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San Rossore

Coordinate:43°42′48.15″N 10°20′27.57″E43°42′48.15″N,10°20′27.57″E (San Rossore)
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Disambiguazione – Se stai cercando il santo, vedisan Lussorio.
«Le lodolette cantan su le pratora

di San Rossore
e le cicale cantano su i platani
d’Arno a tenzone.»

(Gabriele D'Annunzio, “La tenzone”, inAlcyone, vv. 3-6)

San Rossore
frazione
San Rossore – Veduta
San Rossore – Veduta
Località Cascine Nuove
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
Regione Toscana
Provincia Pisa
Comune Pisa
Territorio
Coordinate43°42′48.15″N 10°20′27.57″E43°42′48.15″N,10°20′27.57″E (San Rossore)
Abitanti
Altre informazioni
Cod. postale56128
Prefisso050
Fuso orarioUTC+1
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
San Rossore
San Rossore
Modifica dati su Wikidata ·Manuale

San Rossore (dal nome popolare diSan Lussorio) è una frazione diPisa, nelle cui vicinanze si trova la celebre tenuta, in passato proprietà diretta delPresidente della Repubblica (già delRe d'Italia), e oggi, in seguito alla convenzione effettuata tra il PresidenteOscar Luigi Scalfaro e laRegione Toscana, successivamente approvata dalParlamento italiano con la legge n. 87 dell'8 aprile 1999[1], facente parte del patrimonio dellaRegione Toscana.

Nella tenuta si trovano un importanteippodromo e lavilla presidenziale del Gombo. All'interno del Parco, precisamente nella Tenuta di Tombolo, hanno sede la base militareUSA diCamp Darby e la base militareCISAM.

Storia

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Inepoca romana le zone limitrofe, formanti l'attualeParco naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli, costituivano una palude salmastrosa parte dell'antica laguna che fino alVI secolo si estendeva a sud fino alla città di Pisa. Questo territorio, coperto da fitti boschi, era chiamatoSelva Palatina ed era attraversato dallaVia Emilia Scauri, costruita dalcensoreMarco Emilio Scauro nel109 a.C. Nella zona sorgeva anche ilPorto delle Conche, approdo costiero al servizio di Pisa, collocabile nelle vicinanze dell'attuale Macchia di Palazzetto, vicino alla Sterpaia.

Medioevo: da palude a luogo di preghiera

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Inepoca altomedievale la zona rimase selvaggia e utilizzata dalle popolazioni locali per lo più come luogo di rifugio. Le continue esondazioni dei fiumi vicini,Arno eSerchio, portarono a un graduale interramento della laguna e alla formazione di una palude destinata a durare fino alXII secolo. La fitta selva fornì molto del legname usato per la realizzazione dei palazzi e delle navi della vicinaRepubblica marinara di Pisa.

Dopo il1000 la zona subì un notevole incremento della popolazione ecclesiastica e religiosa grazie alla nascita di diversi monasteri, dedicati a Santa Maddalena, San Bartolo eSan Luxorio. Quest'ultimo era un soldato cristiano che subì il martirio inSardegna sottoDiocleziano, agli inizi delIV secolo. Nel1080 le sue spoglie furono traslate nella chiesa del monastero che sorgeva presso le attuali Cascine Vecchie. Da quel momento la zona prese il nome diSan Luxorio, trasformatosi nel tempo inSan Rossore. Nel1084 l'imperatoreEnrico IV donò al Capitolo dei Canonici di Pisa metà dei suoi possedimenti dalla foce del Serchio alla foce dell'Arno: "la selva dei tomboli pisani dalle foci del Serchio vecchio fino alle foci dell'Arno, dalla fossa di Cuccio fino al mare". Nel 1089 Enrico IV concede a Ugone Visconti, rappresentanti degliObertenghi a Pisa, la metà dellecorti di Pappiana, Rigoli eCorliano, la selva di San Lussorio (oggi conosciuta come parco di San Rossore), la fossa di Cuccio (oggi conosciuta come Fiume Morto) e tutta la palude diStagno.Con il declino della potenza navale della Repubblica Pisana, incominciato con labattaglia della Meloria del1284, anche San Rossore conobbe un periodo di decadenza e di abbandono, contraddistinto dall'estendersi degli acquitrini e dalla diffusione dellamalaria.

Dal XVI al XVIII secolo: sotto il dominio dei Medici

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Con la conquista di Pisa per opera dei fiorentini, per la zona di San Rossore cominciò una certa ripresa. A metà delXVI secolo iMedici, Signori diFirenze e successivamenteGranduchi di Toscana, presero in affitto le terre dal Capitolo dei Canonici di Pisa e ne incominciarono lo sfruttamento economico: vi furono praticate attività di pascolo allo stato brado e di caccia, ma anche la raccolta di legname e alcune coltivazioni agricole. Sul finire dello stesso secolo emerse il problema dell'interramento della foce delFiume Morto, causa di rovinose esondazioni: si procedette all'apertura di uno sbocco nel vicinoSerchio, ma la soluzione non fu efficace in quanto l'alveo di questo fiume si dimostrò subito non adatto a ricevere il maggior flusso delle acque.

Il vecchio Fiume Morto, oggi quasi completamente ristagnante

Nel tentativo di risolvere l'annoso problema delle piene dei fiumi limitrofi, ilGranduca Ferdinando I de' Medici ordinò una serie di modifiche ai loro tracciati. L'ultimo tratto dell'Arno, daiBufalotti al mare, venne rettificato nel 1606 per facilitare il deflusso delle acque e ridurre il pericolo di devastanti piene: fu il cosiddetto "Taglio Ferdinandeo", che spostò la foce dell'Arno di due chilometri più a nord modificando il perimetro meridionale di San Rossore. L'antico alveo meridionale andò a far parte della tenuta medicea di "Arnino" o "Arno Vecchio".

Lo stesso Granduca promosse l'economia della zona, con l'edificazione dellaCascina Ferdinandea, presso le attuali Cascine Vecchie, usata come abitazione dai lavoratori e come stalla per bovini da latte. Vennero inoltre potenziati il pascolo brado e l'attività venatoria, destinando la selvaggina sia alla vendita sia alla fornitura diretta delle mense dei palazzi granducali. A questo scopo vennero introdotti nella Tenuta idaini, importati dallaSicilia e dallaSardegna.

Sotto il granducato diCosimo III avvenne l'introduzione deipini domestici, una specie non autoctona destinata alla produzione dipinoli, una scelta che ha modellato in modo rilevante il paesaggio, andando a occupare circa un quarto dell'attuale area della Tenuta, e che risulterà economicamente valida almeno fino alla metà delXX secolo. Nel 1622, al tempo diFerdinando II, vennero introdotti pure alcuni esemplari didromedari, importati dall'Africa e destinati a costituire una presenza fissa della Tenuta per oltre 300 anni.

Dal XVIII secolo alla venuta di Napoleone: i Lorena

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Per oltre un secolo e mezzo, fino al 1784, la parte settentrionale della Tenuta di San Rossore fu di proprietà della nobile famiglia fiorentina deiRiccardi che vi fecero costruire una torre oggi scomparsa in quanto distrutta dai tedeschi durante l'ultima guerra mondiale.

Dopo la morte diGian Gastone, ultimo Granduca della famiglia de' Medici, a essi subentrarono gliAsburgo-Lorena nel 1732. I nuovi sovrani di Toscana vollero acquisire formalmente la Tenuta di San Rossore, rilevandola dal Capitolo dei Canonici dellaChiesa Primaziale di Pisa, incontrando però lunghe resistenze.[2] Nel frattempo si occuparono di potenziare ulteriormente la produttività della zona, operando bonifiche e impiantando nuove pinete, promuovendo l'allevamento brado di bovini, equini e persino bufali, e intensificando l'attività venatoria. In risposta alle crescenti esigenze di legname per gliArsenali medicei di Pisa, aumentò anche lo sfruttamento del bosco, utilizzando le competenze di tecnici forestali d'Oltralpe.

Ampie porzioni della Tenuta di San Rossore sono ancora dedicate all'agricoltura

Ai Lorena risale l'introduzione, nel 1771, delpino marittimo sulle fasce dunali più prossime al mare per difesa contro illibeccio e, successivamente, l'impianto delle pinete da pinolo nelle pasture e nelle macchie più interne, grazie a interventi di bonifica per colmata di zone palustri in prossimità delle località diPiaggetta, dell’Oncino e delleLame di Fuori. A livello urbanistico vennero costruiti nuovi edifici e migliorata la rete stradale. Nel 1774, per favorire un miglior deflusso delle acque verso il mare, fu effettuata un'ulteriore rettifica dell'Arno nei pressi dell'ansa diBarbaricina, detta "la svolta degli Asini", parallela all'attuale via delle Lenze.

Pietro Leopoldo I Lorena curò la sistemazione del viale che da Pisa porta alle Cascine Vecchie, facendovi apporre alle due estremità quattro statue di soggetto mitologico, due delle quali ancora oggi esistenti presso il Ponte delle Trombe[3]. Nel giugno del 1788 ebbe invece inizio la costruzione dei viali che dalle Cascine Vecchie vanno rispettivamente alle Cascine Nuove e alla Sterpaia, sotto la supervisione del sovrintendente generale Bartolini.[4]

Durante il Regno d'Etruria: Elisa Bonaparte

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Nelperiodo napoleonico la dinastia lorenese dovette abbandonare la Toscana, annessa all'Impero francese e San Rossore venne affidata alla sorella diNapoleone,Elisa Bonaparte Baciocchi, duchessa diLucca e principessa diPiombino, che fece portare dallaMaremma deicinghiali allo scopo di potenziare l'attività venatoria.

In questi anni la Tenuta subì gravi danni sia al patrimonio boschivo sia a quellozootecnico e faunistico, selvaggiamente sfruttato per i rifornimenti militari: ad esempio, i migliori puledri servirono come cavalcature per gli ufficiali. I francesi lasciarono un minuzioso rilevamento statistico relativo all'anno 1799 da cui risultano, fra l'altro, 1 850 vacche brade e 177 dromedari.

Fino all'Unità d'Italia: il ritorno dei Lorena

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Con la sconfitta di Napoleone e il ritorno dei Lorena a capo della Toscana, San Rossore ricominciò a essere valorizzata, assumendo sempre più un ruolo di tenuta di rappresentanza, come dimostra la realizzazione dei grandi viali alberati. Il granducaLeopoldo II incominciò la costruzione delViale del Gombo, lungo circa cinque chilometri, arrivando nel 1828 fino allaMacchia degli Escoli, nel 1834 fino alCotone delle Vacche brade, seguendo l'antico tracciato di via Vecchia di Marina, per giungere nel 1837 fino al mare.

L'odierna spiaggia del Gombo

L'anno successivo incaricò Gaetano Ceccherini e il figlio Baldassarre di costruire sulla spiaggia del Gombo uno stabilimento balneare pubblico accessibile tramite il Viale di Marina. Nel 1848 il granduca fece anche costruire unochalet per uso personale. Il Gombo divenne subito un luogo frequentato da varie personalità dell'epoca: cantanti convinti dei benefici dell'aria salmastra, musicisti come l'unghereseFranz Liszt e l'alta società pisana e toscana in generale.

Leopoldo II procedette anche alla ristrutturazione delMonastero di San Lussorio, alla costruzione dellaVilla di Cascine Vecchie (nel 1829) e a quella di un villino presso il Gombo, tutte strutture rase al suolo il secolo successivo durante laseconda guerra mondiale. Nel 1829 il granduca ordinò anche la realizzazione di una pista per le corse a cavallo, lunga un chilometro e mezzo, fra laMacchia degli Escoli e lo stradone dellaSterpaia, da considerarsi il primo nucleo del futuroippodromo di San Rossore.

Nel periodo lorenese l'accesso alla Tenuta fu sempre libero al pubblico, sia per utilizzare la nuova pista per l'attività equestre, sia per raggiungere in carrozza la spiaggia del Gombo, dove poter praticareelio etalassoterapia, pratiche a quel tempo consigliate per curare varie malattie dell'apparato respiratorio e lascrofolosi. L'acqua di mare, allora limpida e salubre, veniva inoltre bevuta come purgante.

L'età dei Savoia: Vittorio Emanuele II e Umberto I

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Vittorio Emanuele II a San Rossore nel 1869

Con l'Unità d'Italia la Tenuta divenne proprietà della nuova dinastia regnante che ne tenne sempre di conto. Il primo re d'Italia,Vittorio Emanuele II, era un appassionato cacciatore, per cui dedicò grande attenzione allo sviluppo della selvaggina. Nel 1862 egli fece costruire laSterpaia, in stile piemontese, comescuderia per l'allevamento di cavallipurosangue destinati a partecipare alle corse con i colori reali: da alcuni anni infatti la Casa reale gestiva una pregiata scuderia di cavalli da corsa, a cui dovette però ben presto rinunciare per la mancanza di fondi, negati dal Parlamento nazionale. La Sterpaia venne quindi riconvertita in vaccheria, destinazione che conservò fino agli ultimi decenni delXX secolo, e stalla per i cavalli adibiti ai lavori della Tenuta. Vittorio Emanuele II fece anche ristrutturare radicalmente gli edifici di Cascine Nuove e stimolò l'allevamento deidromedari, utilizzati nei lavori agricoli.

Il primo atto compiuto dai Savoia al loro arrivo in San Rossore fu la chiusura della Tenuta all'uso pubblico. La famiglia Ceccherini fu allontanata dal Gombo nel 1869, ottenendo la concessione[5] di un altro tratto di spiaggia a sud della foce dell'Arno e dando inizio allo sfruttamento di quella zona che diventeràMarina di Pisa. In prossimità di Cascine Nuove, nel 1870 venne costruito ilPonte delle Cascine, detto anchedei Moccoli[6] oPonte Vittorio Emanuele II, a otto arcate, che metteva San Rossore in comunicazione con l'altra Tenuta Reale, quella diTombolo, sulla riva sinistra dell'Arno. Questo ponte crollò a causa di una piena dello stesso fiume nella notte dell'Epifania del 1920 e venne sostituito da una passerella in ferro, fatta in seguito saltare in aria durante laseconda guerra mondiale e mai più ricostruita.

Una caserma abbandonata nei pressi di Bocca di Serchio, costruita sui resti di una struttura medicea

A San Rossore il re venne colpito da una grave malattia e, sembrando in punto di morte, il 18 ottobre 1869 vennero celebrate le nozze conRosa Vercellana, dettala Bella Rosina, con la quale conviveva da molti anni. In seguito a questo matrimonio Rosa Vercellana non diventò regina, ma solomoglie morganatica. Il Re tuttavia guarì e confermò qualche anno dopo tale matrimonio in forma civile, stavolta aRoma.

Succeduto al padre, morto nel 1878, il nuovo sovranoUmberto I continuò l'ampliamento delle strutture della Tenuta: ingrandì le Cascine Nuove, fece costruire laPalazzina, una nuova scuderia posta sul viale che da Cascine Nuove porta aBocca d'Arno, e ilBoschetto, destinato a ospitare i dromedari. Prese anche provvedimenti per il contenimento della selvaggina, composta dadaini,cinghiali,antilopi ecervi, il cui sovrappopolamento stava provocando gravi danni alla vegetazione.

XX secolo: Vittorio Emanuele III

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Il successore di Umberto I, assassinato nel 1900, fu il figlioVittorio Emanuele III, destinato a regnare fino alla fine della seconda guerra mondiale. Il nuovo re amava molto soggiornare a San Rossore, tanto da farne la residenza estiva della famiglia reale che vi si trasferiva da giugno fino a novembre. Le esigenze di vigilanza e di sicurezza, connesse alla presenza dei sovrani e affidate a una ventina dicarabinieri scelti tra quelli provenienti da famiglie notabili, hanno lasciato una traccia nelle numerosegaritte, oggi in decadimento, che ancora si possono vedere nel parco.

In questa prima metà delXX secolo venne consolidato lo sfruttamento economico della Tenuta e molte aree furono affidate a famiglie dimezzadri. La Sterpaia, la Palazzina, il Boschetto, oggi strutture cadenti, furono a quei tempi il centro di poderi accuratamente coltivati. San Rossore, infatti, ospitava una numerosa comunità contadina, fatta di famiglie mezzadrili e di numerosi giornalieri che lavoravano una superficie pari a circa il 20% dell'estensione della Tenuta. Le attività agricole erano molto diversificate e includevanograno,ortaggi,vigneti,foraggi ebarbabietole, dovendo anche soddisfare i bisogni degli stessi produttori. C'erano anche due famiglie di pastori, i Bragazzi e i Del Sarto, che fino aglianni cinquanta poterono far pascolare le loro greggi nella Tenuta. La Tenuta era, comunque, soprattutto utilizzata dal re per le sue battute di caccia. Data la ricchezza di selvaggina San Rossore era sottoposta alla continua attività deibracconieri, gente del posto o delle zone limitrofe spesso spinta dalla necessità di integrare i magri bilanci familiari. Per questo venne istituito il Corpo dei Reali Cacciatori Guardie, coadiuvate dalla Guardia di Finanza nel controllo del bracconaggio.

Proprio durante uno dei suoi soggiorni a San Rossore, il 5 settembre del 1938, reVittorio Emanuele III firmò i primi decreti che sancivano l'entrata in vigore delle infamileggi razziali sul territorio nazionale.[7] Un provvedimento che escluse le persone di religione ebraica dalle scuole e dalle università, e che fu seguitonegli anni successivi dalladeportazione in massa ai campi di concentramento.[8]

Tracciato finale del nuovo Fiume Morto

Dal 1926 al 1930 venne costruito ilFiume Morto Nuovo, parallelo al viale del Gombo, atto a favorire il deflusso in mare delle acque delFiume Morto Vecchio che tendevano a ristagnare, provocando allagamenti in caso di piena. Nel 1933 ne venne terminata la foce armata in cemento che, aggredita nel corso degli anni dall'erosione marina, è stata oggetto di lavori di rifacimento nel 2005.

A differenza del periodo granducale, quando la Tenuta era sempre accessibile, solo durante i periodi d'assenza dei Savoia San Rossore veniva aperta al pubblico, che la raggiungeva percorrendo il viale della Cascine in carrozza o sul barroccio di servizio di Curzio Braccini, oppure attraversando la passerella sospesa in Arno, che raggiungeva col piccolotram che, provenendo da Pisa o daMarina, fermava alla stazione diSan Piero a Grado.

Secondo dopoguerra: Tenuta Presidenziale

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Con la fine dellaseconda guerra mondiale e la caduta della monarchia, le ex scuderie reali della Sterpaia continuarono a essere abitate dai contadini che lavorano i terreni della Tenuta. Nel 1956 San Rossore diventò proprietà dellaPresidenza della Repubblica, quando per volontà diGiovanni Gronchi venne ricostruita laVilla del Gombo, distrutta dalla guerra, e la Sterpaia divenne un centro zootecnico. Fino alla fine del XX secolo i capi di Stato italiani frequentarono la tenuta con le famiglie o con ospiti importanti.

Nel 1979 la tenuta entra a far parte delParco naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli, istituito per legge regionale, insieme con illago di Massaciuccoli e lepinete del Tombolo, diMigliarino e dellaMacchia Lucchese.

Il parco di San Rossore offre ampie possibilità di escursioni, a piedi o inbicicletta, con o senza guida

XXI secolo: L'Ente Parco Migliarino San Rossore Massaciuccoli

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Lo stesso argomento in dettaglio:Parco naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli.

Nel 1999 il presidenteOscar Luigi Scalfaro dona la proprietà di San Rossore allaRegione Toscana, che ne demanda la gestione all'Ente Parco Migliarino San Rossore Massaciuccoli. Oltre alla salvaguardia e alla valorizzazione del grande patrimonio ambientale e naturalistico della Tenuta, l'Ente ne gestisce le attività economiche, agricole e zootecniche, quelle di tipo biologico, le visite guidate e il turismo ambientale.

Nel 2002 prende avvio il progetto di recupero dei fabbricati di “Piaggerta” come intervento inserito nel Piano di Investimenti Triennale del settore sociale (2002-2004), presentato dalla Conferenza dei Sindaci Zona Pisana alla Regione Toscana. L'iniziativa è promossa nelle sue fasi iniziali dal Comune diSan Giuliano Terme ed è finalizzata al recupero edilizio di due fabbricati, ubicati nella Tenuta di San Rossore (in località “Piaggerta”), che il Comune di San Giuliano ha già in concessione dall'Ente Parco Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli. Nella fase attuativa del progetto si è determinato un maggior coinvolgimento dell'Ente Parco, con il quale i soggetti coinvolti hanno valutato la possibilità di estendere l'intervento di recupero edilizio a un terzo fabbricato esistente in località “Piaggerta”, originariamente non preso in considerazione. I motivi di tale sviluppo sono evidenti: l'ampliamento dell'intervento consente, da una parte, di utilizzare strutture più capienti e più diversificate per la realizzazione dei contenuti progettuali originari, dall'altra, garantisce all'Ente Parco il completamento del recupero edilizio di tutta l'area di “Piaggerta”. Nel febbraio 2011 ha preso avvio il processo di evidenza pubblica per la selezione del gestore del complesso e nel luglio del 2013 sono state inaugurate le attività turistiche e di accoglienza per utenti con bisogni speciali (www.dormirenelparco.it) presso "Piaggerta".

Nel 2004 viene restaurato l'immobile della Sterpaia. Il progetto prevedeva che La tipica forma a U venisse sfruttata in diversi modi: l'ala sinistra dedicata a un progetto di scuola creativa ideato daOliviero Toscani; l'ala destra destinata ad area museale ed espositiva; l'area centrale invece adibita a struttura turistico-ricettiva.

Dal 7 al 10 agosto 2014 il parco ha ospitato la parte di campo fisso dellaRoute Nazionale dell'Agesci (incominciata il primo agosto con i campi mobili nelle regioni), a cui hanno partecipato circa 30 000 ragazzi e ragazze dai 16 ai 21 anni, e i Capi adulti[9]. Il 5 settembre 2015 il viale che collega le Cascine Vecchie alle Cascine Nuove viene ufficialmente intitolato "VialeAquile Randagie" a memoria dello storico gruppo scout che svolse attività clandestina durante il fascismo.

Il parco naturale

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La tenuta di San Rossore fa parte delparco naturale di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli, che si estende per 23 115 ettari fra laprovincia di Pisa e quella diLucca (comuni diPisa,San Giuliano Terme,Vecchiano,Viareggio eMassarosa). Il parco è diviso nelle tenute di San Rossore, Tombolo eColtano e nella macchia di Massaciuccoli; comprende il litorale dalla foce dell'Arno ai margini di Viareggio, zone boschive (principalmente pinete) e paludose (il lago diMassaciuccoli e numerosi fiumi e canali), oltre a vaste aree agricole.

I «cammelli»

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Fino alla fine delXX secolo furono ospiti del Parco alcunidromedari, popolarmente ed erroneamente chiamati "cammelli". Il primo esemplare, posto sotto la custodia di uno schiavo, arrivò nel 1622 grazie al Granduca di ToscanaFerdinando II de' Medici, convinto che il clima mite di San Rossore potesse essere adatto a questo genere di animale. L'esperimento riuscì e col tempo lo stesso Granduca ne introdusse altri provenienti dall'Africa, che vennero sfruttati per i lavori agricoli e per il trasporto del legname.

Un buon numero di dromedari venne donato alla Tenuta Granducale dal generale Arrighetti, che li aveva sottratti ai Turchi durante labattaglia di Vienna, nel 1683. Grazie a successive aggiunte, il numero delle bestie raggiunse quota 196 nel 1789, per poi calare progressivamente nel corso delXIX secolo, al cui termine era possibile contare la presenza di ancora un centinaio di animali.

Negli ampi pascoli, una volta occupati da vacche e dromedari, viene ora allevato ilmucco pisano

L'allevamento, famoso in tutta Europa per la sua unicità, forniva regolarmente piccoli dromedari ai varicirchi equestri. Il numero dei dromedari si ridusse drasticamente durante laSeconda guerra mondiale, poiché molti esemplari vennero mangiati dalle truppe dell'esercito tedesco che, dopo l'8 settembre 1943, si era accampato nella Tenuta. Nel 1956 per volere del presidente della RepubblicaGiovanni Gronchi ci fu un tentativo di reintroduzione che, però, non diede l'esito sperato. L'ultimo esemplare rimasto arrivò aglianni Sessanta del XX secolo, e il suo scheletro è attualmente esposto alMuseo di Storia Naturale e del Territorio diCalci.

Per ringraziare dell'ospitalità ricevuta per laRoute Nazionale nel 2014 l'associazioneAgesci ha donato al parco tre dromedari.

Note

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  1. ^Legge 8 aprile 1999, n. 87, in materia di "Disposizioni relative alla tenuta di San Rossore."
  2. ^Le laboriose trattative durarono addirittura fino al 1822, data dell'atto formale definitivo di passaggio.
  3. ^Le altre due, collocate all'incrocio con la via di Pietrasanta, andarono distrutte durante la seconda guerra mondiale.
  4. ^Ai fianchi del viale che univa le Cascine Vecchie alle Nuove vennero piantate doppie file di pini domestici; la dirittura, "lunga 1500pertiche, larga 21braccia", venne terminata nell'autunno di quell'anno, con un costo complessivo di 950scudi.
  5. ^L'atto, rogato dal notaio Luigi Fontani, fu concluso il 3 aprile 1869.
  6. ^Esistono due teorie sul perché il ponte fosse chiamato "dei Moccoli": una prima ipotesi sostiene che con le gelate si formavano sotto le volte delle stalattiti di ghiaccio simili appunto a dei "moccoli", ovvero almuco che cola dal naso durante i raffreddori; l'altra ipotesi, più colorita, narra che il nome derivi dalle bestemmie (in pisano "moccoli") che i barrocciai pronunciavano vedendo i propri cavalli scivolare per salire la "schiena d'asino" del ponte.
  7. ^Giornata della Memoria: la dolce vita dei Savoia a San Rossore, dove Vittorio Emanuele III firmò le leggi razziali - Il Fatto Quotidiano, inIl Fatto Quotidiano, 26 gennaio 2018.URL consultato il 6 aprile 2018.
  8. ^ Ufficio Stampa,San Rossore e le leggi razziali, suParco San Rossore, 4 settembre 2022.URL consultato il 28 novembre 2023.
  9. ^ AGESCI,Route Nazionale Agesci 2014, suroutenazionale.it.URL consultato il 10-08-2014.

Bibliografia

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  • Dario Simoni,San Rossore nella storia, Firenze, Olschki, 1910.
  • Giorgio Batini,Album di Pisa, Firenze, La Nazione, 1972.
  • Giuseppe Caciagli,Pisa e la sua provincia, vol. 3, tomo I, Pisa, Colombo Cursi Editore, 1972, pp. 300–307.
  • Renzo Castelli,San Rossore. Le immagini, le emozioni, Pisa, Felici, 1997.
  • Renzo Castelliet al.,La Tenuta di San Rossore, Ospedaletto (PI), Pacini, 1997.
  • Alessandro Spinelli,Conoscere San Rossore, Pisa, Felici, 1999.
  • Beatrice Bardelliet al.,Un quarto di secolo speso bene per l'ambiente. Il Parco Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli, Pisa, ETS, 2005.
  • Antonio Giuntini,Il Gombo. Storie e curiosità nella Tenuta di San Rossore, San Giuliano Terme, Felici, 2005.

Voci correlate

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