Nato nel 1928 da una famiglia piccolo-borghese di origini italiane, tedesche, spagnole e francesi, appoggiò ilcolpo di Stato diJorge Rafael Videla il 24 marzo 1976 che portò all'instaurazione delProcesso di riorganizzazione nazionale in Argentina e partecipò alla repressione attuata da Videla. Fu vice comandante della base militare diCampo de Mayo utilizzata come centro per torturare i prigionieri[2].
Il 18 giugno 1982, dopo la fallitainvasione delleIsole Malvine, sostituìin pectoreLeopoldo Galtieri e, dopo il breveinterim diAlfredo Oscar Saint-Jean, il 1º luglio assunse la presidenza per un periodo di due anni, con l'obiettivo di gestire una transizione democratica. Incontrò tuttavia crescenti opposizioni e nell'ottobre del 1983 fu costretto a indire libereelezioni, che si svolsero il 10 dicembre e dalle quali uscì eletto il radicaleRaúl Ricardo Alfonsín.
Non coinvolto inizialmente nei processi alle giunte militari del 1985 e 1986, nell'ottobre del 2006 Bignone fu messo agli arresti domiciliari. Il 20 aprile 2010 venne condannato da un tribunale diBuenos Aires a 25 anni di reclusione percrimini contro l'umanità, tra i quali 56omicidi,sequestri etorture diprigionieri politici.[2]. Il 5 luglio 2012 venne condannato a 15 anni di reclusione per rapimento e sottrazione di identità perpetrati nei confronti dei figli deidesaparecidos[3]. Insieme a lui sono stati condannatiJorge Rafael Videla (50 anni) eJorge Eduardo Acosta, detto "el Tigre" (30 anni)[3].