A Tacito è anche attribuito, con qualche dubbio[3], ilDialogo sugli oratori[1][2][3] (Dialogus de oratoribus[1][2]), opera di datazione incerta sulle cause della decadenza dell'arte oratoria (ars oratoria), che sono individuate di volta in volta nel diverso tipo di educazione rispetto al passato, nel mutato insegnamento retorico e principalmente nelle condizioni politiche proprie del regime imperiale, che impediva ormai la libertà di parola.[1][2]
«La rivoluzione a Roma si realizzò in due tempi: nel primo fu repentina, nell’altro lenta. Il primo atto distrusse la repubblica nel corso della guerra civile, il secondo la libertà e l’aristocrazia negli anni di pace. Sallustio è il prodotto della prima epoca, Tacito dell’altra.»
(Ronald Syme,Tacito, vol. II, Brescia, Paideia, 1971, p. 718)
Le poche informazioni sulla vita e sull'ambiente in cui visse Tacito sono offerte, principalmente, dagli indizi sparsi nelcorpus delle sue opere, dalle lettere del suo amico e ammiratorePlinio il Giovane e da un'iscrizione trovata aMylasa, inCaria (nell'attualeTurchia), e da altre deduzioni di storici[6]. Molti particolari della sua vita restano sconosciuti.
Ciò interessa anche il suo stessoprenome, tuttora incerto: in alcune lettere diSidonio Apollinare e in alcuni vecchi scritti di poca rilevanza letteraria lo storico è nominato conGaius, ma nel manoscritto principale della tradizione, conPublius. Questi finora sono riconosciuti come i duepraenomina più avvalorati. Alcuni avevano avanzato anche l'ipotesi di un prenomeSextus, che tuttavia non ha trovato seguito.
L'insufficienza di informazioni ci impedisce, allo stesso modo, di individuare inequivocabilmente l'anno e il luogo di nascita dello scrittore. Si suppone che Tacito sia nato attorno al55. Il luogo d'origine si può stabilire nella provincia dellaGallia Narbonense,[4] deducendolo dal suo matrimonio con Giulia Agricola e dalla simpatia occasionale per i barbari che fecero resistenza contro lalex romana (come nell'episodio degliAnnales II, 9)[7][8], oppure nell'Italia del nord (Gallia Cisalpina) sulla base della sua amicizia conPlinio il Giovane.[9] La possibile origine spagnola del Fabius Iustus al quale Tacito dedica ilDialogus suggerisce poi un legame con laSpagna.[10] Una tradizione tarda, rifacendosi a un passo dell'Historia Augusta relativo alla vita dell'imperatore romanoMarco Claudio Tacito (275 -276), attribuisce i natali dello storico alla città diTerni.[11][12] Secondo l'illustre studioso Theodor Mommsen l'antichità della gens Cornelia si desume dal fatto che essa diede il nome ad una delle più antiche Tribù rustiche, che comprendeva Arpino, Nomento, Eclano, Erdonia, Teano Apulo, Crotone, Petelia, Camerino Fulginio in Umbria e Matelica.
I Cornelii avevano propri culti e tradizioni, e si distinguevano da tutte le altre famiglie per la pratica dell'inumazione dei defunti, in alternativa alla più diffusa cremazione. Famoso è il monumentale Sepolcro degli Scipioni ancora conservato sulla Via Appia.
Si ritiene rintracciabile una discendenza nobile da un ramo sconosciuto dellagens romanapatriziaCornelia, ma non v'è alcun documento storico che attesti l'esistenza di unCornelius chiamato Tacito. Tacito stesso affermò che molti senatori e cavalieri discendevano da liberti, ma l'ipotesi che anch'egli discendesse da un liberto non ha trovato nessun supporto oltre alla sua affermazione, in un discorso generico, che molti notabili discendevano da liberti:[13][14][15] tale ipotesi è stata prontamente abbandonata.
Suo padre si ritiene possa essere il Cornelio Tacitoprocuratore dellaGallia Belgica e dellaGermania. Un figlio di questo Cornelio Tacito è citato, tuttavia, daPlinio il Vecchio come esempio, da lui stesso veduto, di sviluppo e invecchiamento precocissimi,[16] al pari del figlio di un certo Eutimene, che per tale causa morì di morte prematura a soli 6 anni. Ciò impedirebbe di identificare questi con il Tacito più famoso, bensì con un possibile ma non altrimenti attestato fratello[17][18][19].
Per quanto riguarda l'agiata famiglia è il forte legame d'amicizia largamente testimoniato tra Plinio Il Giovane e Tacito ad avere fatto supporre agli storici un'uguale estrazione sociale dei due: ceto equestre, ricchezza significativa e provenienza provinciale[20]. L'ipotesi, largamente accettata, per la quale lo scrittore latino sarebbe nato da una famiglia di rangoequestre oppuresenatorio può essere comprovata anche dal disprezzo per gli arrampicatori sociali su cui insiste Tacito. Si suppone che la posizione sociale di rilievo di Tacito sia stata ottenuta grazie alla benevolenza degliimperatori Flavii, poiché con la conclusione dell'età repubblicana l'impostazione gentilizia della società s'era ormai dissolta e, con questa, anche i privilegi riservati allegentes più influenti in Roma.
Da giovane studiòretorica a Roma, come preparazione alla carriera nella magistratura e nella politica[21][22] e, come Plinio, potrebbe avere studiato sottoQuintiliano. Nel77 o nel78 sposòGiulia Agricola, figlia quattordicenne del generaleGneo Giulio Agricola, il quale era al comando di una legione operante inBitinia. Tacito partecipò con l'incarico di tribuno militare, incarico concessogli da Vespasiano attorno al 77; nulla si sa della loro unione o della loro vita domestica, a parte il fatto che Tacito amava cacciare[23][24][25].
Si distinse come avvocato e oratore, a dispetto del fatto che il cognomen, Tacitus, abbia in latino il significato di "taciturno"; ricoprì funzioni pubbliche nelle province all'incirca dall'89 al93, forse a capo di una legione, forse in ambito civile, come si può intuire dal fatto che non fu presente alla morte del suocero, Agricola[28][29][30][31][32].
Sopravvisse con le sue proprietà al regno del terrore di Domiziano (93-96), ma l'esperienza lasciò in lui cupa amarezza, forse per la vergogna della propria complicità, contribuendo allo sviluppo di quell'odio verso la tirannia così evidente nelle sue opere[33][34]. I paragrafi 44 - 45 dell'Agricola sono paradigmatici:
(latino) «evasisse postremum illud tempus, quo Domitianus non iam per intervalla ac spiramenta temporum, sed continuo et velut uno ictu rem publicam exhausit. [...] Mox nostrae duxere Helvidium in carcerem manus; nos Maurici Rusticique visus [foedavit]; nos innocenti sanguine Senecio perfudit. Nero tamen subtraxit oculos suos iussitque scelera, non spectavit: praecipua sub Domitiano miseriarum pars erat videre et aspicere.»
(italiano) «...la sua morte prematura [di Agricola] gli regalò il grande conforto di sfuggire a quel tempo estremo in cui Domiziano distrusse la repubblica, non più con qualche intervallo e pausa, ma senza soluzione di continuità e quasi con un unico colpo. [...] poi successe che con le nostre mani cacciassimo in carcere Elvidio, e successe anche che dovessimo provare vergogna alla vista di Maurico e di Rustico e davanti al sangue innocente di Senecione. Nerone aveva almeno distolto gli occhi e i delitti li aveva comandati, senza poi godere dello spettacolo: sotto Domiziano, invece, la maggior sofferenza consisteva nel vedere e nell'essere veduti [...]»
(Publio Cornelio Tacito,De vita et moribus Iulii Agricolae (Agricola), XLIV - XLV)
Frammento della probabile iscrizione sepolcrale di Tacito[35]
Divenneconsul suffectus nel97 durante il principato diNerva, diventando il primo della sua famiglia a ricoprire tale carica. Durante tale periodo raggiunse i vertici della sua fama di oratore nel pronunciare il discorso funebre per il famoso soldatoVirginio Rufo[36][37]. Durante l'anno seguente scrisse e pubblicò sia l'Agricola sia laGermania, primi esempi dell'attività letteraria che lo occuperà fino alla sua morte.
In seguito sparì dalla scena pubblica, a cui tornò durante il regno diTraiano. Nel100, con il suo amico Plinio il giovane, perseguìMario Prisco (governatore dell'Africa) per corruzione. Prisco fu riconosciuto colpevole e fu esiliato; Plinio scrisse alcuni giorni dopo che Tacito aveva parlato "con tutta la maestosità che caratterizza il suo usuale stile oratorio"[38].
Seguì una lunga assenza dalla politica e dalla magistratura. Nel frattempo scrisse le sue due opere più importanti[39]: leHistoriae e, quindi, gliAnnales. Ricoprì la più alta carica di governatorato, quello della provincia romana dell'Asia inAnatolia occidentale, nel112 o nel113, come provato dall'iscrizione trovata a Milasa.
Un passaggio negli annali indica il116 come ilterminus post quem della sua morte, che può essere posto più tardi nel125[11][40] e non sono pochi gli storici che pongono la data della morte durante il regno diAdriano[41][42][43][44].
Non si sa se abbia avuto figli, ma laHistoria Augusta riporta che l'imperatoreMarco Claudio Tacito lo abbia indicato come antenato. Questo fatto è, comunque, probabilmente falso.[45][46]
Cinque sono le opere attribuite a Tacito che sono sopravvissute, almeno in una parte sostanziale di esse. Le date di composizione sono approssimative e le ultime due (le sue opere "maggiori"), hanno comunque richiesto alcuni anni per essere completate:
117-120?:Annales oAb excessu divi Augusti ("Annali").
Le due opere principali, originariamente pubblicate separatamente, sono state indicate come parti integranti di una singola opera in trenta libri (le "Historiae" composte entro il 110 e gli "Annales" composti successivamente, nonostante raccontino un tratto della storia cronologicamente più antica delle Historiae). Esse offrono una narrazione della storia di Roma dalla morte diAugusto (14 d.C.) alla morte diDomiziano (96). Benché alcune parti siano andate perdute, essa è una delle maggiori opere storiche dell'antichità.
Frontespizio dell'opera omnia di Tacito in un'edizione del 1598.
Nel terzo capitolo dell'Agricola (una delle opere minori pubblicate precedentemente), Tacito aveva dichiarato il suo desiderio di comporre una "memoria della precedente servitù" (ossia il regno di Domiziano) e una "testimonianza dei beni presenti" (i regni di Nerva e Traiano); nelleHistoriae il progetto è però differente: nell'introduzione, Tacito rimanda la sua opera su Nerva e Traiano e decide di occuparsi prima del periodo compreso tra le guerre civili del68-69 d.C. e il regno deiFlavii.
Del testo originale sono rimasti conservati soltanto i primi quattro libri, insieme con ventisei capitoli del quinto libro, concernenti gli anni 69 (inizio del regno di Galba) e la prima parte del 70 (rivolta giudaica). Secondo le ricostruzioni, il lavoro avrebbe dovuto proseguire fino alla morte di Domiziano, avvenuta il 18 settembre96. Il quinto libro contiene, come preludio alla narrazione della repressione della rivoltaebrea durante il principato diTito, unexcursus etnografico sugli Ebrei, importante testimonianza dell'atteggiamento dei Romani verso quel popolo.
Tacito coglie nell'anno 69 un nodo fondamentale nella storia dell'impero: quello della successione alla dinastia giulio-claudia, con il seguito di guerre civili e intrighi politici, il succedersi rapido dei tre imperatoriGalba,Otone,Vitellio, e, infine, l'insediamento della dinastia Flavia con Vespasiano. Galba prende atto, nel suo celebre discorso per la scelta del successore,[47] dell'impossibilità di fare ritorno alla repubblica, afferma la necessità del principato e presenta il principio dell'adozione come scelta del migliore: argomenti che dovevano essere tornati d'attualità nel 97, quando Nerva, con l'adozione di Traiano, aveva trovato un rimedio alla sua debolezza scongiurando una nuova guerra civile.
Nella designazione diPisone come successore di Galba, così come quella di Traiano successore di Nerva, solo apparentemente la scelta del principe dipendeva dal senato: il potere supremo era di fatto succube della volontà degli eserciti, di fronte alla quale il rispetto delmos maiorum professato da Galba risultava incapace di controllare gli avvenimenti. Tacito prova simpatia per questo vecchio senatorecapax imperii nisi imperasset ("capace di governare, se non avesse governato", I 49) travolto da milizie strapotenti e da una plebe che assisteva alla guerra civile come a uno spettacolo, di fronte a un contesto di violenza generalizzata che fa dettare allo storico cupi quadri di ingiustizia e ritratti di personaggi introspettivamente indagati nei loro momenti meno generosi. L'attenzione allo scandaglio psicologico trova riscontro nello stile franto e sallustianamente disarticolato, ma capace di profonda suggestione artistica.
Una pagina delCodex Mediceus II dell'XI secolo (c. 38r), contenenteAnnales, XV, 44.
GliAnnales furono l'ultima opera storiografica di Tacito e per sua esplicita ammissione seguono cronologicamente la composizione delleHistoriae[48] e risalgono con verosimiglianza agli anni seguenti il suo proconsolato d'Asia (112-113). L'opera copre il periodo che va dalla morte diAugusto (il funerale dell'imperatore è il brano di apertura degliAnnales e chiarisce subito il ruolo dell'autore nell'opera) avvenuta nel14, fino a quella dell'imperatore Nerone, nel68.
L'opera era composta di almeno sedici libri, possibilmente diciotto, ma ci sono pervenuti soltanto i primi quattro, l'inizio del quinto e il sesto privo dei capitoli iniziali (questo primo nucleo comprende gli avvenimenti dalla morte diAugusto a quella diTiberio nel 37 d.C.), oltre ai libri XI-XVI con alcune lacune nella prima parte dell'XI e nella seconda parte del sedicesimo libro (regni di Claudio e Nerone), che avrebbe dovuto terminare con l'intero resoconto degli eventi dell'anno66, mentre si interrompe al suicidio diTrasea Peto. Si presume che i libri dal settimo al dodicesimo parlassero dei regni diCaligola eClaudio. I restanti libri dovrebbero trattare del regno diNerone, forse fino alla sua morte nel giugno del 68. Non è noto se Tacito abbia completato l'opera o se si sia dedicato alle opere che aveva pianificato di fare: è morto prima che potesse finire le biografie diNerva eTraiano e non esistono prove che il lavoro su Augusto e sui primi anni dell'Impero (con cui Tacito intendeva concludere il suo lavoro da storiografo) sia stato effettivamente espletato.
In confronto alleHistoriae, che favorivano il movimento di eserciti e masse, gliAnnales si focalizzano sui meccanismi dell'Impero e sulla sua corruzione: i protagonisti sono dunque i singoli imperatori, opposti al senato, erede dellalibertas repubblicana, ormai solo mero nome senza peso politico. Le figure dei principi sono indagate con introspezione psicologica: Tiberio è descritto come un esempio di falsità e dissimulazione nel presentare il proprio potere come rassicurante continuazione della legalità repubblicana; Claudio invece appare come un inetto privo di volontà, manovrato dai liberti e dalle donne di corte, mentre Nerone è il tiranno privo di scrupoli, la cui follia sanguinaria non risparmia né la madreAgrippina minore né il suo antico consigliereSeneca.
Nonostante ciò Tacito rimane convinto della necessità storica del principato, ma coglie l'ambiguità sulla quale è stato fondato da Augusto, che svuotando le magistrature repubblicane da ogni potere ha lasciato terreno fertile per la corruzione, l'intrigo e la decadenza morale; complice di una politica di degrado, dove l'avidità di potere regna sovrana, è anche il senato, diviso fra succube servilismo e sterili atteggiamenti di opposizione. Concordemente all'incupirsi della visione storica di Tacito lo stile degliAnnales accentua le disarmonie, riflettendo l'ambiguità degli avvenimenti e un moralismo sempre più pessimistico in un periodo nervoso e spezzato.
Tacito inoltre scrisse tre opere secondarie su vari soggetti: l'Agricola, una biografia del suocero Gneo Giulio Agricola; la Germania, una monografia sulle terre e le tribù di barbari della Germania; ilDialogus de oratoribus, un dialogo sull'arte dell'oratoria.
LaGermania (De origine et situ Germanorum) è un'opera etnografica su diversi aspetti delle tribùgermaniche residenti al di là dell'Impero Romano. LaGermania si inserisce perfettamente all'interno della tradizione etnografica che va daErodoto aCesare. Ciò non toglie che quest'opera si riveli anche come una creazione originale nell'ambito dei generi tradizionali delle letterature classiche, comprendendo anche parti storiche ma soprattutto "ideologiche", quasi "da pamphlet": intenzione neanche troppo nascosta dell'autore, infatti, è descrivere i puri e incorrotti costumi dei Germani per criticare indirettamente i corrotti e degenerati costumi romani. Non solo: anche per istituire una sorta di parallelo tra quello che erano i Germani allora (un popolo rude e semplice e per ciò stesso valoroso in guerra) con quello che i Romani erano stati e ora non erano più, sempre a causa della loro decadenza morale.
Tacito sostiene che i veri barbari siano i Romani poiché i Barbari rispetto ai Romani avevano un forte senso religioso e amavano la libertà, quest'ultima era quasi negata in questo periodo. Questo porta Tacito a "profetizzare" un futuro scontro tra i Germani e Roma in cui i popoli del Nord Europa potrebbero anche risultare vincitori («urgentibus imperii fatis»). L'opera incomincia con una descrizione delle terre, delle leggi e dei costumi dei Germani (capitoli 1-27); continua quindi con le descrizioni delle singole tribù, cominciando da quelle più vicine ai territori romani e terminando con quelle ai più estremi confini sulmar Baltico, con una descrizione dei primitivi e selvaggiFenni e di sconosciute tribù al di là di essi.
L'Agricola (scritto circa nel 98) è unamonografia dedicata alla vita di Gneo Giulio Agricola, suocero di Tacito, uomo politico ed eminente generale romano, noto per avere conquistato la Britannia. Corpo dell'opera è dunque costituito dalle imprese di Agricola in Britannia (capp.18–38), incorniciato da due parti simmetriche, rispettivamente il racconto della gioventù (capp. 4–9) e degli ultimi anni del protagonista (capp.39–46). È la prima opera scritta da Tacito, con la quale l'autore rompe il suo silenzio in seguito alla morte di Domiziano (che aveva mantenuto una politica di repressione del dissenso intellettuale); la biografia di Agricola anticipa dunque molti dei temi tipici della successiva produzione tacitiana: la questione della legittimità del principato (che Traiano vede come istituzione portatrice di pace) e della sua corruzione (dovuta al degrado delle virtù nell'epoca contemporanea), del silenzio fino ad allora tenuto da parte dell'autore, il problema dei confini dell'impero, le trattazioni etnografiche (anticipando alcuni dei caratteri dellaGermania, l'opera esamina anche la geografia e l'etnografia dell'antica Britannia), le digressioni di carattere storico (in cui già Tacito ricorre alla storiografia drammatica).
L'identificazione del genere letterario di appartenenza dell'Agricola è forse il suo aspetto più dibattuto negli studi, dai quali emergono una varietà di posizioni che varrebbero da sé a dimostrare la natura composita dell'opera. Saggio storico ed etnografico, biografia elogiativa, encomio,laudatio funebris econsolatio scritta in ritardo (a causa dell'assenza di Tacito da Roma nel 93, all'epoca della morte del suocero),pamphlet politico,laudatio composta per lettura pubblica: queste sono alcune delle chiavi di lettura che sono state proposte. Sembrerebbe che l'Agricola sia in realtà un incrocio di vari generi: si può dire che l'intento base dellalaudatio funebris prenda spessore nella dimensione della biografia, allargandosi a comprendere spezzoni di storia contemporanea. Per Tacito storico dunque, l'Agricola costituisce un passaggio fondamentale della sua formazione.
Infatti, quando fu composta l'Agricola, erano troppi gli interessi in campo perché l'opera potesse avere una chiave di lettura unitaria. Si ricordi infatti che era appena finito il quindicennio di silenzio coatto di Domiziano (81-96 d.C.), e Tacito avvertiva l'esigenza di lasciare una memoria storica che, benché si incardinasse sulla figura del suocero, lo coinvolgesse da vicino: molte delle esperienze vissute dal suocero durante la tirannide venivano infatti ritrovate da Tacito nelle sue stesse esperienze, permettondogli di riflettere nei suoi comportamenti. L'esempio di Agricola non riguarda quindi un astratto modello di virtù, ma coinvolge il modo di vivere e comportarsi in momenti di tirannide, definendo un esempio per le generazioni future.
Degni di nota sono l'introduzione (nella quale l'autore lancia una dura invettiva contro l'abbandono delle virtù nella Roma imperiale) e il celebre passo del discorso pronunciato daCalgaco (capo deiCaledoni), mentre incita i suoi soldati prima dellabattaglia del monte Graupio (cap. XXX). Seguendo i canoni della storiografia drammatica antica, Tacito costruisce un discorso in cui mette in bocca a Calgaco una dura accusa verso l'avidità e l'imperialismo romano:
(latino) «Raptores orbis, postquam cuncta vastantibus defuere terrae, mare scrutantur; si locuples hostis est, avari, si pauper, ambitiosi, quos non Oriens, non Occidens satiaverit; soli omnium opes atque inopiam pari adfectu concupiscunt. Auferre, trucidare, rapere falsis nominibus imperium, atque ubi solitudinem faciunt, pacem appellant.»
(italiano) «Predatori del mondo intero: quando alle loro ruberie vennero meno le terre, si misero a frugare il mare. Se il nemico è ricco, eccoli avidi; se è povero, diventano arroganti. Né Oriente né Occidente potranno mai saziarli: soli fra tutti gli uomini riescono a essere ugualmente avidi della ricchezza e della povertà. Depredare, trucidare, rubare essi chiamano con il nome bugiardo di impero. Dove passano, creano deserto e lo chiamano pace.»
(Publio Cornelio Tacito,La vita di Agricola, Newton Compton editori, trad. Gian Domenico Mazzocato)
Tanto famoso è questo brano da rendere proverbiale la locuzione:Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant. In realtà però Tacito non era a priori contro l'espansione dei confini dell'impero (negliAnnales rimprovera a Tiberio la politica di non espansione); piuttosto era critico verso l'atteggiamento di sfruttamento delle popolazioni conquistate.
La data di composizione delDialogus è incerta, ma fu probabilmente scritto dopo l'Agricola e laGermania (dopo il 100 d.C.), ma alcuni ne datano la composizione tra il 75 e l'80 e la pubblicazione dopo la morte di Domiziano. Molte caratteristiche lo distinguono dagli altri scritti di Tacito, tanto che l'autenticità fu a lungo messa in discussione, nonostante esso, nella tradizione manoscritta, compaia sempre con l'Agricola e laGermania.
Lo stile (oltre alla scelta del genere letterario) entra nella tradizione del dialogociceroniano, modello di riferimento per le opere che, come questa, trattavano di retorica; esso si presenta elaborato ma non prolisso, secondo il canone che esortava l'insegnamento di Quintiliano; esso manca delle incongruenze che sono tipiche delle maggiori opere storiche di Tacito. Potrebbe risalire alla giovinezza di Tacito; la dedica aFabiu Iustus potrebbe così indicare soltanto la data di pubblicazione dell'opera e non della sua stesura. Lo scritto riferisce una discussione, che si immagina sia avvenuta nel 75 o 77, e a cui dice di avere assistito, fra quattro oratori dell'epoca,Curiazio Materno, Marco Apro,Vipstano Messalla[49][50] e Giulio Secondo. All'inizio Marco Apro rimprovera a Curiazio Materno di accantonare l'eloquenza per dedicarsi alla poesia drammatica: se ne ricava una discussione in cui Materno sostiene il primato della poesia e Apro dell'eloquenza; segue un dibattito sulla decadenza dell'oratoria, che viene attribuito da Messalla all'educazione moderna e da Curiazio Materno alla fine della repubblica e di quella anarchia che offriva libero campo ai conflitti, non solo verbali.
Tacito non esprime un parere diretto ma sembra identificarsi perlopiù con le opinioni espresse da Curiazio Materno, che indica nel regime liberticida e assolutista dell'età Flavia la causa principale della decadenza oratoria (pur non identificandosi completamente in esse: il riconoscimento della necessità del principato non esclude espressioni amaramente rassegnate e la sfiducia nel recupero della grande eloquenza repubblicana) contrariamente a quanto sostenevaPlinio il Giovane, il quale individua la causa della decadenza dell'arte oratoria nella cattiva istruzione della scuola, a quanto sostenevaQuintiliano, che attribuiva a tale causa il degrado della società o a quanto sostenevaPetronio all'interno delSatyricon.
Complessivamente Tacito fu uno storico scrupoloso, attento e preciso, ove il pragmatismo e l'obiettività erano per lui elementi di ricerca storica non meno che per gli storici moderni. Questi criteri coesistono però con altre tendenze (moralismo, punto di vista senatorio, storia intesa come spazio drammatico epessimismo), che a volte si interpongono, facendo velo alla 'storicità formale', creando cioè l'impressione che lo storico si dimentichi per un istante della ricostruzione oggettiva degli eventi e insegua effetti diversi: retorici, narrativi o politici[51].
Merito diMusti è, nel suo studio sul pensiero romano, l'avere distinto lastoricità formale (di chi scrive storie continuate, formate sugli avvenimenti) dallastoricità reale, misurabile su due fattori inscindibili: 'la ricerca di notizie attendibili e/o documentate, e la loro proiezione su un piano più generale, che sia di valido fondamento per una ricostruzione e valutazione complessiva di una situazione o di un personaggio; insomma, il particolare sicuro e attendibile, da un lato, e il quadro generale, reso verosimile dalla giusta disposizione e ponderazione dei singoli dati, dall'altro'[52]. In questo ambito si possono recuperare gli elementi di tipo psicologico, narrativo o di altro genere, nella storiografia, nella loro funzionalità e inquadrandoli nella delineazione di un complesso, che nell'Agricola è unitario e consapevole, non di meno che nelleHistoriae e negliAnnales.
Infatti, sebbene paradossalmente fosse uno storico "politicamente impegnato" e, talvolta, tendenzioso, ciò non esclude l'attendibilità generale né l'incidenza sulle biografie personali elimina l'attenzione, per quanto sommaria, agli eventi militari, amministrativi e soprattutto alla situazione etico-politica[51].
Le piccole inesattezze che si riscontrano negliAnnales potrebbero derivare dal fatto che Tacito morì prima di terminare la sua opera e di farne una rilettura completa. In qualità di senatore, aveva facile accesso ai documenti ufficiali degliActa Diurna populi Romani (atti di governo e notizie su quanto avveniva nell'Urbe) e degliActa senatus (i verbali delle sedute del senato) tra cui le raccolte dei discorsi di alcuni imperatori, come Tiberio e Claudio[51].
Utilizzò anche una grande varietà di fonti storiche e letterarie di diversa provenienza, come opere di autori del I secolo, comeAufidio Basso eServilio Noniano, per l'epoca di Tiberio,Cluvio Rufo[53], Fabio Rustico ePlinio il Vecchio, autore deiBella Germaniae ("Le guerre in Germania"), per l'età neroniana.
Inoltre, accanto a questi, fece sovente uso di epistolari, memoriali (negli Annales sono citati quelli diAgrippina e probabilmenteDomizio Corbulone) e libelli come gliexitus illustrium virorum[51]: una serie di scritti riguardo a coloro che si erano opposti all'imperatore e da essi stessi redatti, in altri termini raccontavano il sacrificio dei martiri per la libertà, soprattutto di coloro che si erano suicidati seguendo la moralestoica. Al riguardo, tuttavia, occorre sottolineare quanto Tacito si sia servito di tale materiale per dare un tono drammatico alla sua storia, senza appoggiare la teoria del suicidio, a suo dire gesto ostentato e politicamente inutile.
In conclusione, se in passato si riteneva che Tacito usasse una sola fonte, almeno per ciascuna sezione delle opere maggiori, attualmente, è predominante la teoria per cui lo storico si sia servito di una molteplicità di fonti, talune anche di opposta tendenza e manipolate con una certa libertà[51].
Tacito fu estremamente attento e competente nell'esposizione, nel lessico e nell'uso di diversi registri linguistici che riflettono i suoi modelli[54].
Infatti dalla storiografia greca aveva tratto la capacità di sviscerare eventi complessi in un'esposizione chiara e lineare e l'attenzione ai caratteri, ai soggetti del "dramma storico", di cui fu capace di analizzare, con pochi tratti, le emozioni e la mentalità, in modo da fornire al lettore un quadro completo delle loro personalità, spesso contrastate e contraddittorie[54].
Dalla storiografia romana, invece, in modo particolare daGaio Sallustio Crispo, si riprende la forma annalistica: una cornice per racchiudere le interpretazioni politiche degli eventi e il dramma delle azioni umane[54].
Tuttavia ciò che maggiormente impressiona il lettore è l'uso magistrale della parola cui riesce a conferire forza, ritmo e colore: lo stile è elevato, solenne, poetico, tipico della tradizione romana e, come il pensiero, rifugge dalla morbidezza artificiosa[54]. Il periodo è secco, conciso, dettato da una forte "inconcinnitas" o asimmetria che rompe ogni facile equilibrio delle frasi in modo tale da enfatizzare, talvolta assai rudemente, determinate parole o determinati concetti creando un impatto formidabile[54]. Sono esempio di tale stile i primi libri degli Annales, incentrati sulla figura sfumata, ambigua, diTiberio ma in ogni caso l'inconcinnitas permea tutte le opere dello storico.
L'opera di Tacito, se certamente non forniva per l'epoca una fonte semplice della storia imperiale, tuttavia, riscosse una forte simpatia presso l'aristocrazia per il pensiero politico dello storico, fu letta e copiata fino a quando, nel IV secolo,Ammiano Marcellino proseguì il lavoro, riprendendone lo stile. Ancor oggi gli studiosi considerano gli scritti di Tacito come una fonte autorevole, anche se spesso critica, per ricostruire la storia delPrincipato mentre continuano a essere apprezzate come capolavori stilistici[54][55].
Sebbene questo sia quanto di più possibile vicino a un punto di vista neutrale nell'antichità, si è discusso molto accademicamente sulla pretesa "neutralità" di Tacito (o "parzialità" per altri, cosa che renderebbe la citazione precedente nulla più che una figura retorica).
In incerto iudicium est, fatone res mortalium et necessitate immutabili an forte volvantur[56]. Questa la frase da cui si rivela tutta l'incertezza dell'analisi storiografica tacitiana: egli non si appoggia a un generale disegno filosofico, ma analizza e indaga in modo autonomo il comportamento umano,sine ira et studio, in una prospettiva squisitamente politica. Nonostante nei suoi racconti accadano segni e prodigi (non mancano inoltre accenni alla religione romana), Tacito tende a escludere, quasi in sensoepicureo, come regola per gli avvenimenti l'intervento divino. Gli accadimenti umani sono responsabilità solo degli uomini, vittime talvolta dei loro stessi crimini, contro i quali spicca la serenità degli dei. Difatti attraverso i suoi scritti, Tacito sembra primariamente interessarsi alla distribuzione del potere tra il Senato Romano e gli imperatori. Tutti i suoi scritti sono pieni di aneddoti di corruzione e di tirannia fra le classi di governo a Roma, dal momento che esse avevano fallito nel riassesto del nuovo regime imperiale. Gettarono via le loro tanto amate tradizioni culturali di libertà di parola e di rispetto reciproco quando incominciarono a cedere a loro stessi pure di fare piacere all'imperatore, spesso inetto (e quasi mai benevolo). Un altro tema ricorrente è l'importanza, per un imperatore, di avere simpatie nell'esercito per salire al comando (e rimanerci). Si noti comunque come la posizione di Tacito non sia ben definita in questo problema: il suo scetticismo coinvolge non solo il soprannaturale ma anche la natura degli uomini, nonostante riconosca nella storia un certo margine di casualità che rende ancora più cupa la visione degli eventi.
Su queste basi Tacito rivolse l'occhio alle vicende storiche vicine. Lo scrittore trascorse la maggior parte della sua carriera politica sotto l'imperatore Domiziano, cioè sotto un regime di persecuzione degli oppositori e dei dissidenti, e non poteva quindi, da senatore quale era, non considerare la fine della repubblica un'iniqua cessione della libertà in cambio di una misera pace. La sua amara e ironica riflessione politica può essere spiegata dalla sua esperienza della tirannia, della corruzione e della decadenza tipica del suo periodo (81-96). Tacito tentò di mettere in guardia la società romana dai pericoli derivanti da un potere poco comprensibile ai più, da un amore per il potere non temprato da principi etici validi e dalla generale apatia e corruzione del popolo, problemi sorti a causa della ricchezza dell'impero che permise la nascita di tali aspetti negativi. L'esperienza della tirannia di Domiziano può inoltre essere vista come la ragione di un ritratto per nulla gentile della gens Giulio-Claudia, resoci da Tacito negli Annales. Tuttavia Tacito è convinto della necessità dell'impero e non sembra avere rimpianti perl'ultima repubblica, dove la vita dei cittadini era messa regolarmente a repentaglio a causa delle turbolenze politiche.
D'altronde Tacito sembra convinto, risentendo forse dell'anonimoDel Sublime, che non sia possibile l'esistenza di una forma politica o sociale che sia capace di resistere di fronte alla corruzione dei costumi: mentre presso i Germaniplusque ibi boni mores valent quam alibi bonae leges[57], a Roma non sembrava bastare lafelicitas temporum inaugurata daNerva eTraiano, per il recupero deiboni mores, difatti: 'per la natura della debolezza umana, i rimedi sono più lenti dei mali e, come i nostri corpi crescono lentamente ma si estinguono di colpo, così si potrebbero più facilmente soffocare che richiamare in vita le attività dell'ingegno: infatti si insinua proprio il piacere dell'inerzia stessa, e l'inattività, dapprima odiosa, alla fine è amata'[58]. Fu forse proprio questo pessimismo radicale a impedire a Tacito di narrare il principato di Traiano come epoca felice, come si era proposto di compiere nel terzo capitolo dell'Agricola. Nonostante questo l'immagine di Tiberio presentata nei primi sei libri degli Annali non è né tragica né positiva: molti studiosi ritengono che l'immagine di Tiberio descritta nei primi libri sia prevalentemente positiva, mentre nei libri seguenti, a causa della descrizione degli intrighi di Seiano, diventa prevalentemente negativa. Nonostante questo, l'arrivo dell'imperatore Tiberio presentato nei primi capitoli del primo libro è una storia di crimini, dominata dall'ipocrisia sia del nuovo imperatore che stava salendo al potere, sia di chi gli stava attorno; e nei libri seguenti si può trovare una qualche forma di rispetto nei confronti della saggezza e intelligenza del vecchio imperatore che ha preferito allontanarsi da Roma per rendere saldo il suo ruolo. In generale dunque, Tacito non si fa problemi nel dare, nei confronti di una stessa persona, a volte un giudizio di rispetto e altre volte un giudizio di disprezzo, spiegando spesso in maniera aperta quali sono le qualità che lui giudica lodevoli e quali quelle che giudica spregevoli. Una caratteristica di Tacito è quindi il non schierarsi in maniera definitiva a favore o contro le persone che descrive, permettendo ai posteri la possibilità di interpretare le sue opere come una difesa del sistema imperiale o come un suo rifiuto. Una migliore descrizione dell'opera di Tacito "sine ira et studio" è difficilmente spiegabile.
(latino) «Auguror nec me fallit augurium, historias tuas immortales futuras.»
(italiano) «Prevedo, e possano le mie previsioni non tradirmi, che le tue storie saranno immortali.»
(Plinio il Giovane, epistola 33)
Tacito non fu particolarmente apprezzato nella tarda antichità e ancora meno nelMedioevo. Delle sue opere meno di un terzo è conosciuto e sopravvissuto: dipendiamo da un unico manoscritto per i libri I-VI degliAnnales e da un altro per i libri XI-XVI oltre che per i cinque libri delleHistoriae[59] anche perché l'antipatia mostrata nei confronti di ebrei e cristiani dell'epoca, lo rendevano assai impopolare presso i dotti medievali, quasi sempre ecclesiastici.
NelRinascimento, tuttavia, le sue sorti si capovolsero e la sua presentazione drammatica della prima età imperiale ben presto gli fece guadagnare il rispetto dei letterati dell'epoca, fino a quando, secoli più tardi, l'undicesima edizione dell'Encyclopædia Britannica lo ricordò come il più grande storico Romano non solo per lo stile ma anche per l'insegnamento morale e la narrativa drammatica.
Tuttavia, oltre che come storico, Tacito divenne importante anche come teorico politico[60] tanto cheGiuseppe Toffanin individuò due schieramenti di commentatori del testo classico: «i tacitisti neri» (Scipione Ammirato,Virgilio Malvezzi), coloro che leggono Tacito come contestatore del potere assoluto dei monarchi, e «i tacitisti rossi»,Traiano Boccalini l’unico in Italia, che vedono nello storico il demistificatore dei principi.[61][62]
«...late fusum id corpus. Hinc plerumque tribus, decurias, ministeria magistratibus et sacerdotibus, cohortes etiam in urbe conscriptas; et plurimis equitum, plerisque senatoribus non aliunde originem trahi: si separarentur libertini, manifestam fore penuriam ingenuorum.»
«Invenimus in monumentis Salamine Euthymenis filium in tria cubita triennio adcrevisse, incessu tardum, sensu hebetem, puberem etiam factum, voce robusta, absumptum contractione membrorum subita triennio circumacto. Ipsi non pridem vidimus eadem ferme omnia praeter pubertatem in filio Corneli Taciti, equitis Romani Belgicae Galliae rationes procurantis. Ἐκτραπέλους Graeci vocant eos; in Latio non habent nomen.»
^Vipstano Massalla, inTreccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.URL consultato il 21 settembre 2013.
^Vipstano Messalla (lat. Vipstanus Messalla). - Partigiano di Vitellio (sec. 1º d. C.), si segnalò nella guerra contro Vespasiano (69). Valente oratore, scrisse una storia della sua epoca, della quale restano alcuni frammenti. È uno degli interlocutori del Dialogus de oratoribus di Tacito.
^art. cit. pag. 225-226 di D. Musti,Il pensiero storico romano, inLo spazio letterario di Roma antica, vol I, Salerno, Roma, 1989, pp. 177-240: in particolare su Tacito le pp. 217-227, con un'importante messa a punto dei caratteri che regolano la storicità nella biografia
«Clùvio Rufo (lat. Cluvius Rufus). - Storico latino (I secolo d. C.); fu console prima del 65, poi governatore della Spagna Tarraconese (68-69). Le sue storie, che comprendevano parte dell'impero di Caligola, l'impero di Claudio e di Nerone, e forse anche alcuni avvenimenti del 69, furono con ogni probabilità fonte degli Annali di Tacito»
^Donald R. Dudley. Introduction to:The Annals of Tacitus. NY: Mentor Book, 1966. p. xiv: "No other writer of Latin prose — not even Cicero — deploys so effectively the full resources of the language"
^Sono in dubbio se credere che le vicende umane siano mosse dal destino e da una necessità immutabile o dal caso,Annales VI 22
^Germania 19,2 Sentenza epigrammatica tipica dell stile di Tacito, chiude il capitolo comparando i 'buoni' costumi dei Germani (ibi) alle 'buone leggi' vigenti a Roma (alibi), riferendosi alle treleges Iuliae promulgate da Augusto nel 18 a.C. e allalex Papia Poppaea del 9 a.C., che avevano cercando invano di regolare una materia colpita dalla scomparsa dei valori delmos maiorum.
^ Assunta Tirri,"Canzone sulla Ragion di Stato" di Tommaso Stigliani a Raffaello della Torre, in Girolamo de Miranda (a cura di),Aprosiana. Rivista annuale di studi barocchi, vol. 9, 2001, p. 140,ISSN 1590-993X (WC ·ACNP).
Claudio Buongiovanni,Sei studi su Tacito, Napoli, Loffredo, 2005,ISBN88-7564-095-5.
Emanuele Ciaceri,Tacito, Torino, Unione tipografico-editrice torinese, 1941.
Pierre Grimal,Tacito. Lo scrittore e il moralista, lo storico e il politico tra la decadenza dei Cesari e il secolo d'oro degli Antonini, Milano, Garzanti, 1991,ISBN88-11-69301-2.
Alain Michel,Tacito e il destino dell'impero (Tacite et le destin de l'empire), Traduzione diAlfredo Salsano, prefazione di Pierre Grimal, Torino, G. Einaudi, 1973 (Collana: Piccola Biblioteca, n. 220).
Oliver P. Revilo,The First Medicean MS of Tacitus and the Titulature of Ancient Books. Transactions and Proceedings of the American Philological Association, 1951.
Oliver P. Revvilo,The Praenomen of Tacitus, The American Journal of Philology, 1977.