Perromanizzazione olatinizzazione, nel significato storico dei termini, si intendono diversi processi, comeacculturazione,integrazione edassimilazione delle popolazioni vinte in guerra daiRomani. Romanizzandosi, volontariamente o sotto il giogo della forza, i vinti entravano a far parte dellaciviltà romana, che generalmente non fustigava e non obbligava le popolazioni autoctone all'uso della lingua, del diritto e della religione romana, ma concedeva una ampia gamma di autonomie, tollerate sulla base di rapporti di alleanza, federalismo e fiducia.
I rapporti di Roma con le singole numerose popolazioni, dapprima italiche poi dell'interobacino del Mediterraneo erano regolati dal Senato e da trattati che determinavano la condizione dei popoli subordinati, solitamente a seconda del tipo di rapporto stabilito con gli interessi di Roma. Si distinguono in tal senso popolazionidediticie efoederate. Le prime, sconfitte a seguito di guerra, accettavano la resa e le condizioni imposte dal Senato, che si riservava la proprietà del territorio e della popolazione; le seconde, in virtù di un antico rapporto di alleanza e di pace con Roma, erano considerate come alleate, dovevano quindi fornire aiuto all'esercito e, in cambio della protezione e supervisione politica, avevano diritto all'assistenza militare romana: si trattava, in buona sostanza, di una federazione con lo stato romano.
Spesso le città ed i popoli furono conquistati in un contesto bellico; ma, una volta subentrata la pace imposta dai vincitori, i vinti conservavano appunto la maggior parte dei loro usi, e da nemici diventavano alleati, anche se nel passaggio avevano perso non pochi uomini, uccisi o asserviti, e spesso perdevano una parte del loro territorio che veniva requisito e/o ridistribuito. La romanizzazione non interveniva che in un secondo momento, attraverso un processo di integrazione economica, politica e culturale che si svolgeva in un arco di tempo comprendente più generazioni.
L'esistenza stessa di un 'processo' di diffusione della romanizzazione è motivo di discussione tra gli archeologi moderni[1]. Uno dei primi approcci, che si può considerare l'approccio 'tradizionale' odierno, è quello diFrancis Haverfield, secondo il quale il processo si instaura subito dopo la conquista romana (come nellaBritannia o nellaGallia) attraverso una politica di accrescimento della popolazione 'Romana' della provincia attuato mediante la fondazione dicolonie. Nelle colonie si sarebbe parlatolatino e sarebbero state abitate dacittadini romani, riconosciuti tali per la permanenza in carica nell'esercito. Secondo Haverfield tutto ciò avrebbe avuto un effetto 'romanizzante' sulle comunità indigene.
Questa linea di pensiero, sebbene fosse alimentata dagli standardimperialisti e dai cambiamenti culturali dell'inizio delXX secolo, costituisce la base per la moderna comprensione della romanizzazione. Tuttavia, studi recenti hanno formulato modelli alternativi sull'adozione della cultura romana da parte delle popolazioni indigene, ma non hanno quantificato la misura in cui venne accettata o respinta:
La romanizzazione non è un processo ben definito di accettazione culturale. Questo paradigma è abusato e confuso; definizioni differenti impediscono qualsiasi applicazione utile del concetto. La critica principale di quest'idea è che essa poggia sull'attribuzione arbitraria di definizioni, comeromano enativo, a vari elementi culturali e materiali, senza basarsi su un ragionamento solido a supporto. Non riuscendo a spiegare altro,la romanizzazione dovrebbe essere impiegata solo come uno strumento concettuale con cui prendere in esame leprovince romane, e non come un processo archeologicamente verificabile[senza fonte].
Tutto questo è culminato lentamente in molti sviluppi graduali:
A tempo debito, i vinti si sarebbero sentiti pienamente Romani.
Questo processo è stato sostenuto sia inepoca repubblicana che inepoca imperiale.
L'intero processo è stato facilitato dal fatto che molte delle lingue locali avevano la stessaorigine indoeuropea e dalla comunanza degli dei di molte culture antiche. Avevano inoltre già avuto rapporti commerciali e contatti reciproci attraverso le culture marinare del Mediterraneo, come iFenici ed iGreci.
La romanizzazione risultò maggiormente efficace nella parte occidentale dell'impero, dove le civiltà indigene erano meno sviluppate. Nell'Oriente ellenizzato, le antiche civiltà come quelle dell'antico Egitto, dellaMesopotamia, dellaGiudea e dellaSiria ne furono poco permeate, a parte alcuni effetti superficiali. Quando l'impero fu suddiviso, a Oriente, dove la cultura greca era fiorita, l'impero bizantino fu contraddistinto dalla forza crescente della cultura e della lingua greca, in particolare a scapito della lingua latina e di altre "influenze romane", anche se i suoi cittadini continuavano a considerarsi Romani a tutti gli effetti.
LaBritannia fu certamente romanizzata, ma il suo livello di romanizzazione fu inferiore a quello della Gallia, soprattutto a causa della assai minore immigrazione di coloni, soldati e personale amministrativo di origine italica a causa del clima relativamente meno gradevole, e la cultura romana venne rapidamente meno dopo l'invasione anglosassone della Britannia. Le regioni maggiormente romanizzate dell'Impero furono l'Italia, l'Iberia, la Gallia, laDalmazia e laDacia. La romanizzazione nella maggior parte di queste regioni mostra comunque un'accentuata influenza culturale in molti aspetti della vita odierna così forte che questi sono indicati come "paesi latini". Questo è maggiormente evidente in quei paesi europei in cui si parlano lelingue derivate dal latino e nelle ex colonie che hanno ereditato la lingua e altre influenze romane. A titolo di esempio, basti pensare che il territorio della Dacia, colonizzato massicciamente dai soldati e dai coloni dell'imperatoreTraiano, fu profondamente romanizzato e mantenne queste caratteristiche nonostante fosse rimasto solo per poco più di 140 anni sotto il dominio romano e successivamente invaso per secoli da popoli germanici, slavi ed ugrofinnici; mentre la stessa cosa non accadde in Britannia, rimasta provincia romana per quasi 400 anni.
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