castello fino a Roma.
San Cesareo di Terracina, invocato contro le inondazione del Tevere
San Cesareo diacono e martire, condannato a essere annegato nel mare diTerracina, è da sempre invocato contro leinondazioni del Tevere; infatti la Chiesa di San Cesareo de Arenula a Roma era situata proprio nei pressi del fiume, nel rione Regola, edificata presso "l'Onda"[22] in riferimento alle innumerevoli inondazioni del Tevere che interessarono in passato la zona. Inoltre, laChiesa di San Salvatore in Onda originariamente era dedicata al Salvatore e a San Cesareo diacono, ma siccome a quest'ultimo era intitolata anche la Chiesa di San Cesareo de Arenula, situata nello stesso rione, vi fu la riduzione a una sola intitolazione[23]. Il diacono Cesareo è invocato anche contro gliannegamenti, alludendo alla modalità di esecuzione del suo martirio.
È interessante rilevare che la Porta di San Cesareo aOrte (edificata nel 1449) consentiva il collegamento tra il centro urbano e il ponte sul Tevere; in questa località esisteva anche una chiesa (già scomparsa nel Cinquecento) dedicata al diacono Cesareo di Terracina, santo invocato contro le inondazioni e gli annegamenti.
^Si veda ad esempio nellaCronica dell'Anonimo romano, Cap. XV,Dello grannissimo diluvio e piena de acqua, dove si narra di una piena di cinque giorni sotto il pontificato diClemente VI, che«Danniao lo territorio de Roma più de dociento migliara de fiorini. Anche ruppe le catene e·lli ignegni delli mulinari e menaone da cinque bone mole, le quale connusse allo mare. Allora fuoro le mole perdute, aitre moite deslocate recuperate a granne pena.»().
^Si veda, nella stessaCronica al cap. XVIII, sulla nascita di Cola di Rienzo:«Fu nato nello rione della Regola. Sio avitazio fu canto fiume, fra li mulinari, nella strada che vao alla Regola, dereto a Santo Tomao, sotto lo tempio delli Iudei»().
^In un'incisione diPiranesi ilPonte Cestio è indicato come "Ponte Ferrato", per le catene delle mole che vi erano ormeggiate: il "torretto" poteva anche essere una struttura esistente.
Cesare D'Onofrio:Il Tevere. Romana Soc. Ed., Roma 1980,
Umberto Mariotti Bianchi,I molini sul Tevere. Roma, Newton & Compton, 1996.
Armando Ravaglioli:Il Tevere fiume di Roma - Storia, curiosità, prospettive. Tascabili economici Newton, Roma 1998.
Denis Bocquet, "Storia urbana e storia della decisione: l'arginamento del Tevere a Roma (1870-1880)", inLa Città e il fiume (a cura di Carlo Travaglini, Roma, 2008)
Marco Scataglini:Il viaggio del Tevere, Guide Iter, maggio 2004
Maria Margarita Segarra Lagunes:Il Tevere e Roma. Storia di una simbiosi. Gangemi Editore, Roma 2004.
Joël Le Gall:Il Tevere, fiume di Roma nell'antichità. Edizioni Quasar, Roma 2005 (prima edizione in francese: Joël Le Gall:Le Tibre, fleuve de Rome dans l'antiquité. Presses universitaires de France, Paris 1953).
Il Tevere a Roma, portolano, a cura dell'Autorità Bacino del fiume Tevere e dal CITERA - Centro Interdisciplinare Territorio Edilizia Restauro Ambiente dell'Università "La Sapienza", in collaborazione con la Regione Lazio e il Comune di Roma, novembre 2006