Lesponsorizzazioni nelcalcio italiano sono una pratica commerciale – relativa siasquadre di club enazionali, oltrechécampionati, coppe e singoligiocatori – permessa e regolamentata dalla fine degli anni 1970, ma che già nei decenni precedenti aveva visto numerosi tentativi di applicazione.
Fin dagli albori delcalcio in Italia, iclub hanno cercato di ottenere profitti legandosi a deglisponsor. Questo era l'obiettivo delle stesse aziende, che vedevano ovviamente nelcalcio un efficacemedium perpubblicizzare i propri marchi e prodotti,[3] grazie alla sua popolarità che ne fece in breve lo sport nazionale per eccellenza.[4]
La pratica delle sponsorizzazioni – riguardante sia fornitori tecnici che sponsor commerciali[5][6] – venne però a lungo severamente osteggiata e proibita dallaFederazione Italiana Giuoco Calcio, che per molti decenni vietò alle società di "sporcare" le divise da gioco con dei marchi estranei al mondo del calcio;[7] tutto ciò a differenza di quanto invece già accadeva, contemporaneamente e con più libertà, in altre discipline a carattere nazionale qualiciclismo,pallacanestro epallavolo: il connubio sport-sponsor era infatti generalmente malvisto, in quanto si riteneva che la purezza dell'agonismo dovesse essere in qualche modo salvaguardata da qualsiasi venalità commerciale.[8]
Nel 1925 ilregime fascista all'epoca al potere in Italia istituì l'Opera Nazionale del Dopolavoro, associazione atta al compito di occuparsi del tempo libero dei lavoratori attraverso varie attività, nelle quali era compresa quella sportiva. In questo ambito molte aziende crearono così la propria squadra di calcio composta dai propri lavoratori, oppure contribuirono ad affiancare il loro nome a quello di squadre già esistenti (in particolare di livello dilettantistico) consentendo ai propri dipendenti di affiliarsi a queste società:[9] fu il caso delCRDA Monfalcone (Dopolavoro AziendaleCantieri Riuniti dell'Adriatico Monfalcone, portò questo nome fino al 1964),[10] delBPD Colleferro (dopolavoro dell'azienda chimicaBombrini Parodi Delfino), dellaSIAI Marchetti (dopolavoro dell'omonima ditta aeronautica con sede a Sesto Calende, che nel 1934 acquisì la società della Sestese, cambiando poi nome in Savoia Marchetti nel 1938), dellaCirio (dopolavoro dell'omonima azienda alimentare, portò questo nome dalla nascita nel 1935, alla fusione con l'Internapoli nel 1964) e delMarzotto Valdagno (dopolavoro del lanificioMarzotto, noto come Dopolavoro Aziendale Marzotto (DAM) Valdagno dal 1926 al 1946 e come Marzotto Valdagno dal 1946 al 1970).
Tuttavia si era ancora lontani dal concetto di sponsorizzazione, seppur le aziende cominciassero a entrare nel mondo del calcio. L'associazione dopolavorista mise però le basi per le modalità dell'abbinamento.[9]

Per ovviare al divieto dellaFederazione, tra i club italiani iniziò a farsi strada la formula dell'abbinamento, consistente nell'affiancare il nome di un'azienda alla denominazione societaria di un club sportivo, unendo le rispettive ragioni sociali.[12][13] Come ancora oggi stabilisce ilRegolamento delle divise da gioco, la FIGC e laLega Calcio hanno ilveto sul disegno delle maglie ma non sullo stemma societario di un club: una squadra può quindi scegliere liberamente il proprio nome e il proprio stemma, senza il rischio di violare le regole e incorrere in sanzioni.
Precursore di ciò può essere inteso quanto accadde a Torino durante gli anni dellaseconda guerra mondiale. Per proseguire l'attività agonistica in una situazione di emergenza, e soprattutto evitare ai propri tesserati la chiamata alle armi,Juventus eTorino[14] si associarono ai gruppi sportivi delle case automobilistiche cittadineCisitalia eFIAT rispettivamente, facendo così passare i loro calciatori come operai necessari al fabbisogno nazionale e quindi esentati dal servizio di leva: sorsero così nel 1944 i fugaci connubi dellaJuventus Cisitalia e delTorino FIAT[11] poi sciolti al termine del conflitto.

Durante questi brevi intermezzi, i bianconeri non vivranno mutamenti sulla loro maglia – pur se gli organi di stampa identificarono sovente la formazione col solo nomeCisitalia –, mentre i granata apporranno sui petti delle loro casacche, a mo' di stemma societario, il logo dell'azienda dellafamiglia Agnelli.[15]
Approfittando di questo vuoto normativo, è nelsecondo dopoguerra che la pratica dell'abbinamento prese piede nel mondo del calcio italiano. Tra i vari esempi affacciatisi nellastoria della Serie A, il più noto, fortunato e longevo rimane quello delLanerossi Vicenza, risultato dell'acquisizione della squadra berica da parte delLanificio Rossi;[1][2] l'azienda aveva peraltro già attuato la medesima operazione con le compagini minori delloSchio e del Piovene nei primi anni 1940.[16] La nuova società vicentina si contraddistinse subito per la caratteristica "R", spesso colorata diblu, inserita come stemma sulle maglie, a richiamare ilmarchio del lanificio:[1][2] questo abbinamento, nato nel 1953, proseguirà con successo fino al 1990 (anche se la "R" scomparve dalle maglie biancorosse già nel 1989), ben oltre la legalizzazione delle sponsorizzazioni in Italia, e finendo per radicarsi stabilmente nella tradizione sportiva berica. Nella stagione 2001-2002 la storica "R" è tornata una prima volta, momentaneamente, sulle casacche vicentine in occasione del centenario della società,[17] per poi ritornare a essere stabilmente presente dal 2006 comesecondary logo sulle maglie. A seguito della rifondazione societaria del 2018, il neonatoLanerossi Vicenza Virtus ha infine riadottato la "R" come proprio stemma ufficiale.[18]

Altre società seguirono a ruota i berici, portando all'immediata nascita di operazioni analoghe come ilSimmenthal-Monza (1955-1964),[19] l'Ozo Mantova (1955-1960),[20] ilSarom Ravenna (1954-1964)[21][22] e loZenit Modena (1957-1959).[9][23] Non altrettanto fortunato fu il tentativo delTalmone Torino, abbinamento messo in piedi nella stagione 1958-1959 tra i granata e l'azienda dolciaria piemontese: la fallimentare annata della squadra, culminata con la primaretrocessione della loro storia (peraltro nel decimo anniversario dellastrage di Superga), portò a chiudere anzitempo l'esperimento e a rimuovere immediatamente la grande "T"bianca dalle divise granata.[2][24]
Anche nelle serie minori si ebbero casi di abbinamento. Tra le più note laBPD Colleferro, che per via dell'acquisizione della squadra da parte dellaBombrini Parodi Delfino aveva cambiato denominazione già nel 1931,[25] inserendo poi lo stemma "B.P.D." sulle maglie con la stagione1952-1953.[26][27] Negli stessi anni ci furono ilCircolo Sportivo Rizzoli (attivo dal 1948 al 1964, emanazione del circolo dei lavoratori dell'omonima casa editrice),[28] laFalck Vobarno e laFalck & Arcore (1946-1966),[29] laElah Genova, laLilion Snia Varedo (1947-1973)[30] e laChinotto Neri (1950-1957),[31] alla quale succedette laFEDIT.[32] Altro caso di abbinamento si ebbe con la MaCoBi Asti,[33] nata nel 1966 per volere dell'industriale tessile Bruno Cavallo, allora vicepresidente del Torino e membro della dirigenza dell'Asti, allontanatosi da quest'ultimo per incomprensioni, e poi fusa con l'AC Asti nel 1968 dando vita al Gruppo Sportivo Asti Ma.Co.Bi che mantenne questo nome fino al 1980. Sorte simile a quella dell'Ascoli che nel 1955, in un periodo di difficoltà economiche, venne aiutata dall'imprenditoreCino Del Duca il quale, tramite una fusione con la squadra di sua proprietà, laDel Duca (sponsorizzata dalla casa editrice Éditions Mondiales Del Duca), diede ossigeno alle casse della nuova società, rinominata poiDel Duca Ascoli fino al 1972.[34]

La formula era però destinata ad avere vita breve: cogliendo proprio l'esperienza negativa del Talmone Torino,[9] verso la metà degli anni 1960 la Federazione bandì la pratica dell'abbinamento per le squadre militanti nei campionati di vertice:[8] il soloLanerossi poté continuare a fregiarsi del doppio titolo, in virtù di una speciale concessione.[1][2][35] Tuttavia le squadre dei campionati minori e quelle che mantenevano il nome storico derivante dal dopolavoro degli anni del fascismo, poterono ancora usufruire di questa pratica.
Dagli anni 2000 si assisterà a un ritorno della pratica dell'abbinamento. L'esempio più duraturo riguarda laVirtus Verona, per tradizione sportiva la terza squadra della città di Verona, e che dal 2003, a seguito di un accordo di sponsorizzazione con Vecomp,[36] muta la propria denominazione dapprima inVirtus Vecomp e poi nell'odiernoVirtusvecomp Verona. Tra le altre, nella stagione 2005-2006 ilCervia, squadra protagonista del programma televisivoCampioni, il sogno, cambia nome inVodafone Cervia sponsorizzato dalla compagnia telefonicaVodafone.[37] Dalla stagione 2010-2011 a quella 2013-2014, ilCastiglione, militante in Serie D e sponsorizzato dallaSterilgarda Alimenti, cambia denominazione inSterilgarda Castiglione.[38] Nella stagione2016-2017 ilFondi, di proprietà dell'Università degli Studi "Niccolò Cusano", cambia denominazione inUnicusano Fondi;[39] al termine dell'annata il binomio si scinde a causa di un cambio di proprietà, tuttavia l'ateneo non lascia l'ambiente calcistico rilevando laTernana, che per la stagione 2017-2018 cambia denominazione inTernana Unicusano.[40]
Fino agli anni 1970, l'unica strada percorribile dagli sponsor per ottenere visibilità nel calcio italiano era limitata allacartellonistica neglistadi e allapubblicità neimass media; in questo senso, è rimasto famoso l'operato dellaStock, che coi suoislogan pubblicitari all'interno delprogramma radiofonicoTutto il calcio minuto per minuto dedicati albrandy Stock 84, vide accrescere notevolmente la sua notorietà nel Paese.[35][41]

Si dovrà attendere la seconda metà del decennio per avere un punto di svolta nella situazione. Nel 1974 c'è un primo via libera alle sponsorizzazioni personali deicalciatori, col riconoscimento del diritto d'immagine a scopo pubblicitario:[13][35] volti noti della Serie A comeRoberto Bettega,Roberto Boninsegna,Giacinto Facchetti eSandro Mazzola,[5] insieme all'emergenteGiancarlo Antognoni[42] e al tecnicoNereo Rocco, furono tra i primi a prestare il proprio nome e la propria fama agli sponsor. Una convenzione del 23 luglio 1981 (successivamente rivista il 27 luglio 1984, e nuovamente il 18 giugno 1987) traLega Nazionale Professionisti,Lega Nazionale Serie C eAssociazione Italiana Calciatori disciplina questo rapporto, stabilendo che una società può sfruttare l'immagine di un calciatore nel momento in cui questo onora il contratto per cui è retribuito, cioè in partita e negli allenamenti, mentre un giocatore può decidere liberamente della propria immagine quando è lontano dal campo e non indossa i colori sociali del club.[5]
Negli anni successivi, alcuni di questi accordi a livello personale andranno a influire con quelli presi dalla squadra verso uno sponsor (come nel caso di Paolo Rossi che si vedrà più avanti, nel 1979[43]). Il caso più comune era quello in cui a un giocatore, sotto contratto personale con un fornitore tecnico, veniva impedito da quest'ultimo di esibire lo sponsor tecnico della squadra di appartenenza sulle divise da gara. Tuttavia queste problematiche divennero sempre più rare nel corso degli anni, fino a scomparire, grazie anche ai nuovi spazi che hanno trovato gli sponsor sull'equipaggiamento calcistico dei giocatori, e lasciati "liberi" dal fornitore tecnico della squadra, come gli scarpini o (nel caso dei portieri) iguantoni.

Seppur già dai primi anni 1970 alcuni club italiani tentarono fugaci, ufficiosi e clandestini esperimenti riguardanti le forniture tecniche, è solo nell'ottobre 1978 che laFederazione, con la creazione della Promocalcio (struttura a scopo commerciale istituita per studiare e regolamentareTotocalcio,diritti TV e sponsorizzazioni),[1][46] per la prima volta consentì ufficialmente l'inserimento sulle divise da gioco di piccoli marchi commerciali,[1] secondo le norme fissate da una circolare della Lega del precedente 13 luglio:[47] come accennato, l'autorizzazione riguardava esclusivamente i fornitori tecnici, che potevano mostrare il propriologo su maglia, pantaloncini e calzettoni per uno spazio non superiore a 12centimetri quadrati (poi portati a 16 cm²),[1] ma tanto bastò per segnare un'epoca, e per dare il via a una serie di decisioni irreversibili che da lì a pochi anni cambiarono radicalmente il panorama calcistico italiano.
La stagione 1978-1979 fu dunque la prima a permettere alle squadre italiane, in corso d'opera, di esporre sulle proprie divise da gioco un marchio commerciale, seppur molto piccolo e riguardante unicamente il settore tecnico: in totale, 13 squadre su 16 diSerie A sfruttarono questa possibilità.
Caso particolare fu quello dei portieri, i quali potevano apporre sulla propria divisa da gioco uno sponsor tecnico diverso da quello usato dai compagni di squadra "di movimento": il più delle volte si trattava dello sponsor tecnico personale che forniva i guantoni. Questa pratica è scomparsa dai primi anni 2000.
(Giovanni Arpino, 15 ottobre 1978[48])

Con il passare degli anni, il mondo del calcio italiano si fece sempre più insofferente verso i divieti federali aglisponsor, tanto che oltre agli addetti ai lavori anche imass media, con ilGuerin Sportivo capofila, si fecero portavoci di una campagna a favore dell'arrivo della pubblicità sopra le maglie da calcio.[50]
Nel campionato diSerie B 1978-1979, grazie al presidente dell'Udinese,Teofilo Sanson, l'8 ottobre 1978 avvenne la comparsa del primo sponsor commerciale nel calcio italiano.[51] Sfruttando le pieghe delRegolamento delle divise da gioco – che, nero su bianco,norma esclusivamente le «maglie»[52] – con un cavillo ilpatron dei friulani, anche proprietario dell'omonima azienda alimentare, fece inserire il nome della sua attività sui pantaloncini della squadra.[49]
La cosa suscitò un gran clamore mediatico, e la controversa interpretazione delle disposizioni federali costò all'Udinese una multa di 10 milioni dilire[47] e l'immediata rimozione del logo extrasettore:[53] il giudice sportivo considerò infatti il termine «maglie» come sinonimo di «indumenti da gioco», facendo quindi ricadere anche i pantaloncini incriminati sotto l'egida del regolamento.[47] Va da sé che in tutto ciò la Sanson ottenne ugualmente una notevole visibilità, sia dalla breve esposizione del suo marchio sia dalle vicissitudini legali che ne derivarono,[54] beneficiando di un aumento delle vendite.[1][2]
Bastò attendere un solo anno, e il 26 agosto 1979 cadde l'ultimo tabù, con l'esordio inCoppa Italia della prima maglia di calcio italiana griffata da uno sponsor, quella delPerugia.[43] Artefice di ciò fu il presidente dei grifoni,Franco D'Attoma, il quale per reperire i 700 milioni necessari al prestito inUmbria dell'attaccantePaolo Rossi, si accordò col gruppo alimentare IBP (Buitoni-Perugina) da cui ne ottenne 400; in cambio, il nome del loro pastificio Ponte sarebbe comparso sulle divise e sui capi d'allenamento della squadra (curiosamente lo stesso Rossi, già vincolato da un precedente accordo pubblicitario a livello personale, sempre nel settore agroalimentare con laPolenghi Lombardo, nell'occasione fu l'unico biancorosso a non poter esibire lo sponsor sulla maglia).
La FIGC ancora non contemplava la presenza di un logo diverso da quello del fornitore sui capi tecnici dei calciatori, così come la stessa Lega aveva respinto in estate l'ingresso della pubblicità sopra le mute da calcio italiane.[57] Dato che l'unica forma di sponsorizzazione all'epoca permessa era quella relativa l'abbigliamento tecnico, in quarantott'ore D'Attoma aggirò le regole federali fondando un maglificio col nome del pastificio, la Ponte Sportswear,[47] chedi diritto figurava come semplice fornitore tecnico delle casacche – potendo quindi comparire formalmente, col suo marchio, anche su di esse –, ma chede facto fu il primo, vero sponsor di maglia del calcio italiano.[1][2][55][56]
Inizialmente la Federazione non tollerò questoescamotage e multò la società umbra per 20 milioni, imponendo inoltre l'esclusione dalle divise perugine del logo Ponte prima dell'inizio delcampionato;[58] tuttavia D'Attoma, a sua volta squalificato,[59] non demorse e proseguì nei suoi intenti commerciali, apponendo il nome dello sponsor sopra tute e altri indumenti di gioco dei biancorossi[60] nonché, in maniera pionieristica, perfino sulle reti e sull'erba dellostadio Renato Curi. Pochi mesi dopo, al termine d'una discreta trafila burocratica, la Lega Nazionale Professionisti autorizzò infine il Perugia a scendere in campo col marchio pubblicitario sulle proprie maglie; il "secondo" debutto dello sponsor – stavolta coi crismi dell'ufficialità – avvenne inSerie A il 23 marzo 1980.[61]
Seguendo l'esempio del Perugia, nella stagione 1979-1980 ancheCagliari,Genoa e Torino riuscirono a inserire i marchi dei rispettivi sponsorAlisarda,Seiko e Cora sulle tute di riserve e raccattapalle;[9] l'esempio venne seguito nell'annata successiva dall'Inter che griffò col marchio pubblicitarioInno-Hit le tute d'allenamento di giocatori e raccattapalle, i biglietti d'ingresso e i tagliandi d'abbonamento.[62]

Il processo divenne inarrestabile, e nel 1981 la FIGC e le Leghe si videro in pratica costrette ad approvare un documento che apriva le porte del calcio italiano agli sponsor extrasettore, permettendone un'esposizione massima di 100 cm² sulla parte anteriore delle maglie (aumentata a 144 cm² due anni dopo);[9][1][2] lo stesso D'Attoma, solo pochi mesi prima osteggiato dai vertici del calcio tricolore, venne messo a capo della Promocalcio.[46][59] La stagione 1981-1982 fu quindi la prima che consentì l'esposizione degli sponsor commerciali (oltre a quelli tecnici già arrivati tre anni prima) sulle maglie delle squadre nel calcio italiano: 28 squadre sulle 36 totali dei primi due campionati (16 diA e 12 diB) si presentarono ai nastri di partenza con le storiche maglie per la prima volta marchiate da sponsor.[1]
Tra gli anni 1990 e 2000 si assistette a una nuovaescalation per quanto concerne lo sviluppo delle sponsorizzazioni pubblicitarie nel calcio italiano. Gli sponsor delle squadre, sia tecnici sia commerciali, fanno la loro comparsa anche su altri indumenti quali pettorine, giacconi e berretti eventualmente indossati da giocatori, allenatore e staff seduti in panchina, oltre che sulle panchine stesse e sui cartelloni pubblicitari posti appositamente nelle zone delle interviste pre e post partita e anche delle conferenze stampa, facendo quindi da sfondo a quest'ultime. Gli sponsor arrivano anche su altri accessori secondari dell'equipaggiamento calcistico dei giocatori comeparastinchi, fascia dacapitano,[63] occhiali speciali, polsini, fascia per capelli ebandane. Nei mesi invernali è possibile trovare sponsor anche su guanti e berretti.
Negli anni 2000 nascono anche nuovi concetti di sponsor, qualipremium sponsor,gold sponsor,silver sponsor eofficial partner, che, seppur con diversi gradi di visibilità, trovano spazio nelle società calcistiche.
Negli anni 1990 venne aumentata l'area disponibile per gli sponsor: 200 cm² per quello commerciale e 20 cm² per quello tecnico (12 cm² per pantaloncini e calzettoni, ulteriormente aumentati a 20 cm² nel 2007[64]). Venne inoltre concesso al fornitore tecnico di apparire in una delle nuove diverse forme: sulla maglia può apparire come una striscia di larghezza non superiore a 10 cm sul fondo della manica (sinistra e destra) o lungo la cucitura esterna di ciascuna manica o lungo la cucitura esterna della maglia (dal giromanica al fondo della maglia); sui pantaloncini come una striscia di larghezza non superiore a 10 cm sull'orlo inferiore (gamba sinistra e destra) o lungo la cucitura esterna (gamba sinistra e destra); sui calzettoni come una striscia di larghezza non superiore a 5 cm sul bordo superiore di ciascun calzettone o sulla parte superiore della caviglia.[65] Può inoltre apparire all'interno dei numeri di gioco sul retro della maglia e può essere presente, se richiesto dallo sponsor stesso, anche sulla canotta indossata sotto la divisa da gioco.[66] Inoltre sempre per quanto riguarda lo sponsor tecnico, non vi è più il vincolo di esporre sulle maglie quello del fornitore ufficiale, bensì le squadre possono accordarsi con uno sponsor tecnico diverso.

Nel campionato diSerie A 1995-1996, la Juventus fu il primo club italiano a proporre una maglia recante uncomposit sponsor, ovvero due marchi pubblicitari assieme: grazie alla possibilità di inserire, nello spazio sul petto, sia il nome dello sponsor stesso sia il suo logo, la società bianconera abbinò sulle proprie divise da gioco il marchio dell'aziendaSony a quello del suo prodottoMiniDisc.[67] L'operazione venne stabilmente replicata fino alla stagione 1997-1998, quando un simile approccio venne adottato anche dalla Fiorentina, che affiancò sulle divise viola il marchioNintendo a quello del suolicenziatario italianoGiG,[68] e parzialmente dal Milan, sponsorizzato nel girone di andata dal semplice marchioOpel, per passare poi in quello di ritorno al più specificoOpel Astra.
Furono questi tra i primi casi di diversificazione dei marchi sulla maglia,[69] regolamentati solo nell'estate 1998 grazie a una normativa della Lega, attraverso cui fu data la possibilità alle società di utilizzare diversi sponsor per diverse competizioni, e quindi di alternare fino a cinque marchi commerciali sulle proprie divise: due per il campionato (scegliendo l'opzione andata-ritorno o casa-trasferta, mentre negli anni a seguire verrà introdotta anche l'opzione prima-seconda-terza maglia), uno per la Coppa Italia, uno per la Supercoppa di Lega e uno per le coppe europee (normativa valida anche per gli sponsor tecnici).[70]
Nella stagione 1998-1999 ancora la Juventus, insieme allaLazio, furono le prime società a sfruttare la nuova regola, utilizzando differenti marchi (ma sempre di proprietà dei loro sponsor, rispettivamenteTELE+ eCirio) per le partite di campionato e per quelle delle coppe europee; nella stessa annata, in Serie A, anche ilPiacenza adottò una similare strategia, approntando un marchio pubblicitario per le partite in casa e un altro per quelle in trasferta. Dalla stagione1999-2000, per la Coppa Italia fu concesso alle squadre di alternare l'eventuale sponsor scelto per la competizione con quello usato in campionato: tra le opzioni per l'alternanza degli sponsor in Coppa Italia vi è quella casa-trasferta, o quella di alternare i due sponsor in base al turno della competizione.
Secondo lalegge italiana, è vietata la pubblicità e la sponsorizzazione di prodotti relativi altabacco e, più recentemente, anche dellescommesse nonché, in generale, delgioco d'azzardo. Per questo motivo, le società e le leghe non possono stringere nessun tipo di accordi con aziende operanti nei suddetti campi:
Quanto a nuovi esperimenti, nell'annata 2000-2001 la Juventus tentò, dopo la Fiorentina tre anni prima, a proporre una maglia recante due marchi pubblicitari, seppur (come fatto a suo tempo dal Perugia) "mascherando" il secondo sponsor in una fornitura tecnica: al posto del logo del fornitore delle divise,Lotto, fu infatti inserito quello di un secondo marchio commerciale,CiaoWeb.[76] Nella stagione 2003-2004 fu invece ilChievo a stipulare un inedito contratto di sponsorizzazione con laColumbia TriStar Films Italia, che permise al club clivense di sostituire per 6 partite nell'arco del campionato il proprio sponsor principale (Paluani) con un altro (vari film prodotti dalla casa cinematografica):[77] il Chievo fu quindi la prima squadra ad accordarsi con due differenti sponsor contemporaneamente per la stessa competizione, esulando dalle regole imposte nel 1998. Era però possibile per una squadra, rescindere un contratto di sponsorizzazione e firmarne un altro con un diverso marchio commerciale da mostrare all'interno della medesima competizione (come accadde nel caso dell'Udinese nella stagione 1998-1999); in questo caso però, la squadra era tenuta a firmare solo un contratto di sponsorizzazione alla volta.
Dall'annata 2004-2005 avvenne un'importante rivoluzione: ai club viene concesso di apporre un secondo sponsor commerciale sulla maglia (sempre sul davanti), aumentando di conseguenza lo spazio totale a 250 cm²;[78][79] viene inoltre data la possibilità di utilizzare sponsor diversi per ogni gara nell'arco del campionato, regolamentando così il caso clivense della precedente annata. In Serie B, nelle stagioni2008-2009 e2009-2010, a titolo sperimentale è stata concessa per la prima volta l'esposizione di uno sponsor commerciale sulla parte frontale dei pantaloncini, per una superficie massima di 40 cm².[64][80]

Con la stagione2011-2012, le regole dellaLega Serie A permettono alle squadre di riservare, unicamente ai marchi pubblicitari sulla parte frontale della casacca, uno spazio di 350 cm² (con un limite di 250 cm² per un singolo sponsor).[81][82]
Con una delibera firmata dalla Federazione il 28 settembre 2012, per laSerie B,Lega Pro e serie inferiori è stato consentito per la prima volta, dalla stagione 2013-2014, l'apposizione di un terzo sponsor sul retro della maglia (alla base dei numeri nel caso della Serie B, mentre per Lega Pro e serie inferiori può essere apposto anche sopra);[83] le dimensioni massime del marchio sono fissate in 150 cm². Dai play-off 2015-2016 di Lega Pro, con l'introduzione dei nomi dei giocatori sulle maglie, lo sponsor deve essere obbligatoriamente apposto alla base dei numeri.[84] Per la Lega Pro viene consentito l'utilizzo di sponsor diversi per le diverse competizioni come laCoppa Italia Lega Pro e laSupercoppa di Lega Pro.[85] Nel caso delle categorie dilettantistiche, sempre dalla stagione 2013-2014, viene concesso di apporre fino a tre marchi pubblicitari nella parte anteriore della maglia, due dei quali possono essere apposti sulle maniche della divisa.[86]
Sempre dalla stagione 2013-2014 nei campionati di Serie B, Lega Pro e serie inferiori viene concessa la possibilità di inserire uno sponsor sui pantaloncini della dimensione massima di 75 cm² (per la Serie B si tratta di un ritorno dopo la sperimentazione nel biennio 2008-2010[87]).

Per i campionati2013-2014 e2014-2015, laLega Serie B ha introdotto per il proprio campionato il cosiddettotop sponsor – comune a tutte le compagini del torneo cadetto – sul retro delle maglie: per le due stagioni citate,NGM fu presente sulle divise di tutte le squadre del campionato cadetto.[88] Terminato l'accordo commerciale con iltop sponsor, la Lega B ha mantenuto la possibilità per le squadre di inserire pubblicità sul retro delle maglie delle dimensioni massime di 200 cm².
Nel dicembre 2013 la Lega B ha trovato un accordo con un ulterioretop sponsor,Came, da esporre sui pantaloncini di tutte le squadre della Serie B per le stagioni 2013-2014 e 2014-2015: le società che già esponevano un marchio, frutto di accordi precedenti, hanno dovuto rimuoverlo in favore deltop sponsor.[87][89] Anche in questo caso, al termine dell'accordo, la Lega B ha continuato a permettere l'inserimento di pubblicità sui pantaloncini.
Nella stagione2013-2014 anche laLega Pro Prima Divisione, per i soli play-off ha adottato untop sponsor,UnipolSai, presente sul retro delle maglie alla base dei numeri. La compagnia di assicurazioni era al contempo anchetitle sponsor dei play-off stessi.
Dal torneo2014-2015, anche la Lega Serie A permette l'inserimento di un ulteriore terzo sponsor commerciale sulla maglia delle dimensioni massime di 200 cm², il cosiddettoback sponsor, da posizionarsi nel retro della divisa, alla base dei numeri di gioco.[90][91] Dalla stagione2016-2017 la Lega Pro ha concesso l'incremento dello spazio totale dedicato ai marchi pubblicitari sulla parte frontale della maglia a 350 cm², con il limite massimo di 250 cm² destinabili a un singolo sponsor.[92]

Nel corso dell'annata2018-2019, la Lega Serie A approva l'introduzione di un quarto sponsor commerciale applicabile sulla manica sinistra della divisa da gioco, losleeve sponsor, della dimensione massima di 100 cm²;[93] la stessa decisione è stata presa anche dalla Lega B, che dallamedesima stagione introduce anch'essa la possibilità di inserire sulla manica sinistra uno sponsor commerciale della dimensione massima di 80 cm², che in questo caso si tratta deltop sponsorFacile Ristrutturare, comune a tutte le squadre del torneo.[94] Al termine dell'accordo, nel 2020, la Lega B ha continuato a permettere l'inserimento di pubblicità sulle maniche. Nella stessa stagione, la Lega B approva dopo tre anni il ritorno deltop sponsor,Unibet, sul retro delle maglie di tutte le squadre del campionato cadetto;[95] accordo poi concluso al termine della stagione per via del sopravvenuto divieto alle sponsorizzazioni di marchi del campobetting. Ulteriore novità introdotta nella medesima stagione del campionato cadetto, è la possibilità di inserire sponsor anche su entrambi i calzettoni, della dimensione massima di 140 cm².[96][97]
Dalla stagione2019-2020, anche la Lega Pro permette ai club di inserire sulla manica sinistra uno sponsor della dimensione massima di 50 cm². Dalla medesima stagione, delibera inoltre la concessione ad apporre un terzo sponsor commerciale sulla parte anteriore della maglia, portando a 600 cm² lo spazio totale dedicabile agli sponsor sulla casacca, destinando allo sponsor principale al massimo 250 cm², a quello secondario 200 cm², mentre al terzo i restanti 150 cm². Infine lo spazio dedicato alback sponsor è stato portato a 200 cm², mentre quello sui pantaloncini a 100 cm².[98]
Con la stagione2020-2021 la Lega Pro porta a sette il numero massimo di sponsor applicabili sulle divise da gioco, con l'introduzione del secondoback sponsor; lo spazio totale riservato agli sponsor sul retro della maglia è di 350 cm² con lo sponsor principale di dimensioni massime di 200 cm² e per il secondario di 150 cm².[99] Dalla stagione2022-2023 viene riservato un ulteriore spazio di 50 cm² sulla manica sinistra, sotto allosleeve sponsor, per la collocazione di un eventualetop sponsor afferente la società, nel caso la Lega stessa non ne usufruisca, portando a un possibile massimo di otto sponsor per le società di Serie C.[100]

Per quanto riguarda le rappresentative calcistichenazionali, i regolamenti internazionali contemplano esclusivamente la presenza del logo del fornitore tecnico sulle divise. Ciò nonostante, imitando il comportamento a lungo seguito nei campionati nazionali, il movimento italiano è rimasto per decenni un'eccezione nel panorama mondiale.
Alcampionato del mondo 1974 in Germania Ovest viene fatto ricondurre l'esordio massiccio dei fornitori tecnici per le formazioni nazionali.[103] Mentre tutte le altre rappresentative già sfoggiavano sulle loro divise i loghi dei fornitori, l'Italia continuò a mantenere “pulita” la propriamaglia azzurra (nonostante l'accordo conadidas), e così fece per il successivo quarto di secolo – questo, per via di quanto prescriveva l'allora statuto della FIGC –:[104] i vari fornitori tecnici che si alternarono in questo lasso di tempo (Baila Sport,Le Coq Sportif,Ennerre,Diadora eNike) poterono apporre i propri loghi sull'abbigliamento tecnico nonché sulle divise "replica" destinate alla vendita, ma non poterono mai "sporcare" le uniformi vestite in gara dai calciatori azzurri.
Solo dal 9 febbraio 1999, con l'esordio assoluto della prima maglia firmataKappa in occasione dell'amichevole dellanazionale Under 21 contro i pari età dellaTurchia, un fornitore tecnico poté griffare per la prima volta nella storia la divisa azzurra; l'Italia, dopo quasi novanta anni, fu tra le ultime nazionali al mondo ad adattarsi a questa consuetudine.[101] La nazionale maggiore espose per la prima volta lo sponsor tecnico il giorno seguente, in occasione dell'amichevole con laNorvegia.[101][102] Dal 2003 al 2022 le divise della nazionale italiana sono state fornite daPuma, per quella che è stata la sponsorizzazione tecnica più duratura della storia azzurra.[105][106] Dal 2023 i kit da gara, dopo 45 anni, tornano a essere realizzati da adidas.[107]
La pubblicità commerciale non è tuttavia un tabù per le nazionali di calcio, infatti queste possono comparire sulle divise di allenamento, sulle tute di rappresentanza e sulle pettorine dei giocatori in panchina. Nel 1984 la nazionale italiana, per la prima volta, venne sponsorizzata da unpool di aziende,[108] mentre il primo, vero sponsor commerciale fu l'azienda petroliferaIP nel 1987.[109] Dal 1998, altra prima volta, i principalipartner commerciali delle nazionale maggiore cominciarono a trovare visibilità nelle partite interne, su teloni posti ai fianchi delle porte; questo metodo di sponsorizzazione, inizialmente occasionale, è divenuto consuetudine dal 2011 in poi.

Dal 1978 anche laclasse arbitrale, come le squadre, poté esporre sulle proprie divise il marchio del fornitore tecnico. Tra i vari fornitori tecnici che si susseguirono vi furonoEnnerre,adidas eTop 87. Nel corso della stagione 1990-1991, gradualmente, il fornitore ufficialeAIA è diventatoDiadora[111] che ha approntato le divise di arbitri,assistenti equarto ufficiale fino alla stagione 2018-2019; dalla successiva viene rimpiazzata daLegea.[112] Dalla stagione 2023-2024 il nuovo sponsor tecnico èGivova.[113]
Nel settembre 2004, per la prima volta, l'AIA firmò un contratto di sponsorizzazione con un marchio extrasettore, laING Direct,[110] che fino al dicembre 2006 poté così apporre il proprio logo su entrambe le maniche di arbitro, assistenti e quarto ufficiale, oltreché sui relativi capi di rappresentanza. Dalla stagione 2015-2016, dopo quasi nove anni, torna sulle giacchette nere uno sponsor commerciale,Eurovita Assicurazioni,[114] che viene apposto sempre su entrambe le maniche di arbitro e assistenti. Dalla stagione 2019-2020, il nuovo sponsor di arbitri e assistenti èNet Insurance.[115] Dalla stagione 2023-2024 compare un secondo sponsor commerciale, Tigotà, apposto sul retro della divisa all'altezza delle spalle. Non è inoltre inusuale vedere apposti sulle bandierine sventolate dagli assistenti, il fornitore tecnico o lo sponsor commerciale che compare già sulle loro divise.
Dagli anni 1990, l'interesse della pubblicità nel calcio si è focalizzato anche sul nome dicampionati e coppe, con diverse aziende che si sono mostrate interessate ad associare il proprio marchio a quello delle manifestazioni calcistiche; da ciò ne è conseguita la creazione di specificicomposit logo[116] spesso utilizzati al posto di quelli canonici, atti a promuovere la sponsorizzazione di quelli che vengono chiamatititle sponsor.[117]
Dopo vari esempi sorti nel resto d'Europa, non è sfuggito a questo genere d'iniziative neanche il calcio italiano, che dall'annata 1998-1999 ha abbracciato questa filosofia commerciale.[118] Per quanto riguarda laSerie A, dalla sopraccitata stagione il campionato è ininterrottamente sponsorizzato daTIM,[119] assumendo il nome diSerie A TIM. Fino all'edizione 2009-2010, tale operazione ha riguardato anche laSerie B, ovvero fin quando i due massimi campionati calcistici nazionali sono stati gestiti dalla stessa lega. TIM ha investito contestualmente anche nelle due principali coppe nazionali, laCoppa Italia e laSupercoppa italiana, in questi casi con un legame commerciale ancor più profondo: inizialmente sponsorizzate seguendo lo stile adottato per la massima serie – cioè tramite l'affiancamento del marchio ai nomi delle manifestazioni –, dall'edizione 1999 per la Supercoppa,[120] e da quella 2001-2002 per la Coppa,[121] la TIM ha "sopraffatto" le denominazioni delle due competizioni che, pur mantenendo i loro nomi istituzionali, sono state pubblicizzate sugli organi di stampa rispettivamente comeSupercoppa TIM eTIM Cup. La partnership tra Serie A e TIM si conclude dopo 26 anni, nel 2024, quandoEnilive le subentra come nuovotitle sponsor del massimo campionato, assumendo così il nome diSerie A Enilive a partire dalla stagione 2024-2025.[122]

Lo stesso è avvenuto per ilCampionato Primavera, laCoppa Italia Primavera e laSupercoppa Primavera, cioè la maggiore divisione nazionale per quanto concerne le categorie giovanili e le rispettive coppa e supercoppa di categoria, identificate rispettivamente comeCampionato Primavera TIM,Primavera TIM Cup eSupercoppa Primavera TIM.[123] Dalla stagione 2017-2018, il Campionato Primavera viene suddiviso in due tornei:Campionato Primavera 1 eCampionato Primavera 2, entrambi sponsorizzati da TIM che prendono così il nome diCampionato Primavera 1 TIM eCampionato Primavera 2 TIM. Dal 2018 si è venuto dunque a creare un nuovo trofeo: laSupercoppa Primavera 2, che anche in questo caso viene sponsorizzata da TIM prendendo il nome diSupercoppa Primavera 2 TIM; tuttavia dalla stagione 2018-2019, con il passaggio del Campionato Primavera 2 e Supercoppa Primavera 2 sotto l'egida della Lega B, queste rimangono prive dititle sponsor. Dal 2021 i Campionati Primavera sotto l'egida della Lega A cambiano denominazione inCampionato Primavera 1 TIMvision,Primavera TIMvision Cup eSupercoppa Primavera TIMvision, dall'omonima piattaforma.
Lasponsorship di TIM verso Coppa Italia e Supercoppa di Lega, si è conclusa al termine della stagione 2017-2018,[124] con una breve appendice limitata alla fase finale dellaCoppa Italia 2018-2019,[125] oltre ad aver sponsorizzato la finale dell'edizione2020-2021 tramite il marchio TIMvision, assumendo il nome diTIMvision Cup.[126] A partire dai sedicesimi di finale dellaCoppa Italia 2021-2022, la competizione è sponsorizzata daFrecciarossa, col nuovo nome diCoppa Italia Frecciarossa.[127] Per l'edizione 2019, la Supercoppa è stata sponsorizzata daCoca-Cola, venendo rinominataCoca-Cola Supercup;[128] la stessa azienda è stata poititle sponsor della finale diCoppa Italia 2019-2020, ridenominataCoppa Italia Coca-Cola.[129] Negli anni seguenti si susseguono le denominazioni diPS5 Supercup (2020), per via della sponsorizzazione ad opera diPlayStation 5;[130]Supercoppa Frecciarossa (2021);[131]EA Sports Supercup (2022) eEA Sports FC Supercup (dal2023), in seguito all'accordo conElectronic Arts, già partner della Lega Serie A.[132]

Con la stagione 2010-2011, coincisa con la scissione in seno alla precedenteLega Nazionale Professionisti che ha generato le nuoveLega Serie A eLega Serie B, la seconda serie italiana ha potuto iniziare ad amministrare in proprio i suoi contratti di sponsorizzazione: da allora, il campionato cadetto si è legato dapprima aBwin,[133] cambiando la sua titolazione inSerie Bwin sino all'annata 2012-2013, mentre nella stagione successiva aEurobet, accordo che ha fatto assumere al torneo il nome diSerie B Eurobet. Per la stagione 2014-2015 il campionato cadetto non ha avutotitle sponsor, con la sola eccezione di play-off e play-out che sono stati sponsorizzati daCompass prendendo i nomi diPlayoff Compass ePlayout Compass. Dalla stagione 2015-2016 fino a quella 2017-2018, la Serie B si è legata aConTe.it prendendo il nome diSerie B ConTe.it, mentre a partire dall'edizione 2018-2019 ha stretto un accordo conBKT rinominandosi di conseguenza inSerie BKT.[134]
Nella stagione 2013-2014 anche laLega Italiana Calcio Professionistico, per quanto riguarda il campionato diPrima Divisione, ha stipulato un accordo di sponsorizzazione conUnipolSai relativo alla sola fase dei play-off, i quali presero il nome diPlay-Off UnipolSai;[135] successivamente, nella sola stagione 2016-2017 la Lega Pro ha instaurato unapartnership con l'UNICEF assumendo il nome diLega Pro per Unicef.[136] Dalla stagione 2023-2024, la Serie C torna ad affiancare il proprio nome a quello di uno sponsor, rinominandosiSerie C Now in seguito all'accordo col servizio streamingNow.[137] LaLega Nazionale Dilettanti, l'organo che gestisce i campionati a partire dallaSerie D, massima categoria dilettantistica a livello nazionale, fino allaTerza Categoria, stipulò un accordo commerciale conEnel valido per le stagioni 2003-2004 e 2004-2005, cambiando nome inLND Enel.[138]

È inoltre consuetudine apporre iltitle sponsor della competizione (o in alternativa una sua offerta) su teloni posti ai fianchi delle due porte, subito dopo la linea di fondo campo, o su piccoli teli apposti su paletti a fianco alle reti laterali della porta, oppure ancora tramiteledwallvirtuali visibili unicamente dalle riprese televisive.[139] La pratica dell'esposizione ravvicinata dei marchi pubblicitari al campo da gioco aveva preso piede già nella stagione 1997-1998, quella precedente all'introduzione deltitle sponsor: dal gennaio 1998 sui campi di alcune società comeInter,Lazio,Milan,Parma eRoma, tra i marchi a comparire sui teloni vi furonoLee,Bilba,Ma-Fra,Sony,Cairo Sport,Erborist eStream TV, con quest'ultimo presente anche sui campi diFiorentina eNapoli. IlVicenza, invece dei teloni, dipinse con vernice bianca l'erba al fianco delle porte a formare la scrittaPal Zileri, già tra ipartner ufficiali dei veneti; stessa cosa fece ilBrescia, che espose teloni con il marchioRistora, giàjersey sponsor dei lombardi. La stagione 2021-2022 vede terminare l'esclusiva dell'esposizione deltitle sponsor della competizione subito dopo la linea di fondocampo, con la possibilità per il club che gioca in casa di mostrare uno dei suoi sponsor o partner al fianco deltitle sponsor[140] oppure uno dei partner della Lega che gestisce la competizione.[141][142]
Iltitle sponsor, dalla stagione 1999-2000, viene spesso mostrato anche sulla lavagnetta luminosa usata dal quarto ufficiale per segnalare lesostituzioni e il recupero, e sui cartelloni posti appositamente dietro ai giocatori durante le interviste post partita a bordo campo. Nelle stagioni di Serie B2013-2014 (da aprile) e2014-2015, dietro alle reti delle porte venne posizionato un piccolo cartellone recante il marchioYou&Eni diEni, uno deipartner del campionato cadetto al tempo.[143] Questa tipologia di sponsorizzazione è tornata ad essere usata dalla stagione cadetta2023-2024 con il marchio GoldBet Live.
Un nuovo tipo di sponsorizzazione ha esordito dalla stagione 2021-2022: per le immagini televisive riguardanti casi diVAR eGoal-Line Technology, laLega Serie A, per le competizioni da lei organizzate (Serie A, Coppa Italia e Supercoppa italiana) ha firmato un accordo per mostrare il marchio Crypto.com,[144] poi sostituito dalla stagione 2024-2025 daIliad.[145] Inoltre, al fianco della grafica recante minuto e punteggio delle due squadre e sotto al periodico riepilogo grafico con punteggio, minutaggio e marcatori, viene mostrato il logo dellaElectronic Arts, partner della Lega Serie A.[146] Anche laLega B ha adottato uno di questi tipi di sponsorizzazione nel corso della stagione 2022-2023, dopo aver siglato un accordo con StarCasinò Sport per mostrare il marchio comeOfficial VAR Partner,[147] sostituito daBetsson.sport dal 2024-2025. Dalla stagione 2023-2024 la Lega B mostra il marchio GoldBet Live a ridosso della grafica di riepilogo raffigurante minuto, punteggio e marcatori.

Sono in essere anche delle sponsorizzazioni di tipo tecnico, per quanto riguarda ipalloni da calcio utilizzati nelle gare dei vari campionati italiani. Dalla stagione 2007-2008 a quella 2021-2022 la Serie A, la Coppa Italia, la Supercoppa italiana, il Campionato Primavera (dal 2017-2018 vi sono due campionati primavera, Campionato Primavera 1 e Campionato Primavera 2), la Coppa Italia Primavera e la Supercoppa Primavera sono stati riforniti daNike;[149] dalla stagione 2022-2023 è subentrataPuma.[150] Dal 2018-2019, i palloni per il Campionato Primavera 2 e la Supercoppa Primavera 2 sono forniti da Kappa.[151] Anche la Serie B, dalla stagione 2007-2008 fino a quella 2011-2012, è stata rifornita da Nike, mentre dalla 2012-2013 alla 2016-2017 è statoPuma il fornitore ufficiale di palloni,[148] per poi essere rimpiazzato daKappa dal 2017-2018.[152] Questa politica pubblicitaria è stata poi intrapresa, anche dalla Lega Pro che per i suoi campionati di Prima e Seconda Divisione (dal 2014-2015 vi è invece un unico campionato), la Coppa Italia e Supercoppa di categoria per le stagioni 2008-2009 e 2009-2010 è stata rifornita daUmbro,[153] mentre dalla stagione 2010-2011 a quella 2017-2018 si è affidata aPuma,[154] passando adErreà da quella 2018-2019.[155] Dalla stagione 2008-2009 anche la Serie D e la sua Coppa Italia di categoria hanno il loro fornitore di palloni,Molten,[156] rimpiazzato da Nike dalla stagione 2019-2020[157] e successivamente da Puma dal 2022-2023.[158]
Prima dell'introduzione del pallone unico, comune a tutte le squadre del campionato, la sfera veniva fornita dalla società che giocava la partita in casa, la quale molto spesso era della stessa marca dello sponsor tecnico della squadra ospitante.
Anche gli impianti sportivi dove le squadre giocano le proprie partite non sono sfuggiti alle sponsorizzazioni, con la cessione deidiritti di denominazione su una proprietà immobiliare, offerti a uno sponsor in cambio di un prezzo e di un interesse congiunto alla valorizzazione della proprietà stessa.
Il primo caso in Italia si ha nel 1995, con il primo stadio di proprietà di una squadra, ilGiglio dellaReggiana, denominato in questo modo a seguito di un contratto dinaming right con l'omonima azienda alimentare, giàjersey sponsor dei granata;[159] l'impianto ha mantenuto questo nome fino al 2012, quando è stato rinominato inCittà del Tricolore,[160] perdendo dunque la denominazione dello sponsor. Dal 2013, con l'acquisto della struttura da parte dellaMapei, a sua volta proprietaria e sponsor delSassuolo, il nome dell'azienda è stato affiancato a quello originale dell'impianto, divenutoMapei Stadium-Città del Tricolore.[161]
Nel 2007 è ilSiena ad avviare questa pratica di sponsorizzazione per il proprio impianto; lostadio Artemio Franchi cambia denominazione instadio Artemio Franchi-Montepaschi Arena, in seguito al contratto stipulato con laBanca Monte dei Paschi di Siena,[162] anche in questo caso già sponsor di maglia della squadra toscana. L'impianto è tornato ad assumere il nome originale nel 2013, alla chiusura dell'accordo di sponsorizzazione. Nel 2014 ilCesena ha stipulato un contratto di sponsorizzazione con l'azienda alimentareOrogel, mutando il nome dellostadio Dino Manuzzi inOrogel Stadium-Dino Manuzzi.[163] Nello stesso anno ilFoggia ha stretto un accordo semestrale con la società di investimenti in oro Cash Gold, consentendo a questa di affiancare il nome dellostadio Pino Zaccheria; la nuova denominazione dell'impianto pugliese è stata, fino al 2015, quella distadio CashGold Pino Zaccheria.[164]
Dal 2016 l'impianto dell'Udinese, lostadio Friuli, dopo una massiccia ristrutturazione viene sponsorizzato dalla casa automobilisticaDacia, giàjersey sponsor dei bianconeri;[165] tuttavia la nuova denominazioneDacia Arena è stata solo ufficiosa fino all'inizio della stagione 2016-2017,[166][167] quando ha ufficialmente affiancato il nome del Friuli in veste di denominazione commerciale.[168] Dal 2017 loJuventus Stadium, impianto di proprietà della Juventus, ha cambiato nome inAllianz Stadium in seguito alla cessione dei diritti di denominazione alla compagnia di assicurazioniAllianz.[169] Dal 2019 lostadio Atleti Azzurri d'Italia, dopo essere divenuto di proprietà dell'Atalanta, cambia denominazione inGewiss Stadium per via della sponsorizzazione da parte dell'azienda d'impiantisticaGewiss.[170] Nel 2021 è ilCagliari che, stringendo un accordo con il gruppo assicurativoUnipol, muta il nome dellaSardegna Arena inUnipol Domus.[171] Il 2023 vede altre cessioni deinaming rights di alcuni stadi italiani: l'Udinese, che aveva già abbracciato questa possibilità sette anni prima, stringe un accordo con Bluenergy, rinominando lostadio Friuli - Dacia Arena inBluenergy Stadium,[172] oltre all'Empoli che affianca il nome del suo stadio con quello del suo storico sponsor Computer Gross rinominandolo inStadio Carlo Castellani - Computer Gross Arena, denominazione valida solo per le gare interne giocate dall'Empoli.[173]
Dagli anni 2010 in avanti, il fenomeno della cessione deinaming right si è esteso soprattutto alle serie minori. Alcuni esempi sono il Ciliverghe Mazzano, che in seguito ad accordi con laSterilgarda Alimenti ha rinominato il suo impianto inCentro sportivo Sterilgarda Mazzano; il Campo sportivo Marullo, stadio della Camaro 1969 e del Città di Messina, che dal 2018 ha mutato denominazione inCampo sportivo Marullo - Despar Stadium, sponsorizzato dallaDespar;[174] l'impianto dellaSicula Leonzio, lostadio Angelino Nobile, che nello stesso anno ha mutato nome, per le sole partite casalinghe, inSicula Trasporti Stadium-Stadio Angelino Nobile sponsorizzato dalla Sicula Trasporti;[175] lostadio Brianteo, impianto casalingo delMonza, rinominato inU-Power Stadium a seguito dell'accordo con l'omonima azienda;[176] l'impianto della Virtus Francavilla, lostadio Giovanni Paolo II che è stato rinominatoNuovarredo Arena;[177] ilFrosinone che ha rinominato lostadio Benito Stirpe affiancandogli il nomePSC Arena in seguito all'accordo con la Prima Sole Components;[178] lo stadio delCampobasso che è stato sponsorizzato dall'azienda canadese Avicor cambiando nome inAvicor Stadium Selvapiana, poi mutato poco tempo dopo in Avicor Molinari Stadium;[179] e infine Pisa che ha aggiunto al nome del suostadio Arena Garibaldi-Romeo Anconetani la denominazione commercialeCetilar Arena.[180]
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