Quṭb al-Dīn Aḥmad Walī Allāh ibn ʿAbd al-Raḥīm al-ʿUmarī al-Dihlawī (in araboقطب الدين أحمد ولي الله بن عبد الرحيم العمري الدهلوﻱ?;Delhi,2 marzo1703 –Delhi,17 agosto1762) è stato unteologo emisticoindiano di religione islamica e dimadhhab hanafita.Comunemente noto comeShah Waliullah Dihlawi (in araboشاه ولي الله الدهلوي?), è stato uno studioso musulmano, espertomuḥaddith (conoscitore diḥadīth) e importanterinnovatore del sapere e dei costumiislamici.[1][2]
Shah Waliullah, il cui nome proprio era Aḥmad, nacque nel 1703. Figlio di Shah ʿAbd al-Raḥīm, compilatore di unLessicohanafita, leFatāwā-e ʿĀlamgīrī (LeFatwā di ʿĀlamgīr[3]).[4] Suo nonno era stato losceicco Wajihuddin, importante ufficiale nell'esercito dell'imperatoreMughalShah Jahan.
Ebbe a sua volta un figlio, diventato uno studioso assai apprezzato,Shah 'Abd al-'Aziz.
Shah Waliullah morì nel 1762.
I suoi lavori trattano ilsunnismo ortodosso e ilSufismo. La sua opera più importante fu laḤujjat Allāh al-bāligha, diretta a istruire i Sufi affinché si conformino alle norme legali ortodosse, evitando il rischio assai presente nelmisticismoesoterico islamico di una deriva antinomistica.
Egli disse in proposito:
"Alcune persone pensano che non ci sia utilità nelle ingiunzioni della Legge islamica e che le azioni e le ricompense come stabilite da Dio non abbiano un fine benefico. Essi pensano che i comandi della Legge islamica siano simili a quelli impartiti da un padrone a un servo di sollevare una pietra o di toccare un albero per verificare la sua ubbidienza, e che in ciò non vi sia un fine che non sia quello d'imporre una prova, cosicché se il servo ubbidisce, egli lo ricompenserà e se disubbidisce egli lo punirà. Questa idea è completamente falsa. Le tradizioni delProfeta* e il consenso delle opinioni [dei musulmani] di [tutte] le epoche, contraddicono questa idea".[4]
Si crede anche che abbia tradotto per primo ilCorano inFarsi, lingua veicolare della cultura islamica in tutto ilsubcontinente indiano.[2]
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