Le aspettative maturate in estate circa i possibili sviluppi del campionato cadetto furono sconvolte il 30 agosto 1955, acalciomercato ormai chiuso, dalla retrocessione a tavolino di due squadre diSerie A, l'Udinese (per il caso della "confessione" diSettembrino) ed ilCatania (per lo "scandalo Scaramella")[1]. Il cronista dellaStampa Gianni Pignata rilevò che i provvedimenti della giustizia sportiva avrebbero potuto «giocare un brutto scherzo al tradizionale equilibrio del torneo di Serie B»[2]: le due squadre avevano «conservato l'inquadratura che avevano preparato per la A» e i friulani in particolare, da vice-campioni d'Italia, avevano mantenuto ampi settori intatti, come «il blocco difesa-mediana»[3]. Ezio De Cesari delCorriere dello Sport non considerava il Catania in grado di «competere con l'ambiziosa rivale», ma sottolineava la presenza di «uomini di statura tecnica superiore al normale livello» della categoria, tra cuiBardelli,Hansen eGhiandi[3].
Si pensava che la presenza di queste due squadre avrebbe potuto vanificare gli sforzi compiuti dalBrescia, che aveva acquistato uno dei capocannonieri del torneo precedenteRebizzi, dalVerona che, dopo aver scampato la retrocessione, si era affidato a «due autentiche vedette del calcio italiano» qualiMoro eSilvestri, e dalPalermo, la cui neo-insediata dirigenza pareva «aver avuto mano felice negli acquisti», per tentare di centrare la promozione[3]. Importanti cambiamenti societari avevano coinvolto anche ilMonza, che aveva risolto «la sua crisi economica appoggiandosi ad un solido complesso industriale», l'azienda alimentareSimmenthal[3], e l'Alessandria del neo-presidenteSacco, affidatasi a giovani promettenti e annoverata tra le possibilioutsider[2] assieme alle neopromosseBari eLivorno («hanno fatto le loro cose in piena regola per farsi rispettare»)[3]. Al contrario, De Cesari esprimeva perplessità sulle realichance di salvezza di unaSalernitana che aveva «perduto i suoi pezzi migliori», puntando su una squadra dall'età media piuttosto bassa[3].
Una formazione del Palermo nella stagione 1955-1956.
Come paventato, il torneo risultò ai cronisti «ben presto svuotato del suo tono più appassionante, la lotta per la promozione, a causa del ristretto numero di compagini che hanno subito monopolizzato le faccende dei primi posti»[4]. L'Udinese, in particolare, non deluse le attese ed inanellò immediatamente cinque vittorie consecutive; scrisse De Cesari dopo la larga affermazione nello scontro diretto contro il Palermo del 9 ottobre: «non ci sono avversari per la squadra che ancor oggi è degna di quel titolo di vice campione d'Italia che appena pochi mesi or sono conquistò»[5]. A seguire scattarono il Catania, una volta risolti alcuni problemi relativi alla «condizione insufficiente»[5] di vari giocatori, ed il Palermo; l'allenatore rosaneroRigotti stava «copiando puntualmente quanto gli fruttò successi e tanta classifica colMessina; la prima preoccupazione del Palermo di oggi è non prenderle. Rinuncia a tutto (rinuncerà magari qualche volta anche alla vittoria), nulla concede alla platea, pur di assicurarsi le spalle ed il risultato»[6]. Più effimero fu l'assalto delCagliari diSilvio Piola, che rivelò a lungo andare problemi sulla «tenuta della difesa [...], reparto meno dotato di un brillantissimo complesso»[6].
Con l'anno nuovo «la vena» dell'Udinese, imbattuta per tutto l'anno solare 1955[7], parve «appannata» principalmente a causa «dell'infortunio diPinardi e dell'indisponibilità diAzimonti»[8]; ne approfittò il solido Palermo, primo in solitaria alla diciottesima, mentre il Catania, «stanco e sfiduciato» andava declinando[9] per ragioni legate principalmente alla condizione atletica e a all'imprecisione dei suoi attaccanti («fa tanto gioco, ma non ha nessuno capace di tirare in porta»)[10]. Al terzo posto finirono per insediarsi così ilComo, forte dell'«esperienza dei suoiMezzadri, dei suoiGritti, dei suoiBaldini»[11] e della fama di «ammazzavedette» per la frequenza con cui si aggiudicava gli scontri diretti[12], e la Simmenthal Monza, considerata rivelazione del torneo («Lojodice,Milani,Mattavelli, i suoi giovanissimi, sono senza dubbio gli uomini più interessanti del campionato»[8]; «il suo contropiede è stato spesso considerato un numero di attrazione per praticità, rapidità, modernità»[11]), su cui l'Udinese «implacabile» tra le mura amiche[13] ed il Palermo dei «tredici uno a zero»[14] mantennero comunque distacchi considerevoli: De Cesari sottolineava che erano «proprio gli inseguitori ad accusare più spesso battute a vuoto»[12]. Sia la permanenza in B del Palermo che quella dell'Udinese, promosse rispettivamente con due e una giornate d'anticipo, erano state relativamente brevi; se i bianconeri riconquistavano al primo tentativo «quella serie maggiore che appena dodici mesi prima» la vide protagonista[11], i rosaneri facevano ritorno in A dopo appena due stagioni.
Sul fondo, il Verona delle «deluse ambizioni iniziali»[15], il troppo spregiudicato Bari («credono sufficiente buttarsi all'attacco e dominare novanta minuti per vincere le partite, perché inC così facevano e gli altri, timidi ed impauriti, subivano»)[5], l'Alessandria in difficoltà nel girone d'andata «scombinati com'erano la sua formazione ed il suo gioco»[5], ilMessinaed ilMarzotto Valdagno riuscirono a staccare nel corso delle settimane ilLivorno, «fragile, con ancora una mentalità da C»[5], e laSalernitana, che a causa di una serie di otto sconfitte iniziali occupava stabilmente l'ultima posizione sin dal principio del torneo; già a metà ritorno «troppo netto» sembrava «il vantaggio» delle concorrenti e «troppo scadenti» apparivano le due formazioni «per poter capovolgere la situazione»[9]. Se i toscani caddero in C dopo un'unica stagione, i campani si ritrovarono in terza serie per la prima volta dal 1943.
Nel corso del campionato furono segnati complessivamente 756 gol (di cui 25 suautorete) da 170 diversi giocatori, per una media di 2,47 gol a partita. Di seguito, la classifica dei marcatori[13].