Il territorio di Terralba si trova nelCampidano settentrionale, una vasta pianura di origine acquitrinosa confinante ad est con ilMonte Arci e laMarmilla. La sua popolazione conta oltre 10 000 abitanti tra il centro abitato principale e le sue due frazioni,Tanca Marchese, a4,5 km eMarceddì, a13 km. Parte dei suoi34,87 km² di superficie rientrano nelle aree della Piana di Terralba bonificate a partire dal 1918. E situato a nord delRio Mogoro, uno dei pochi torrenti della zona.
La casa comunale si trova a 9 metri sul livello del mare. I livelli di altitudine più alto e più basso sono rispettivamente di30 m s.l.m. e0 m s.l.m per un'escursione altimetrica complessiva di 30 metri. Secondo la classificazione sismica il centro abitato si trova in zona arischio sismico molto basso e arischio alluvione molto elevato.[6]
Terralba dista23 km dal capoluogo di provinciaOristano, e75 km dal capoluogo di regioneCagliari.
Il monte Arci, presso la vicina Marrubiu era un vulcano molto attivo, delle ereoligocene,miocene epliocene. Di questa intensa attività rimangono oggi le rocce laviche e tracce di antichi insediamenti termali di cui oggi ne sopravvive solo uno, nell'alto Oristanese. Molto comune nella zona ancora oggi è la presenza diOssidiana, una roccia di origine lavica dal colore nero brillante.
Gli strati più recenti del territorio di Terralba sono depositi di origine alluvionale dei corsi d'acqua provenienti dalle pendici del Monte Arci, dal Medio Campidano e dalla Marmilla. Di questi il Rio Mogoro che ancora oggi crea ilbacino idrografico del territorio di Terralba, ne attraversa i territori, mentre gli altri due, ilRio Sitzerri e ilFlumini Mannu di Pabillonis sfociano nella laguna di Marceddì su territorio amministrato dai comuni confinanti.
Un evento che cambiò drasticamente il paesaggio della piana di Terralba, che diede una svolta definitiva alla vita dei suoi abitanti e al futuro assetto amministrativo della zona fu la grandebonifica.
Idea nata a fine XIX secolo,[7] si articolò in due periodi: il primo tra il1895 e il1918 coincise con la progettazione dell'opera mentre il secondo, tra il1919 ed il1928 coincise con la sua realizzazione[8] ad opera della Società Bonifiche Sarde.[7]
I progetti di prosciugamento delle paludi di "Sa Ussa" del1916 furono il preludio alla bonifica di molte altre piccole paludi della piana di Terralba e al suo risanamento idrico grazie alla costruzione di canali di drenaggio e colmamenti di terra.Da non dimenticare l'uso massiccio dell'idrovora, di cui furono costruiti diversi esemplari.
Già pochi mesi dopo l'inizio dei lavori, nella primavera del 1919 furono installate le prime elettropompe alimentate dalla prima linea elettrica adalta tensione della zona appositamente costruita per alimentare anche le macchine elettriche utilizzate per i lavori di bonifica, nonché alimentare anche i primi impianti elettrici delle abitazioni della zona.[8]
L'opera più celebre fu tuttavia la deviazione del Rio Mogoro, che essendo emissario dello stagno di sassu e delle paludi circostanti le alimentava con le sue acque. Il vecchio corso del fiume che per oltre12 km scorreva lungo la costa creando pantani e acquitrini fu deviato lungo un nuovo corso lungo11 km appositamente costruito, facendolo sfociare nellostagno di San Giovanni. L'opera richiese la rimozione di oltre un milione di metri cubi di terra.
Per dare un'idea della portata dell'opera di bonifica: Furono rimossi diversi milioni di metri cubi di terra, i lavori riguardarono un'area di 18000 ettari. Furono usati tutti i mezzi dell'epoca: escavatori elettrici, nastri trasportatori, ma anche argini, canali, dighe di sbarramento, ponti e lunghe condotte. Furono costruiti32 km di argini e33 km di nuove strade.[9]
Alla bonifica seguì rapidamente l'avvio della coltura dei terreni e ampi piani di rimboschimento.Già tra il1924 ed il1925 entrarono in funzione i centri agricoli di Tanca Marchese, Linnas, Torrevecchia, Pompongias S'Ungroni, Centro Uno, Centro Due, Centro Tre e Alabirdis, ribattezzato poi Villaggio Mussolini (siamo nel1928).
Già dal1927 si ebbe un'immigrazione di agricoltori provenienti dalPolesine (promossa daMussolini appunto) con un primo gruppo di circa 150 persone che occuparono i poderi approntati dagli operai sardi e che in seguito verranno imitato da altri gruppi fino a raggiungere una popolazione di oltre 1 500 abitanti.[8]
La bonifica non segnò solo il rilancio dell'agricoltura e dell'allevamento nei nuovi terreni sottratti allepaludi, ma anche il miglioramento delle condizioni sanitarie e il declino di un incubo onnipresente da due millenni nella piana di Terrlba, laMalaria[10].
Il clima di Terralba è unclima temperato caldo influenzato dalla sua posizione geografica in prossimità del mare e dall'influenza del mare stesso, che mitiga letemperature. I mesi più freddi sono gennaio-febbraio, mentre i più caldi sono luglio-agosto.
Pino marittimo curvato dal vento
Leprecipitazioni sono scarse. Piove poco e sotto forma di temporali anche violenti. Le precipitazioni si concentrano nel tardo autunno e in primavera, sono più scarse in inverno e rarissime in estate. Il terralbese è continuamente esposto all'azione del vento.
I venti che soffiano più frequentemente sono ilmaestrale proveniente da Nord-Ovest prevalentemente durante i mesi freddi o loScirocco, un vento caldo da Sud-Est prevalentemente durante i mesi estivi e chiamato localmentesu bentu de soli (il vento del sole) proprio per la sua connotazione calda. Altri venti frequenti sono ilLevante, ilPonente e laTramontana.
Per questo suo particolare clima ventilato durante tutto l'anno non è raro percorrendo le campagne vedere alberi o i pini marittimi lungo la costa che il continuo spirare del vento ha piegato nel corso degli anni. Secondo laclassificazione climatica Terralba è classificato in zona C.[6]
In base alla media trentennale di riferimento (1971-2000) dellaStazione meteorologica di Capo Frasca, situata il linea d'area a meno di16 km da Terralba, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta attorno ai 10.4 °C; quella del mese più caldo, agosto, si attesta attorno ai 24.4 °C, quella media annuale si attesta attorno ai 17.4 °C. Le precipitazioni medie annue sono pari a 578.7 mm con picco in novembre e gennaio e minimi durante i mesi estivi.
Il toponimo Terralba trae origine dalle locuzioni latine "terra", riferita al terreno e "alba", bianca, riferita alla zona caratterizzata da una piana di terreno chiaro composto daargille biancheggianti ricoperte da uno strato di terra, sabbia e ghiaia spessa circa un paio di metri.
La presenza dell'uomo nel territorio di Terralba risale alNeolitico antico.
Punte di frecce e lance in ossidiana e altri minerali risalenti al periodo Neolitico
Già nelVI millennio a.C., a cui risalgono infatti le più antiche testimonianze di insediamenti e attività umane del territorio di Terralba, i primi colonizzatori trovarono un ambiente naturale ideale all'insediamento grazie alla vicinanza del Monte Arci in cui si poteva reperire l'ossidiana con grande facilità e ai pescosi stagni di Marceddì e San Giovanni.
L'ossidiana è un vetro vulcanico da cui le genti neolitiche ricavarono utensili e armi e che favorì la nascita di molti insediamenti umani nella zona. Della presenza neolitica rimangono nel territorio di Terralba diversi insediamenti che includono tracce di antichi villaggi e molti antichi sepolcri.
In epoche successive anche nella piana di Terralba, come nel resto dell'isola, si insediarono le popolazioni nuragiche. Di quell'epoca rimangono i ruderi di sette insediamenti nel territorio comunale.
Secondo la tradizione, la storia di Terralba iniziò in un villaggio sulle coste dello stagno di San Giovanni chiamato Osea e fondato intorno al 1000 a.C. Le continue incursioni piratesche costrinsero i suoi abitanti ad abbandonare il villaggio e trasferirsi nella vicina città diNeapolis[11], fondata daifenici e poi occupata daicartaginesi, divenendo uno degli scali marittimi più importanti del commercio sardo-cartaginese. La città era cinta da mura, provviste di quattro torri angolari e di acquedotti in cui venivano raccolte le acque piovane come aCartagine.
Nel 238 a.C. i romani occuparono Neapolis facendola fiorire come uno dei maggiori centri abitati della zona, ampliandola ulteriormente fino a un'estensione di circa 34 ettari e abbellendola secondo l'uso romano, con monumenti e fregi come le Grandi erme di epoca tardo-imperiale[12].
Abitata fino al periodobizantino, successivamente anche Neapolis fu conquistata dai saraceni e gli abitanti superstiti decisero di spostarsi[13] qualche chilometro nell'interno.
Dalla fondazione di Terralba alla dominazione spagnola
Abbandonata Neapolis dopo l'ennesima incursione saracena, gli abitanti si spostarono nell'interno e verso il1017 fondarono Terralba. Non esistono documenti ufficiali che supportino l'effettivo motivo dell'abbandono di Neapolis a favore del nuovo insediamento di Terralba, ma molti studiosi sono concordi nell'affermare che la posizione interna del nuovo centro abitato avrebbe garantito una maggior sicurezza agli abitanti e sarebbe stata più idonea all'agricoltura e allapastorizia[11]. Le rovine di Neapolis sono ancora presenti in prossimità della costa sullo stagno di San Giovanni, non lontano dall'odierna frazione di Marceddì.
Il nome Terra alba compare per la prima volta nel1048 in un documento dove è citato un vescovo di nome Francesco e in un documento risalente al periodo delGiudicato di Arborea datato 15 ottobre1102 compare invece nella versione Terralba così come conosciuto oggigiorno.
Terralba nel Medioevo appartenne al Giudicato di Arborea compresa nellacuratoria di Bonorzuli della quale divenne capoluogo in sostituzione di Neapolis, abbandonata in seguito alle continue incursioni saracene.
Venne trasferita a Terralba anche ladiocesi, quando anche il vescovo Mariano I abbandonò Neapolis e con esso giunsero a Terralba anche il pulpito ligneo, il crocifisso e la statua di San Pietro, patrono di Neapolis prima,patrono di Terralba ora.
L'elevazione di Terralba a sede vescovile permise all'abitato di fiorire economicamente e divenire un centro di riferimento del circondario. Con questo periodo coincise l'edificazione della chiesa di San Pietro, la cui costruzione iniziò nel1144. Nel1503 la sede della diocesi fu spostata adAles dalPapa Giulio II della Rovere.[11]
Terralba spopolata da un periodo di carestie ed epidemie viene concessa in feudo aiCarroz in quanto parte della curatoria di Bonorzuli attorno al1413.
Nel1527 Terralba subì ilsaccheggio deicorsari barbareschi, spintisi per la prima volta nell'interno, che misero a ferro e fuoco l'abitato e rapirono gli abitanti che non riuscirono a fuggire. Nel1580 Terralba giaceva ancora in rovina e così rimase per altri 22 anni fino al1602 quando iniziò un timido ripopolamento.
Torre vecchia di Marceddì
Bisognerà attendere fino al1640 per una vera rinascita del borgo, quando il barone diUras, nel cui feudo il paese si trovava, ne promosse il ripopolamento per acquisirne i diritti feudali,[11] per cui il paese venne unito alla baronia di Uras dipendente dal marchesato di Quirra, feudo dei Centelles.
Nel1668 Terralba conta 1 250 abitanti[14] Di quell'epoca sopravvivono oggi tre torri edificate lungo la costa per la difesa dai pirati saraceni, Torre Vecchia, Torre Nuova e Flumentorgiu.[11].
Nel 1718 alla dominazione spagnola subentra il dominio diCasa Savoia nell'intera isola.
Nel Settecento il territorio di Terralba era ancora un immenso acquitrino in cui imperversava la malaria e di cui la zona deteneva il poco invidiabile primato nell'intera Sardegna. Nonostante ciò nel 1761 la popolazione raggiunge i 1 600 abitanti.[14]
Si dovrà attendere fino al 1895 per iniziare a ideare la grande bonifica, che finalmente alla fine del 1918 prenderà il via e che nel decennio successivo trasformerà l'acquitrinosa piana di Terralba in 20000 ettari di terreno coltivabile, ma non avrà ancora risolto pienamente il problema della malaria.
Nel1840, con la soppressione del sistema feudale, il paese fu riscattato agli Osorio de la Cueva, ultimi feudatari e successori dei Centelles, per cui divenne un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio comunale, e dal1859 al1927 Terralba fu capoluogo dell'omonimo mandamento, nel circondario di Oristano in provincia di Cagliari.
Nel1872 anche la piana di Terralba viene raggiunta e collegata al resto dell'isola dalla ferrovia. La vicinastazione di Marrubiu-Terralba-Arborea aprì in concomitanza col passaggio del primo convoglio il 9 aprile 1872.
Nel 1928 (siamo nel ventennio fascista) nei nuovi territori bonificati viene fondato il Villaggio Mussolini. Nello stesso anno con il Regio Decreto N°2230 firmato daVittorio Emanuele III i comuni limitrofi di Marrubiu e San Nicolò d'Arcidano vengono accorpati al comune di Terralba divenendone frazioni.[15]
Nel 1930 il Villaggio Mussolini viene elevato a comune indipendente. Questa divisione del territorio segna per Terralba la perdita quasi totale dei territori appena bonificati e una drastica riduzione del territorio comunale[16][17] di oltre la metà rispetto a prima del 1928.
Nel 1947 San Nicolò d'Arcidano annesso nel 1928 al comune di Terralba viene nuovamente elevato a comune indipendente[18].
Nel 1948 anche Marrubiu annessa 20 anni prima al comune di Terralba viene nuovamente elevata a comune indipendente a seguito della rivolta degli abitanti del 10-13 dicembre 1947 contro l'unione al comune di Terralba e culminata durante una manifestazione con l'assassinio di Terenzino Trudu.[15][18]
Sempre del 1948 è la costruzione della Cantina Sociale di Terralba[19] che segnò l'avvio della ripresa economica del Dopoguerra dando il via a molte altre attività commerciali ed artigianali.
È sempre del Dopoguerra la completa eradicazione dalla piana di Terralba della malaria tramite il sostegno dellaFondazione Rockfeller che sponsorizzò una grande opera di disinfezione tramite il tristemente noto insetticidaDDT[20].
Fino al 16 luglio 1974, data in cui fu costituita la Provincia di Oristano, Terralba appartenne alla Provincia di Cagliari.
Lunedì 18 novembre 2013, Terralba subisce l'alluvione dovuta alle piogge intense scaricate dal ciclone "Cleopatra". Le vie della parte bassa del centro abitato vengono invase da circa un metro d'acqua, che nei seminterrati sfiora i tre metri.
Al 2017 Terralba è il secondo centro abitato dell'Oristanese per abitanti dopo il capoluogo Oristano.
«Campo di cielo, allatorre d'oro, murata di nero,merlata alla guelfa di quattro, finestrata di quattro di nero, tre finestre sotto la merlatura, la quarta, grande e centrale, a metà altezza, essa torre posta a destra, fondata sullacampagna di azzurro, mareggiata di argento e unita al veliero di tre vele, uscente dalla torre, con la prora a sinistra, lo scafo di verde, le vele di argento, la vela posta più vicino alla poppa seminascosta dalla torre, i due alberi di nero, i due gagliardetti, sventolanti a sinistra, di argento. Ornamenti esteriori da Comune.[22]»
Gonfalone
«Drappo di bianco, riccamente ornato di ricami di argento e caricato dallo stemma sopra descritto con la iscrizionecentrata in argento, recante la denominazione del Comune. Le parti di metallo ed i cordoni saranno argentati. L'asta verticale sarà ricoperta di velluto bianco con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma del Comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta con nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d’argento.[22]»
Nel territorio di Terralba sono presenti varie chiese: laconcattedrale di San Pietro inPiazza Cattedrale, la chiesa di San Ciriaco a sud-est dell'abitato e la cappella Regina Pacis in via XX Settembre, nella frazione diMarceddì vi è una chiesa intitolata a Nostra Signora di Bonaria, mentre alla Tanca del Marchese è stata dedicata una chiesa a Gesù Maestro.
Ricostruita a partire dal 1821 in formatardo-barocca sul sito della più antica cattedrale romanica[23] del 1144 voluta da Mariano I, ha orientamento simile a quello attuale con abside semicircolare.Ai primi dell'Ottocento l'antica cattedrale si trovava in uno stato di pessima conservazione, si decise perciò di demolirla per far posto ad una nuova struttura.
I lavori iniziarono nel 1820 e terminarono nel 1930, con il completamento della pavimentazione del presbiterio e la collocazione dell'altare maggiore. Nel 1933 la chiesa viene consacrata.
Nella cattedrale sono custoditi capitelli provenienti da Neapolis e recuperati dalla demolizione dell'abside della precedente cattedrale del 1144. Sono inoltre conservati il fonte battesimale del 1626, il pulpito ligneo del XVII secolo ed una preziosissima croce argentea spagnola.Risalgono al XVII anche le statue lignee di San Pietro, della Madonna del Rosario e della Madonna del Rimedio[24].
Seconda per importanza, si trova nel Sud-Est dell'abitato. Fu fondata nel 1741, come indicato sull'unica campana del campanile a vela.
La chiesa originaria fu costruita con i tradizionali mattoni crudi, mentre le pietre di difficile reperimento nella zona all'epoca, furono usate solo per le fondamenta. Dal punto di vista architettonico non aveva nulla di diverso dalle tante chiese campestri della zona. Era formata da una navata unica con addossata all'abside la piccola sagrestia. Il tetto era a capriate con una fitta rete di canne e tegole di tipo sardo, l'altare di pietra sormontato da due gradini di legno.
Visto lo stato di degrado della struttura, nel 1949 se ne dispose la demolizione e la ricostruzione. Nel 1958 la chiesa venne consacrata. Tra il 1996 ed il 1997 la chiesa è stata restaurata e abbellita. La navata centrale in cemento è stata rivestita da un elegante trabeatura lignea e due navate laterali a soffitto sporgente.
Il presbiterio è arredato da una mensa marmorea e da unambone, anch'esso marmoreo. In prossimità della parete si trova un tabernacolo, una statua di San Ciriaco e un grande Crocifisso di ceramica, capolavoro dell'artista terralbese Dina Pala.
Nella chiesa sono custoditi un prezioso quadro storico di Padre Lilliu, il sarcofago di Maria Bambina, le campane ed il Tabernacolo del precedente edificio. Sono inoltre visibili due statue di San Ciriaco di cui la più piccola usata durante la processione in occasione dei festeggiamenti del Santo l'8 agosto[25].
Dedicata alla Madonna di Bonaria, questa chiesa fu costruita nel 1930[17] su un terreno donato da un privato cittadino per far fronte all'ostacolo di trovare un luogo giudicato adatto dove conservare il SS. Sacramento in occasione della festa della Madonna di Bonaria[26]. La chiesa si presenta molto semplice come il resto dalla borgata.
Pur vantando una storia quasi millenaria Terralba non possiede monumenti pubblici di epoche anteriori all'Ottocento. Questo perché fino alla fine del XIX secolo la pietra era un materiale da costruzione costoso e poco accessibile. Il materiale solitamente usato erano i mattoni crudi, un materiale più economico e fabbricabile ovunque ma di scarsa durata nel corso dei decenni. Nonostante ciò sono annoverabili tra i palazzi pubblici di interesse:
Edificata nel 1932 ed inaugurata nel 1933 presenta esternamente i fregi in uso nelle costruzioni dell'epoca diStile Liberty.
Il costo della costruzione si aggirò sulle 800000 lire dell'epoca.[19] Dopo un periodo di profondo degrado la casa comunale è stata interamente ristrutturata e ammodernata negli anni novanta riascquistando la bellezza di un tempo.
LaCasa del Fascio chiamata anche Dopo lavoro, fu costruita nel 1932[19]. Durante ilventennio fascista funse da sede locale delPartito Nazionale Fascista ed è stata un punto di aggregazione per i Terralbesi anche dopo il secondo conflitto mondiale, diventando un cinema, fino al lento declino che la portò al completo abbandono e degrado. Rimasta per decenni in questo stato, durante gli anni novanta è stata recuperata ed inaugurata nel 2002. Oggi è sede del Teatro Civico, spesso utilizzata anche per conferenze, rappresentazioni teatrali e proiezioni.
Costruite nel 1912, sono un altro esempio di architettura dei primi del Novecento con i fregi, le alte finestre e gli alti soffitti in Stile Liberty. In alcune aule sono ancora visibili i vecchi banchi con ancora il foro per ilcalamaio e la stufe di terracotta, per concezione molto simili allastufa in maiolica usate come forma di riscaldamento fino all'avvento deitermosifoni.
Il territorio di Terralba, grazie ai suoi fertili suoli sabbiosi, è stato abitato sin dal Neolitico; in particolare le testimonianze rinvenute in alcuni siti dislocati nelle campagne (tra i quali San Giovanni, San Ciriaco, Bau Angius) riportano allaCultura di Ozieri[27]. Altre testimonianze venute alla luce nei pressi della chiesa di San Ciriaco hanno dato lo stesso nome a una facies regionale inquadrabile nel Neolitico Recente. Sebbene il terralbese offra anche numerose testimonianze della civiltà nuragica, la gran parte delle testimonianze conosciute risale al periodo della dominazione punica. Grazie alle ricerche pluriennali di Gino Artudi e Sandro Perra, seguite dalle indagini sistematiche dell'équipe guidata Peter Van Dommelen, è stato possibile individuare i resti di numerosissimi insediamenti rurali (il periodo di maggior frequentazione si colloca tra fine V e III-II secolo a.C.), la cui densità non trova confronti con nessun altro contesto punico del Mediterraneo[28]. Evidentemente il fertile territorio della piana di Terralba rientrava in un programma organizzato di sfruttamento agricolo, in cui forse la coltura della vite aveva un'importanza primaria.
Nelle campagne, nel1960, in localitàPauli Putzu, sono state rinvenute casualmente diecitombe dietà romana con corredo funerario. Il corredo rispecchiava la condizione sociale ed economica del defunto e aveva lo scopo di accompagnarlo nel lungo viaggio nell'oltretomba; comprendeva unamoneta, unalucerna, illacrimatoio, piatti ed anfore. L'opera devastatrice dei tombaroli ha però provocato danni irreparabili allanecropoli. Infatti, solo 33 reperti sono stati recuperati e sono ora conservati presso la Scuola Media Statale di Terralba[29].
Durante i lavori di ammodernamento della casa catechistica nel quartiere di Santa Maria è stata rinvenuta una vasca di epoca romana appartenente a un'antica fattoria.
Lalaguna di Marceddì e lostagno di San Giovanni sono ciò che resta delle aree umide della zona dopo i lavori dibonifica che interessarono la piana di Terralba e il basso Oristanese. Uno sbarramento artificiale separa fisicamente la laguna di Marceddì dal mare da un lato e dallo stagno di San Giovanni dall'altro.
Le due lagune hanno fondali con profondità molto diverse, dato che lo stagno di San Giovanni non raggiunge il metro di profondità mentre quello di Marceddi supera i tre metri di profondità.
Anche i regimi disalinità sono assai diversi: le acque dello Stagno di San Giovanni oscillano tra il 27%(in Inverno) e il 32%(in Estate) di salinità mentre quelle di Marceddì conservano una salinità tra il 33% e il 35% tutto l'anno.
Le differenti profondità e salinità dei due stagni influenzano la vegetazione e la fauna che li circondano.
Fenicotteri rosa in volo
Lagune con un ecosistema unico, arrivano ad ospitare oltre 5000 uccelli svernanti e rappresentano una delle zone di maggiore concentrazione enidificazione di specie rare e vulnerabili come ilPorphyrio porphyrio (Pollo Sultano), specie presente in Sardegna e in nessun'altra zona d'Italia e l'Ardea purpurea (airone rosso).
Entrambe le lagune rientrano in una vastaarea protetta di oltre 1800 ettari in base allaconvenzione di Ramsar stipulata nel 1971 che mise sotto tutela lezone umide di molte nazioni e tra questi gli stagni dell'Oristanese che da soli rappresentano i 2/3 delle zone umide italiane.[32]
Per un lungo periodo, dal 1861 al 1921 il saldo di crescita si mantenne statico, con una popolazione pressoché invariata sotto i 5 000 abitanti, complice la difficile situazione economica e la scarsa salubrità della zona.
Con l'avvio della bonifica la situazione cambiò repentinamente e la crescita demografica progredì ininterrottamente nel corso dei decenni successivi, per stabilizzarsi solo intorno agli anni ottanta.
Complice dell'inizio della crescita demografica furono la creazione di una microeconomia di zona che ruotò intorno agli ingenti lavori di bonifica e di conseguenza l'indotto di operai a essa destinati, immigrati dal resto dell'isola ma in misura maggiore immigrati dal Nord-Est.
Nei decenni successivi l'indice di crescita demografica positivo fu possibile grazie ai risultati ottenuti con la bonifica: nuovi terreni coltivabili e un netto miglioramento della salubrità della piana di Terralba che attirarono nuovi abitanti.
Su una popolazione totale di 10 305 abitanti al 31 dicembre 2010, gli stranieri residenti nel comune di Terralba sono 133, che corrispondono a un tasso di immigrazione straniera del 13 per mille.
Terralba è il comune della provincia col più alto numero di immigrati, seconda solo al capoluogo Oristano.
Sono suddivisi secondo le nazionalità sottostanti:
La lingua parlata è l'italiano, benché nelle conversazioni locali sia diffuso e largamente usato ilsardo campidanese. Il sardo campidanese come tutte le altre variazioni delsardo è sostanzialmente unalingua romanza derivata dallatino.
Nell'ambito del sistema dellalingua sarda, le varianti Campidanesi sono considerate quelle che esibiscono maggiori differenze dal modello del latino classico. Alcuni studiosi concordano nell'affermare che tali differenze potrebbero essere attribuite ad un substrato etnico delle popolazioni delCampidano meno prossime al Latino, dovute alle influenzefenicie ecartaginesi che avrebbero causato una diversa evoluzione del latino volgare rispetto allogudorese che ne conserva maggiormente la forma.[senza fonte]
Il sardo campidanese parlato nella piana di Terralba abbraccia particolari della variante del campidanese oristanese e del campidanese rustico, trovandosi a cavallo delle due zone linguistiche.
Nell'oristanese è caratteristica l'elisione dellaN' intervocalica da cui Aristanis (Oristano) viene pronunciato Aristãis, cani (cane) viene reso incãi, pani (pane) inpãi, oltre a una curiosa inversione letterale per cui cabra (capra) viene pronunciatocraba echerbeddu (cervello) viene resochrobeddu.
L'Oristanese meridionale, dove si colloca la piana di Terralba, assume gradatamente alcuni caratteri del campidanese rustico, parlato nella vicinaprovincia del Medio Campidano.
Caratteristiche fonetiche del campidanese rustico sono l'elisione dellaL, per cui soli (sole) viene pronunciatosoi ocelu (cielo) viene resoceu oltre ad altre metafonesi, nasalizzazioni e contrazioni vocali.
Nella vicina frazione di Tanca Marchese è presente una minoranza dilingua veneta derivata dalle massicce immigrazioni dalPolesine degli anni trenta, in continuo calo in quanto i figli degli immigrati la stanno progressivamente abbandonando in favore dell'italiano.
Per sopperire in modo più sinergico e funzionale alle necessità dei comuni della piana di Terralba, nonché ottenere un risparmio sulle risorse economiche dei singoli municipi, è stato fondata negli scorsi anni l'Unione dei comuni del Terralbese.
Tra le sue funzioni il servizio intercomunale di raccolta differenziata, il servizio biblioteche, il servizio di vigilanza e di assistenza tecnica ai municipi associati.
A Terralba è presente una biblioteca comunale intitolata aSebastiano Satta. Attualmente ha sede in viaGiuseppe Zedda. Nello stesso edificio ha sede anche l'archivio storico, inaugurato nel 2014.
A Terralba esistono 3 scuole d'infanzia, 2 scuole primarie, 1 scuola media e 3 sedi decentrate di scuola media superiore: un liceo scientifico, un istituto tecnico commerciale (Istituto tecnico amministrazione, finanza e marketing) e un istituto grafico.
Come in altre zone d'Italia anche a Terralba nella notte tra il 16 e il 17 gennaio è tradizione far festa bruciando dei falò di arbusti dedicati a Sant'Antonio patrono del fuoco.
In tempi antichi la tradizione voleva che le ceneri del falò, conservate in sacchetti, servissero come amuleti per tenere lontane malattie e persone portatrici di guai.
Nei giorni precedenti la festa i giovani usano andare per le case a chiedere offerte o doni di cibo da consumare la sera della festa al fuoco del falò.
La sua principale caratteristica è rappresentata dai carri allegorici provenienti dai paesi vicini.Tradizionali le zeppole distribuite dalla Pro Loco durante "su mattisi de coa", ovvero ilmartedì grasso e i malloreddus alla campidanese sono distribuiti dopo la sfilata della domenica.
Santo da cui prende nome l'omonimo quartiere e a cui è dedicata la chiesa del quartiere, la seconda dell'abitato di Terralba.
Le celebrazioni ed i festeggiamenti si svolgono l'8 agosto, con una nutrita processione del santo per il quartiere e il tipico mercato con bancarelle di ogni tipo che anima l'ultimo tratto di via Roma, strada principale del quartiere.
Nata in modo spontaneo nell'agosto 1924, quando un gruppo di fedeli si riunì spontaneamente per organizzare la prima edizione di questa festa[26].
I riti religiosi in onore della Madonna di Bonaria iniziano il venerdì successivo alla settimana di Ferragosto.
Il simulacro viene trasportato su una tradizionale barca posta sopra un carrello e scortata a piedi dai fedeli per circa15 km, dalla chiesa di San Pietro nel centro di Terralba alla chiesetta di Marceddì.
Il sabato la santa viene portata in processione per le vie della frazione e la domenica si compie la tradizionale processione in mare con numerose barche di fedeli che seguono quella della santa e che si conclude con il tiro di una corona di fiori sull'acqua.
Tradizionali i muggini di Marceddì cotti e consumati dai fedeli nei tradizionali "statzusus" o tettoie.
La santa rimane a Marceddì fino al sabato successivo, quando viene riaccompagnata dai fedeli con la processione a piedi inversa e viene festeggiato il "Ritorno della santa"[35].
Quartiere storico del centro abitato, prende il nome da una fontana pubblica (oggi non chiaramente visibile) a cui un tempo quando ancora non era disponibile l'acqua corrente nelle case attigevano l'acqua tutti gli abitanti del quartiere.
Porta il nome del quartiere una lunga via in realtà senza sbocco da cui si diramano numerosi altri vicoli anch'essi ciechi. In molti punti sono ancora visibili le vecchie case di una volta costruite con "su ladirini", i tipici mattoni crudi di terra lasciati seccare al sole.
Letteralmente "Il campo delle case vecchie". È un quartiere periferico della zona sud ovest del centro abitato. A dispetto del suo nome si trovano poche antiche costruzioni.
Il quartiere porta questo nome più presumibilmente per la presenza di manufatti e zone di interesse archeologico risalenti al periodo Fenicio-Cartaginese e Romano, che oggi in molti punti si trovano al di sotto delle costruzioni contemporanee.
Quartiere periferico della zona Sud Est del centro abitato, porta il nome del Santo della chiesa del quartiere.
Di rilevante importanza è il villaggio preistorico di San Ciriaco risalente al 3500-3300 a.C. oltre a diversi rinvenimenti di epoca Nuragica nel quartiere. Nel corso degli anni novanta si sono svolti diversi scavi ostacolati dal fatto che oltre la metà del villaggio preistorico si trova sotto le costruzioni contemporanee.
Il più recente dei quartieri, in estrema periferia della zona Sud Est del centro abitato. È nato e si è sviluppato a partire dai primi anni ottanta a seguito dell'avvio dell'edilizia popolare.
Ulteriormente ampliato durante gli anni novanta vive oggi, lo stato di maggior disagio e degrado tra i quartieri dell'abitato di Terralba.
È il quartiere artigianale sorto a circa2 km fuori dall'abitato in direzione della SS 131. Nato e sviluppatosi in sordina verso la fine degli anni novanta, ha vissuto nell'ultimo decennio un boom di espansione con molte attività artigianali che anche dietro stimolo municipale hanno abbandonato il centro abitato alla volta del quartiere a loro dedicato, decongestionando in modo evidente l'abitato dal traffico pesante.
Marceddì è un suggestivo villaggio di pescatori adagiato sulla omonima laguna e circondato da una fitta macchia di pini marittimi. Per la maggior parte dell'anno quasi disabitata, la borgata si anima prevalentemente d'estate, quando una discreta parte della popolazione di Terralba si sposta nella frazione dove molte famiglie possiedono una seconda casa.
La particolarità di Marceddì sta nell'umiltà delle abitazioni, talvolta semplici stanze intonacate a grezzo con un tetto di eternit e un arredamento di gustorétro, frutto del riciclo dei mobili sostituiti nelle case di abitudinaria residenza nel corso dei decenni.
Le strade della frazione sono quasi tutte non asfaltate e l'illuminazione pubblica in molti punti presenta ancora i lampioni di epoca fascista o dell'immediato dopoguerra. Specie in estate passeggiando per la borgata non è raro vedere pescatori che riparano le reti o che vendono il pesce appena pescato.
Tutto ciò unito alla vita semplice qui vissuta nei mesi estivi, rendono Marceddì un borgo in cui il tempo pare essersi fermato.
Al centro di un forte interesse mediatico durante gli anni novanta quando il demanio ne voleva la quasi completa demolizione, la frazione di Marceddì è rimasta intatta e nel 2003 è stato firmato un accordo di programma tra Comune, Regione e Agenzia del Demanio che ha posto le basi per liberare la borgata dai vincoli demaniali imposti dallo Stato sin dagli anni cinquanta.
Nel 2007 è stata realizzata la rete dei collettori delle acque bianche che, convogliando le acque piovane fuori dal centro abitato, ha reso più salubri le abitazioni.
Nata con l'avvio della bonifica,Tanca Marchese (inlingua sarda "Sa Tanca de su Marchesu") conserva nei suoi punti più vecchi un'edilizia, un paesaggio e un fascino che ricorda molto più un piccolo borgo delNord Italia piuttosto che una frazione di un qualunque comune sardo.
In particolare questa influenza storica è ancora visibile in Piazza Sant'Antonio, dove la totalità delle costruzioni conserva tuttora sull'architettura tutti gli effetti dell'influenza architettonica settentrionale.
Tutto ciò, come parte dei suoi abitanti, deriva direttamente dalla massiccia immigrazione veneto-ferrarese che interessò la zona intorno aglianni trenta delNovecento e che influenzò ogni aspetto di questa frazione.
^Toponimo ufficiale in lingua sarda ai sensi dell'articolo 10 della Legge n. 482 del 15.12.1999, adottato con Delibera di Consiglio Comunale n. 40 del 19.07.2010[1]Archiviato il 20 febbraio 2015 inInternet Archive.
^E. Atzeni, Reperti neolitici dall'Oristanese, in Sardinia Antiqua. Studi in onore di Piero Meloni in occasione del suo settantesimo compleanno, Cagliari 1992, pp. 35-44; T. Cossu, Ceramiche di cultura Ozieri dalla stazione di S. Giovanni - Terralba, in La ceramica racconta la storia, Atti del Convegno "La ceramica artistica, d'uso e da costruzione nell'Oristanese dal Neolitico ai giorni nostri", Oristano 1995, pp. 45-70
^G Artudi, S. Perra, Gli insediamenti punico-romani nel territorio di Terralba, In Terralba Ieri&Oggi, 16, 1994; R. Zucca, Neapolis e il suo territorio, Oristano 1987; per le ricerche di P. Van Dommelen si veda da ultimo il "Terralba project":http://www.sardinia.arts.gla.ac.uk/terralba.htmArchiviato il 6 dicembre 2010 inInternet Archive.