Ilsindacalismo rivoluzionario si riferisce ad una molteplicità di movimenti sindacali, uniti da una comune ideologia di base ed evolutisi in diverse direzioni su base nazionale, sviluppatisi maggiormente inFrancia,Italia,Spagna,Argentina eStati Uniti d'America tra l'inizio delNovecento fino aglianni trenta.
Georges Sorel, uno dei principali ideologi del sindacalismo rivoluzionario
Il principio fondamentale delsindacalismo rivoluzionario è l'indipendenza sindacale nei confronti sia dei partiti politici che delloStato. Questo principio verte sull'idea che la classe operaia debba agire in maniera autonoma sul terreno dellaproduzione e contando soltanto sulle proprie capacità, considerando tra i propri strumenti privilegiati losciopero generale e l'uso della violenza a scopi rivoluzionari. Il fine non è la conquista del potere politico, bensì la costituzione di una società basata ed organizzata per mezzo di sindacati di lavoro e di settore.
In Italia, Leone fu il teorico più organico. Pubblicò due libri, fondamentali per capire il pensiero del sindacalismo rivoluzionario in Italia,Il sindacalismo (1906) eLa revisione del marxismo (1909). In quest'ultimo libro Leone tenta una sintesi fra marxismo e marginalismo edonista. Labriola, invece, fu senz'altro il più estroverso e originale. Pubblicò molti libri di politica, di storia e di economia. Fra i primi, va ricordatoRiforme e rivoluzione sociale (1904, 2ª ed. 1906), fra i secondiStoria di dieci anni (1910), fra i terziMarx nell'economia e come teorico del socialismo (1908). Egli era piuttosto critico sia verso il pensiero marxiano, di cui rilevava i limiti hegeliani, sia verso il pensiero liberale, di cui criticava l'eccessivo psicologismo edonista. In economia approdò ad una sorta di neo-ricardismo.
Il sindacalismo rivoluzionario nasce in seno al partito socialista come corrente di sinistra, avente i suoi prodromi nel socialismo partenopeo ed il suo battesimo di fuoco nel primo sciopero nazionale del settembre1904. I suoi leader sono allora gli economistiArturo Labriola eEnrico Leone. Le due riviste teoriche più in vista sono: "Il Divenire sociale" di Roma e "Pagine Libere" di Lugano.
Nel periodo pre-bellico il sindacalismo rivoluzionario presenta caratteristiche estremamente innovative ed inserite nella modernità. Gli appartenenti al movimento in Italia studiano la psicologia delle folle e le dinamiche associative di massa (in particolare i testi diGustave Le Bon,Paolo Orano,Scipio Sighele), fenomeni in cui era culturalmente assente l'orientamentomarxista, acquisendo strumenti capaci di spiegare loro i motivi dell'immobilità del proletariato europeo ed i modi per eliminare quel problema.[1][2] Resisi consapevoli della complessità dei mezzi di informazione e persuasione atti alla mobilitazione di massa, tramite l'uso di miti e richiami all'irrazionale collettivo, i sindacalisti rivoluzionari dettero vita ad una sorta di socialismo aristocratico, guidato da una élite minoritaria altamente preparata, che sapesse fare uso disociologia epsicologia nell'ambito politico diretto. Emblematici sotto questo aspetto furonoAngelo Oliviero Olivetti eSergio Panunzio.[3]I sindacalisti rivoluzionari si rendono perciò conto della dinamica in atto, che porta alla dominazione della società da parte di minoranze capaci di utilizzare sapientemente quegli strumenti. Essi ritengono che lademocrazia parlamentare immobilizzi ilproletariato, togliendogli energie e quindi annientandone l'indole potenzialmente rivoluzionaria in uno stato di soggezione permanente, il tutto a vantaggio del capitalismo, padrone dei sistemi di persuasione e di produzione di massa. Il compito dei sindacalisti rivoluzionari sarebbe quello di guidare la classe proletaria stessa contro le declinanti istituzioni dello Stato liberale e creare un nuovo Stato strutturato in sindacati.[3]
Già dai primi anni del secolo, il sindacalismo rivoluzionario mosse soprattutto contro il riformismo socialista, che monopolizzava il movimento operaio, tentando di far emergere e riconoscere la propensione per i valori dell'attivismo, del dinamismo, dell'energia del volontariato, dell'interventismo. In questa visione, lo sciopero generale diventa l'evento culminante del movimento, quello in cui si concretizza il decisionismo della guida aristocratica e l'impeto rivoluzionario delle masse.[4]
Grazie agli elementi comuni, cominciano a crearsi legami ed apporti reciproci tra sindacalismo rivoluzionario efuturismo, il quale accresce l'elitarismo dell'altro e le sue venaturenicciane già esistenti.[5]
Almeno fin dal1910, anno in cuiEnrico Corradini parlando aTrieste pose in stretta parentela e congenialità sindacalismo e nazionalismo, i sindacalisti rivoluzionari si erano spostati verso tale impostazione ed aderirono con entusiasmo alla guerra libica. Le riviste di Olivetti ed Orano erano attraversate da forti accenti nazionali, parallelamente al movimento soreliano in Francia, mentreEdmondo Rossoni propose nel1912 aNew York un'organizzazione operaia nazionalista che difendesse i diritti dei lavoratori italiani all'estero.[6][7]
Verrà seguito questo tracciato quando nel1912 Olivetti e Panunzio guidano l'intero movimento sindacalista rivoluzionario sul tema della guerra italo-turca, arricchendo il tema nazionalistico ed evolvendolo dalla posizione risorgimentale diidea nazionale e quella conservatrice-patriottarda ad una visione di riscatto per un popolo giovane e pieno di energie come quello italiano, per essi capace di poter avanzare ben precise richieste in ambito internazionale.[8]
«Il sindacalismo, in opposizione con le epoche incerte della civiltà universale, delle epoche di transizione, di silenzio, di quiete, di rassegnazione democratica o cristiana, si richiamava alle epoche imperialistiche. Come esse implica uno sforzo, un desiderio di dominio, una volontà di potenza, aborre la pallida uguaglianza conventuale sterilmente sognata dal collettivismo e preclude alla formazione di élite battagliere e conquistatrici, sfrenate all'assalto della ricchezza e della vita»
(Angelo Olivero OlivettiDal sindacalismo rivoluzionario al corporativismo)
Corradini evidenzia il mitopascoliano dellagrande proletaria, che sfida eroicamente le potenze capitaliste ed imperialiste, e lo riprende in occasione della guerra libica. Successivamente verrà nuovamente utilizzato, a conferma del filo conduttore tra i movimenti, durante la guerra etiopica del1935-1936 e dell'assediosocietario, ricordando la situazione del 1912 stesso.[9]
Unione Sindacale Italiana e fallimento della settimana rossa
Nel biennio che va dal 1912 allo scoppio dellaprima guerra mondiale, il sindacalismo rivoluzionario vive il suo periodo più intenso. Oltre agli entranti sentimenti nazionalisti, nel '12 stesso nasce l'Unione Sindacale Italiana (USI), che farà concorrenza alla CGdL. Creata daAlceste de Ambris a Parma, la cui camera del lavoro nel 1907 aveva organizzato -e portato a termine con successo visto l'accoglimento delle richieste- in un breve lasso di tempo 34 scioperi di varie categorie, si sviluppò ed aumentò il proprio peso politico diffondendosi specialmente a Milano, dove riuscì a mantenersi sempre protagonista grazie all'attivismo ed all'organizzazione diFilippo Corridoni. La scissione dell'USI venne inizialmente osteggiata daBenito Mussolini, che tuttavia si decise ad appoggiarla dalla primavera del1913, tanto cheCorridoni poté affermare in un comizio:"nella lotta non siamo più soli: anche Mussolini è con noi". L'"Avanti!" infatti, diretto da Mussolini stesso, sostenne lo sciopero dei metalmeccanici del 19 maggio1913 organizzato dall'USI, contro le direttive espresse da partito socialista e CGdL.Molti ritengono che sia stato il successo del sindacalismo rivoluzionario, che anche Mussolini spinse in senso mazziniano edinterventista e che maturerà nel primo dopoguerra, a contribuire all'abbandono del partito socialista da parte del futuro Duce stesso[10] che, già nel corso dellaSettimana rossa, presenta alcune moderate prese di distanza.[11].
Nel giugno del1914 si ebbe infatti il punto di svolta per il movimento sindacalista rivoluzionario. Organizzata lasettimana rossa, concepita come l'espressione più alta dell'attivismo della classe operaia tramite il ricorso allo strumento dellosciopero generale, si risolse con un totale e traumatico insuccesso. Ciò provocò due conseguenze principali:
la svolta di De Ambris che, fallito il tentativo insurrezionale, si spostò su un piano più politico che sindacale, improntato su una visione federalistico-repubblicana che vedrà la sua espressione aFiume nell'ispirazione dellaCarta del Carnaro. Ciò dette luogo anche ai presupposti della scelta politica definitiva di De Ambris stesso che non aderirà mai al fascismo e resisterà ad ogni tentativo del fascismo stesso, poi al potere, di riacquistarlo;[12]
il processo di autocritica e l'evoluzione teorica del movimento che, ricercando la convergenza con un fronte più ampio formato da socialisti, anarchici e repubblicani, andò a sfociare in quello che poi diventerà l'interventismo rivoluzionario.
Termine di una manifestazione interventista dove al centro si scorge Filippo Corridoni
Quest'ultimo fronte, realizzatosi compiutamente nell'estate del 1914 dopo una spaccatura avvenuta all'interno dell'USI in cui De Ambris si espresse a favore di un intervento in guerra a fianco della Francia[13], incassa l'ingresso anche della forte sezione milanese capitanata da Corridoni all'interventismo e si salda con l'interventismo futurista, che nel frattempo era già passato all'azione di piazza conMarinetti eBoccioni.Tutta la componente interventista venne espulsa dall'USI, diretta da allora dall'anarchicoArmando Borghi, che restò su posizionineutraliste edinternazionaliste.
«I proletari di Germania hanno dichiarato di essere prima tedeschi e, poi socialisti. Ecco un fatto nuovo che noi ignoravamo e che abbiamo avuto il torto di non intuire»
(Filippo Corridoni durante un comizio interventista[14])
Il 5 ottobre1914 Olivetti promosse la creazione delFascio rivoluzionario d'azione internazionalista, in cui confluirono tutte le anime dell'interventismo sindacalista e futurista, lanciando un appello ai lavoratori italiani incitandoli ad abbracciare la causa. La battaglia interventista aveva come intento principale la critica al socialismo, bloccato su posizioni neutraliste e di aspettazione degli eventi, percepito quindi dai sindacalisti rivoluzionari come reazionario nei confronti della storia in movimento. La rivoluzione avrebbe dovuto, nelle loro idee, approfittare e sfruttare le coincidenze storiche come la guerra e rendere protagoniste negli eventi mondiali le masse che, presa coscienza del proprio potenziale, sarebbero state in grado di imporre i loro ideologie, metodologie ed interessi propri, in antitesi al vecchio ordine sociale e realizzandone un nuovo tipo. L'evento bellico venne considerato dai sindacalisti rivoluzionari come quell'avvenimento rivoluzionario che le avanguardie e le masse popolari attendevano invano da decenni e, sebbene non avesse avuto luogo all'interno del movimento operaio stesso, risultava necessario cavalcarlo e piegarlo ai propri interessi, in modo da creare il clima adatto alla realizzazione della rivoluzione.[15][16].Sempre Corridoni, in questo filone del suo pensiero volto alla patria e all'idea mobilitante-rivoluzionaria che da questa poteva scaturire, scrisse:
«Date al popolo la libertà ed esso la difenderà vittoriosamente [...] perché per il popolo il problema di patria è essenzialmente un problema di libertà. Toglietela e gli toglierete la patria: non la sentirà più, si disinteresserà delle sue sorti.[17]»
Molti hanno visto l'interventismo sindacalista rivoluzionario come fondamentale per la scelta di Mussolini di abbandonare il socialismo prima[18] e, soprattutto per via dei rapporti intensi con Panunzio, Olivetti, De Ambris e Corridoni, si ebbe la spinta che portò Mussolini stesso alla svolta interventista e quindi all'accoglimento delle tesi di sfruttamento delle coincidenze storiche in ottica rivoluzionaria.[16][19]
A partire dalla primavera del1918 i maggiori esponenti del movimento cominciavano a determinare le prossime evoluzioni teoretiche dello stesso. Edmondo Rossoni esprimeva svariati accenni al produttivismo ed al riconoscimento dei valori nazionali[20], Olivetti parlava sempre sul settimanale di Rossoni[21] dipatriottismo operaio in ottica di "continuità della tradizione dei nostri grandi"[22], creando i presupposti per il futurosindacalismo nazionale.La convergenza di idee tra le posizioni sindacaliste rivoluzionarie e nazionaliste avviene per mezzo di Corradini. Quest'ultimo realizzò un'evoluzione del vecchio nazionalismo egoista, reazionario e conservatore, in senso sociale: comprendendo l'impossibilità nella sua epoca di creare una politica di potenza senza il consenso delle masse, si convinse fosse necessario generare nella classe produttrice un nuovo interesse nei confronti della nazione, indicando l'evoluzione del nazionalismo in unimperialismo operaio, che trasponesse il proletario dalla logica di classe alla nazione.[23][24][25]
Attraverso il travaglio intellettuale causato dalla guerra, il sindacalismo rivoluzionario interventista si avvicina quindi ad ottiche nettamente produttivistiche, accentuando le posizioni mussoliniane (Mussolini cambiò emblematicamente il sottotitolo delPopolo d'Italia daquotidiano socialista aquotidiano dei produttori). In tal modo pervennero all'idea non tanto di negare lalotta di classe a difesa degli interessi di categoria, quanto la lorocomposizione in vista del comune interesse superiore nazionale, all'interno del quale la classe operaia avrebbe dovuto ricoprire un ruolo egemone per il ruolo fondamentale ricoperto in guerra ed il patriottismo operaio nato in trincea. In quest'ottica mutava anche la funzione dello sciopero, visto non più come esclusivamente al servizio della lotta di classe ma, al contempo e secondo una linea già tracciata da Corridoni nel 1912[26], anche strumento per un miglioramento sia qualitativo che quantitativo della struttura industriale.
Queste nuove idee trovarono sfogo nella creazione dell'Unione italiana del lavoro (UIL), nel giugno 1918 a Milano, da parte di Rossoni e De Ambris. Al congresso costitutivo si scontrarono due visioni: quella di Rossoni, che propendeva per l'indipendenza del sindacalismo dai partiti, e quella di De Ambris, fautore di un vincolo saldo tra sindacato e politica. Quest'ultima sarà però quella maggiormente apprezzata da Mussolini e darà luogo ad un periodo (1919-20) di forte convergenza tra i due, con l'appoggio ideologico offerto da De Ambris stesso al programma deiFasci italiani di combattimento (23 marzo1919), da cui prenderà poi spunto ilsindacalismo fascista per le attuazioni in fase governativa.[27]
Solo pochi giorni prima, il 16 marzo1919, alDalmine si verificò la primaoccupazione conautogestione operaia della storia italiana, organizzata dai sindacalisti rivoluzionari stessi. Il fatto eclatante, che destò scalpore, fu però soprattutto la continuazione della produzione, d'accordo con l'ottica produttivista che aveva acquisito il movimento: gli operai autorganizzati continuarono infatti il lavoro, issando sulla fabbrica iltricolore nazionale.[28][29] Due giorni dopo lo stessoBenito Mussolini raggiungerà gli stabilimenti.[30]
La crisi tra i due movimenti si attuò essenzialmente sul nodo della concezione del rapporto tra economia e politica. Da una parte il fascismo, che riteneva fondamentale che ogni dinamica attraversi la nazione sia controllata dallo Stato, dall'altra i sindacalisti rivoluzionari, che vedevano questa posizione come antitetica ai propri canoni libertari ed autonomisti[31] e concepivano la nazione come identità e sostanza storica di un popolo, ma lo Stato come sistema di potere di una classe esclusiva.[32]
All'irrompere di questa crisi contribuì anche la questione fiumana: il raffreddamento di Mussolini, che non aveva visto favorevolmente il trattato di Rapallo (1920), nei confronti di D'Annunzio, realizzò al contrario un avvicinamento dei sindacalrivoluzionari con il fiumanesimo. La collaborazione tra questi ultimi due movimenti darà vita nell'ottobre 1922 alla rivistaLa Patria del popolo, recante il sottotitolo "settimanale sindacalista-dannunziano".
Nello stesso momento, però, si verificherà laMarcia su Roma (28 ottobre1922). Ciò non sopì le intenzioni dei sindacalisti rivoluzionari, che tentarono la creazione di un fronte spostato a sinistra, anche con elementi socialisti, progettando una sorta di costituente sindacale per preservare il movimento dalle contaminazioni parititiche e stataliste, in contrapposizione alle Corporazioni di Rossoni. La volontà del movimento andò scemando in una parabola discendente. Con l'edificazione dello Stato fascista, infatti, la storia del sindacalismo rivoluzionario si disperde nelle storie e nelle vicende personali dei suoi singoli interpreti ed esponenti, esaurendo la sua funzione storica, pur avendo impresso a fondo la sua immagine e le sue idee su quel movimentato periodo della storia italiana, sui suoi protagonisti e sull'egemonia fascista che andava affermandosi.
I sindacalisti rivoluzionari, in larghissima parte, aderirono, prima o dopo, al fascismo (Olivetti, Panunzio[33], Orano, Dinale, Lanzillo, ecc)[34] con poche eccezioni, come De Ambris, che preferì l'esilio. Mentre altri ancora, con l'esempio di Filippo Corridoni, erano già morti in trincea da volontari nella Grande Guerra, dimostrando l'idealismo e la fede disinteressata nei propri ideali che fecero del sindacalismo rivoluzionario un movimento reale ed ideologicamente onesto e non filosoficamente astratto.
«Il sindacalismo rivoluzionario, portando il suo contributo decisivo alla determinazione dell'Italia per l'intervento nella guerra, salvò l'onore dei lavoratori italiani e gettò le premesse in virtù delle quali l'organizzazione del lavoro è oggi, su piede di uguaglianza con tutte le altre forze economiche, elemento fondamentale dello Stato Corporativo. In questo senso soltanto può essere affermata la derivazione del movimento sindacale fascista dal vecchio sindacalismo rivoluzionario.»
Il sindacalismo rivoluzionario nacque in Francia come raggruppamento di correnti all'interno della Confédération générale du travail (CGT), che si opponevano all'influenza della corrente politica dei guesdisti. Un accordo fra queste correnti permise al congresso nazionale del1906 il voto di quella che divenne la celebre Charte d'Amiens.Victor Griffuelhes fu segretario della confederazione in quegli anni. Sin dal1908, con l'arrivo alla direzione diLouis Niel e soprattutto diLéon Jouhaux, prese una piega più moderata, che farà contrasto con la linea radicale delle componenti sindacaliste rivoluzionarie europee rimaste minoritarie nell'ambito delle rispettive realtà sindacali nazionali.
In Spagna, l'ideologia sindacalista rivoluzionaria è stata incarnata dallaConfederación Nacional del Trabajo (CNT), che si costituì nel1910 e che ebbe la massima diffusione nel primo dopoguerra, rappresentando l'ossatura dell'opposizione popolare al golpe franchista soprattutto in Catalogna ed in particolare nei primi mesi della guerra civile.
^"C'è un po' di questo programma nel così detto 'futurismo', ma mentre questo si limita ad una comprensione estetico-letteraria della vita, il sindacalismo riconosce le schiere dei volenti e dei possenti nelle affinate aristocrazie operaie, fatte dominatrici di un tecnicismo superiore destinato a dominare e dirigere la vita contemporanea",Angelo Oliviero OlivettiPagine libere, 15 novembre1911
^"Ricordatevi poi, uditori, ciò che accadde allora: avemmo contro non soltanto la Turchia, ma tutta l'Europa. perché? Che era successo? Che cosa avevamo fatto di male? Avevamo colpito la gran borghese, l'Europa bancaria, mercantile, plutocratica. La gran proletaria aveva colpito il sistema sociale delle nazioni europee, e questo aveva reagito",Benito Mussolini, comizio inpiazza Venezia
^Enrico CorradiniSindacalismo, nazionalismo, imperialismo, inScritti e discorsi, Einaudi, Torino, 1980
^"Così essendo, già non vi si presenta lo stesso sindacalismo come una forma d'imperialismo? Non potreste definirlo l'ultimo imperialismo della storia, il più grandioso imperialismo di classe, l'imperialismo operaio?" Enrico Corradini
^come si evince dalla sua relazione al congresso nazionale dell'Azione Diretta, tenutosi a Modena dal 23 al 25 novembre del 1912
^Renzo de Felice,Mussolini il rivoluzionario, op. cit. p. 514
^Renzo de Felice,Mussolini il rivoluzionario, Torino, Einaudi, 2005.
^Filippo Corridoni (a cura di Andrea Benzi),...come per andare più avanti ancora - gli scritti, Milano, Seb, 2001
^"Voi oscuri lavoratori del Dalmine, avete aperto l'orizzonte. È il lavoro che parla in voi, non il dogma idiota o la chiesa intollerante, anche se rossa, è il lavoro che ha consacrato nelle trincee il suo diritto a non essere più fatica, miseria o disperazione, perché deve diventare gioia, orgoglio, creazione, conquista di uomini liberi nella patria libera e grande oltre i confini".Discorso del Dalmine, 20 marzo 1919, in "Tutti i discorsi - anno 1919".
^Angelo Olivero OlivettiDal sindacalismo rivoluzionario al fascismo, op. cit., p. 72-73
^Francesco PerfettiDal sindacalismo rivoluzionario al fascismo, op. cit., p. 61
^J. GregorSergio Panunzio. Il sindacalismo ed il fondamento razionale del fascismo, Volpe, Roma, 1978
^Paolo OranoIl Fascismo, Pinciana, Roma, 1939-40. Specialmente il volume primo,La vigilia sindacalista dello Stato Corporativo
^Tullio Masotti,Corridoni, Casa editrice Carnaro, Milano, 1932, pag. 76:
D.lgs. 21 aprile 1993, n. 124 · D.lgs. 30 giugno 1994, n. 509 ·riforma Dini (1995) · D.lgs. 10 febbraio 1996, n. 103 · D.lgs. 5 dicembre 2005, n. 252 · Riforma Damiano (2007) ·Riforma Sacconi-Fornero (2010-2011)