Lasociologia è lo studio sistematico dellesocietà, modelli direlazioni sociali,interazione sociale ecultura. I sociologi utilizzano una varietà di metodi diricerca per studiare ilcomportamento e le esperienze delle persone neigruppi sociali. Le informazioni raccolte da questi studi sono definite "dati di ricerca". Per aiutare a interpretare e spiegare i loro risultati di ricerca, i sociologi hanno sviluppato una serie di concetti e teorie.
Scienza sociale che studia i fenomeni dellasocietà umana,[1] indagando i loro effetti e le loro cause, in rapporto con l'individuo e il gruppo sociale; un'altra definizione, più restrittiva, definisce la sociologia come lo studioscientifico delle società.[2] Altre definizioni storiche includono quella diAuguste Comte che la definisce uno strumento di azione sociale, quella diÉmile Durkheim, cioè la scienza deifatti e dei rapporti sociali,[3] infine quella diMax Weber, scienza che punta alla comprensione motivazionale dell'azione sociale (individualismo metodologico).
Ibn Khaldun (1332-1406) viene considerato il precursore della sociologia, poiché nel suoMuqaddimah (poi tradotto comeProlegomeni in latino), l'introduzione di sette volumi di analisi della storia universale, è stato forse il primo ad avanzare ragionamenti difilosofia sociale e scienze sociali nella formulazione di teorie sulla coesione e sul conflitto sociale.[4][5][6][7][8][9]
Émile Durkheim, considerato il padre della sociologia moderna
Il termine "Sociologia" fu coniato daAuguste Comte, che lo utilizza per la prima volta nella lezione n. 47 del suoCorso di filosofia positiva[10] (1830-1842), che sperava di unificare tutti gli studi sull'uomo, includendostoria, psicologia ed economia. Il suo schema sociologico era tipico delXVIII secolo: egli credeva che l'esistenza umana passasse sempre attraverso le stesse distinte tappe storiche (Legge dei tre stadi)[11] e che, comprendendone la progressione, si potessero individuare i rimedi per i problemi della società. Tuttavia, la sociologia ha le sue origini nella filosofia politica e sociale diPlatone eAristotele, fino aHobbes,Machiavelli,Giambattista Vico,Rousseau,Hegel,Tocqueville edEmerson.[11]
Montesquieu (1689-1756) fu uno dei maggiori precursori, soprattutto per l'indagine sul rapporto tra le condizioni storico-sociali-culturali-ambientali e le leggi (Lo Spirito delle leggi)[11] e dei costumi inerenti modelli sociali differenti: dei francesi rispetto ai persiani, nel suo tempo (Lettere Persiane).[12] Né lui néRousseau (1712-1778) si presentarono come sociologi, tuttavia anticiparono ulteriori analisi sociali riguardanti temi che i sociologi contemporanei stimano importanti; ad esempio quelli delladisuguaglianza, dellastratificazione e dellaproprietà privata.Turgot (1727-1781), adottò, nell'analisi dei fatti, il metodo cosiddetto positivo, ove è esclusa la possibilità di una causa sovrannaturale.
Di grande importanza per il successivo sviluppo della sociologia, gli apporti dell'economistaAdam Smith (1723-1790): analisi della divisione del lavoro, studi sulla proprietà privata, idea dei benefici sociali dati dalla concorrenza mercantile.Adam Ferguson (1723-1816) fu uno dei primi pensatori ad esprimersi criticamente nei confronti della concezione di "stato di natura",[11] poiché solo immaginata e quindi non verificata, e sostenne che una scienza sociale dovrebbe basarsi su dati rilevati empiricamente,[11] che dimostravano la diversità culturale e soprattutto il «carattere storico e sociale[N 1] dell'uomo»;[11] inoltre sostenne che l'uomo fosse creatore della propria realtà sociale e sempre a lui dovessero essere attribuiti gli eventi storico-sociali vissuti.[11] MentreJohn Millar (1735-1801) anticipò alcuni punti fermi dell'analisimarxista sul rapporto tra attività produttive e idee.
Simonde De Sismondi (1773-1842), economista ginevrino legato al circolo intellettuale di Madame de Stael, intuì prima ancora di Marx le antitesi dello sviluppocapitalistico.
Durante ilXIX secolo, grazie aHerbert Spencer, che su questo punto sviluppa Comte, prende campo il nuovo concetto di società organica, fatta a somiglianza del corpo umano.[11] Molti sociologi affrontano la questione dellalotta di classe. Da una parte vi sono i fautori dei ceti dominanti (alto borghese o aristocratico), comeSpencer eVilfredo Pareto, fino a derive estreme come quelle diFrancis Galton, promotore dell'eugenetica, che si oppongono decisamente all'assistenza statale verso i poveri. Dall'altra si sviluppa la tendenza social-comunista, favorevole al proletariato. In Germania spiccanoMarx eFriedrich Engels con ilmaterialismo storico,[13] inFranciaGeorges Sorel. In contemporanea emergono anche soluzioni volte al superamento della lotta di classe: nel pensiero liberal-democratico diStuart Mill e, in altra forma, tra fine Ottocento e il nuovo Secolo, nelle riflessioni diDurkheim.[14]
Verso la fine dell'Ottocento e per tutta la prima metà delNovecento si sviluppa la riflessione sullaalienazione e sull'impoverimento dei rapporti sociali e sulla perdita di identità, grazie al contributo diTönnies, dellaScuola di Francoforte e di sociologi statunitensi. Assieme alle ulteriori tendenze dell'interazionismo, sviluppato in opere di autori costruzionisti in prevalenza statunitensi ma pure da Karl Popper ("L'Io e il suo cervello"), è stata lasociobiologia (vedi in particolareWilson), che si è affermata tra le ultimissime correnti sociologiche di fineXX secolo.
In realtà, la sociologia non ha superato le altre scienze sociali, divenendo una di queste, coi suoi propri oggetti, argomenti e metodi. Oggi, la sociologia studia le organizzazioni umane e le istituzioni, utilizzando largamente il metodo comparativo. La disciplina si è applicata in particolare allesocietà industriali complesse. InItalia, benché fossero presenti in varie università importanti sociologi, la prima facoltà di Sociologia venne aperta soltanto nel1962 all'Università di Trento. La vivacità culturale data dall'incontro di studenti giuntivi da tutto il paese portò l'Università di Trento ad essere uno dei centri dellacontestazione studentesca del 1968 oltre che delmovimento femminista italiano. Alla cattedra di Istituzioni sedevaFrancesco Alberoni, che in quell'Ateneo sviluppò la sua teoria, poi variamente espressa, comestato nascente.
L'evoluzione della Facoltà di Sociologia di Trento è anche emblematica del ruolo che il sociologo ha occupato nell'immaginario collettivo italiano degli anni Sessanta e Settanta. In quel periodo si riteneva la Sociologia, piuttosto che uno strumento di interpretazione scientifica della società, un avviamento all'azione di cambiamento della società stessa.In grado di unire all'osservazione puntuale dei nuovi fenomeni sociali una vocazione critica e trasformatrice della società stessa, Trento fu territorio fertile per studenti impegnati, già allora o di poi, a Sinistra; per il successo di ogni sorta di intellettuali visionari.
Nel maggio del1965 gli studenti di quello che si chiamava ancoraIstituto superiore di scienze sociali, occuparono per la prima volta la facoltà per protestare contro il progetto di trasformare l'Istituto in una facoltà diScienze politiche autorizzata a rilasciare una laurea ad indirizzo sociologico. In quegli anni, chi era appositamente venuto a Trento per studiare sociologia, voleva infatti ottenere una laurea in sociologia senza ulteriori caratterizzazioni che ne limitassero la peculiarità.
«La società è come un'onda. L'onda si muove in avanti, ma resta immobile la massa d'acqua di cui essa è composta. La stessa particella non s'innalza dal fondo fino alla cima. La sua unità è solo fenomenica.»
La sociologia è una scienza emersa nelXIX secolo come risposta accademica ai cambiamenti dellamodernità: quanto più il mondo diventava piccolo ed integrato, tanto più l'esperienza delle persone del mondo diveniva parcellizzata e dispersiva. I sociologi speravano non solo di capire che cosa unisse i gruppi sociali, ma anche di sviluppare un "antidoto" alla disgregazione sociale.
Spesso i sociologi la utilizzano nella ricerca sociale per descrivere le relazioni sociali mediantemodelli e sviluppareschemi interpretativi che possano aiutare a prevedere i cambiamenti sociali e le risposte ad essi. Altre branche della sociologia ritengono che imetodi qualitativi, come interviste tematiche,gruppi di discussione e metodietnografici, permettano una migliore comprensione dei processi sociali.
La sociologia è essenzialmente una scienza applicata, anche se la sua vicinanza con lafilosofia mantiene al suo interno un vasto dibattito teorico simile a quello specifico delle scienze filosofiche. Sotto questo aspetto possiamo dividere la sociologia in due parti, naturalmente e fortemente interconnesse: una parte formata soprattutto di grandi teorie che hanno lo scopo di creare modelli macro di spiegazione della società, modelli eminentemente teorici che nascono però come grandi sintesi teoriche di osservazioni della realtà sociale; un'altra parte costituita da studi maggiormente focalizzati su fenomeni sociali circoscritti pertempo eluogo.
Questa seconda parte rappresenta la porzione applicativa della sociologia, quella che maggiormente l'avvicina alle scienze naturali ma soprattutto quella che ha prodotto, necessitando però di una "cassetta degli attrezzi" che le permetta di osservare e rilevare la realtà dei fenomeni che intende studiare. È in questo ambito che si sviluppa, come metalinguaggio, lametodologia, che, in questa accezione, più che delle scienze sociali in genere possiamo chiamare della ricerca sociale. La sociologia come scienza ha come oggetto fenomeni osservabili, ed ha quindi necessità di un metodo che sostenga l'osservazione del reale da parte dello scienziato, e di strumenti che gli permettano questa osservazione.
Il metodo, pur con importanti distinguo (si veda, ad esempio, la tematica della specificità del metodo delle scienze storico-sociali inMax Weber) ricalca quello dellescienze naturali, con l'importante questione dell'appartenenza dello scienziato allo stesso oggetto da lui studiato (la società), le tecniche, molteplici ed in continua evoluzione, si evolvono allo scopo di rendere osservabili, rilevabili e misurabili i fenomeni sociali oggetto dello sguardo del sociologo. Brevemente, in questa tensione verso l'osservazione peculiare della sociologia, le informazioni che vengono rilevate dagli strumenti sono sempre il frutto di una relazione sociale tra l'osservatore e l'osservato, il che rende particolarmente difficile ed insidiosa l'attività di osservazione e la validità dello strumento, poiché non soltanto le caratteristiche dello strumento in sé ma anche il contesto in cui avviene l'osservazione possono influire sulla "robustezza" informativa e sulla aderenza alla realtà di quanto viene rilevato e registrato, e infine utilizzato per cercare di descrivere e comprendere ilfenomeno osservato.
Sotto questo aspetto le tecniche di osservazione si possono dividere in due grandi famiglie:
quelle che producono matrici di dati, che possono a loro volta essere analizzate contecniche statistiche e che, alla fine, producono numeri, tabelle e grafici;
quelle che producono racconti e testi, che possono essere analizzati non con mezzi statistici (anche se vi sono molteplici tentativi in questo versante) ma con mezziermeneutici come l'analisi del testo e del contenuto.
L'esempio emblematico degli strumenti del primo tipo è ilquestionario, usato nei sondaggi e nei censimenti, esempi paradigmatici degli strumenti del secondo tipo sono ilcolloquio, ilracconto biografico e l'osservazione.
La sociologia non è una scienza unitaria, e molti esperti spesso non sono d'accordo sui presupposti dai quali far partire la propria analisi sociale, giungendo a conclusioni anche fortemente discordanti.Thomas Kuhn,storico efilosofostatunitense, decise di chiamare "paradigmi scientifici" quegli assunti di base di natura teorica e metalogica sulla quale una comunità di scienziati sviluppa un consenso. Nella sociologia questo portò alla creazione di quattro distinti paradigmi, sulla base dei quali vennero classificate tutte le successive teorie e modelli sociali. I paradigmi sono quattro, e sono il paradigma dell'ordine, del conflitto, della struttura e dell'azione.[15]
Questo paradigma nacque dagli sconvolgimenti di natura rivoluzionaria che attraversarono ilXVIII secolo. Venute meno la sacralità di alcune istituzioni che tenevano insieme la società, come le convinzioni religiose o le dottrine didiritto naturale, ci si chiese dove dovesse essere ricercato il fondamento dell'ordine sociale. La soluzione fu di cercarlo all'interno della società, e non al suo esterno.Thomas Hobbes ad esempio risolse il problema mediante il patto di soggezione stipulato dagli uomini per sottoporsi all'autorità coercitiva di uno stato, e quindi individuando il collante societario nello Stato, mentre per Adam Smith tale ruolo era svolto dal mercato.[15]
In sostanza, iniziò a circolare l'idea che il processo di unione societaria operi all'interno dell'organismo sociale. I modelli organicisti della società furono la prima reale soluzione alla ricerca del collante societario interno alla società. Secondo tali modelli la società è come un organismo le cui parti sono connesse da relazioni di interdipendenza. L'equilibrio della società non è statico, ma dinamico, cioè continuamente in evoluzione, dalle forme più semplici a quelle più complesse, da quelle più omogenee a quelle più eterogenee.[15]
Capisaldi di questa concezione della società furonoHerbert Spencer,[16] eGeorg Simmel, e sempre più importante divenne il tema della divisione del lavoro. Per Georg Simmel l’ordine nasce dall'interno della società. La divisione del lavoro produce differenziazione sociale ed accentua il processo di individualizzazione e accresce il bisogno di entrare in interazione (diretta o indiretta) con gli altri per soddisfare le proprie esigenze.[17] Quindi nelle condizioni della modernità, l'ordine sociale non è qualcosa di imposto dall'esterno, ma qualcosa che cresce spontaneamente dall'interno. La società è possibile perché non si può fare a meno di quella rete di interdipendenza che lega insieme individui sempre più diversi gli uni dagli altri.[15]
Ulteriori passo in avanti furono compiuti daÉmile Durkheim e daFerdinand Tönnies. Entrambi vedevano nel problema dell'ordine la questione centrale della sociologia. Il primo riteneva che in quelle società dove c’è scarsa divisione del lavoro, con unità poco differenziate, ciò che unisce gli individui è un vincolo di solidarietà, di natura sacrale o religiosa.[18] Nella società moderna quindi la solidarietà organica degli individui è alla base della coesione sociale.[19] Il secondo che le unità organiche sono quelle rappresentate da vincoli di sangue, di luogo, di spirito, dove gli individui si sentono uniti in modo permanente, perché si considerano simili gli uni con gli altri.[18] La società quindi continua ad essere ritenuta una costruzione artificiale dove individui separati perseguono solo il proprio interesse; essa entra in gioco soltanto come garante del fatto che tutti gli appartenenti alla società rispetteranno gli obblighi contratti. Nulla viene fatto senza aspettarsi una contropartita, sia nei rapporti personali che in quelli istituzionali.[15]
Il paradigma dell'ordine riesce a descrivere il mutamento sociale, ma non si spiega da cosa nasca. A questa domanda risposero tutti i sociologi che aderirono all'idea che ilconflitto fosse alla base della società.[15] I teorici del conflitto considerano l'immagine funzionalista di un consenso generale sui valori come una pura finzione: ciò che accade in realtà - secondo loro - è che chi ha il potere costringe il resto della popolazione all'acquiescenza e alla conformità. In altre parole l'ordine sociale viene mantenuto non con il consenso popolare, ma con la forza o con la minaccia dell'uso della forza. I teorici del conflitto non pensano che il conflitto sia una forza necessariamente distruttiva: può avere spesso dei risultati positivi, in quanto può portare a cambiamenti sociali che altrimenti non si sarebbero realizzati. I cambiamenti sociali impediscono che la società ristagni.
I più importanti pensatori inscrivibili in questo paradigma furonoKarl Marx eMax Weber. I rapporti sociali nella società sono basati su quelli che si instaurano fra diverseclassi sociali. Nel pensiero di Marx, i rapporti principali sono quelli instaurati nella sfera economica della produzione e distribuzione di beni e servizi, e quindi nella struttura di classe della società. Qualsiasi altra idea, come quelle religiose, culturali, politiche e filosofiche sono sovrastrutture. Ilconflitto di classe quindi viene identificato come motore della storia. L'altro grande impianto teorico che pone il conflitto al centro dell'analisi sociale è quello weberiano.[15] La classi non sono l'unica struttura intorno alla quale si creano interessi in conflitto fra loro, e la lotta di classe non è l'unico conflitto presente. La sfera economica è solo una dei tanti ambiti in cui si manifesta il conflitto, tuttavia, esso non è una condizione patologica della società, ma la sua condizione normale. Il conflitto non conduce alla disgregazione della società, ma alla creazione di strutture istituzionali, i cosiddetti "ordinamenti sociali", i quali esprimono rapporti di forza provvisori.[15]
Secondo tale paradigma, ogni uomo nasce in un mondo preformato, assume valori, credenze, stili di vita della società in cui viene a crescere; lastruttura sociale sarà il reticolo all'interno del quale egli si muoverà - non senza essere libero - ma con una libertà confinata nei limiti consentiti dalla stessa struttura sociale.[18] Per spiegare i comportamenti umani bisogna ricondurli alle coordinate sociali nelle quali si manifestano. L'intera esistenza quindi sarà un percorso largamente prevedibile.[15]
Karl Marx ad esempio, è inscrivibile in questo paradigma, poiché teorizza che i comportamenti degli individui sono definiti dalla loro posizione rispetto alla struttura del sistema di produzione. La posizione che occupano i datori di lavoro e i proletari nella struttura sociale impone ai primi di fare tutto il possibile per accrescere i profitti, e ai secondi di vendere la propria forza lavoro per garantire la propria sopravvivenza. Anche Durkheim teorizza che la società viene prima degli individui, e che i fatti sociali possono essere spiegati solo da altri fatti sociali. La sua opera più famosa, "Il suicidio", dimostra proprio che anche l'atto umano più individuale, il suicidio, è in realtà influenzato da cause sociali.[15]
Il paradigma si è poi evoluto nelleteorie funzionaliste. Queste teorie riflettono una concezione olistica del sociale, in quanto concepiscono la società come l'unità prioritaria di analisi e gli individui veicoli attraverso i quali la società si esprime. In pratica è la società che spiega gli individui e non viceversa.[15][18]
«Per agire «sociale» si deve intendere però un agire che sia riferito - secondo il suo senso, intenzionato dall'agente o dagli agenti - all'atteggiamento[N 2] di altri individui, e orientato, nel suo corso in base a questo.»
(Max Weber Economia e società: Teoria della categorie sociologiche. Vol. 1. Edizioni di Comunità, 1981, p. 4.)
Questo paradigma nasce formalmente con l'individualismo metodologico di Max Weber. Secondo tale paradigma, i fenomeni sociali vanno spiegati comprendendo il significato che gli attori individuali o collettivi attribuiscono ai propri atteggiamenti, credenze e comportamenti. Le ragioni degli attori sono perciò fondamentali per la comprensione delle loro proprie azioni.[20]
L'individuo è al centro del paradigma dell'azione, poiché, rispetto al paradigma della struttura, è ritenuto un attore dotato della capacità di scegliere e attribuire un significato alle azioni che compie.[20] In quanto attore dotato diagency, ossia della «capacità umana di agire»,[21] l'individuo non è passivo, quindi le sue azioni non dipendono solamente da fattori strutturali esterni e incontrollabili. Ci sono vincoli e condizionamenti contestuali che lo possono influenzare,[20] ma non sono assoluti perché non annullano la capacità di agire con un «senso intenzionato»,[20] ossia, citando Weber, «il senso di fatto intenzionato[N 3] soggettivamente [...] da colui che agisce [...] oppure dagli agenti».[22] In altri termini, il senso che l'attore individuale o collettivo[N 4] attribuisce alle proprie azioni.
^ S. H. Alatas,The Autonomous, the Universal and the Future of Sociology, inCurrent Sociology, vol. 54, 2006, pp. 7-23.
^ Warren E. Gates,The Spread of Ibn Khaldun's Ideas on Climate and Culture, inJournal of the History of Ideas, vol. 28, n. 3, luglio-settembre 1967, pp. 415-422.
^Il libro della sociologia. Grandi idee spiegate in modo semplice, collanaStraordinariamente, Gribaudo, 2016,ISBN8858015827.
^abcd Arnaldo Bagnasco, Marzio Barbagli e Alessandro Cavalli,Corso di sociologia, Il Mulino, 30 agosto 2012.
^ Alessandro Duranti,Agentività/agency (PDF), inCulture e discorso. Un lessico per le scienze umane, Roma, Meltemi, 1º febbraio 2002, pp. 18-23,ISBN978-8883531071.
^ Max Weber,Economia e società: Teoria della categorie sociologiche, vol. 1, Edizioni di Comunità, 1981, p. 4.
^ È il caso dell'Azione Collettiva, dove abbiamo un insieme di persone che sentono di appartenere ad un gruppo. L'azione collettiva è dotata di intenzionalità (senso); il gruppo è organizzato e ha un'identità; inoltre ogni membro ha un ruolo.