Jan de Wespin, dettoil Tabacchetti (Dinant,1568 circa –Costigliole d'Asti,1615 circa), è stato unoscultore earchitettofiammingo, che operò soprattutto inPiemonte nel campo dell'artesacra.
Il soprannome sembra essere la italianizzazione di "Tabaguet", applicato alla famiglia originaria diCamasco, inValsesia[1]. Fu coadiuvato dal fratello Nicolas (Dinant, ca.1577 - ?, dopo il1616): l'appellativoi Tabacchetti si riferisce ai due fratelli.
Nato nella città fiamminga di Dinant, ben poco si sa sulla sua iniziale attività nelleFiandre, né si hanno notizie sulle vicende che lo portarono inPiemonte, ove, assieme al fratello Nicolas, si trovò ad operare come "plasticatore" tra la fine delXVI e i primi due decenni delXVII secolo nell'ambito di quel nutrito gruppo di artisti impegnati nei cantieri dei Sacri Monti.
Lì dovette ingegnarsi a raccordare, nella produzione di statue in terracotta policroma, il suo linguaggio nordico con quello degli altri plasticatori italiani e, specialmente, con quello degli affreschi eseguiti, sulle pareti delle cappelle che accoglievano le sue statue, da esponenti di primo piano delmanierismo, ricco di fermentiprebarocchi, di area piemontese - lombarda, comeGuglielmo Caccia detto il Moncalvo ePier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone.
Decisivo fu il suo intervento alSacro Monte di Crea come scultore, ma anche come progettista dell'architettura di alcune cappelle e come autore del progetto stesso del percorso devozionale.
I deterioramenti e le ferite belliche subiti dal Monte di Crea, rendono difficili le attribuzioni ai vari artisti impegnati nella fase iniziale di edificazione. Tra gli apparati decorativi assegnati al Tabacchetti va citatoin primis quello della affollatissimaCappella del Paradiso, ritenuta la sua opera di maggior impegno artistico[2]; poi quelli della cappella delMartirio disant'Eusebio, dellaConcezione di Maria, delloSposalizio di Maria, dell'Annunciazione e delleNozze di Cana. In quest'ultima cappella (1605), la tradizione vuole che i due commensali, che compaiono in vesti eleganti sulla destra del tavolo, siano le figure stesse dei fratelli Tabacchetti[3].
Prese anche parte ai lavori delSacro Monte di Varallo. Una sua prima presenza è documentata tra il 1585 ed il 1589 nei lavori per la cappella I,Il Paradiso terrestre, (sue sono le statue di Adamo ed Eva ) e nella cappella XII,Le tentazioni di Cristo. Lo ritroviamo a Varallo negli anni tra il1599 ed il1602 impegnato, a fianco conGiovanni d'Enrico, nella realizzazione delle statue della Cappella XXXVI,La salita al Calvario, opere nelle quali egli mette in risalto tutte le sue doti di scultore realista.
La critica ha alquanto ridimensionato il suo intervento a Varallo: si tenga conto che nel1888, lo scrittore ingleseSamuel Butler, appassionato studioso deiSacri Monti, lo riteneva uno degli artefici di maggior rilievo che avessero lavorato a Varallo. Molte errate attribuzioni (compresa quelle del "vecchietto"[1]Archiviato il 4 marzo 2016 inInternet Archive. dellaDeposizione, che Butler riteneva essere "forse la più bella statua del Sacro Monte") sono state "restituite" al catalogo diGiovanni d'Enrico.
È stata anche messa fortemente in dubbio la vecchia ipotesi di un apprendistato di quest'ultimo come aiuto del Tabacchetti.
L'intervento più importante che egli eseguì a Varallo è l'allestimento scultoreo per la cappella dellaSalita al Calvario (1599-1600). Riconosciamo in quest'opera il verismo di maniera proprio dell'arte fiamminga, fatto di un linguaggio fluido ed attento, con un marcato gusto per i dettagli ad effetto (come l'orrendo volto del "gozzuto" che incita Gesù a rialzarsi).
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