| Terremoto di Messina del 1908 | |
|---|---|
illustrate su una vecchia cartolina. | |
| Data | 28 dicembre 1908 |
| Ora | 5:20:27[1] (GMT/UTC+1) |
| MagnitudoRichter | 7,1[1] |
| Magnitudomomento | 7,10[2] |
| Distretto sismico | Stretto di Messina |
| Epicentro | traArchi eOrtì inferiore 38°08′45.6″N 15°41′13.2″E38°08′45.6″N,15°41′13.2″E |
| Stati colpiti | |
| IntensitàMercalli | XI (catastrofica) |
| Maremoto | Sì |
| Vittime | 120.000 |
Posizione dell'epicentro | |
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Ilterremoto di Messina del 1908 (citato inletteratura scientifica cometerremoto della Calabria meridionale-Messina[3][4][5] e cometerremoto calabro-siculo[6][7]) è considerato uno deglieventi sismici più catastrofici delXX secolo. Il sisma, di magnitudo 7,1Mw, si verificò alle ore 5:20[2] del 28 dicembre1908 e danneggiò gravemente le città diMessina eReggio Calabria nell'arco di 37 secondi. Metà della popolazione della città siciliana e un terzo di quella della città calabrese persero la vita[8].
Si tratta della più grave catastrofe naturale inEuropa per numero di vittime, a memoria d'uomo, e del disastro naturale di maggiori dimensioni che abbia mai colpito il territorio italiano in tempi storici[9].
Alle 5:21 (ora italiana) del 28 dicembre 1908 isismografi registrarono il verificarsi di unterremoto di grandemagnitudo. Il sisma risultò inquadrabile settorialmente in una zona ubicata in Italia. Nessuna più precisa informazione al riguardo era tuttavia disponibile: rimanevano solo le tracce marcate dai pennini sui tabulati degli osservatori sismici, che gli studiosi cominciarono velocemente ad analizzare e interpretare. I telegrafi infatti cominciarono a ticchettare, mentre i tecnici rimasero in attesa di ottenere e scambiare notizie.
Ancora prima di ottenere una qualsivoglia comunicazione ufficiale, molte nazioni delmondo e l'Italia stessa furono informate attraverso la strumentazione scientifica. I sismografi misero in evidenza solo la grande intensità delle scosse senza consentire agli specialisti di individuare con certezza la specifica localizzazione. Si potevano solo immaginare i danni provocati da un sisma di quella intensità. Gli addetti all'Osservatorio Ximeniano diFirenze annotarono:
Secondo l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, il terremoto è stato causato da una grandefaglia normale cieca a basso angolo di immersione a SE, situata principalmente al largo dello Stretto di Messina, tra le placche.[10] La sua proiezione superiore interseca la superficie terrestre sul lato occidentale, siciliano, dello Stretto.[11] Nel 2019 ricercatori dellaBirkbeck, Università di Londra hanno scoperto la faglia attiva responsabile del terremoto identificandola nella faglia Messina-Taormina precedentemente mappata ma poco studiata, che si trova al largo della costa siciliana e corre lungo lo Stretto di Messina. La squadra ha utilizzato i dati del 1907-1908 per esaminare il modello di sollevamenti e cedimenti osservati nell'area di Messina e Calabria che presentava una forte somiglianza con quelli risultanti da altri potenti terremoti innescati da faglie normali. Dopo aver confrontato la direzione e le dimensioni dei movimenti su faglie note con i movimenti superficiali osservati a Messina e in Calabria, i ricercatori sono stati in grado di identificare la probabile faglia attiva che ha causato il catastrofico terremoto, nonché la direzione e le dimensioni dei movimenti.
L'Italia si trova lungo la zona di confine dellaplacca continentale africana, e questa placca spinge contro il fondo del mare sotto l'Europa a una velocità di circa 25 millimetri all'anno. Ciò provoca uno spostamento verticale, che a sua volta può causare terremoti.[12] Il terremoto è stato registrato da 110 stazioni sismografiche in tutto il mondo, ed è stato uno dei primi ad essere registrato da strumenti.[13]
Lo Stretto di Messina fa parte del tratto tettonico regionale noto come Arco Calabrese, un'area di sollevamento differenziale derivante dalla dinamica delle unità tettoniche ionica e tirrenica meridionale, due dei blocchi litosferici di microplacca riconosciuti nella porzione italiana altamente frammentata di contatto Africa-Eurasia.[14] Alcuni dei terremoti più forti avvenuti negli ultimi secoli si sono verificati nell'arco calabrese, come i terremoti calabresi del 1783 e del 1905 e il più catastrofico terremoto di Messina del 1908.[14]
Le registrazioni indicano che una notevole attività sismica si è verificata nelle aree intorno allo Stretto di Messina diversi mesi prima del 28 dicembre; è aumentata di intensità a partire dal 1º novembre. Il 10 dicembre un terremoto dimagnitudo 4 ha danneggiato alcuni edifici aNovara di Sicilia eMontalbano Elicona, entrambi in provincia di Messina.[13]
Un totale di 293 repliche ebbero luogo tra il 28 dicembre 1908 e l'11 marzo 1909.[15]
Nel 2008 è stato proposto che ilmaremoto concomitante non sia stato generato dal terremoto, ma piuttosto da una grande frana sottomarina che lo ha innescato. La probabile fonte del maremoto è stata al largo diGiardini Naxos (40 km a sud di Messina) sulla costa siciliana dove è stato rilevato un grande corpo di frana sottomarino con una scarpata di testata su unacarta batimetrica delfondale ionico.[16]
In uno studio del luglio 2021, pubblicato da ricercatori italiani dell'Università di Catania e tedeschi dell'Università di Kiel ed altri, si è ribadito quali sono i 5 punti chiave riguardanti le cause del terremoto del 1908 a Messina:[10]
Il terremoto colpì, con diverse intensità, laCalabria e laSicilia: l'epicentro fu registrato nel comune diReggio Calabria (traArchi eOrtì inferiore), con unabox sismogenetica (con il termine di "box sismogenetica" si è inteso definire un'area sostanzialmente omogenea dal punto di vista cinematico e sismotettonico, che rappresentasse la proiezione in superficie di una "master fault sismogenetica") attestantesi su tutta la costa reggina daMelito di Porto Salvo aGioia Tauro[17] e nella frazione messinese diTorre Faro, all'interno della quale l'intensità MCS fu pari o superiore a 10.[1][2][4]
Furono contati 772MDPs: 11 diintensità MCS pari a 11 (Faro Superiore, Ferrito, Melia,Mosorrofa, Nasiti, Nocilla, Perlupo,Piale, Prumo, Riparo Vecchio e Trizzino);35 diintensità MCS tra 10-11;36 diintensità MCS pari a 10;10 diintensità MCS tra 9-10;24 diintensità MCS pari a 9;34 diintensità MCS tra 8-9;135 diintensità MCS pari a 8;62 diintensità MCS tra 7-8; ecc.[1][2][4]
I territori delle attuali province diReggio Calabria, diVibo Valentia, la parte est dellaprovincia di Messina e l'estrema parte nord dellaprovincia di Catania furono interessati da scosse diintensità MCS pari o superiore a 8.
Conintensità MCS superiori a 6 il terremoto fu registrato nel resto dellaCalabria e nellaSicilia orientale.
Conintensità MCS superiori a 4 il terremoto fu registrato anche nellaSicilia centrale, nelle zone sud diBasilicata,Campania ePuglia e anche aLa Valletta.
Conintensità MCS inferiori a 4 il terremoto fu registrato anche nellaSicilia occidentale (Marsala,Trapani), inCampania (Napoli), inBasilicata (Potenza,Matera), inPuglia (Taranto,Lecce) e fino inMolise (Campobasso,Termoli).[1][2][4]
L'area dell'epicentro è una zona a elevata sismicità; risulta infatti colpita da almeno 8 eventi sismici di magnitudo pari o superiore a 6 in epoca storica[5]. La particolare criticità dell'area è determinata dal fatto che è sede di numerosi centri abitati tra cui due di grandi dimensioni:

Lunedì 28 dicembre1908 un terremoto di 7,25Mw[2] (XIMercalli) si abbatté violentemente sullo Stretto, colpendo Messina eReggio nella primissima mattinata (5:20 ora locale circa). Uno dei più potenti sismi della storia italiana aveva quindi colto la regione nel sonno, interrotto tutte le vie di comunicazione (strade, ferrovie perPalermo eSiracusa, tranvie perGiampilieri eBarcellona,telegrafo,telefono), danneggiato i cavi elettrici e le tubazioni del gas, e sospeso così l'illuminazione stradale fino aVilla San Giovanni e aPalmi. Con lo strascico di unmaremoto, l'evento devastò particolarmente Messina, causando il crollo del 90% degli edifici.
Una tesi sostiene che in realtà il maremoto successivo al terremoto sia stato causato da una frana sottomarina e non direttamente dal sisma[18], frana da posizionarsi, sempre secondo gli stessi studi, tra lo specchio d'acqua di fronte aGiardini Naxos e quello prospiciente il quartiere "Pozzo Lazzaro" diSanta Teresa di Riva.
La relazione alSenato del Regno – datata1909 – sul terremoto di Messina e Reggio così recita: «Un attimo della potenza degli elementi ha flagellato due nobilissime province – nobilissime e care – abbattendo molti secoli di opere e di civiltà. Non è soltanto una sventura della gente italiana; è una sventura dell'umanità, sicché il grido pietoso scoppiava al di qua e al di là delle Alpi e dei mari, fondendo e confondendo, in una gara di sacrificio e di fratellanza, ogni persona, ogni classe, ogni nazionalità. È la pietà dei vivi che tenta la rivincita dell'umanità sulle violenze della terra. Forse non è ancor completo, nei nostri intelletti, il terribile quadro, né preciso il concetto della grande sventura, né ancor siamo in grado di misurare le proporzioni dell'abisso, dal cui fondo spaventoso vogliamo risorgere. Sappiamo che il danno è immenso, e che grandi e immediate provvidenze sono necessarie».

I siciliani e i calabresi vennero immediatamente soccorsi, martedì 29, da navi russe e britanniche che erano alla fonda a Siracusa e ad Augusta, mentre gli aiuti italiani arrivarono poco dopo, nella mattinata del 29 dicembre. Il ritardo fu causato dal fatto che i piroscafi partirono daNapoli, e in tarda serata, subito dopo che le reali notizie sulla catastrofe arrivarono al Governo.
Il futuro premio Nobel per la letteraturaSalvatore Quasimodo (che all'epoca aveva 7 anni) si trasferì a Messina tre giorni dopo il terremoto, perché il padre capostazione fu chiamato a dirigere il traffico ferroviario lì. Per mesi visse su due vagoni merci, e successivamente rievocò l'esperienza nella poesiaAl Padre:
(Salvatore Quasimodo,Al Padre)
Tra le prime squadre di soccorso che giunsero aReggio vi fu quella proveniente daCosenza, guidata dall'esponente socialistaPietro Mancini (padre diGiacomo) che dichiarò:
E ancora i giornali scrissero:

AMessina, maggiormente sinistrata, rimasero sotto le macerie ricchi e poveri, autorità civili e militari: morirono il questore Paolo Caruso, ilprosindaco Arenaprimo, il generale Cotta e il procuratore generale dott. Crescenzo Grillo, l'ex rettore dell'UniversitàGiacomo Macrì, tredeputati (gli onorevoliGiuseppe Arigò,Nicolò Fulci (già ministro) eGiuseppe Orioles); perirono altresì più della metà dei componenti delconsiglio comunale.
Quasi completamente annientata la presenza delle forze dell'ordine, assieme al questore Caruso morirono il vicequestore e più di tre quarti degliagenti di polizia; dalla caserma dellaGuardia di Finanza, su 200 finanzieri, ne uscirono vivi solo 41. Nellastazione ferroviaria, di 280 tra gli impiegati alle officine e il personale viaggiante solo in otto risposero all'appello. Dal totale crollo delcinquecentescoOspedale Civico, su circa 200 tra pazienti, medici e infermieri, vi furono solo 11 superstiti.
Gaetano Salvemini, dal 1901 professore di storia contemporanea presso l'Ateneo messinese, perse la moglie, i cinque figli e la sorella, rimanendo l'unico sopravvissuto di tutta la sua famiglia. Il prefetto Adriano Trinchieri (1850-1936) venne ritrovato miracolosamente illeso tra le macerie del palazzo della prefettura, illesi rimasero anche l'arcivescovoLetterio D'Arrigo Ramondini e il fratello, Gaetano D'Arrigo Ramondini,sindaco di Messina, poiché avevano trascorso la notte aItala (loro paese d'origine) distante circa 20 km dall'epicentro, tuttavia, a causa della rovina delle vie di comunicazione non riuscirono a rientrare in città tempestivamente.
Nella nuvola di polvere che oscurò il cielo, sotto una pioggia torrenziale e al buio, i sopravvissuti inebetiti dalla sventura e semivestiti non riuscirono a rendersi conto immediatamente dell'accaduto. Alcuni si diressero verso ilmare, altri rimasero nei pressi delle loro abitazioni nel tentativo di portare soccorso a familiari e amici. Qui furono colti dalle esplosioni e dagliincendi causati dal gas che si sprigionò dalle tubazioni interrotte. Tra voragini e montagne di macerie gli incendi si estesero, andarono in fiamme case, edifici e palazzi ubicati nella zona di via Cavour, via Cardines, via della Riviera, corso dei Mille, via Monastero Sant'Agostino.
Ai danni provocati dalle scosse sismiche e a quello degli incendi si aggiunsero quelli cagionati dalmaremoto, di impressionante violenza, che si riversò sulle zone costiere di tutto loStretto di Messina con ondate devastanti stimate, a seconda delle località della costa orientale della Sicilia, da 6 m a 12 m di altezza (13 metri aPellaro, frazione diReggio). Il maremoto provocò molte vittime, fra i sopravvissuti che si erano ammassati sulla riva del mare, alla ricerca di un'ingannevole protezione.[19].
Improvvisamente le acque si ritirarono e dopo pochi minuti almeno tre grandiondate aggiunsero altra distruzione e morte. Onde gigantesche raggiunsero il litorale spazzando e schiantando quanto esistente. Nel suo ritirarsi la marea risucchiò barche, cadaveri e feriti. Molte persone, uscite incolumi da crolli e incendi, affogarono trascinate al largo. Alcune navi alla fonda furono danneggiate, altre riuscirono a mantenere gli ormeggi entrando in collisione l'una con l'altra, ma subendo danni limitati. Il villaggio del Faro a pochi chilometri da Messina andò quasi integralmente distrutto. La furia delle onde spazzò via le case situate nelle vicinanze della spiaggia anche in altre zone. Le località più duramente colpite furonoPellaro,Lazzaro eGallico sulle coste calabresi;Briga e Paradiso,Sant'Alessio e fino aRiposto su quelle siciliane.
AReggio andarono distrutti diversi edifici pubblici. Caserme e ospedali subirono gravi danni: 600 le vittime del22º fanteria dislocate nella casermaMezzacapo; all'Ospedale Civile su 230 malati ricoverati se ne salvarono solo 29.
AGioia Tauro la scossa fu violenta, e i dati sulle morti e i feriti non sono mai stati chiari. Andarono distrutti tanti edifici, come l'allora duomodi Sant'Antonio da Padova. Ma il fatto maggiore correlato a questa vicenda, è stato quello dell'omicidio delcaporaleAntonio Barone[20]. Gioia, al tempo con loscalo ferroviario cittadino era un importante centro di beni di prima necessità per tutta laPiana omonima[21]. I cittadini dell'epoca, stanchi della scarsità di risorse, organizzarono untumulto durante il quale perse la vita, eroicamente, il caporale Antonio Barone[22].
APalmi la scossa fu altrettanto rovinosa, causando circa 700 morti e un migliaio di feriti. Il centro abitato era composto da 2221 case (molte delle quali con pessimi sistemi di costruzione) delle quali 445 crollarono, 1189 restarono gravemente danneggiate e in 387 si ebbero danni lievi.[23] Andarono distrutte inoltre lachiesa di San Rocco, ilDuomo e diversiedifici pubblici[24]
APolistena il tragico evento fece registrare 6 morti, 30 feriti, e moltissimi edifici danneggiati e anche completamente distrutti; su 2.257 case che componevano la località 52 crollarono, 53 risultarono gravemente lesionate e in 204 si registrarono lievi danni.[25] Tra le chiese, i danni maggiori si ebbero alla Chiesa della Trinità con il crollo del tetto, alla Chiesa dell'Immacolata con il crollo parziale della facciata, e al Duomo di Santa Marina Vergine che, a causa degli ingenti danni subiti nell'intero edificio, fu sul punto di venire abbattuto per poi invece essere sottoposto a un radicale restauro molti anni dopo.[26] Anche nei pressi diCatanzaro, in particolare aTiriolo, si ebbero molti danni ma pochi decessi, data la modesta dimensione delle abitazioni.[27]
InSicilia si ebbero crolli anche aMaletto,Belpasso,Mineo,San Giovanni diGiarre,Riposto eNoto. ACasalvecchio Siculo cadde parte dellaseicentesca Chiesa Matrice e si ebbero crolli nel paese; aSavoca crollò parte del tetto dellachiesa matrice e andò in totale rovina iltrecentesco palazzo municipale (chiamato altresìCuria). ASanta Teresa di Riva rovinò il campanile dellachiesa del Carmine. AdAlì Terme, il crollo di parte del collegio delle suore provocò la morte di una educanda. ACaltagirone crollò per metà il quartiere militare.
Nel comprensorio jonico siciliano, si tramandano ancor oggi alcuni aneddoti storici legati al terremoto, molti di essi tramandati quasi esclusivamente per via orale endo-familiare. Proprio aSant'Alessio Siculo si narra di una barca trasportata dalla drammatica ondata dalla spiaggia fino all'entroterra diGiampilieri; nell'abitato diLocadi, oggi minuscola frazione diPagliara, il vecchio borgo fu interamente interessato da crolli e lesioni, tanto che di colpo l'intera popolazione riparò nella spianata soprastante (oggi zona Polifunzionale), per poi riedificareex novo il borgo più a ovest. ASanta Teresa di Riva la toccante testimonianza dei primi a svegliarsi e a correre in spiaggia subito dopo il maremoto, letteralmente montagne dicicirelli sulla battigia (pesciolino commestibile siluriforme, di circa 10 cm) impedivano la vista dell'antistante costa calabra. Nei mesi successivi, sempre a Santa Teresa di Riva, alcune batterie di baracche furono allestite dove oggi sorge il quartiere di Torrevarata.
Drammatico fu il problema del mantenimento dell'ordine pubblico già subito dopo la scossa; ad esempio una banda di detenuti riuscì ad evadere dallecarceri giudiziarie e prese di mira le rovine dellaBanca d'Italia e delPalazzo dei Tribunali allo scopo di depredare ilcaveau della prima e di bruciare l'archivio del secondo.
Messina, che all'epoca contava circa 140.000 abitanti, ne perse circa 80.000 e Reggio Calabria registrò circa 15.000 morti su una popolazione di 45.000 abitanti. Secondo altre stime si raggiunse la cifra di 120.000 vittime, 80.000 in Sicilia e 40.000 in Calabria. Altissimo fu il numero dei feriti e catastrofici furono i danni materiali. Le scosse di assestamento si ripeterono con frequenza nelle giornate successive e fin quasi alla fine del mese di marzo 1909.

Molte delle monumentali costruzioni dei centri urbani subirono danni che, pur se non irreparabili, comportarono la loro demolizione per l'attuazione dei piani regolatori redatti dagli ingegneri Borzì e De Nava. Essi previdero la realizzazione di città quasi totalmente nuove, con palazzi di modesta altezza (non più di due o tre piani, anche per quelli pubblici) e lunghe strade larghe e diritte con una pianta ortogonale. Ilpiano regolatore dell'ingegnereLuigi Borzì prevedeva, per la città di Messina, un acquedotto della portata di quindicimila metri cubi d'acqua al giorno. La città veniva inoltre delimitata a ovest dalle pendici deiPeloritani, a sud dal torrente Gazzi e dalla Zona industriale, e a nord dal torrente Annunziata.
Numerose furono le costruzioni vittima dei danni del terremoto e delle successive demolizioni:
Le due città persero gran parte della propria memoria storica. Alcuni edifici vennero letteralmente polverizzati, mentre la popolazione che vi abitava, colta dal sisma nelle ore notturne, non ebbe il tempo di mettersi in salvo.
Nel porto di Reggio la linea ferrata costiera venne divelta e molti vagoni furono ripescati in mare.

A Messina, sede della 1ª squadrigliatorpediniere dellaRegia Marina, si trovarono ancorate nel porto le torpediniere "Saffo", "Serpente", "Scorpione", "Spica" e l'incrociatore "Piemonte"; a bordo di quest'ultimo un equipaggio di 263 uomini tra ufficiali, sottufficiali e marinai. Alle otto del mattino della stessa giornata del 28, la "Saffo", riuscì ad aprirsi un varco fra i rottami del porto. I suoi uomini e quelli della Regia Nave "Piemonte" sbarcarono dando così inizio alle opere di soccorso. Furono accolti immediatamente oltre 400 tra feriti e profughi, che furono successivamente trasportati via mare aMilazzo. Non fu possibile ritrovare vivo il comandante della "Piemonte", Francesco Passino, sceso a terra nella serata precedente per raggiungere la famiglia e deceduto unitamente alla stessa a causa dei crolli.
A bordo dell'incrociatore, raggiunto da alcuni ufficiali dell'esercito sopravvissuti al disastro e in accordo con le autorità civili, furono assunti i primi provvedimenti per raccogliere e inquadrare il personale disponibile, informare dell'accaduto ilGoverno e chiedere rinforzi.
Allo scopo l'incarico fu attribuito al tenente di vascello A. Belleni che con la sua torpediniera, la "Spica" e altre unità lasciò il porto di Messina, nonostante le cattive condizioni del mare. DaMarina di Nicotera nel primo pomeriggio riuscì a trasmettere un dispaccio telegrafico. Il messaggio arrivò a Roma dopo tre-quattro ore, non si sa perché (forse le linee telegrafiche erano parzialmente danneggiate, nel tratto a nord di Nicotera). Dello stesso fu poi data comunicazione anche alministro delle Marina:



IlPresidente del ConsiglioGiovanni Giolitti venne raggiunto dai primi dispacci nella tarda mattinata del 28 dicembre, ma, sottovalutate le proporzioni della catastrofe, le liquidò come "l'ennesima fastidiosa lamentela meridionale per il crollo di qualche comignolo!"[28][29].A Roma i quotidiani del pomeriggio riportavano ancora la notizia vaga di "alcuni morti in Calabria per un terremoto". La prima notizia ufficiale delle vere dimensioni del disastro giunse quindi con il telegramma trasmesso da Marina di Nicotera dal comandante della torpediniera "Spica". Altre ne seguirono da diverse località e strutture dando un'idea approssimativa della catastrofe. Solo nel corso della serata venne, finalmente, convocato il consiglio dei ministri e si cominciò ad esaminare la situazione emanando le prime direttive.
Il Comando di Stato Maggiore dell'esercito mobilitò gran parte delleunità presenti sul territorio nazionale. Il Ministro della Marina ordinò alla divisione navale in navigazione nelle acque dellaSardegna, composta dallecorazzateRegina Margherita,Regina Elena,Vittorio Emanuele e dalla corazzataNapoli di cambiare rotta e dirigersi verso la zona disastrata. Il ministro dei Lavori PubbliciPietro Bertolini partì subito perNapoli da dove, imbarcatosi sull'incrociatoreCoatit, raggiunse Messina. Anche ilRe e laRegina partirono il 29 per Napoli; saliti poi sulVittorio Emanuele, in sosta per caricare a bordo anche materiale sanitario e generi di conforto, raggiunsero la Sicilia nelle prime ore del giorno 30.

Già all'alba del 29 la rada di Messina si era affollata. Una squadra navalerussa era alla fonda adAugusta, con le naviMakarov,Giljak,Koreec,Bogatyr', "Slava" e "Cesarevič". Il sindaco di Augusta Antonio Omodei raggiunse la nave ammiraglia e convinse l'ammiraglio Livitnov a portare immediato aiuto alle popolazioni terremotate senza aspettare il via libera da San Pietroburgo. Si caricarono in tutta fretta viveri, coperte, medicinali, badili, picconi raccolti e messi a disposizione dal Comune di Augusta e le navi russe si diressero a tutta forza a Messina, dove furono la prima forza organizzata ad intervenire.
Subito dopo fecero la loro comparsa le navi da guerrabritannicheSutlej,Minerva,Lancaster,Exmouth,Duncan,Euryalus. Il comandante russo ammiraglioPonomarëv fece approntare i primi soccorsi, prestando anche opera di ordine pubblico contro gli sciacalli che vennero spessofucilati dopo processi sommari, resi difficili anche a causa delle incomprensioni linguistiche[30]. Per il suo grande impegno, nel2006, alla marina zarista è stata dedicata una via da parte del comune di Messina.[31]
Le navi italiane giunte il giorno 30 si ancorarono in terza fila. Nonostante la sorpresa nessuno reagì più di tanto anche se, qualche tempo dopo, la stampa intervenne polemicamente.
Messe in mare le lance anche gli equipaggi italiani furono sbarcati e impiegati secondo le esigenze del caso. Il Re e la Regina arrivarono all'alba del 30. Con una lancia a motore, accompagnati dai ministri Bertolini eOrlando, percorsero la costa per poi fare ritorno a bordo della loro nave. La Regina rimasta sulla corazzata contribuì con grande impegno alla cura degli infermi, mentre il Re raggiunse la terraferma per portare alle truppe italiane e straniere, impegnate nelle difficili operazioni di prima assistenza, le proprie espressioni di elogio e riconoscenza.
Le navi da guerra, trasformate ormai in ospedali e trasporti, caricati i feriti fecero poi la spola con Napoli e altre città costiere, occupandosi anche di trasferire le truppe già concentrate nei porti e in attesa di destinazione. Cominciò l'afflusso di uomini tra cui iCarabinieri delle legioni diPalermo e diBari e molteplici reparti dell'esercito. A chi arrivò di notte la città di Messina apparve illuminata dagli incendi che continuarono per parecchi giorni.
La Regia NaveNapoli da Messina si trasferì a Reggio. Il suo comandanteUmberto Cagni, assunto provvisoriamente il comando della "piazza" e delle operazioni di soccorso, sbarcò i marinai della nave per organizzare l'assistenza e impiantare un primo ospedale da campo destinato alla medicazione dei feriti leggeri. Quelli più gravi furono trasportati a bordo. Cagni divise poi la città in varie zone assegnandole agli uomini delNapoli e alle truppe dell'esercito già disponibili in loco tra cui i superstiti del 22º fanteria e alcuni distaccamenti del2º bersaglieri sopraggiunti nel frattempo. I marinai assieme ad alcuni nuclei di carabinieri organizzarono pattuglie di ronda con lo scopo di provvedere alle esigenze di pubblica sicurezza.
Le prime edizioni dei giornali riportarono dati sintetici e quelle successive diedero notizie più certe e particolareggiate. IlCorriere della Sera, il giorno 30, uscì con il titolo: "ORA DI STRAZIO E DI MORTE. Due città d'Italia distrutte. I nostri fratelli uccisi a decine di migliaia a Reggio e Messina". L'Italia seppe così che a Reggio e a Messina, interi quartieri erano crollati, che sotto le macerie di case, ospedali e caserme erano scomparsi interi nuclei familiari, malati, funzionari, guardie e soldati. Venne inoltre a conoscenza della meravigliosa gara di solidarietà internazionale apertasi tra navi straniere e italiane per portare aiuto ai superstiti e trasportare sui luoghi colpiti dal sisma i materiali e gli uomini necessari.
Il mondo intero si commosse: capi di Stato, di governo epapa Pio X espressero il loro cordoglio e inviarono notevoli aiuti anche finanziari. Unità da guerrafrancesi,tedesche,spagnole (incrociatorePrincesa de Asturias)[32],greche e di altre nazionalità lasciarono i loro ormeggi e, raggiunte le due sponde dello stretto, misero a disposizione i propri equipaggi per provvedere a quanto necessario. LaTherapia dellaNorddeutscher Lloyd fu tra le prime navi civili straniere a prestare soccorso ai messinesi;[33] quando le scorte si esaurirono fu sostituita dal vaporettoBremen.
In tutta Italia, oltre agli interventi organizzati dallaCroce Rossa e dall'Ordine dei Cavalieri di Malta, si formarono comitati di soccorso per la raccolta di denaro, viveri e indumenti. Da molteprovince, partirono squadre di volontari composte da medici, ingegneri, tecnici, operai, sacerdoti e insegnanti per portare, nonostante le difficoltà di trasferimento esistenti, il loro fattivo sostegno alle zone terremotate. Anche leFerrovie dello Stato inviarono proprio personale: tra questi Gaetano Quasimodo, che raggiunse Messina con al seguito la famiglia e in particolare il figlioletto di soli 7 anniSalvatore, futuroPremio Nobel per la letteratura.
La Regia Marina e il Regio Esercito italiani vennero duramente criticati, sia per i loro ritardi rispetto ad alcune marine straniere, sia perché si macchiarono di innumerevoli abusi e crimini ai danni della popolazione terremotata, come la crudele fucilazione di un quindicenne intento a cercare tra le macerie i propri genitori, riferita nei dettagli dal senatoreGiovanni Alfredo Cesareo, seguita da decine di altre esecuzioni sommarie di cittadini messinesi, scambiati per sciacalli, ma che in realtà erano intenti a frugare tra le macerie delle proprie abitazioni al fine di riuscire a racimolare qualcosa per nutrirsi o ripararsi dalle intemperie. A tal proposito, nacque spontanea la domanda del giornalista torineseOddino Morgari che si domandò come mai "si fucilavano coloro che rubavano ai morti, sempre che non stessero cercando i propri cari sotto le macerie, quando invece non si fucilò chi rubava ai vivi" facendo riferimento all'incredibile serie di furti commessi dai militari italiani[34]. Infine, testimoni oculari videro alcuni marinai italianirubare oggetti egioielli rinvenuti tra le macerie[35].
ReVittorio Emanuele III sbarcò aMessina la mattina del 30 dicembre 1908, accompagnato dalla ReginaElena e dai ministriVittorio Emanuele Orlando,Carlo Mirabello ePietro Bertolini. Sulla banchina del porto (dinnanzi alle rovine dellaPalazzata), erano attesi dal Prefetto Adriano Trinchieri e dalSindaco di Messina Gaetano D'Arrigo Ramondini. Il sindaco, per nulla intimorito, si rivolse al sovrano dicendo che l'aiuto era giunto ai messinesi dai russi, e non dagli italiani. D'Arrigo venne immediatamente destituito per l'irriverente polemica. Venne proclamato lostato d'assedio e furono conferiti i pieni poteri al generaleFrancesco Mazza, la cui cattiva gestione dell'emergenza fu oggetto di critiche assai accese[36].
Il re ritenne opportuno indirizzare il 5 gennaio1909 un proprio ordine del giorno di elogio al personale italiano e straniero, sempre impegnato con grave sacrificio nell'adempimento dei compiti assegnati:
Al recente ricordo del miserando spettacolo, che mi ha profondamente commosso, erompe dall'animo mio e vi perdura vivissimo il sentimento di ammirazione che rivolgo all'esercito ed all'armata.Il mio pensiero riconoscente corre pure spontaneamente agli ammiragli, agli ufficiali ed agli equipaggi delle navi russe, inglesi, germaniche e francesi che, mirabile esempio di solidarietà umana, recarono tanto generoso contributo di mente e di opera.»
L'8 gennaio 1909 si riunì laCamera dei deputati per esaminare alcuni provvedimenti urgenti di natura giuridica e finanziaria a favore delle località danneggiate. Accolte le proposte di nuove imposte e di stanziamenti importanti per la ricostruzione, il 12 gennaio ilSenato approvò a sua volta all'unanimità il progetto di legge a favore di Messina e di Reggio. Associandosi alle parole del Re emanò un proprio ordine del giorno:
Alcune testategiornalistiche, criticando i provvedimenti finanziari adottati e in particolare l'inasprimento delletasse, accusarono il governo di aver speso molto e destinato male i fondi raccolti in occasione dei terremoti degli anni precedenti senza peraltro portare benefici alle popolazioni danneggiate.
Altri giornali, tra cuiIl Tempo, attribuirono ai Comandi militari gravi colpe: la parziale incapacità nella gestione degli interventi di soccorso, confusioneburocratica e ritardi nella distribuzione locale delle risorse, inefficienza e ritardi anche nelle azioni di recupero e riconoscimento delle salme. Ulteriori attacchi furono portati contro la Marina italiana, giudicata meno sollecita e pronta rispetto alla capacità e alla funzionalità dimostrata dalle squadre navali straniere. IlGiornale di Sicilia lamentò manchevolezze nella distribuzione di viveri e di generi di conforto, nonché difficoltà procedurali nell'erogazione degli aiuti.
Il presidente del ConsiglioGiolitti, pur non negando eventuali e possibili disfunzioni nella catena di comando e nell'organizzazione dei soccorsi, difese le strutture e portò come scusante l'immensità del sinistro, peraltro imprevedibile anche nei suoi effetti collaterali. Il ministro della MarinaCarlo Mirabello dichiarò calunnioso e strumentale ogni paragone con l'azione ampiamente meritoria di ufficiali e marinai del naviglio straniero.
Nel contempo al ministro della guerra,Casana, fu richiesto di recarsi a Reggio, a Messina, a Palmi e nelcircondario per verificare di persona le accuse mosse dalla stampa contro l'operato dell'esercito. Al suo rientro il 16 gennaio 1909, al fine di cancellare il discredito portato alle risorse umane ancora duramente impegnate nell'emergenza, aggiunse il suo elogio a quello espresso dal Re e dal Parlamento:
A quanti, superstiti al disastro, hanno concorso fino dal primo momento e con sereno eroismo alla grave e pietosa opera di soccorso, dimostrando all'evidenza che le più terribili prove non abbattono l'animo del soldato italiano, non ne diminuiscono l'energia e non gli tolgono la fede nell'avvenire, giunga il tributo della mia viva ammirazione.
Ad essi e a coloro che, inviati qui da ogni parte d'Italia, hanno fatto a gara, col più generoso entusiasmo, per rispondere all'appello della patria, siano di giusto premio la lode di S.M. il Re ed il plauso della Nazione, di cui fu autorevole interprete il Parlamento. Un esercito nel quale sono così profondamente radicati il sentimento della fratellanza nazionale ed una illimitata abnegazione nell'adempimento del dovere, dà giusta ragione di una piena fiducia nei destini avvenire d'Italia.»
Successivamente furono forniti dati e statistiche sulle persone ritrovate vive sotto le macerie per un totale di circa 17.000 persone di cui: 13.000 circa salvate dai militari italiani, 1.300 dai russi, 1.100 dagli inglesi e 900 dai tedeschi. Con riguardo alle operazioni di trasporto della Marina militare le informazioni trasmesse diedero per certo, alla data del 2 gennaio 1909, il trasferimento nei vari ospedali di circa 10.300 feriti, mentre altri 1.200 furono movimentati dalla marina inglese e circa 1.000 da quella russa. Furono rese note le perdite subite dal personale dell'esercito, della Marina e di altrearmi, alcune delle quali avvenute nel corso delle operazioni di soccorso: complessivamente circa 1.000 uomini di cui un centinaio della Marina.
Ampio risalto fu dato all'impegno profuso dal Re, dalla famiglia reale, e in particolare a quello assistenziale reso nell'occasione dalla regina Elena. Le cronache scandalistiche e le accuse in esse riportate si ridussero in poco tempo a poche righe marginali, per poi esaurirsi del tutto in mancanza di elementi su cui fondare la critica. Nello stesso periodo di tempo ilDanzer's Armée Zeitung, giornaleviennese vicino agli orientamenti dei vertici militari imperiali, in un articolo sostenne che l'Austria-Ungheria avrebbe dovuto trarre occasione dalla difficile situazione, causata dal terremoto di Reggio e Messina, per scatenare unaguerra preventiva contro l'Italia[37]. L'incidente si risolse diplomaticamente in breve tempo, ma tutto fu solo rimandato di sette anni allaprima guerra mondiale.
Assicurate attraverso i dispositivi dilegge le risorsefinanziarie e giunti importanti aiuti da varie parti del mondo, furono analizzate le ipotesi di intervento per una riedificazione. A un primo suggerimento di demolire completamente quanto rimasto di Messina e costruirla in altra zona gli abitanti si ribellarono. Abbandonato il progetto fu iniziato lo sgombero delle macerie, la demolizione degli edifici inagibili, il ripristino deiservizi essenziali e delle case ancora in parte o in tutto abitabili. Istituite apposite commissioni, fu rivisto il piano di urbanizzazione, identificando criteri più idonei per le nuove edificazioni e richiedendo tra l'altro l'adozione di metodologie costruttive antisismiche.
Per fare fronte ai più immediati fabbisogni della popolazione si diede avvio alla costruzione di baracche di legno che sostituirono o si aggiunsero alle tendopoli. Sorsero quindi quartieri provvisori denominatistatunitense,lombardo,svizzero, tedesco, ecc. in segno di riconoscenza verso i paesi che con i loro aiuti ne agevolarono la realizzazione; unquartiere fu intestato anche alla regina Elena. I lavori non procedettero speditamente, dando origine a nuove polemiche contro il Governo e a nuovi corsivi dei giornali, tra cui anche quelli pubblicati dalla "Domenica del Corriere" che uscì nel febbraio 1909, lamentando lentezze burocratiche e illustrando come sempre la sua edizione con una delle prestigiose tavole diAchille Beltrame.
Come in altre occasioni nel maggio 1909 il Governo decise di ricompensare con specifica attestazione civili, militari, enti e organizzazioni umanitarie impegnate nelle operazioni di soccorso, testimoniando così le particolari benemerenze acquisite dalle stesse nell'opera assistenziale svolta a favore dei terremotati. All'amm. Livitnov ed ai marinai russi vennero concesse particolari attestazioni per essere intervenuti tempestivamente e salvato centinaia di vite, così come al Sindaco di Augusta, avv. Antonio Omodei al quale venne concessa la menzione di Onorevole.
Vittorio Emanuele III emanò in data 6 maggio 1909, con il numero 338, unregio decreto con il quale furono fissate le modalità di concessione di una specialemedaglia di benemerenza, in due formati diversi e in tre gradi, da attribuire a enti, nel formato grande, e alle persone nel formato piccolo, in quanto segnalate e riconosciute meritevoli della concessione da una speciale commissione all'uopo nominata. L'art. 3 del regio decreto fu poi varato con quello del decreto del 21 ottobre 1909 n. 719, che modificò i colori del nastro di sospensione precedentemente stabiliti nella nuova tonalità verde orlata di bianco.
Venne poi approvata la legge 21 luglio 1910, n. 579, che convertì in legge i regi decreti relativi al terremoto del 28 dicembre 1908, pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 196 del 23 agosto 1910.
Uno dei primi scandali esplosi sulla gestione dei fondi donati dalla solidarietà nazionale e internazionale, fu quello che interessò l'operato dell'alloraSindaco di RomaErnesto Nathan, accusato di aver elargito i soldi, a lui pervenuti da tutto il mondo per gli sfollati e i superstiti siciliani e calabresi, ai suoi amici e alle sue clientele elettorali sotto la copertura e la protezione dello stessoGiovanni Giolitti[38].La ricostruzione fu anche criticata a causa della sua lentezza, della mancataantisismicità delle case costruite dopo il terremoto e per il fatto che alcuni eredi dei sopravvissuti abbiano vissuto per decenni nellebaracche[39][40][41].
Elenco parziale delle pregevoli architetture distrutte dal terremoto del 1908 e non più ricostruite.
url (aiuto).url (aiuto).url (aiuto).Per una bibliografia più completa vedi:la bibliografia.URL consultato il 20 maggio 2018(archiviato dall'url originale il 26 marzo 2015). suCFTI4MED oil catalogo OCLC. suWorldCat
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