Ilsilurificio di Baia fu tra le due guerre mondiali uno dei tre stabilimenti di fabbricazione disiluri inItalia, insieme alSilurificio Whitehead diFiume e alSilurificio Moto Fides di Livorno. Il silurificio era ubicato aBaia, una frazione del comune diBacoli (NA), nell'area deiCampi Flegrei.
Le origini del silurificio risalgono al1914 quando venne impiantato pressoNapoli nell'isolotto di San Martino con la denominazione di "Società Anonima Whitehead" dallaWhitehead di Fiume controllata dal1905 dalla societàinglese Vickers-Armstrong.
Al termine dellaprima guerra mondiale essendo la società oberata di debiti il gruppo britannico decise di vendere l'impianto. Alla fine del1921 il silurificio venne posto in liquidazione ma nell'aprile del1922 laComit, che era il maggiore creditore dell'azienda, rilevò lo stabilimento che venne denominato "Silurificio Italiano" che venne impiantato in viaGianturco a Napoli riconvertendo un vecchio stabilimento per la fabbrica di automobili Dymler e relativo poligono nel vecchio stabilimento sull’isolotto di San Martino. Alla crisi dell'azienda venne incontro laRegia Marina proponendo la sostituzione del siluro da 450mm con il siluro da 533mm ritenuto più efficiente.
Nel 1922 venne aperto nel silurificio un reparto termomateriali finalizzato alla produzione di radiatori e di caldaie in ghisa. Ma i costi elevati di produzione, la forte concorrenza della Società Nazionale dei Radiatori diBrescia, e la lontananza dalle zone di mercato del nord Italia causarono il fallimento di questa attività collaterale del Silurificio Italiano.
Nel 1929 il silurificio impiegava 1300 persone con una capacità di produzione di 10 siluri al mese.
Nel1933 l'IRI entrò in possesso del 40% del pacchetto azionario del "Silurificio Whitehead" attraverso laSocietà Finanziaria Italiana, la finanziaria delCredito Italiano, e di tutte le azioni del "Silurificio Italiano" per mezzo dellaSocietà Finanziaria Industriale Italiana, la finanziaria dellaComit.
Nel 1934 al vertice dell’Azienda venne posto l’AmmiraglioEugenio Minisini che nello stesso tempo era membro del Comitato Tecnico per lo studio dei problemi della siderurgia bellica e ricopriva inoltre anche la carica di vice presidente dell’IRI.
Il silurificio ebbe una notevole ripresa neglianni trenta e alla fine del1935 impiegava 1260 operai che arrivarono a 1400 nel marzo successivo e per far fronte alle nuove commesse il silurificio venne trasferito nellazona flegrea riconvertendo nel1939 il cantiere navale di Baia che apparteneva alla "Società Cantieri e Officine Meridionali" di proprietà della stessa IRI. Il cantiere era sorto intorno agli inizi deglianni venti, quando vennero realizzati al riparo delcastello aragonese i capannoni deicantieri navali e nella zona adiacente, sulla collina tra ilgolfo di Pozzuoli e laspiaggia diCuma cominciò a svilupparsi il primo quartiere operaio legato alle nuove attività portuali. A differenza di altri cantieri, nel dopoguerra, i cantieri di Baia non soffrirono una grande crisi, sia perché erano in stretto contatto con i cantieri diGenova, sia per il sostegno alla loro attività da parte del governo fascista; inoltre i cantieri di Baia potevano avvalersi dell'apporto dei lavoratoriprocidani espertissimi nelle realizzazioni navali. Le capacità di questi lavoratori vennero molto apprezzate dai genovesi, che investirono nella cantieristica baiana; tra questi il direttore della SocietàNavigazione Generale Italiana diGenova Brunelli, che fu tra i promotori dell'attività industriale di Baia. Nonostante gli investimenti del governo per il rilancio dell'attività marittima a Baia, lacrisi del 1929 ebbe gravi ripercussioni sulle attività dello stabilimento ed il cantiere venne riconvertito e, a partire dal1936, i capannoni riutilizzati per la produzione disiluri, mentre il vecchio stabilimento di San Martino continuò ad essere utilizzato come siluripedio.
I lavori di adattamento procedono lentamente sotto la direzione dell'ingegnere Raffaelli e il trasferimento, che avvenne sotto la direzione dell’Ammiraglio Eugenio Minisini, massimo esperto di armi militari subacquee, previsto nel1938 venne completato nel1939. I siluri partivano da Baia, imbarcati su dei pontoni e arrivavano a San Martino per essere collaudati prima di essere spediti al fronte.
Nel corso dellaseconda guerra mondiale le esigenze belliche imposero di aumentare la produzione, ma per non concentrare un'attività così importante in un unico impianto, la direzione del silurificio decise di realizzare nel1942 un nuovo impianto nella zona pianeggiante delFusaro; al Fusaro sarebbero state trasferite le lavorazioni meccaniche e lafonderia mentre a Baia sarebbero continuate le prove alla vasca oltre al montaggio delle parti dell'arma. La costruzione del nuovo impianto venne realizzata con materiale del luogo: tufo, pozzolana, lapillo, pomice. I lavori terminarono verso la metà del1943 ed il macchinario occorrente fu importato per la maggior parte dallaGermania. Lo stabilimento del Fusaro venne collegato a quello di Baia mediante una galleria lunga 1.300 metri, mentre un pontile e una galleria sotto Monte di Procida accelerò il passaggio dei siluri sull’isolotto; in questo modo i tre stabilimenti costituivano un unico impianto. Nel gennaio1940 ilSilurificio Italiano impiegava 1848 operai ma nel1941 il numero passò da 2196 a 3668 tra luglio e dicembre. Nel periodo bellico1940-1943 il silurificio produsse la maggior parte dei 3700 siluri italiani per sommergibili, torpediniere, MAS ed aerei impiegati in guerra. Nel 1943 l’organico era di 7000 unità con capacità di produzione di 160 siluri al mese.
Dopo l'armistizio dell'8 settembre1943 gli stabilimenti vennero pesantemente bombardati daitedeschi, che dal 15 al 22 settembre distrussero in modo sistematico gli stabilimenti di Baia, del Fusaro e il siluripedio di S. Martino. Gli impianti di Baia furono minati ed incendiati. All'impianto del Fusaro furono fatte crollare le coperture dei capannoni e al siluripedio di S. Martino fu bombardato il ponte che collegava lo scoglio alla terraferma. Appena fu possibile, i dirigenti del silurificio iniziarono la rimozione delle macerie ed il recupero dei macchinari. Le truppealleate, entrate il 18 ottobre negli stabilimenti, iniziarono a caricare numerosi automezzi, trasportando altrove macchinario e materiale di ogni tipo, e gli stabilimenti di Baia e del Fusaro vennero occupati dallaRoyal Navy. Solo il 20% dell'impianto di Baia rimase affidato al silurificio per svolgere lavori di revisione su 700 siluri della marina italiana.
Gli impianti di Baia e del Fusaro ritornarono in mano italiana nel settembre del1945 ma subito pose il problema di avviare unanuova lavorazione industriale per continuare ad impegnare le maestranze e riassorbire quelle presenti prima del settembre del1943. Sin dalla fine del 1944 si era pensato a delle lavorazioni di tipo meccanico o navale come la costruzione dimotori diesel, di motopompe e di compressori oppure di motopescherecci, di motobarche e di motoscafi.
Gli stabilimenti vennero rilevati daFinmeccanica, società apartecipazioni statali costituita per gestire le industrie meccaniche e cantieristiche acquisite, che fino a quel momento avevano prodotto su commesse belliche e non erano in grado di riconvertirsi rapidamente. Il silurificio venne riconvertito infabbrica motociclistica denominataIndustria Meccanica Napoletana, che a partire dal1950 iniziò a costruire su licenza il motoreMosquito di 38cc. dellaGarelli, unpropulsore ausiliario da applicare su una comunebicicletta per trasformarla in unveicolo a motore; successivamente l'azienda realizza un proprio telaio monotrave aperto in lamiera stampata e vende il veicolo completo.
A dirigere lo stabilimento venne chiamato l'ingegner Gian Luigi Capellino, progettista dellaDucati, altra azienda entrata a far parte dello stesso gruppo della galassiaIRI.
Nel1952 l'azienda produce il ciclomotore Paperino, che usa ancora il motore Mosquito, cui nel1954 si affiancheranno il Superpaperino ed il Superpaperino Sport conmotore a due tempi, tre marce, realizzato in proprio e nel1953 viene prodotta la motoleggera Baio conmotore a quattro tempi di 100 cc.
Nel1958 la produzione viene interrotta e gli stabilimenti ospitarono laMicrolambda, la prima industriaradaristica italiana, impiantata nel1951 presso ilLago Fusaro e che il 22 marzo1960, in seguito alla fusione conSindel costituì laSipel - Società industriale prodotti elettronici S.p.A., che nel1960 avrebbe assunto la denominazione diSelenia, divenuta poiSelex Sistemi Integrati, attualeLeonardo S.p.A.
La Microlambda venne impiantata dall'ingegnere Carlo Calosi che durante la seconda guerra mondiale ha progettato per laRegia Marina Italiana unsiluro fra i migliori della produzione bellica dell'epoca con esplosione di prossimità invece che a impatto. Calosi durante il periodo della cobelligeranza si era recato negliStati Uniti, collaborando con i servizi segretialleati e partecipando agli studi ed alla realizzazione dei primi impianti radar. Neglianni cinquanta, forte di questa esperienza, tornato in Italia fondò prima la Microlambda e poi la Selenia, due industrie che si sarebbero occupate di radaristica, di missili e di satelliti. Nel1952 venne consegnata allamarina statunitense la prima batteria di seiradar completamente realizzati negli stabilimenti della Microlambda.
Gli stabilimenti dove prima era ubicato il silurificio sono poi diventati la sede del Museo del radar, inaugurato il 5 aprile2009.