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Repubblica romana

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Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vediRepubblica romana (disambigua).
Repubblica romana
Motto:
"S.P.Q.R."
"Senatus PopulusQue Romanus"

(Il Senato e il Popolo Romano)

Repubblica romana - Localizzazione
Repubblica romana - Localizzazione
La Repubblica romana nel 44 a.C.
Dati amministrativi
Nome completoRepubblica romana
Nome ufficialeRes Publica Romana
Lingue ufficialilatino
Lingue parlateLatino egreco antico (In oriente)
varie lingue barbare
CapitaleRoma
Politica
Forma di governoRepubblicaoligarchicamista ad un sistemamonarchicoelettivo edemocratico.
ConsoliElenco
Organi deliberativiSenato romano,Comizi
Nascita509 a.C. conLucio Giunio Bruto eLucio Tarquinio Collatino
Causacacciata diTarquinio il Superbo
Finede facto 16 gennaio27 a.C. (de jure almeno fino al235 d.C., nella forma delPrincipato) conGaio Giulio Cesare Ottaviano eMarco Vipsanio Agrippa
CausaAssunzione del titolo diAugusto da parte di Ottaviano e istituzione delPrincipato
Territorio e popolazione
Bacino geograficoBacino del Mediterraneo
Territorio originaleRoma e dintorni
Massima estensione1950000 km² nel 50 a.C.
Popolazione30 - 40 milioni di abitanti nel I secolo a.C.
Economia
ValutaSesterzio,Asse
Risorseoro,argento,ferro,stagno,ambra,cereali,pesca,ulivo,vite,marmi
Produzionivasellame,oreficeria,armi
Commerci conParti,Africa subsahariana,India,Arabia
Esportazionioro
Importazionischiavi,animali,seta,spezie
Religione e società
Religioni preminentireligione romana,religione greca,religione egiziana,mitraismo
Religione di Statoreligione romana
Religioni minoritariereligione ebraica,druidismo
Classi socialicittadini romani (patrizi eplebei),liberi e schiavi
Evoluzione storica
Preceduto daEtà regia di Roma
Latini,Sabini,Etruschi
Sanniti,Magna Grecia
Punici
Iberi,Lusitani
Regno di Macedonia ePolis
Regno di Numidia
Regno del Ponto
Regno d'Armenia,Impero seleucide,Regno di Giudea
Galli,Celti,Germani
Egitto Tolemaico e molti altri
Succeduto daImpero romano
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LaRepubblica romana (in latino:Res Publica Romana) fu il sistema digoverno della città diRoma nel periodo compreso tra il509 a.C. e il27 a.C., quando l'Urbe fu governata da un'oligarchiarepubblicana. Essa nacque a seguito di contrasti interni che portarono alla fine della supremazia della componenteetrusca sullacittà e al parallelo decadere delleistituzioni monarchiche. La sua fine viene invece convenzionalmente fatta coincidere, circa mezzo millennio dopo, con la fine di un lungo periodo diguerre civili che segnòde facto (sebbene formalmente non avvenne in forma istituzionale)[1] la fine della forma di governo repubblicana, a favore di quella delPrincipato. Qui di seguito il passo fondamentale di Tito Livio, che descrive le ragioni che portarono allacaduta della monarchia deiTarquini, considerando che i tempi erano ormai maturi:

«E non c'è dubbio che lo stessoBruto, coperto di gloria per l'espulsione del tirannico Tarquinio, avrebbe agito in modo estremamente dannoso per laRes Publica, se il desiderio prematuro di libertà lo avesse portato a detronizzare qualcuno dei re precedenti. Infatti cosa ne sarebbe stato di quel gruppo di pastori e di popolazione se, fuggiti dai loro paesi per cercare la libertà o l'impunità nel recinto inviolabile di un tempio, si fossero resi liberi dalla paura di un re e si fossero lasciati condizionare dai discorsi faziosi dei tribuni e a scontrarsi verbalmente con ipatres di una città che non era la loro, prima che l'amore coniugale, l'amore paterno e l'attaccamento alla terra stessa, sentimento consuetudinario, non avessero unito i loro animi? LaRes publica, minata dalla discordia, non avrebbe potuto neppure raggiungere la maggiore età. Invece l'atmosfera di serenità e moderazione che accompagnò la gestione del governo, portò la crescita ad un punto tale che, una volta raggiunta la piena maturità delle sue forze, poté dare i frutti migliori della libertà.»

(Tito Livio,Ab Urbe condita libri, II, 1.)

Quella della Repubblica rappresentò una fase lunga, complessa e decisiva dellastoria romana: costituì un periodo di enormi trasformazioni per Roma, che da piccolacittà stato quale era alla fine delVI secolo a.C. divenne, alla vigilia della fondazione dell'Impero, lacapitale di un vasto e complesso Stato, formato da una miriade di popoli e civiltà differenti, avviato a segnare in modo decisivo la storia dell'Occidente e delMediterraneo.

In questo periodo si inquadrano lamaggior parte delle grandi conquiste romane nelMediterraneo e inEuropa, soprattutto tra ilIII e ilII secolo a.C.; ilI secolo a.C. fu invece, come detto, devastato dai conflitti intestini dovuti ai mutamenti sociali, ma fu anche il secolo di maggiore fioritura letteraria e culturale, frutto dell'incontro con la culturaellenistica e riferimento "classico" per i secoli successivi.

Riguardo alla forma di governo, lo storico grecoPolibio affermerà che quello della repubblica romana è il migliore esempio diCostituzione mista, poiché rappresenta la perfetta unione tra lamonarchia, incarnata daiConsoli, l'oligarchia, incarnata dalSenato, e lademocrazia, incarnata dalleAssemblee romane, i famosi comizi.

Civiltà romana repubblicana

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Lo stesso argomento in dettaglio:Civiltà romana e Storia delle campagne dell'esercito romano in età repubblicana.

Per ogni aspetto della società repubblicana (es. forma di governo, diritto, religione, economia, cultura letteraria, artistica, ecc.) si rimanda alla voceCiviltà romana. Vale qui la pena ricordare solo che i più alti comandi, come quello dell'esercito e ilpotere giudiziario, che inetà regia erano prerogativa delre, in epoca repubblicana, tranne che in poche occasioni, furono assegnati a dueconsoli, mentre per quanto riguarda l'ambito religioso, prerogative regie furono attribuite alpontifex maximus. Con la progressiva crescita di complessità dello Stato romano si rese necessaria l'istituzione di altre cariche (edili,censori,questori,tribuni della plebe) che andarono a costituire lemagistrature.

Per ognuna di queste cariche venivano osservati tre principi: l'annualità, ovvero l'osservanza di un mandato di un anno (faceva eccezione la carica di censore, che poteva durare fino a 18 mesi), lacollegialità, ovvero l'assegnazione dello stesso incarico ad almeno due uomini alla volta, ognuno dei quali esercitava un potere di mutuoveto sulle azioni dell'altro, e lagratuità.

Il secondo pilastro della repubblica romana erano leassemblee popolari, che avevano diverse funzioni, tra cui quella di eleggere i magistrati e di votare le leggi. La loro composizione sociale differiva da assemblea ad assemblea; tra queste l'organo più importante erano comunque icomizi centuriati, in cui il peso nelle votazioni era proporzionale alcenso, secondo un meccanismo (quello della divisione delle fasce censitarie incenturie) che rendeva preponderante il peso delle famiglie patrizie.

Il terzo fondamento politico della repubblica era ilSenato, già presente nell'età della monarchia. Costituito da 300 membri, capi delle famiglie patrizie (Patres) ed ex consoli (Consulares), aveva la funzione di fornire pareri e indicazioni ai magistrati, indicazioni che poi divennerode facto vincolanti. Approvava inoltre le decisioni prese dalle assemblee popolari.

Nascita e consolidamento (509-343 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Storia della Repubblica romana (509-264 a.C.).

La cacciata dei Re da Roma (509 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Età regia di Roma.

Leggenda

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Testa detta diBruto capitolino (Musei Capitolini-Roma).

Si racconta che mentreTarquinio il Superbo stava assediando la città deiRutuli diArdea,[2] ilfiglioSesto Tarquinio abusò dellanobile ed onestissimaLucrezia (moglie diLucio Tarquinio Collatino), che per la vergogna si suicidò.[2][3][4][5] Il maritoLucio Tarquinio Collatino, il padreSpurio Lucrezio Tricipitino e l'amicoLucio Giunio Bruto (anch'egli imparentato con iTarquini), convinsero i Romani a ribellarsi e a rovesciare la monarchia nel509 a.C., abbandonando il re e chiudendogli in faccia le porte dellacittà.[2][4][6][7] La famiglia di Lucrezia guidò, quindi, la rivolta che costrinse alla fuga iTarquini, che dovettero così abbandonare Roma per rifugiarsi inEtruria. Lucio Tarquinio Collatino, marito di Lucrezia, e Lucio Giunio Bruto vinsero le elezioni come primi dueConsoli, supremi magistrati della neo Repubblica romana.[8]

La leggenda narra che il sovrano esule si rivolse prima agliEtruschi diVeio eTarquinia, poi a quelli diChiusi, governati dal lucumonePorsenna, in entrambi i casi per chiedere un sostegno militare esterno e poter così rientrare a Roma. Entrambe le sue richieste furono accolte, ed in entrambi i casi il conflitto che ne risultò, alla fine, si risolse a favore di Roma, sostenuta da aiuti soprannaturali, come la voce che proclamò la vittoria dei Romani guidati da Lucio Giunio Bruto ePublio Valerio Publicola sugli etruschi di Veio e Tarquinia, o da singoli atti di valore dei Romani, come quelli diOrazio Coclite,Muzio Scevola eClelia, che convinsero Porsenna a levare l'assedio da Roma.

Contesto storico

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Quando i Romani riuscirono a cacciare iTarquini nel509 a.C., furono favoriti dal fatto che lapotenza etrusca era ormai in pieno declino nell'Italia meridionale.[9] Basti ricordare che pochi anni prima (nel524 a.C.), gli Etruschi erano stati battuti pressoCuma dalle forze greche poste sotto il comando dello strategaAristodemo, segnando la fine del loro espansionismo e l'inizio del crollo della signoria etrusca a sud delTevere.[9] Ciò condusse le genti latine a ribellarsi, come dimostra la successivabattaglia di Aricia, nella quale i Latini, soccorsi da Aristodemo, ottennero una decisiva vittoria per la loro indipendenza, sconfiggendo le forze etrusche poste sotto il comando del figlio diPorsenna, Arunte. Roma approfittò della nuova situazione venutasi a creare.[9][10]

Il significato storico che sta sotto l'elaborazione leggendaria della fondazione della repubblica riguarda due aspetti fondamentali per la storia militare e sociale romana: l'emancipazione politica dagliEtruschi e, soprattutto, l'esito del contrasto tra l'istituzione monarchica ed il ceto deiPatrizi; questi ultimi, preoccupati dalle iniziative politiche popolari sostenute dai re etruschi (come lariforma centuriata e l'imposizione fiscale "progressiva"), che sembravano condurre ad un sempre crescente peso dellaplebe, si assicurarono con la cacciata di Tarquinio il Superbo il controllo politico e sociale attraverso un istituto oligarchico.

Vi è da aggiungere che vi fu un'altra componente che favorì la cacciata da Roma degli Etruschi: l'alleanza con iSabini. Questi ultimi, scendendo dai monti verso ilLatium vetus, andarono ad insidiare il fianco etrusco. Questa collaborazione latino-sabina è confermata - secondo ilDe Francisci[9] - non solo in base a quanto riferito da Livio (secondo il qualeAttius Clausus con lagens Claudia ed i suoiclientes vennero ammessi nel territorio romano[11]) ma anche dal fatto cheAppio Erdonio (di chiara origine sabina) si impadronì delCampidoglio (nel460 a.C.). In aggiunta a ciò, va tenuto presente che molte delle cariche più elevate di questi anni vennero occupate dagentes sabine come iValerii, iClaudii, iPostumii e iLucretii.[12]

Il periodo immediatamente successivo alla cacciata dei Tarquini fu segnato da una crisi militare ed economica per l'Urbe: l'espansione territoriale guidata dai re fu seguita da una controffensiva dei popoli circostanti (Equi eVolsci), che ridimensionarono i confini di Roma, mentre l'emarginazione dei ceti plebei artigiani e mercantili, che sotto la monarchia avevano guidato la crescita economica della città, portarono ad una recessione economico-agricola dominata dai grandi proprietari terrieri.

I primi Consoli assunsero il ruolo del re con l'eccezione dell'alto sacerdozio nell'adorazione diIuppiter Optimus Maximus nel grande tempio sul colleCapitolino. Per quel compito i Romani elessero unRex sacrorum o "Re delle cose sacre".[13] Fino alla fine della Repubblica, l'accusa di volersi dichiarare re, rimase una delle più gravi accuse a cui poteva incorrere un personaggio potente (ancora nel44 a.C. gli assassini diGiulio Cesare sostennero di aver agito per prevenire la restaurazione di una monarchia esplicita).

I primi anni della Repubblica (509-496 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Organi costituzionali (storia romana) e Magistratura (storia romana).
IlCampidoglio in età repubblicana.

I primi anni della Repubblica furono caratterizzati dalla necessità di stabilizzare il nuovo ordine, difendendolo sia da nemici interni (coloro che venivano accusati di voler restaurare il regime monarchico), sia dai nemici esterni, che, contando sulla debolezza del nuovo regime, provarono a recuperare la propria indipendenza dallo Stato romano. Nel507 a.C. ilTempio di Giove Ottimo Massimo, per secoli simbolo della potenza romana, fu dedicato al dio da uno dei primi consoli repubblicani,Marco Orazio Pulvillo,[14] quasi ad avocare al nuovo stato un tempio voluto e realizzato dagli ultimi tre re di Roma.

In qualche modo, la difesa del nuovo ordine della Repubblica, da quello appena rovesciato della monarchia, fu un movimento storico che a Roma assunse caratteri di psicosi collettiva, considerando che lo stessoPublio Valerio (il futuroPublicola ovvero amico del popolo), dovette difendersi dall'accusa di voler farsi re, costretto poi ad abbattere la dimora che stava costruendo in cima alVelia[15] e promulgando una legge che permetteva a tutti i cittadini romani di uccidere chiunque avesse tentato di farsi re. Lo stesso Valerio introdusse il diritto diprovocatio ad populum, che garantiva ad ogni cittadino che fosse stato condannato da un magistrato alla pena capitale, di appellarsi al popolo per trasformare la pena inflittagli,[16] e la nomina di due questori da parte del popolo.

Mappa d'Italia nel 500 a.C.

Il corpo sociale era in fermento: all'ordine più tradizionalista, come quello legato allefamiglie patrizie, si contrapponeva il popolo romano (laplebe), in un movimento dialettico che sfociò anche nella violenza e che sarebbe emerso più chiaramente nel decennio successivo, con laprima secessione della plebe del494 a.C.[17]

Dal punto di vista militare, dopo essersi garantita l'indipendenza dal potente vicino etrusco, Roma si trovò a dover ristabilire la propria autorità lungo i confini settentrionali con i Sabini, che sempre più spesso compivano scorrerie in territorio romano (nel505 a.C. sull'Aniene[18] e504 a.C. nei pressi diFidene[19]), e verso i meridionali, dove la colonia diPometia fu duramente punita per essere passata dalla parte degliAurunci.[20]

Che i Romani si sentissero accerchiati, lo si desume daitrionfi che furono accordati per vittorie forse anche di modeste dimensioni, ma ancor più dall'istituzione della figura deldittatore, carica che per la prima volta fu attribuita nel501 a.C. aTito Larcio,[21] in previsione di una futura guerra contro una lega di città latine. È in queste condizioni che si sviluppò quella che potremmo definire una prima forma di "politica estera" dello stato romano: ildivide et impera, teso a dividere gli avversari, grazie ad azioni diplomatiche, per poi arrivare allo scontro campale con un nemico indebolito nella propria consistenza numerica.

Roma e i Latini (496-494 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Foedus Cassianum.
IlLatium vetus secondo l'Historical Atlas.

Roma era rimasta esclusa dalla lega dellecittà latine limitrofe, forse anche in virtù dell'influenza della componente etrusca della città: la ricerca di nuove terre coltivabili e di vie di comunicazione contrappose presto l'Urbe agli altri centri latini.

Un nuovo equilibrio fu stabilito con ilFoedus Cassianum (la data è incerta, ma non successiva al493 a.C.), un trattato di pace stipulato tra Romani e Latini, che rimase in vigore fino al338 a.C., conseguenza dello scontro tra le due parti, conclusosi con laBattaglia del lago Regillo, di fatto l'ultimo tentativo diTarquinio il Superbo (e quindi della componente etrusca che a lui faceva riferimento) di rientrare nell'Urbe. Sebbene i Romani prevalsero sul campo[22], con il trattato Roma riconosceva alle città latine la loro autonomia ma si riservava il Supremo Comando in caso di guerra. L'alleanza aveva, perciò, uno scopo prettamente difensivo, in vista delle incombenti minacce degliEqui, deiVolsci e degliAurunci.

Vicende politiche interne (494-487 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Conflitto degli ordini e Secessio plebis.

Intanto la città era teatro di violenti conflitti tra patrizi e plebei, conflitti che trovavano origine nella richiesta dei secondi di essere rappresentati nelle istituzioni della città (istituzioni che, dopo la caduta della monarchia, erano appannaggio esclusivo dei patrizi) e di non essere ridotti in schiavitù, in applicazione delNexum, perché debitori a seguito di eventi bellici[23]. In quel frangente l'Urbe riuscì a resistere alle forze esterne solo ritrovando l'accordo tra i due ordini (il dittatoreManio Valerio Massimo promise le riforme a guerra conclusa) i quali, compatti, con rapide ed efficaci azioni militari riuscirono nel494 a.C. a respingere gli attacchi deiSabini,Equi eVolsci[24].

A guerra conclusa, poiché i patrizi non volevano concedere ai plebei quanto promesso, soprattutto a causa della forte opposizione a questa riforma dell'ala più oltranzista dei patrizi guidata daGneo Marcio, conosciuto comeCoriolano, questi per la prima volta nella storia romana adottarono come forma di lotta politica lasecessio plebis, ovverosia abbandonarono la città, ritirandosi sul monte Sacro appena fuori le mura cittadine, rifiutandosi di rispondere alla chiamata alle armi dei Consoli.

La prima secessione dei plebei si concluse quando questi videro accolte alcune delle loro richieste, tra le quali la più importante era senza dubbio quella dell'istituzione nel494 a.C. della figura deltribuno della plebe; peraltro il ricomporsi della frattura tra i due ordini non comportò il ristabilirsi della concordia interna.[25]

Primi scontri con Equi, Volsci ed Ernici (493-480 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Roma e le guerre con Equi e Volsci.
Veturia ai piedi di Coriolano, diNicolas Poussin.

Le vicende di Coriolano, esiliato da Roma a seguito delle accuse mossegli dai tribuni, condottiero dei Volsci contro la sua città natale fin sotto le mura cittadine, ritiratosi solo grazie all'intervento delle donne romane (488 a.C.), sia che siano state reali, o il frutto di una successiva rielaborazione storica, riportano di quale intensità fossero le tensioni sociali interne alla città, che si aggiungevano a quelle esterne connesse alla dura guerra contro i Volsci, che caratterizzò quel periodo.[26][27]

Nel periodo successivo, dal487 a.C. al480 a.C., Roma tornò ad essere impegnata in una serie di scontri con le popolazioni vicine diVolsci,Ernici,Equi, oltre agliEtruschi della città di Veio, quasi tutti dall'esito favorevole, anche se nel484 a.C. i Romani subirono una pesante sconfitta in battaglia da parte dei Volsci davanti alle porte diAnzio[28], e la vittoria dei romani sui vejenti nel480 a.C. costò loro pesantissime perdite, tra le quali quella del consoleGneo Manlio Cincinnato[29].

Oltre ai tradizionali motivi di rivalità, le città limitrofe trovarono motivazioni per le loro incursioni nell'evidente debolezza di Roma, attraversata in quegli anni da feroci lotte intestine, legate alla questione dellalegge agraria, voluta dal consoleSpurio Cassio Vecellino nel486 a.C., che per questo fu condannato a morte l'anno successivo per accuse mossegli dai patrizi. Nonostante vari episodi di insubordinazione e renitenza alla leva, in tutto questo periodo, patrizi e plebei si ricompattarono nei momenti di maggiore pericolo, riuscendo sempre a far fronte al pericolo esterno.

A questo periodo, risalgono la consacrazione del tempio dedicato aiDioscuri (484 a.C.) e l'episodio della condanna a morte dellavestale Oppia, sepolta viva per esser venuta meno al voto di castità[30].

Nuovi conflitti con l'etrusca Veio

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Lo stesso argomento in dettaglio:Roma e le guerre con Veio.

Tra il 483 a.C.[31] e il 474 a.C. Roma dovette combattere duramente contro la città di Veio, che dopo aver annientato l'esercitoprivato dellagens Fabia nellabattaglia del Cremera del477 a.C.,[32] era arrivata addirittura a costruire opere fortificate sulGianicolo, appena fuori dalle mura della città. La probabilità che un conflitto bellico di tale portata sia stato affidato ad una solagens, metterebbe in serio dubbio la cronologia dell'ordinamento censitario serviano: slitterebbe quindi di oltre un secolo l'origine cronologica di un ordinamento in classi di censo quale quello di Roma sotto Servio Tullio. Questa prima fase del conflitto tra le due città, si risolse con una tregua quarantennale concessa dai romani ai veienti nel474 a.C. in cambio di frumento e denaro.

Sia durante lo scontro con gli Etruschi, che nel periodo immediatamente successivo, non mancarono occasioni di scontro con le popolazioni vicine dei Volsci, degli Equi e dei Sabini, che quando non si risolsero con un nulla di fatto, furono tutti favorevoli ai romani, tranne in una occasione, nel471 a.C., quando i Volsci sconfissero duramente i romani, anche grazie alle divisioni esistenti tra Patrizi e Plebei.

Divisioni, le cui motivazioni in parte erano state ereditate dai periodi precedenti (come la legge agraria), ed in parte erano frutto di nuove rivendicazioni da parte dei plebei, come quelle legate allaLex Publilia Voleronis, per la quale i Tribuni dovevano essere eletti neicomizi tributi, cui solo i plebei avevano diritto a partecipare.

Dopo aver respinto l'offensiva delle popolazioni vicine, i Romani si videro ostacolata l'espansione a nord dalla ricca e fiorente città etrusca diVeio, che le contendeva il dominio sul Tevere. Iniziata nel477 a.C. (battaglia del Cremera), la guerra si conclude nel396 a.C. con ladistruzione della città etrusca ad opera diFurio Camillo, dopo un assedio di dieci anni. A questo punto, l'espansione romana nel Centro Italia era, però, ancora ostacolata dalla migrazione diCelti eSanniti.

Tra i bellicosi popoli vicini e le tensioni interne

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Il periodo che corre tra il 470 a.C. e il451 a.C., è caratterizzato dalle campagne contro le popolazioni vicine, colpevoli di sconfinare e razziare i territori romani o quelli degli alleati, e le crescenti tensioni interne, tra Plebe e Senato, che ruotavano intorno allaLex Terentilia, con cui i tribuni provarono a limitare i poteri dei consoli, e quindi quello dei Patrizi, ma che non arrivò mai ad essere votata.

Busto diSolone.

Durante il ventennio i più strenui oppositori esterni furono iVolsci e gliEqui, più abili come razziatori e guastatori (almeno così vengono descritti daTito Livio), che come combattenti, e per questo regolarmente sconfitti negli scontri campali dai romani, anche quando questi si trovano in inferiorità numerica. La città diAnzio viene presa nel469 a.C., e nel462 a.C. i Volsci subiscono ingenti perdite ad opera dei romani.

«Lì poco mancò che il nome dei Volsci venisse cancellato dalla faccia della terra. In alcuni annali ho trovato che tra fuga e battaglia ci furono 13.470 morti, che 1750 vennero catturati vivi e che le insegne conquistate ammontarono a 27. Anche se tali cifre risentono di una certa tendenza all'esagerazione, ciononostante si trattò indubbiamente di un grande massacro.»

(Tito Livio,Ab Urbe Condita, III. 8)

ISabini si limitarono a qualche scorribanda, mentre gliErnici sono riportati tra gli alleati, cui Roma presta aiuto, quando questi subiscono le razzie da parte degli Equi e dei Volsci. La città diTusculum si distingue per essere la più fedele tra gli alleati dei romani, intervenendo nella riconquista delCampidoglio, occupato daAppio Erdonio.

Nel466 a.C. viene consacrato il tempio di Giove Fidus sulQuirinale, voluto daTarquinio il Superbo, mentre il censimento del465 a.C. conta 104.714 cittadini, esclusi orfani e vedove[33], numero che dovette essere sicuramente ridimensionato dallapestilenza che colpì Roma nel463 a.C. Il decimo censimentoAb Urbe condita del459 a.C. comunque conta 117.319 abitanti.

Intanto in città le tensioni tra Patrizi e Plebei, impegnati nella controversia per l'approvazione della Lex Terentilia, che tra le altre cose provoca l'esilio diCesone Quinzio, figlio diCincinnato, raggiungono l'apice nel460 a.C., quando i dissidi interni, rendono possibile cheAppio Erdonio, e i suoi seguaci, prendano ilCampidoglio, riconquistato a fatica dalle truppe consolari diPublio Valerio Publicola, ucciso nei combattimenti per riprendere la rocca.

Tra le due fazioni cresce la consapevolezza che la situazione di stallo tra i due ordini sia pericolosa per la stabilità di Roma, per cui, dopo aver inviato una commissione, formata daSpurio Postumio Albo,Aulo Manlio eSulpicio Camerino, adAtene, per trascrivere leleggi diSolone, e quindi poterle studiare e riformare le istituzioni romane, dopo molte insistenze da parte deitribuni della plebe, patrizi e plebei concordarono per la costituzione del primodecemvirato.

«Si decise di nominare dei decemviri non soggetti al diritto d'appello e di non avere quell'anno nessun altro magistrato al di fuori di loro. Se i plebei avessero dovuto o meno prendere parte alla cosa fu argomento a lungo dibattuto. Alla fine ebbero la meglio i patrizi, a patto però che non venissero abrogate lalegge Icilia riguardante l'Aventino e le altre leggi sacrate.»

(Tito Livio,Ab Urbe Condita Libri, Libro III, 2, 32)

Cincinnato abbandona l'aratro per essere eletto dittatore e combattere per Roma.

Tra gli episodi leggendari spicca laprima dittatura diCincinnato nel458 a.C., che sconfitti gli Equi nell'ennesima battaglia delmonte Algido, torna ai campi dopo appena 16 giorni di dittatura.

Il decemvirato, istituito come comitato di saggi per il rinnovamento della Repubblica, compito che portò a termine con l'emanazione delleLeggi delle XII tavole, si sviluppò come tentativo di istituire un governo autoritario, che escludesse i plebei da qualsiasi magistratura e decisione nel governo della città. A questo tentativo i plebei risposero con la minaccia della secessione (in questi eventi si inserisce la vicenda diVerginia) e alla fine ottennero il ripristino di tutte le magistrature ordinarie, nonché l'esilio per i decemviri e la messa in stato di accusa diAppio Claudio eSpurio Oppio Cornicino, i più odiati tra i decemviri.

Ristabilite le prerogative della plebe, e dei suoi campioni i tribuni della plebe, la città vive con relativa tranquillità la dialettica tra le due classi sociali, tanto che il breve tentativo deitribuni consolari, rimasti in carica per soli tre mesi nel444 a.C., non porta gravi conseguenze per la stabilità interna della città.

Nel443 a.C. viene istituita la carica delcensore, preposto aicensimenti, per liberare i consoli di un'attività che non riuscivano a portare a termine, se non saltuariamente.

Il periodo tra il440 a.C. e il406 a.C. internamente fu caratterizzato dalle tensioni tra plebei e patrizi, reso dall'alternanza di consoli e tribuni consolari alla guida della città (anche se di fatto furono sempre eletti patrizi alle supreme magistrature), ed esternamente dal rinvigorirsi delle spinte anti-romane nelle popolazioni vicine, che furono affrontate dall'urbe con la nomina di un dittatore (ben cinque nel periodo), a significare di come fossero considerate serie queste minacce dai romani. Comunque nel420 a.C. i plebei ottennero di poter accedere alla carica diquestore, anche se si deve aspettare il409 a.C., perché tre plebei fossero eletti alla carica[34], fino a quel momento ad appannaggio dei patrizi.

A nord Roma dovette fronteggiare la pressione diVeio, sconfitta due volte davanti alle mura della città alleata diFidene, nel437 a.C. e nel426 a.C. (terza dittatura diMamerco Emilio Mamercino), risolvendo la crisi con la distruzione di Fidene e una tregua ventennale con gli etruschi, mentre a sud continua a farsi sentire la pressione dei mai domatiVolsci, capaci di impegnare a fondo i romani nel423 a.C., malamente condotti dal consoleGaio Sempronio Atratino, che per questo fu condannato a pagare una multa di 15.000 assi[35].

La supremazia dei romani sui Volsci non fu comunque mai in dubbio, come dimostrano le vittorie romane adAnzio nel408 a.C. e adAnxur[36] nel406 a.C., conquistata e saccheggiata dai romani. In questo stesso anno, scaduta la tregua, fu nuovamente dichiarata guerra (la terza) alla città etrusca diVeio[37].

La conquista di Veio

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Lo stesso argomento in dettaglio:Caduta di Veio.
Mappa della città diVeio.
Apollo di Veio.

Nel405 a.C., iniziò il decennale assedio diVeio, dopo che l'anno precedente era stata dichiarata guerra alla potente città etrusca. Da parte loro i Veienti non riuscirono a trovare alleati nelle altre città etrusche.[38]

Il conflitto ebbe una svolta quando nel403 a.C. i romani iniziarono a costruire fortini per controllare il territorio veiente, e terrapieni e macchine d'assedio (vinea, torri e testuggini) per stringere l'assedio alla città. La messa in opera di queste opere, comportò la necessità di mantenere i soldati in armi, anche durante l'autunno e l'inverno, quando tradizionalmente i cittadini-soldati tornavano in città per attendere alle proprie cose, per evitare che le stesse, lasciate incustodite, fossero disfatte o distrutte dai nemici.

Nonostante la decisa opposizione dei Tribuni della plebe, si giunse alla straordinaria decisione di mantenere l'esercito in armi ad assediare Veio finché questa non sarebbe caduta; ai soldati in armi la città avrebbe garantito il soldo grazie ad una nuova imposizione straordinaria.[39]

Veio dal canto suo trovò l'appoggio deiCapenati e deiFalisci, nel402 a.C.[40] e nel399 a.C.[41], appoggio che inizialmente non riuscì ad allentare la pressione dell'assedio romano.

Nel396 a.C. però i Capenati e i Falisci riuscirono a sorprendere i romani in un'imboscata, dove insieme a molti soldati, trovò la morte ancheGneo Genucio Augurino, uno dei 6 tribuni consolari eletti per quell'anno; come per altre situazioni di crisi Roma reagì nominando un dittatore, che questa volta fu trovato nella persona diMarco Furio Camillo[42].

Furio Camillo, dopo essersi coperto le spalle sbaragliando Capenati e Falisci, intensificò l'assedio di Veio, iniziando anche la costruzione di una galleria sotterranea, che arrivava fin sotto la cittadella di Veio. Completata l'opera, il dittatore attaccò in forze e in più punti le mura della città, per dissimulare la presenza di soldati nella galleria sotterranea[43].

«La galleria, piena com'era in quel momento di truppe scelte, all'improvviso riversò il suo carico di armati all'interno del tempio di Giunone sulla cittadella di Veio: parte di quegli uomini prese alle spalle i nemici piazzati sulle mura, parte andò a svellere dai cardini le sbarre che chiudevano le porte e altri ancora appiccarono il fuoco alle case dai cui tetti i servi e le donne scagliavano una gragnuola di sassi e tegole.»

(Tito Livio,Ab Urbe Condita, V, 2, 21.)

Veio fu conquistata, con grande bottino per i romani, che con questa vittoria posero le basi della propria supremazia sull'altra sponda del Tevere, fino ad allora controllata da popolazioni etrusche. Ma proprio la questione della suddivisione del bottino, così ingente come mai si era visto a Roma, da dividere tra soldati, cittadini, erario e templi, avrebbe portato ulteriori divisioni all'interno della città.

Durante i 10 anni di assedio, a Roma non mancarono i consueti attacchi deiVolsci, che tentavano di riconquistareAnxur e degliEqui, che però furono facilmente contrastati dalle più organizzate legioni romane.

L'invasione celtica

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Lo stesso argomento in dettaglio:Sacco di Roma (IV secolo a.C.) e Guerre romano-celtiche.
Cavalieri celtimarciano su Roma antica all'inizio delIV secolo a.C.

Lacaduta di Veio aveva comportato un riequilibrio degli assetti politici delle altrecapitali etrusche e delle loro tradizionali tensioni interne: l'ostilità verso Veio era malamente adombrata dalla neutralità manifestata dalle altre città delladodecapoli etrusca gravitante intorno alFanum Voltumnae: in almeno un caso, questa ostilità era apertamente sfociata nell'aperta alleanza offerta a Roma daCaere (Cerveteri).[44] Un altro effetto fu l'accresciuta consapevolezza delle potenzialità, anche militari, dellares publica.[44]

Contemporaneamente, verso la fine delV secolo a.C., numerose popolazioni celtiche cominciarono a migrare dall'Europa Settentrionale (a est delReno ed a nord delDanubio) per insediarsi nei territori dell'attualeFrancia,Spagna eGran Bretagna. Attorno al400 a.C., infatti, alcune di queste popolazioni raggiunsero l'Italia Settentrionale. E così a minare il clima di fiducia e a mettere in allarme Roma furono proprio i Celti,[45][46] della tribù deiSenoni,[46] i quali attaccarono la città etrusca diClusium,[47] non molto distante dalla sfera d'influenza di Roma. Gli abitanti di Chiusi, sopraffatti dalla forza dei nemici, superiori in numero e per ferocia, chiesero aiuto a Roma, che rispose all'appello. Così, quasi senza volerlo,[45] i Romani si ritrovarono ad essere il principale obiettivo di questo popolo calato dal Nord.[48]

I Romani li fronteggiarono in unabattaglia campale presso il fiume Allia[45][46] variamente collocata tra il390 e il386 a.C. I Galli, guidati dal condottieroBrenno, sconfissero un'armata romana di circa 15.000 soldati[45] e incalzarono i fuggitivi fin dentro la stessa città, che fu costretta a subire una parziale occupazione e unumiliante sacco,[49][50] prima che gli occupanti fossero scacciati[46][49][51] o, secondo altre fonti, convinti ad andarsene dietro pagamento di un riscatto.[45][48][52][53]

Roma resiste

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L'episodio del Sacco di Roma ebbe l'effetto di indebolire Roma e rivitalizzare la speranza dei popoli confinanti di riuscire ad intaccare la potenza romana.

Nel decennio successivo all'invasione dei Senoni Roma dovette combattere per ribadire la propria superiorità sulle popolazioni confinanti, non solo quelle tradizionalmente nemiche come Volsci, Equi ed Etruschi, ma anche su quelle ritenute alleate, come iTuscolani, che evitarono la punizione di Roma solo aprendo completamente la città alle truppe condotte da Furio Camillo e ottenendo il perdono dal Senato di Roma. Anche i Prenestini, nel380 a.C., provarono ad uscire dall'orbita romana, ma furono duramente sconfitti dai romani. L'effetto principale della sconfitta subita dai Galli fu quello di affidare la conduzione delle guerre a deidittatori, o al tribuno consolare più esperto, come sempre accadde quando tra questi era eletto Furio Camillo.

Le guerre con le popolazioni confinanti non impedirono però che a Roma si sviluppasse una forte dialettica interna, tra Plebei e Patrizi; in questo periodo si ripresentò con forza la questione dei romani tratti in schiavitù per debiti, visto che a soffrirne maggiormente erano i piccoli proprietari terrieri plebei che, a causa delle vicende belliche, cui pure partecipavano, finivano in schiavitù perché non riuscivano ad onorare i debiti contratti.

Il conflitto tra patrizi e plebei portò ad una situazione di stallo tra il375 a.C. e il371 a.C., quando a Roma non furono eletti itribuni consolari, a causa dei veti posti daitribuni della plebeGaio Licinio Stolone eLucio Sestio Laterano, come reazione alle politiche ostruzionistiche dei patrizi, contrari alle loro proposte di legge, volte ad equilibrare i rapporti di forza tra i due ordini[54].

Il durissimo conflitto tra plebei e patrizi, trovò un momento di sintesi, con la promulgazione, nel367 a.C., delleLeges Liciniae Sextiae, che, tra le altre cose, permettevano l'accesso al consolato dei plebei[55].

Nel periodo successivo, e fino al350 a.C., Roma condusse con successo una serie di campagne militari contro gliErnici, contro la città etrusca diTarquinia, cui in diverse occasioni si allearono iFalisci, e successivamente contro i Galli, cui si allearono, in funzione anti-romana, i tiburtini (mentre Ernici e Latini si allearono a Roma).

Durante questo periodo, nonostante laLeges Liciniae Sextiae, i patrizi tentarono, con alterne fortune, di ottenere l'elezioni di candidati patrizi per entrambe le cariche consolari, non esitando a ricorrere all'elezione di undittatore, unicamente allo scopo di controllare l'elezione consolare, e non, come normalmente accadeva, per far fronte ad un grave pericolo militare.

Dopo gli accordi stipulati conEtruschi eLatini, Roma poté avviare, nella seconda metà delIV secolo a.C., un intenso processo di espansione verso il Meridione dellapenisola italica.[56] Nel348 a.C. rinnovò iltrattato con Cartagine, già stipulato al tempo del passaggio dalla monarchia alla repubblica, attorno al509 a.C.

Dalle guerre sannitiche alla conquista della Magna Grecia (343 - 272 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Storia della Repubblica romana (509-264 a.C.).

DalLatium vetus alle guerre sannitiche (343-290 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Guerre sannitiche e Guerra latina.
Rappresentazione diguerrieri sanniti.

Tra il343 a.C. e il341 a.C. Roma dovette affrontare il primo dei tre confronti con il bellicoso popolo deiSanniti. Causa dellaprima guerra sannitica, vinta dai romani, il controllo della ricca città diCapua[57]. Tra il340 e il338 a.C., Roma dovette combattere una nuova e sanguinosa guerra, laguerra latina, che vinse solo a prezzo di grandissimi sforzi. Vinta la guerra, Roma divenne padrona del Lazio, avendo ottenuto la definitiva supremazia suiLatini.

Nel326 a.C., poi, si riaprì il conflitto con i Sanniti, laseconda guerra sannitica[58]; si trattò di una guerra ultra ventennale, che vide aspri combattimenti tra sanniti e romani, che subirono anche dei rovesci, come nella famosabattaglia delle Forche Caudine[59]. Lo scontro coinvolse anche i popoli vicini, di volta in volta alleati con i romani o con i sanniti, e per la prima volta Roma si trovò a combattere inApulia[60] eLucania[61].

La guerra, la cui iniziativa rimase comunque costantemente in mano ai romani, sembrò potesse volgere a favore dei Sanniti, tra il310 a.C. e il309 a.C., periodo in cui riprese lo scontro tra Romani edEtruschi, e nel quale, per la prima volta, l'esercito romano si avventurò oltre laSelva Cimina[62], in pieno territorio etrusco. I Sanniti ripresero l'iniziativa contro i romani ma furono fermati da questi ultimi nei pressi diLongula[63], mentre gli Etruschi subivano due importanti sconfitte nellaBattaglia del lago Vadimone[64] ePerugia[63]; gli Etruschi si arresero e fu loro concessa una tregua trentennale. Con un unico fronte attivo, i romani vinsero la decisivabattaglia di Boviano nel305 a.C.[65], cui seguì nel304 a.C. il trattato di pace tra i romani, vittoriosi, ed i sanniti.

Contro i Sanniti Roma combatté, infine, unaterza guerra tra il298 e il290 a.C., al termine della quale ogni resistenza poteva dirsi annientata. I Sanniti dovettero abbandonare le loro mire territoriali e fornire contingenti di truppe ausiliarie alle legioni romane. Il tempo di liquidare gli ultimi avversari nella regione (lotte con i Galli Senoni,285-282 a.C.) e Roma si assicurò il predominio nell'Italia centrale.

La vittoria romana nelle treguerre sannitiche (343-341;326-304;298-290 a.C.) assicurò dunque all'Urbe il controllo di buona parte dell'Italia centro-meridionale; le strategie politiche e militari attuate da Roma - quali la fondazione di colonie didiritto latino, la deduzione di colonieromane e la costruzione dellavia Appia - testimoniano la potenza di tale spinta espansionistica verso Sud.[66] L'interesse per il dominio territoriale non era infatti una semplice prerogativa di alcune famiglie aristocratiche, tra cui lagens Claudia, ma investiva tutta la scena politica romana, e a esso aderiva l'interosenato assieme allaplebe.[66] A sollecitare l'avanzata verso Sud erano infatti interessi di tipo economico e culturale; a frenarla contribuiva invece la presenza di una civiltà, quella dellaMagna Grecia, ad alto livello di organizzazione militare, politico e culturale, capace di resistere all'espansione romana.[67]

La strategia romana si basava dunque sulla capacità di rompere i legami di solidarietà tra popoli diversi o tra città, in modo tale da indebolire le capacità di resistenza dei nemici: a tale fine puntavano le deduzioni coloniarie in terra straniera (Luceria nel315[68] o314;[67]Venusia nel291 a.C.)[67] e l'avanzamento verso Sud della via Appia.[67] A tali processi, che non erano direttamente rivolti verso i centri della Magna Grecia, aveva contribuito in particolare l'opera diAppio Claudio Cieco, che, caratterizzato da una forte sensibilità verso la società greca, fu tra i primi ad intendere la fusione tra di essa e il mondo romano come un'occasione di profondo arricchimento per l'Urbe.[69] Egli si era reso, in particolare, interprete delle esigenze della plebe urbana, interessata a intessere rapporti commerciali con i mercanti greci eoschi.[70]

Durante e subito dopo le Guerre sannitiche, Roma mantenne un atteggiamento ambiguo nei confronti deipopoli italici più meridionali, iLucani, che ora appoggiò ora osteggiò secondo le convenienze del momento. Intorno al303 a.C. siglò un trattato con i Lucani, incoraggiandone le aspirazioni contro Taranto, salvo accordarsi anche con la stessa città greca e sostenerne indirettamente la lotta contro gli Italici. Il doppio gioco era motivato dalla volontà di includere comunque i Lucani nella propria rete diplomatica, in quel momento tutta tesa a piegare iSanniti, ma senza che veri interessi comuni propiziassero legami più forti.[71] Rispetto all'ordinamento che Roma stava dando alla Penisola, l'assetto dei territori occupati dai Lucani rimase in uno stato fluido, basato su semplici alleanze, fino alleguerre puniche.[68]

Non è possibile determinare con precisione quali fossero i rapporti commerciali che univano Roma con i centri della Magna Grecia, ma risulta probabile una certa compartecipazione di interessi commerciali tra l'Urbe e le città greche della Campania, testimoniata dall'emissione, a partire dal320 a.C., di monete romano-campane.[70] Non è tuttavia chiaro se tali intese commerciali siano state il fattore o il prodotto delle guerre sannitiche e dell'espansione romana verso Meridione, e non è dunque possibile determinare quale sia stato l'effettivo peso deinegotiatores nella politica espansionistica, almeno fino alla seconda metà delIII secolo a.C.[72] A determinare la necessità di un'espansione territoriale verso Sud erano, però, anche le esigenze della plebe rurale, che richiedeva nuove terre coltivabili che l'espansione nell'Italia centrale e settentrionale non era bastata a procurare.[72]

Roma e la Magna Grecia, fino a Pirro (280-272 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Guerre pirriche.
Leguerre pirriche (280-272 a.C.).

Consolidata la propria egemonia sull'Italia centro-meridionale, Roma arrivò a scontrarsi con le città dellaMagna Grecia e con la potenteTaranto: con il pretesto di soccorrere la città diThurii, minacciata, Roma violò intenzionalmente un patto stipulato con Taranto nel303 a.C., scatenando la guerra.

A partire dalla seconda metà delIV secolo a.C., laMagna Grecia cominciò lentamente a tramontare sotto i continui attacchi dellepopolazioni sabelliche diBruzi eLucani.[73] Le città più meridionali, tra cuiTaranto era la più importante grazie al commercio con le popolazioni dell'entroterra e laGrecia stessa, furono più volte costrette ad assoldare mercenari provenienti dalla "madre patria", comeArchidamo III diSparta negli anni342-338 a.C. oAlessandro il Molosso negli anni335-330 a.C., per difendersi dagli attacchi dalle popolazioni italiche[74] che, con la nuova federazione deiLucani, alla fine delV secolo a.C. si erano espanse fino alle coste delMar Ionio.[75] Nel corso di queste guerre iTarentini, nel tentativo di far valere i propri diritti sull'Apulia, stipularono un trattato con Roma, di consueto collocato nell'anno303 a.C. ma forse risalente già al325 a.C.,[76] secondo il quale alle navi romane non era concesso di superare ad Oriente ilpromontorio Lacinio (oggicapo Colonna, pressoCrotone). La successiva alleanza di Roma conNapoli nel327 a.C. e la fondazione dellacolonia romana diLuceria nel314 a.C.[77][78] preoccuparono non poco i Tarantini che temevano di dover rinunciare alle loro ambizioni di conquista sui territori dell'Apulia settentrionale a causa dell'avanzata romana.[74]

Nuovi attacchi da parte deiLucani costrinsero, ancora una volta, i Tarantini a chiedere aiuto ai mercenari della "madre patria": fu ingaggiato questa volta un certoCleonimo diSparta (303-302 a.C.), che fu, però, sconfitto dalle popolazioni italiche, forse sobillate dagli stessi Romani. Il successivo intervento di un altro paladino della grecità,Agatocle di Siracusa, portò di nuovo l'ordine nella regione con la sconfitta deiBruzi (298-295 a.C.), ma la fiducia dei Greci delle piccole città dell'Italia meridionale in Taranto e Siracusa iniziò a svanire a vantaggio di Roma, che nel contempo si era alleata con i Lucani ed era risultata vittoriosa a settentrione suSanniti, Etruschi eCelti (vediterza guerra sannitica eguerre tra Celti e Romani).[74][79]

Mappa della confederazione romana nel100 a.C., all'avvento dellaguerra sociale (91-88 a.C.). Si noti la configurazione politica a chiazze.

     Possedimenti romani

     Colonie latine

     Alleati di Roma (socii)

I possedimenti romani abbracciavano i territori centrali della penisola italica e le coste tirreniche. Le colonie latine erano sparse in località strategiche, mentre gli alleati erano concentrati nelle montagne interne.

Morto Agatocle di Siracusa nel289 a.C., fuThurii a chiedere per prima l'intervento romano contro i Lucani nel285 a.C. e poi nel282 a.C. In questa seconda circostanza fu inviato ilconsoleGaio Fabricio Luscino per respingere i Lucani, in un primo tempo alleati dei Romani, ma poi ribellatisi, e porre nella stessa Thurii una guarnigione romana. Non passò molto tempo prima che il principe lucanoStenio Stallio fosse sconfitto, come riportano iFasti triumphales,[80][81] e le città diReggio (dove fu posta una guarnigione romana di 4 000 armati[81][82]),Locri eCrotone chiedessero di essere poste sotto la protezione di Roma. Quest'ultima si veniva così a trovare proiettata verso il Meridione d'Italia.[74]

L'aiuto accordato da Roma a Thurii fu visto dai Tarantini come un atto compiuto in violazione dell'accordo che le due città avevano firmato diversi anni prima: sebbene le operazioni militari romane fossero state compiute per via di terra, Thurii gravitava pur sempre sul golfo di Taranto, a nord della linea di demarcazione stabilita presso il capo Lacinio; Taranto temeva dunque che il suo ruolo di patronato nei confronti delle altre città italiche venisse meno.[83]

Roma, tuttavia, in aperta violazione degli accordi, forse per la forte pressione esercitata dainegotiatores[81] o forse perché gli accordi stessi erano ritenuti decaduti,[84] nell'autunno del282 a.C.[85] inviò una piccolaflottaduumvirale composta da dieci imbarcazioni da osservazione[86] nel golfo di Taranto che provocò i tarantini;[87] le navi, guidate dall'ammiraglioLucio Valerio Flacco[88][89] o dall'exconsolePublio Cornelio Dolabella,[87] erano dirette a Thurii[83] o verso la stessa Taranto, con intenzioni amichevoli.[88][89] I Tarantini, che stavano celebrando in un teatro affacciato sul mare delle feste[90] in onore del dioDioniso, in preda all'ebbrezza, scorte le navi romane, credettero che esse stessero avanzando contro di loro e le attaccarono:[88][89] ne affondarono quattro e una fu catturata, mentre cinque riuscirono a fuggire;[87][91] tra i Romani catturati, alcuni furono imprigionati, altri mandati a morte.[89][91]

Dopo l'attacco alla flotta romana, i Tarantini, resisi conto che la loro reazione alla provocazione romana avrebbe potuto condurre alla guerra e convinti dell'atteggiamento ostile di Roma, marciarono contro Thurii, che fu presa e saccheggiata; la guarnigione che i Romani avevano posto a tutela della città ne fu scacciata[81] assieme agli esponenti dell'aristocrazia locale.[87][92] In seguito a questi eventi i Tarentini decisero di invocare l'aiuto del re d'EpiroPirro, che, giunto in Italia nel280 a.C. con un esercito composto anche da numerosielefanti, riuscì a sconfiggere i Romani aHeraclea e adAscoli, seppure a costo di gravissime perdite; dopo un tentativo fallito di consolidare il suo potere sul Sud Italia invadendo la Sicilia (dove fu respinto dalle cittàsiceliote alleatesi conCartagine), l'epirota marciò dunque contro i Romani che, riorganizzatisi, erano tornati a minacciare Taranto, ma fu duramente sconfitto aMaleventum nel275 a.C. e costretto a tornare oltre l'Adriatico. Taranto, dunque, fu nuovamente assediata nel 275 a.C. e costretta alla resa nel272 a.C.: Roma era così potenza egemone nell'Italia peninsulare, a sud dell'Appennino Ligure e Tosco-Emiliano.

La Repubblica mediterranea (264-146 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Storia della Repubblica romana (264-146 a.C.).

Dalla prima guerra punica all'instaurazione delle province di Sicilia e Sardegna (264-236 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Prima guerra punica.

Terminate leguerre contro Pirro e lecolonie greche dell'Italia meridionale,Roma aveva ormai ottenuto il controllo della penisola italiana, dagliAppennini settentrionali fino allaPuglia e allaCalabria. I Romani vennero così in contatto con iCartaginesi, che rappresentavano in quel momento la maggior potenza delMediterraneo occidentale. Ai Cartaginesi appartenevano oltre ai territori africani, anche quelli diSardegna e Corsica, oltre aMalta,Pantelleria, parte dellaSicilia occidentale (quella orientale era invece sotto il controllo deiGreci, incostante lotta con i Punici) e leBaleari.

Fino a questo momento Roma eCartagine non si erano mai scontrate, al contrario avevano più volte rinnovato deitrattati di amicizia e alleanza tra loro, che definivano le rispettive zone di influenza. Questo stato di cose cambiò quando Roma, padrona della penisola italica, iniziò a pensare di estendere la sua influenza anche sulla Sicilia, che rappresentava il principale e più vicino "granaio" da cui Roma si poteva approvvigionare per le sue crescenti esigenze.

L'occasione di intervenire negli affari siciliani fu data ai Romani dalla richiesta di aiuto fatta daiMamertini (mercenari campani), che si erano impadroniti diMessina, ma che poi erano stati posti sotto assedio dai Siracusani diGerone II.[93] E se i Mamertini, in un primo momento, chiesero l'aiuto cartaginese, quando i Siracusani si ritirarono e la presenza punica si fece sempre più ingombrante, invocarono l'aiuto di Roma, la quale accettò, poiché temeva cheCartagine potesse battere Siracusa ed occupare l'intera isola. Il senato, riluttante a imbarcarsi in un'impresa tanto rischiosa, arrivò ad uno stallo e la questione venne rimessa all'assemblea popolare: qui maggiore voce in capitolo l'aveva la parte mercantile e popolare di Roma, che era anche interessata al possibile controllo delle ricchezze e delle scorte di grano in Sicilia (isola già nota per le risorse soprattutto nelle città greche), nonché alla possibilità di fondare colonie per aprire nuovi mercati e allentare la pressione sociale e demografica nella capitale. Così in assemblea fu deciso di accettare la richiesta dei mamertini. Venne posto il consoleAppio Claudio Caudice a capo di una spedizione militare con l'ordine di attraversare lostretto di Messina.[94] I Cartaginesi interpretarono questo intervento come una violazione dei trattati esistenti e dichiararono guerra a Roma, dando inizio allaprima guerra punica.

Dopo una prima fase di scontri terrestri, dove i Romani risultarono vincitori, Roma decise di sfidare i Cartaginesi sul mare, che ne avevano il dominio assoluto, e, approntata un'imponente flotta (con navi dotate di"corvo"), sconfisse i nemici aMilazzo (nel260 a.C.). Nel tentativo di infliggere una sconfitta decisiva a Cartagine, il consoleMarco Atilio Regolo, sconfitta la flotta nemica aCapo Ecnomo (256 a.C.), sbarcò in Africa, non molto distante dalla stessa Cartagine, dove fu però sconfitto ed ucciso (nel246 a.C.).[95] La guerra continuò negli anni successivi, con alterne fortune tra i due contendenti, fino a quando nel241 a.C., venne approntata da Roma una nuova flotta che, guidata daGaio Lutazio Catulo, sconfisse nuovamente i Cartaginesi nelladecisiva battaglia delle isole Egadi. Sottratto ai nemici il predominio sul mare, i Romani poterono concludere anche le operazioni terrestri, sottomettendo buona parte della Sicilia (a parte Siracusa, che rimaneva indipendente) e costringendo Cartagine alla resa.[96] La guerra era così protratta per oltre vent'anni, dal264 a.C. al241 a.C.

Cartagine fu, così, costretta a versare a Roma enormi somme (3.200talentieuboici in 10 anni[97]) quale risarcimento per la fine della guerra, oltre alla restituzione totale di tutti i prigionieri di guerra senza riscatto.[98] La riccaSicilia era persa e passata sotto il controllo di Roma (con il divieto per Cartagine di portare la guerra aGerone II di Siracusa)[99] e, nell'impossibilità di pagare imercenarilibici enumidi che utilizzava, dovette subire unasanguinosa rivolta che richiese 3 anni di sforzi ed efferatezze per essere domata.[100] Approfittando di questa rivolta inoltre Roma occupò laSardegna (238 a.C.) e la Corsica (236 a.C.),[101][102] costringendo Cartagine a dover pagare un ulteriore indennizzo di altri 1.200 talenti per evitare un riaccendersi della guerra che la città non poteva assolutamente permettersi.[103][104] Ciò venne visto come una ferita umiliante dai cartaginesi, che però non poterono far altro che accettare la sconfitta senza aver combattuto.

Illiri e Celti della pianura padana (230-219 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Prima guerra illirica, Ager Gallicus, Seconda guerra illirica e Guerre romano-liguri.

Terminata con successo laprima guerra punica, ilSenato romano dibatteva non sul "come" o sul "se" allargare la dominazione, ma sul "dove" indirizzare le capacità belliche e le incredibili risorse economiche che stavano arrivando all'Aerarium. Decise alla fine di indirizzarle in tutte le direzioni.
Iniziò così la penetrazione nellaPianura Padana, persbarrare la strada aiLiguri che cercavano la via del sud e per fermare definitivamente il pericolo deiGalli.[105] Qualche anno più tardi, dopo aver fermato un'altra invasione celtica che si era spinta fino aChiusi inEtruria (quella deiGalli Boi e degliInsubri dell'attuale Lombardia) nellabattaglia di Talamone (225 a.C.),[106] le legioni passarono all'offensiva nella pianura padana, riportando una grande vittoriapressoClastidium (nel222 a.C.), che fu seguita dalla deduzione dellecolonie diPiacenza eCremona (nel218 a.C.)[107] oltre alla costruzione di arterie stradali che collegassero i nuovi territori conRoma, come lavia Flaminia (nel220 a.C.).[108]

Contestualmente cercava di dare sfogo alle necessità di fornire la terra ai reduci con la creazione di varie colonie, iniziando a dar vita ad una politica che fosse attenta all'attività della reginaTeuta che, alla testa dei pirati dell'Illiria, disturbava la navigazione nell'Adriatico (nel230-229 a.C.).[109] Roma riuscì asconfiggere i pirati illirici, sottoponendo poi buona parte dell'Illiria a tributo e cominciando la penetrazione in quel territorio. L'intervento romano fu risolutivo, poiché nell'arco didieci anni la pirateria illirica fu debellata.[110] Questo nuovo scenario diede la possibilità a Roma di affacciarsi nella parte orientale del Mediterraneo, entrando in contatto diretto con le città-stato dellaGrecia, dellaMacedonia, dellaLega etolica sottoposte in varia misura agli attacchi dei pirati e in lotta fra di loro.[109]

La seconda guerra punica (219-202 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Seconda guerra punica e Prima guerra macedonica.
L'intero svolgimento della seconda guerra punica (218-202 a.C.).

Risolto in qualche modo ilproblema generato dai mercenari,[100] Cartagine cercò una via per riprendere il suo cammino storico. Il governo della città era diviso principalmente fra il partito dell'aristocrazia terriera, capeggiato dalla famiglia degli Annone da una parte, e il ceto imprenditoriale e commerciale che faceva riferimento adAmilcare e in genere aiBarcidi.Annone propugnava l'accordo con Roma e l'allargamento del potere cartaginese verso l'interno dell'Africa, in direzione opposta alla città rivale. Amilcare vedeva nella Spagna, dove Cartagine già da secoli manteneva larghi interessi commerciali, il fulcro economico per la ripresa delle finanze puniche.[111]

Politicamente sconfitto Amilcare, che aveva avuto un ruolo di primo piano nella repressione della rivolta dei mercenari, non ottenendo dal Senato cartaginese le navi per andare in Spagna, prese il comando dei reparti mercenari rimasti e con una marcia incredibile attraversò tutto il nordafrica fiancheggiando la costa fino allo stretto diGibilterra. Amilcare, che era accompagnato dal figlioAnnibale e dal generoAsdrubale attraversò lo stretto diGibilterra e, seguendo la costa spagnola, la percorse verso oriente alla ricerca di nuove ricchezze per la sua città.[112]

La spedizione cartaginese prese l'aspetto di una conquista, a partire dalla città diGades (oggiCadice), sebbene fosse stata inizialmente condotta senza l'autorità del senato cartaginese.[113] Dal237 a.C., anno della partenza dall'Africa, al229 a.C., anno della sua morte in combattimento,[113] Amilcare riuscì a rendere la spedizione autosufficiente dal punto di vista economico e militare, tanto da riuscire ad inviare a Cartagine grandi quantità di merci e metalli (grazie ai ricchi giacimenti di metalli della regione appena conquistata) richiesti alle tribù ispaniche come tributo.[112][114] Morto Amilcare, il genero ne prese il posto per otto anni e iniziò una politica di consolidamento delle conquiste.[115] Con patti e trattati si accordò con i vari popoli locali[116] e fondò una nuova città, che chiamò Karth Hadasht, cioè Città Nuova, cioè Cartagine, oggiCartagena.[117]

Impegnati con i Galli, i Romani preferirono accordarsi con Asdrubale e nel226 a.C., spinti anche dall'alleata Marsiglia che vedeva avvicinarsi il pericolo,stipularono un nuovo trattato che poneva l'Ebro come limite dell'espansione di Cartagine.[113] Si riconosceva così, in modo implicito, anche il nuovo territorio soggetto al controllo cartaginese.[118] La svolta si ebbe nel221 a.C., quando Asdrubale fu ucciso da un mercenario gallo[113][119]; l'esercito cartaginese scelse all'unanimità Annibale,[120] che aveva solo 26 anni, come suo terzo comandante in Spagna.[121][122] Una volta radunato il popolo, Cartagine decise di ratificare la designazione dell'esercito.[123][124]

Quando nel218 a.C. Annibale attaccò la città diSagunto, alleata di Roma, ma a sud dell'Ebro, il Senato romano dopo alcune esitazionidichiarò guerra a Cartagine, sancendo l'inizio dellaseconda guerra punica. Polibio contestava le cause della guerra che lo storico latinoFabio Pittore avrebbe individuato nell'assedio di Sagunto e nel passaggio delle armate cartaginesi del fiumeEbro. Egli riteneva si trattasse soltanto di due avvenimenti che ne sancivano l'inizio cronologico della guerra, ma non le cause profonde della stessa.[125] La guerra fu inevitabile,[126] solo che come scrivePolibio,la guerra non si svolse in Iberia [come auspicavano i Romani]ma proprio alle porte diRoma e lungo tutta l'Italia.[127]

Annibale, ritenuto uno dei maggiori talenti militari dellastoria, causò ai Romani la più cocente sconfitta, aCanne.
Publio Cornelio Scipione Africano, condottiero romano, riuscì a battere il più esperto condottiero cartaginese, Annibale, nellabattaglia di Zama nel202 a.C., ponendo fine allaseconda guerra punica.

Annibale valicò le Alpi con un potente esercito comprendente anche elefanti e attaccò Roma da Nord, sconfiggendo le legioni presso ilTicino, ilTrebbia e ilTrasimeno. Dopo una fase di stallo, durante la quale Roma poté riorganizzarsi grazie alla politica attuata daldictatorQuinto Fabio Massimo, soprannominatoCunctator (temporeggiatore), le legioni romane al comando dei consoliLucio Emilio Paolo eGaio Terenzio Varrone subirono una pesante sconfitta contro Annibale aCanne (216 a.C.).

Numerose città si alleavano con i Cartaginesi e anche laMacedonia diFilippo V scendeva in guerra contro Roma: reso audace dalla sconfitta romana a Canne, il re macedone si era alleato nel215 a.C. con Annibale, con l'intenzione di procurare uno sbocco sulmar Adriatico al suo regno. Fu però contrastato dall'azione del console romanoMarco Valerio Levino, che riuscì a contenerne l'azione grazie soprattutto ad un sistema di alleanze con i nemici del re macedone. La guerra, che non raggiunse mai l'intensità di quella che si stava combattendo in Italia, terminò nel205 a.C. (quindi 3 anni prima della conclusione della seconda guerra punica) con lapace di Fenice, tramite la quale Filippo ottenne uno sbocco sull'Adriatico.

Annibale però si attardò nel Sud Italia (ozi di Capua), mentre i Romani, seppure provati, poterono lentamente ricostituire le proprie forze: il consolePublio Cornelio Scipione ottenne diverse vittorie sui Cartaginesi in Spagna, mentre in Italia i consoliMarco Livio Salinatore eGaio Claudio Nerone sconfissero e uccisero il fratello di Annibale,Asdrubale, presso ilMetauro, mentre si apprestava a portare rinforzi alle forze puniche in Italia.

Roma riuscì ben presto a recuperare le città italiche che l'avevano tradita per allearsi con Annibale, il quale, stremato da un decennio di guerra e vistosi negare i rinforzi dalla madrepatria, fu costretto a fare ritorno in Africa nel203 a.C., dopo che Scipione, conquistata laPenisola Iberica e ristabilita la situazione in Italia, era sbarcato nel territorio nemico per tentare di ottenere una vittoria definitiva. I due generali si scontrarono nel202 a.C. aZama, e l'esercito romano ottenne una sofferta ma decisiva vittoria, che costrinse Cartagine a capitolare e ad accettare ledure condizioni di pace imposte da Roma.

La guerra, che si protrasse per circa un ventennio (dal219 a.C. al202 a.C.), può a buon diritto essere considerata una specie di "guerra mondiale". Fu combattuta principalmente nei territori dell'Italia meridionale ma vide pesantemente coinvolte anche la Spagna e il territorio metropolitano di Cartagine. Inoltre vennero coinvolte le diplomazie di quasi tutto ilMar Mediterraneo dallaNumidia diSiface eMassinissa fino alle dinastie che reggevano l'Egitto, laSiria, i vari staterelli dell'Anatolia, laGrecia e laMacedonia diFilippo V. Seppure alla fine vincitrice, Roma pagò comunque a caro prezzo il lungo conflitto contro Annibale. I Romani vissero per anni nell'incubo di una guerra interminabile e di un nemico alle porte che sembrava inafferrabile. Lo sforzo bellico fu pesantissimo, sul piano economico e civile: per anni intere regioni italiche furono saccheggiate e devastate dalle continue operazioni militari, con danni enormi per l'agricoltura e per i commerci, che a lungo restarono bloccati, per la pressione di Galli a nord e la presenza di Annibale a sud. Tutto ciò senza contare il pesantissimo bilancio in termini di vite umane. Nei 17 anni di guerra morirono circa 300.000 italici su una popolazione che, dopo la secessione delle regioni meridionali, era di soli 4 milioni di abitanti circa, mentre il potenziale umano mobilitato da Roma per la guerra raggiunse in alcuni anni il 10% della popolazione, senza scendere mai sotto al 6-7%, tutte cifre che si avvicinano molto, in termini percentuali, a quelle registrate durante laprima guerra mondiale.[128]

La sottomissione della Gallia Cisalpina (219-175 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Conquista romana della Gallia Cisalpina e Guerre romano-liguri.
Territori dellaGallia cisalpina (evidenziati in rosso trasparente) tra la fine delII e gli inizi delI secolo a.C.

Per la prima volta l'esercito romano poteva spingersi oltre ilPo, dilagando inGallia Transpadana: labattaglia di Clastidio, nel222 a.C., valse a Roma la presa della capitaleinsubre diMediolanum (Milano). Per consolidare il proprio dominio Roma creò le colonie diPlacentia, nel territorio deiBoi, eCremona in quello degliInsubri. I Galli dell'Italia settentrionale si ribellarono nuovamente in seguito alla discesa diAnnibale. Dopo lasconfitta di quest'ultimo a Zama (nel202 a.C.), vennero definitivamente sottomessi da Roma. ICelti oGalli, che si erano sollevati contro Roma durante la seconda guerra punica, non avevano infatti deposto le armi neppure dopo la sconfitta di Zama. Quando nel 200 a.C. i Galli in rivolta si impadronirono della colonia diPiacenza e minacciaronoCremona, Roma decise di intervenire in forze. Nel 196 a.C.Scipione Nasica vinse gliInsubri, nel 191 a.C. furono piegati iBoi, che controllavano una vasta zona tra Piacenza e Rimini. Superato ilfiume Po, la penetrazione romana proseguì pacificamente: le popolazioni locali,Cenomani eVeneti, si resero conto che Roma era l'unica in grado di proteggerli dagli assalti delle altre tribù confinanti. Attorno al 191 a.C. laGallia Cisalpina venne definitivamente occupata. L'avanzata continuò anche nella parte nord-orientale con la fondazione dellacolonia romana diAquileia nel181 a.C., come ci raccontano gli autori antichi,[129] nel territorio degli antichiCarni:[130]

«Nello stesso anno [181 a.C.] fu dedotta nel territorio dei Galli lacolonia di Aquileia. 3.000 fanti ricevettero 50iugeri ciascuno, i centurioni 100, i cavalieri 140. I triumviri che fondarono la colonia furonoPublio Scipione Nasica,Gaio Flaminio eLucio Manlio Acidino[131]

(Tito Livio,Ab Urbe condita libri, XL, 34.2-3.)

Nel177 a.C. venne, infine, sottomessa l'Istria e nel175 a.C. vennerosoggiogati totalmente anche iLiguri Cisalpini. Pochi decenni più tardi, lo storico grecoPolibio poteva personalmente testimoniare la rarefazione dei Celti inpianura padana, espulsi dalla regione o confinati in alcune limitate aree subalpine.[132]

Espansione in Oriente: Grecia, Macedonia e Asia Minore fino alla fine di Cartagine (200-146 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Seconda guerra macedonica, Guerra laconica, Guerra romano-siriaca, Terza guerra macedonica e Quarta guerra macedonica.
Mappa degliscontri tra Romani ed Antioco III degli anni192-189 a.C.

Ormai potenza egemone del Mediterraneo occidentale, Roma volse le sue mire espansionistiche a danno degli stati ellenistici dell'Oriente: nel200 a.C., gli abitanti diRodi ePergamo inviarono a Roma, sentendosi minacciati dalla Macedonia di Filippo V, una richiesta di aiuto, e l'Urbe, inviato a sua volta un ultimatum a Filippo,decise di intervenire.

Sconfitta Cartagine,Filippo e la Macedonia erano divenuti il nemico principale della nuova potenza romana, che guardava con sospetto al re macedone che nel203 a.C. si era alleato con ilre di SeleucidiAntioco III. Il pretesto perSeconda guerra macedonica fu la richiesta d'aiuto rivolta ai Romani daAttalo e i Rodiesi, alleatisi per contrastare le mire egemoniche dei Macedoni e dei Siriani; nel200 a.C. Roma inviò un ultimatum a Filippo, che lo respinse.

Roma, che era uscita molto provata dalla guerra contro Cartagine, non era però in grado di fronteggiare da sola il nuovo fronte di guerra, per cui cercò di procurarsi degli alleati, con scarsi risultati, tra i nemici greci del re macedone. Dopo alcune battaglie, si giunse al197 a.C. quando i Romani guidati daTito Quinzio Flaminino si scontrarono contro i Macedoni nellabattaglia di Cinocefale doveFilippo fu duramente sconfitto e costretto ad accettare le pesanti condizioni di pace imposte dai Romani. Nel196 a.C. Flaminino proclamò la liberazione della Grecia dall'egemonia macedone e nel194 a.C. lasciò la Grecia insieme allelegioni, nella convinzione che la regione avesse trovato un suo equilibrio.

Trionfo diLucio Emilio Paolo, diCarle Vernet.

Ma il nuovostatus quo imposto dai Romani fu messo alla prova quando laLega etolica, già alleata dei romani durante la seconda guerra macedonica, a causa delle pesanti condizioni di pace imposte a tutta la Grecia dai romani richiese l'aiuto diAntioco III il Grande per liberare l'Ellade dalla tirannia romana. Fu l'inizio dellaguerra romano-siriaca, che si combatté tra il191 e il188 a.C. e che vide la vittoria romana.[133] Questa la descrizione che ne feceFloro:

«Non vi fu altra guerra più temibile per la sua fama, poiché i Romani pensavano ai Persiani ed all'Oriente, aSerse ed aDario, ai giorni in cui si diceva che monti inaccessibili erano stati scavati e che il mare era stato coperto di vele

(Floro,Epitoma di storia romana, I, 24.2.)

Come conseguenza tutti i territori anatolici ad ovest delTauro entrarono nellasfera di influenza romana.

La regione non era però ancora stata pacificata del tutto: nel171 a.C. il figlio e successore di Filippo,Perseo di Macedonia, riprese ad attuare una politica espansionistica ai danni di alcune tribù balcaniche alleate di Roma, provocando lo scoppio dellaterza guerra macedone. E se inizialmente Roma preferì non intervenire, nel168 a.C. ilconsoleLucio Emilio Paolo affrontò e sconfisse lafalange macedone diPerseo nellabattaglia di Pidna. Dopo la sconfitta, il sovrano, tentata invano la fuga, si consegnò al nemico, mentre la Macedonia fu divisa inquattro repubbliche subalterne e tributarie a Roma.

Nel150 a.C. era spuntato in Macedonia un certoAndrisco, che affermando di essere figlio di Perseo e di voler ricostruire il regno macedone, aveva radunato attorno a sé un esercito. Dopo degli iniziali successi, Andrisco fu battuto dal consoleQuinto Cecilio Metello nel148 a.C. e costretto a riparare inTracia. Nel146 a.C. la Macedonia divenne unaprovincia romana, che includeva ancheEpiro eTessaglia. Nel 146 a.C., infine, i Romani rasero al suolo Corinto.

Fine della potenza cartaginese (149-146 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Terza guerra punica.

IntantoCartagine, dopo la sconfitta di Annibale, aveva dovuto cedere ai Romani le redditizie conquiste inSpagna, stava pagando pesanti indennità (200talenti d'argento annui per 50 anni) ed era stata pure costretta a prestare un contingente alle forze di Roma nelle guerre controAntioco III,Filippo V ePerseo. La relativa decadenza dello Stato cartaginese era mitigata, tuttavia, dalla ripresa del commercio, in cui i cartaginesi erano maestri, inoltre un nuovo impulso era stato dato all'agricoltura ed in particolare alle coltivazioni di ulivo e vite. Tale ripresa allarmò Roma, in cui era presente un partito che propugnava la completa distruzione della rivale africana: tra i fautori di una nuova guerra contro Cartagine c'eraCatone il Censore, che terminava tutti i suoi discorsi con la famosissima frase "Ceterum censeo Carthaginem delendam esse" (Inoltre ritengo che Cartagine debba essere distrutta).

Il pretesto che portò allaterza guerra punica fu dato ai Romani daMassinissa, che da tempo stava aumentando la propria sfera di influenza a danno di Cartagine. Per due volte Cartagine chiese l'intervento dei Romani per fermare le azioni dello scomodo vicino, ma in entrambe le occasioni Roma decise semplicemente di non intervenire. Nel150 a.C. Cartagine decise di reagire ai continui attacchi dei numidi, ben sapendo di contravvenire alle condizioni di pace imposte dai Romani. Infatti questa azione fu presa a pretesto dai Romani per dichiarare guerra a Cartagine l'anno successivo. Il senato, infatti, sobillato daCatone il Censore, decise di attaccare Cartagine, e nel147 a.C. si risolse ad inviare in Africa il consolePublio Cornelio Scipione Emiliano, che, dopo un lungo assedio, nel146 a.C. espugnò e rase al suolo la città. La guerra era durata tre anni, dal149 a.C. al146 a.C., fu combattuta sul suolo africano e si concluse con la definitiva sconfitta dei cartaginesi.

Tramonto della Repubblica romana (146-31 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Storia della Repubblica romana (146-31 a.C.).

Nuovo espansionismo mediterraneo: Spagna, Gallia Narbonense e Asia (133-121 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Conquista romana della Spagna, Asia (provincia romana) e Conquista della Gallia Narbonense.
Spagna romana nelIII secolo a.C.

Dopo avere costretto alla resa definitiva cartaginesi e macedoni, Roma decise di risolvere una volta per tutte anche la questione spagnola, che si trascinava da diversi decenni, ovvero da quando nel 197 a.C., dopo la Seconda guerra punica, i Romani avevano suddiviso il territorio in due province, laSpagna citeriore (Hispania Citerior) e laSpagna ulteriore (Hispania Ulterior), con capitali, rispettivamente,Tarragona eCordova. Il malgoverno sfrenato e lo spietato sfruttamento provocarono una violenta rivolta che si estese anche alle popolazioni confinanti deiLusitani e deiCeltiberi e che, dopo esiti alterni e battaglie cruente con costi enormi in uomini e denaro, venne infine risolta con l'uccisione del capo dei LusitaniViriato (139 a.C.) e con la presa per fame della roccaforte dei Celtiberi,Numanzia, nel 133. a.C.

Circostanze assai strane portarono, invece, nel 133 a.C. all'annessione delregno di Pergamo, che fu poi nel 129 a.C. ridotto a provincia (i Romani la chiamarono provincia d'Asia). Il reAttalo III aveva lasciato in eredità il proprio regno a Roma, ma occorsero tre anni prima che i Romani potessero dominare direttamente quel territorio, dato che sotto la guida di un certoAristonico era scoppiata una violenta insurrezione popolare, domata a fatica. Roma poteva ormai considerarsi la potenza egemone nel Mediterraneo.

Qualche anno più tardi, nel 121 a.C., vennero poste le basi anche per la futura espansione nellaGallia Transalpina, con la riduzione a provincia dellaGallia Narbonense (l'attualeProvenza).

Con la sconfitta dei nemici contro cui combatteva da anni su entrambi i fronti, Roma era diventata padrona del Mediterraneo. Le nuove conquiste, tuttavia, portarono anche notevoli cambiamenti nella società romana: i contatti con la culturaellenistica, temuta e osteggiata dallo stesso Catone, modificarono profondamente gli usi che fino ad allora si rifacevano almos maiorum, trasformando radicalmente la società dell'Urbe.

Le riforme dei Gracchi (133 a.C. – 121 a.C.)

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Il periodo che va dalle agitazioni graccane alla dominazione diLucio Cornelio Silla, segnò l'inizio della crisi che, quasi un secolo dopo, portò la repubblica aristocratica al tracollo definitivo. Lo storico Ronald Syme ha chiamato il periodo di passaggio dalla Repubblica al principato augusteo "rivoluzione romana"[134].

L'espansione così grande e repentina nel bacino del Mediterraneo aveva, infatti, costretto la Repubblica ad affrontare problemi enormi e di vario genere: le istituzioni romane erano fino ad allora concepite per amministrare un piccolo stato; adesso leprovince[135] si stendevano dall'Iberia, all'Africa, allaGrecia, all'Asia Minore.

A partire dalla riforma agraria proposta daltribuno della plebeTiberio Sempronio Gracco nel133 a.C., le convulsioni politiche divennero sempre più gravi, producendo una serie di dittature, guerre civili e temporanee tregue armate nel corso del secolo successivo. Gli intenti di Tiberio erano sostanzialmente conservatori. Preoccupato dalla penuria di uomini che aveva notato in varie parti d'Italia e dalla povertà di molti e convinto che in queste condizioni sarebbe stato impossibile mantenere l'ordinamento sociale che era l'ossatura dell'esercito, egli si proponeva, mediante nuove distribuzioni di terre, stabilite da un collegio che le assegnava secondo un principio quantitativo, concedendo quelle in eccesso ai cittadini meno abbienti, di dar nuovo vigore al ceto dei piccoli proprietari agricoli, che si trovava in grave difficoltà a causa da una parte del "prelievo" dovuto alle continue guerre, dall'altra della pressione dei grandi proprietari, che estendevano i loro domini attraverso l'evizione dei coloni debitori o l'acquisto dei loro fondi[136]. Le continue guerre in patria e all'estero, infatti, avevano da una parte costretto i piccoli proprietari terrieri ad abbandonare per lunghi anni i propri poderi per prestare servizio nelle legioni, dall'altro avevano finito per rifornire Roma (grazie ai saccheggi e alle conquiste) di una quantità enorme di merci a buon mercato[137] e di schiavi, i quali venivano usualmente impiegati nelle aziende agricole deipatrizi romani, con ripercussioni tremende nel tessuto sociale romano, dato che la piccola proprietà terriera non era in grado di competere con i latifondi schiavistici (che producevano praticamente a costo zero). Tutte quelle famiglie che, a causa dei debiti, erano state costrette a lasciare le campagne, si rifugiarono a Roma, dove diedero vita al cosiddetto sottoproletariato urbano: una massa di persone che non avevano un lavoro, una casa e di che sfamarsi, con inevitabili e pericolose tensioni sociali.

Il mondo romano, al termine dellaseconda guerra punica (in verde), e poi attorno al100 a.C. (arancione).

L'aristocrazia senatoria, arroccandosi in una migliore difesa dei propri interessi particolari, ostacolò inizialmente Tiberio, corrompendo un altro tribuno della plebe, Ottavio, che tuttavia venne dichiarato decaduto dalla carica dallo stesso Tiberio, che lo accusò di aver agito contro gli interessi della plebe. Per superare l'opposizione del collega tribuno, attuata mediante il veto alle sue proposte di riforma, Tiberio, contrariamente agli usi tradizionali, si presentò nel132 a.C. alle elezioni per essere rieletto al tribunato e poter completare le sue riforme. A questo punto, temendo un'ulteriore deriva in senso popolare del governo della Repubblica, durante le convulse fasi antecedenti le elezioni dei tribuni della plebe, una banda di senatori, guidati daScipione Nasica, attaccò Tiberio alCampidoglio causandone la morte, assieme a trecento suoi seguaci.

Otto anni dopo,Gaio Sempronio Gracco, eletto tribuno della plebe dell'anno123 a.C., riprese l'azione politica del fratello, spingendola su posizioni sempre più popolari ed anti-nobiliari, cercando di procurarsi il favore, oltre che dei proletari, anche dei "soci" italici (emarginati politicamente dalle conquiste) e della classe equestre. Come il fratello, sempre contro le consuetudini, anche Gaio si presentò l'anno successivo per concorrere all'elezione al tribunato, carica alla quale fu eletto, rendendosi promotore di una forte battaglia politica di opposizione alla classe senatoriale. Nel121 a.C. non riuscì però a farsi eleggere per la terza volta al tribunato, e ad impedire così la politica di restaurazione dei privilegi senatoriali operata dalla nuova classe politica. Per opporsi a questo nuovo corso, Gaio non esitò ad operare come "agitatore politico" esternamente alle istituzioni pubbliche, cosa questa che alla fine gli valse la messa in accusa come nemico della repubblica. Abbandonato dai molti dei suoi sostenitori, si fece uccidere da un suo servo sulGianicolo.

Giugurta, i Germani e Gaio Mario (112 a.C. – 100 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Guerre contro Giugurta e Guerre cimbriche.
La coalizionegermanica diCimbri eTeutoni dallaGallia muovono in direzione dell'Italia romana, dove vengono sconfitti negli anni102-101 a.C. daGaio Mario.

Negli anni successivi la politica romana fu caratterizzata sempre più dal radicalizzarsi della lotta tra il partito degliottimati e quello deipopolari. In questo contesto irruppe nella storia romana unhomo novus, cittadino romano proveniente però dalla provincia: Gaio Mario.

Mario, dopo essersi distinto per le sue capacità militari in Spagna, rientrò a Roma con l'intento di costruirsi una propria carriera politica, il cosiddettocursus honorum, che lo portasse al consolato. Riuscì ad ottenere le cariche diquestore,tribuno della plebe epretore.

Dopo aver condotto con successo una campagna militare nellaSpagna Ulteriore, tornò a Roma, dove sposò Giulia, sorella diGaio Giulio Cesare, padre diGaio Giulio Cesare, il dittatore. Nel109 a.C. partì per l'Africa comelegato diQuinto Cecilio Metello, a cui il Senato aveva affidato la guerra controGiugurta, non giudicando soddisfacente l'andamento di questa.

Nel108 Mario tornò a Roma per concorrere al consolato, al quale fu eletto nel107 a.C. anche grazie alle accuse di incapacità militare che rivolse ai patrizi, Metelloin primis. Come console riuscì a farsi affidare la conduzione della guerra contro Giugurta, che sconfisse nel105 a.C. Roma occupò così laNumidia.

Mentre Mario portava vittoriosamente a termine la guerra in Africa, Roma stava subendo pesanti sconfitte da parte delle tribù germaniche deiCimbri e deiTeutoni. Nel107 a.C. l'esercito diLucio Cassio Longino fu sconfitto, e lo stesso generale ucciso in battaglia, nellaGallia Narbonense. Ma fu la tremenda sconfitta del105 a.C. adArausio, dove perirono circa 120 000 romani tra soldati ed ausiliari, che gettò i romani nel panico.

In questo clima di paura Mario, visto come unico generale in grado di organizzare l'esercito contro i Germani, venne eletto console per ben cinque volte consecutive, dal104 al100 a.C., fino a che la minaccia dell'invasione germanica non fu sventata con le vittorie adAquae Sextiae e aVercelli. Contro Teutoni e Cimbri Mario utilizzò il nuovo, formidabile esercito nato dalla sua riforma avviata nel 107 a.C. A differenza di quello precedente, formato da cittadini-contadini ansiosi di tornare ai propri campi una volta finite le campagne belliche, questo era un esercito stanziale e permanente di volontari arruolati con ferma quasi ventennale, ovvero un esercito di professionisti attratti non solo dal salario, ma anche dal miraggio del bottino e dalla promessa di una terra alla fine del servizio. I proletari ed i nullatenenti vi si arruolarono in massa. Non era tanto un esercito di cittadini motivati dal senso del dovere, ma piuttosto di militari legati dallo spirito di corpo e dalla fedeltà al capo[138].

In tutto questo periodo, sia contro Giugurta che contro i Germani, Mario ebbe come legato un giovane nobile, di cui apprezzava le capacità militari:Lucio Cornelio Silla.

Guerra sociale (91 a.C.-88 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Guerra sociale.

Già dal tempo deiGracchi aRoma si avanzavano proposte d'estensione dei diritti di cittadinanza anche ad altri popoli italici fino ad allorafederati, ma i tentativi non ebbero successo. La speranza degli alleati italici era che a Roma prevalesse il partito di coloro che volevano concedere agli alleati italici lacittadinanza romana.

Ma quando nel91 a.C. il tribunoMarco Livio Druso, che stava preparando una proposta di legge per concedere la cittadinanza agli alleati fu ucciso, ai più apparve chiaro che Roma non avrebbe concesso spontaneamente la cittadinanza. Fu l'inizio della guerra che dal 91 a.C. all'88 a.C. vide combattersi gli eserciti romani e quelli italici.

Gli ultimi a cedere le armi ai Romani, capeggiati tra gli altri da Silla eGneo Pompeo Strabone, padre del futuroPompeo Magno, furono iSanniti. Alla fine della guerra, però, gli italici della penisola, nonostante la sconfitta, riuscirono a ottenere l'agognata cittadinanza romana.

Dittatura di Silla (88 a.C.-78 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Guerra civile tra Mario e Silla.
Busto diGaio Mario in età avanzata (Museo Chiaramonti).
Presunto ritratto diLucio Cornelio Silla.

In Senato lo scontro politico tra le due fazioni avverse, quella degliottimati che aveva trovato il suo "campione militare" nel nobileLucio Cornelio Silla, e quella dei mariani guidata dal generale ed "uomo nuovo"Gaio Mario, si stava sempre più radicalizzando, non trovando le due fazioni più alcun terreno di concordia comune sugli elementi fondanti dello Stato, come la cittadinanza, la suddivisione delle sempre maggiori ricchezze che affluivano a Roma e il controllo dell'esercito, che si stava trasformando da esercito cittadino in esercito di professionisti.

Questa tensione, fino a che Gaio Mario rimase in vita, si risolse sempre nella lotta per l'ottenimento del consolato per i candidati della propria parte politica. Morto Mario, e trovandosiQuinto Sertorio in Spagna, forse l'unico tra i mariani che potesse contrastare militarmente Silla, Lucio Cornelio, al ritorno dalla vittoriosa guerra in oriente, ritenne di poter forzare la mano e con l'esercito in armi marciò contro Roma nell'82 a.C. Qui, aPorta Collina, Silla ottenne la vittoria decisiva nellaguerra civile contro i mariani.

Per consolidare la sua vittoria Silla si fece eleggere dittatore a vita e iniziò una vasta e sistematica persecuzione nei confronti dei rappresentanti della parte avversa (le liste di proscrizione sillane) da cui il giovane Giulio Cesare, nipote diGaio Mario, riuscì a stento a sottrarsi.

Fino a che morì, nel78 a.C., l'unica seria opposizione che continuò ad essere condotta contro Silla, fu quella condotta da Sertorio dalla Spagna.

Guerre mitridatiche (88 a.C.-63 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Guerre mitridatiche.
I domini diMitridate VI prima dell'inizio delleguerre contro Roma.

Nel111 a.C., salì al trono delregno del Ponto,Mitridate VI, figlio dello scomparsoMitridate V. Il nuovo sovrano mise subito in atto (fin dal110 a.C.[139]) una politica espansionistica nell'area delMar Nero, conquistando tutte le regioni daSinope alle foci delDanubio,[140] compresa laColchide, ilChersoneso Taurico e laCimmeria (attualeCrimea), e poi sottomettendo le vicine popolazioniscitiche e deisarmatiRoxolani.[139] Il giovane re volse, quindi, il suo interesse verso lapenisola anatolica, dove la potenza romana era, però, in costante crescita. Sapeva che uno scontro con quest'ultima sarebbe risultato mortale per una delle due parti.

Laprima guerra mitridatica iniziò verso la fine dell'89 a.C. Le ostilità si erano aperte con due vittorie del sovrano del Ponto sulle forze alleate dei Romani, prima delre di Bitinia,Nicomede IV e poi dello stesso inviato romanoManio Aquilio, a capo di una delegazione inAsia Minore. L'anno successivo Mitridate decise di continuare nel suo progetto di occupazione dell'interapenisola anatolica, ripartendo dallaFrigia. La sua avanzata proseguì, passando dallaFrigia allaMisia, e toccando quelle parti diAsia che erano state recentemente acquisite dai Romani. Poi mandò i suoi ufficiali per le province adiacenti, sottomettendo laLicia, laPanfilia, ed il resto dellaIonia.[141]

Non molto tempo dopo Mitridate riuscì a catturare il massimo esponente romano inAsia, il consolareManio Aquilio e lo uccise barbaramente.[142][143] Sembra che a questo punto, la maggior parte delle città dell'Asia si arresero al conquistatore pontico, accogliendolo come un liberatore dalle popolazioni locali, stanche del malgoverno romano, identificato da molti nella ristretta cerchia deipubblicani.Rodi, invece, rimasefedele a Roma.

Non appena queste notizie giunsero aRoma, ilSenato dichiarò guerra contro ilre del Ponto, seppure nell'Urbe vi fossero gravi dissensi tra le due principali fazioni interne allaRes publica (degliOptimates e deiPopulares) ed unaguerra sociale non fosse stata del tutto condotta a termine. Si procedette, quindi, a decretare a quale dei dueconsoli, sarebbe spettato il governo dellaprovincia d'Asia, e questa toccò in sorte aLucio Cornelio Silla.[144]

Mitridate, frattanto, preso possesso della maggior parte dell'Asia Minore, dispose che tutti coloro, liberi o meno, che parlavano unalingua italica, fossero barbaramente trucidati; non solo quindi i pochi soldati romani rimasti a presidio delle guarnigioni locali. 80 000 tracittadini romani e non, furono massacrati nelle due ex-province romane d'Asia eCilicia (episodio noto comeVespri asiatici).[144][145][146] La situazione precipitò ulteriormente, quando a seguito delle ribellioni nella provincia asiatica, insorse anche l'Acaia contro Roma.[147] Il re del Ponto appariva ai loro occhi come un liberatore della grecità, quasi fosse un nuovoAlessandro Magno.

Il quinto anno di guerra (85 a.C.) dellaprima guerra mitridatica. In evidenza: gli incontri traSilla eArchelao, prima aDelio[148] e poi aFilippi;[149] tra Silla eMitridate aDardano;[150] lo scontro tra Silla eFlavio Fimbria pressoTiatira.[151]

Con l'arrivo diLucio Cornelio Silla inGrecia nell'87 a.C. le sorti dellaguerra contro Mitridate cambiarono a favore dei Romani. Espugnata primaAtene[152][153] ed ilPireo,[154] il comandante romano ottenne due successi determinanti ai fini della guerra, prima aCheronea,[155] dove secondoTito Livio caddero ben 100 000 armati delregno del Ponto,[156][157][158] ed infine adOrcomeno.[155][159][160][161]

Contemporaneamente, agli inizi dell'85 a.C., ilprefetto dellacavalleria,Flavio Fimbria, a capo di un secondo esercito romano,[162][163] si diresse anch'egli contro le armate di Mitridate, in Asia, uscendone più volte vincitore,[164] riuscendo a conquistare la nuova capitale di Mitridate,Pergamo,[165] e poco mancò che non riuscisse a far prigioniero lo stesso re.[166] Intanto Silla avanzava dallaMacedonia, massacrando iTraci che sulla sua strada gli si erano opposti.[167]

Dopo una serie di trattative iniziali, Mitridate e Silla si incontrarono aDardano, dove si accordarono per un trattato di pace[168], che costringeva Mitridate a ritirarsi da tutti i domini antecedenti la guerra,[168] ma ottenendo in cambio di essere ancora una volta considerato "amico del popolo romano". Un espediente per Silla, per poter tornare nellacapitale a risolvere i suoi problemi personali, interni alla Repubblica romana.

Nel74 a.C. divenneprovincia romana laBitinia (Bythinia), quandoNicomede IV lasciò anch'egli in eredità allo stato romano, il proprioregno. Pochi anni più tardi (nel63 a.C.), al termine dellaterza guerra mitridatica, la sconfitta delregno del Ponto portò alla creazione di unanuova provincia (Bythinia et Pontus che univa i territori dei due regni ora sotto il dominio romano), grazie alle campagne militari condotte nell'area, daLucio Licinio Lucullo (dal 74 al67 a.C.).

E mentre Lucullo era ancora impegnato con Mitridate e conTigrane II,Gneo Pompeo Magno riusciva nel67 a.C. aripulire l'intero bacino del Mediterraneo dai pirati, strappando loro l'isola diCreta, le coste dellaLicia, dellaPanfilia e dellaCilicia, dimostrando straordinaria disciplina ed abilità organizzativa. LaCilicia vera e propria (Trachea ePedias), che era stata covo di pirati per oltre quarant'anni, fu così definitivamente sottomessa. In seguito a questi eventi la città diTarso divenne la capitale dell'interaprovincia romana. Furono poi fondate ben 39 nuove città. La rapidità della campagna indicò che Pompeo aveva avuto talento, come generale, anche in mare, con forti capacità logistiche.[169]

Fu allora incaricato Pompeo di condurre una nuova guerra controMitridate VI re del Ponto, in Oriente (nel66 a.C.),[170][171] grazie allalex Manilia, proposta daltribuno della plebeGaio Manilio, ed appoggiata politicamente daCesare eCicerone.[172] Questo comando gli affidava essenzialmente, la conquista e la riorganizzazione dell'intero Mediterraneo orientale, avendo il potere di proclamare quali fossero ipopoli clienti e quali quelli nemici, con un potere illimitato mai prima d'ora conferito a nessuno, ed attribuendogli tutte le forze militari al di là dei confini dell'Italia romana.[170][173]

I domini romani orientali ed iregni clienti alleati a Roma, al termine dellaterza guerra mitridatica (nel63 a.C.).

Seguirono altri anni di guerra nell'area (dal66 al63 a.C.), al termine dei quali Pompeo, tornato quindi nellanuova provincia di Siria, dopo aversottomesso anche i Giudei, si apprestò a riorganizzare l'intero Oriente romano, gestendo al meglio le alleanze che vi gravitavano attorno (si vedaRegno cliente).[174]

Nella nuova riorganizzazione, fu trovato un accordo tra la Repubblica ed il regno deiParti, secondo il quale, il fiumeEufrate avrebbe costituito, d'ora in poi, il confine tra i due stati;[175] lasciò a Tigrane II l'Armenia; aFarnace il Bosforo; adAriobarzane laCappadocia ed alcuni territori limitrofi; adAntioco di Commagene aggiunseSeleucia e parti dellaMesopotamia che aveva conquistato; aDeiotaro, tetrarca dellaGalazia, aggiunse i territori dell'Armenia Minore, confinanti con la Cappadocia; fece di Attalo il principe diPaflagonia e di Aristarco quello dellaColchide; nominò Archelao sacerdote della dea venerata aComana; ed infine fece di Castore di Phanagoria, un fedele alleato e amico del popolo romano.[176]

Il proconsole romano decise, inoltre, di fondare alcune nuove città (sembra otto, secondoCassio Dione Cocceiano[177]), comeNicopoli al Lico inArmenia Minore, chiamata così in ricordo dellavittoria ottenuta su Mitridate; poiEupatoria, costruita dal re pontico ed intitolata a sé stesso, ma poi distrutta perché aveva ospitato i Romani, che Pompeo ricostruì e rinominòMagnopolis. In Cappadocia ricostruìMazaca, che era stata completamente distrutta dalla guerra. Restaurò poi molte altre città in molte regioni, che erano state distrutte o danneggiate, nel Ponto, in Palestina, Siria Coele ed in Cilicia, dove avevacombattuto la maggior parte dei pirati, e dove la città, in precedenza chiamataSoli, fu ribattezzataPompeiopolis.[178][179]

Per questi successi il Senato gli decretò il meritatotrionfo il 29 settembre del61 a.C.[180][181][182] e fu acclamato da tutta l'assemblea con il nome diMagnus.[183][184]

Pompeo non solo era riuscito a vincere Mitridate nellaTerza guerra mitridatica (del63 a.C.), ma anche a battere Tigrane II,re di Armenia, con cui in seguito fissò dei trattati. Pompeo impose una riorganizzazione generale ai re delle nuove province orientali, tenendo intelligentemente conto dei fattori geografici e politici connessi alla creazione di una nuova frontiera di Roma in oriente. Le ultime campagne militari avevano così ridotto ilPonto, laCilicia campestre, laSiria (Fenicia,Coele ePalestina) a nuoveprovince romane, mentreGerusalemmeera stata conquistata.[185] Laprovincia d'Asia era stata a sua volta ampliata, sembra aggiungendoFrigia, parte dellaMisia adiacente alla Frigia, in aggiuntaLidia,Caria eIonia. Il Ponto fu quindi aggregato alla Bitinia, venendo così a formare un'unicaprovincia diPonto e Bitinia.[186] A ciò si aggiungeva un nuovosistema di "clientele" che comprendevano dall'Armenia di Tigrane II, alBosforo di Farnace, allaCappadocia,Commagene,Galazia,Paflagonia, fino allaColchide.[185]

Rivolta di Spartaco (73 a.C.-71 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Terza guerra servile e Schiavitù nell'antica Roma.

La situazione politica si caratterizzava da una costante instabilità, favorita dai continui contrasti tra la fazione deipopulares e quella deglioptimates: dopo laguerra civile tra l'homo novusMario e l'aristocraticoSilla e la successivadittatura sillana, si era consolidato il predominio della fazione aristocratica, divenuta sempre più la padrona incontrastata delsenato e della politica romana.[187][188] Da questa situazione di conflitto si sviluppò nell'80 a.C. la rivolta del popolareQuinto Sertorio: egli radunò attorno a sé i seguaci mariani sfuggiti alleproscrizioni di Silla e si rifugiò inHispania, dove ottenne l'alleanza deiLusitani, mai realmente sottomessi all'autorità di Roma. Contro lo Stato ribelle organizzato da Sertorio grazie al continuo afflusso di "perseguitati politici" da Roma fu inviato, nel76 a.C.,Gneo Pompeo, che poté avere la meglio solo quando la confederazione guidata da Sertorio si sfaldò, nel72 a.C.[189] Contemporaneamente, i Romani erano impegnati a Oriente nellaterza guerra controMitridate VI del Ponto, condotta dal generaleLucio Licinio Lucullo:[190] il duplice impegno militare riduceva di fatto la presenza di truppe in Italia, rendendo l'esercito inadeguato e permettendo l'iniziale successo della rivolta guidata da Spartaco.[191]

«Mancavano soldati addestrati non meno che generali sperimentati. Quinto Metello e Gneo Pompeo erano impegnati in Spagna, Marco Lucullo nella Tracia, Lucio Lucullo nell'Asia minore, e non vi erano disponibili che milizie inesperte e tutt'al più ufficiali mediocri.»

(Theodor Mommsen,Storia di Roma antica, libro V, pp. 657-658.)

Raffigurazione di un gladiatore: nellaterza guerra servile la Repubblica romana dovette affrontare i propri gladiatori e schiavi ribelli.

Altro stimolo alla rivolta da parte degli schiavi (rivolta peraltro generale più che regionale, al contrario dellaprima e dellaseconda guerra servile) fu certamente il successo e l'inquietudine sociale deipopoli italici (che, in precedenza, erano sempre stati considerati solo federati),[192] i quali erano riusciti ad ottenere, a prezzo di una lunga e sanguinosa "guerra interna" durata ben tre anni (91-88 a.C.), un'estensione dei diritti di cittadinanza.

L'agricoltura su vasta scala nella penisola italiana dipendeva, inoltre, dallo sfruttamento deglischiavi nelle grandi proprietà terriere (latifundia). Le brutali condizioni in cui gli schiavi venivano tenuti fu spesso causa di feroci e pericolose rivolte, che già nei decenni precedenti alla rivolta di Spartaco avevano causato diversi problemi ai Romani, soprattutto in Sicilia (guerre servili).

Spartaco era uno schiavo della Tracia, e venne addestrato comegladiatore. Nel73 a.C., assieme ad alcuni compagni, si ribellò aCapua e fuggì verso ilVesuvio. Il numero di ribelli crebbe rapidamente fino a 70 000, composti principalmente di schiavi traci, galli e germanici. Inizialmente, Spartaco e il suo secondo in comando Crixus riuscirono a sconfiggere diverse legioni inviate contro di loro. Una volta che venne stabilito un comando unificato sottoMarco Licinio Crasso, che aveva sei legioni, la ribellione venne schiacciata nel71 a.C. Circa diecimila schiavi fuggirono dal campo di battaglia. Gli schiavi in fuga vennero intercettati daPompeo, aiutato dai pirati che, inizialmente, avevano promesso loro di trasportarli verso la Sicilia salvo poi tradirli, presumibilmente in base ad un accordo con Roma, che stava ritornando dallaSpagna, e 6 000 vennero crocifissi lungo laVia Appia, da Capua a Roma.[193]

Pompeo e Crasso seppero cogliere appieno i frutti politici della loro vittoria sui ribelli; entrambi tornarono aRoma con le loro legioni, rifiutandosi di scioglierle e accampandosi appena fuori dalle mura della città.[194] I due generali si candidarono alconsolato per l'anno70 a.C., anche se Pompeo non era eleggibile a causa della sua giovane età e del fatto che non aveva ancora servito comepretore oquestore, come richiedeva, invece, ilcursus honorum.[195] Cionondimeno, entrambi furono eletti,[195][196] anche a causa della minaccia implicita rappresentata dalle legioni in armi accampate fuori dalla città.[195]

Gli effetti della terza guerra servile sull'atteggiamento dei Romani verso la schiavitù e sulle relative istituzioni sono più difficili da determinare. Certamente la rivolta aveva scosso il popolo romano, che «a causa della grande paura sembrò iniziare a trattare i propri schiavi meno duramente di prima».[197] I ricchi possessori dilatifundia iniziarono a ridurre il numero di schiavi impiegati nell'agricoltura, scegliendo di impiegare comemezzadri alcuni degli ex-piccoli proprietari terrieri spossessati.[198] Più tardi, terminate laconquista della Gallia ad opera diGaio Giulio Cesare nel52 a.C. e le altre grandi conquiste territoriali operate dai Romani fino al periodo del regno diTraiano (98-117), si interruppero le guerre di conquista contro nemici esterni, e con esse cessò l'arrivo in massa di schiavi catturati come prigionieri. Si incrementò, al contrario, l'impiego di lavoratori liberi in campo agricolo.

Anche la condizione legale e i diritti degli schiavi romani iniziarono a mutare. Più tardi, durante il regno dell'imperatoreClaudio (41-54), fu promulgata una costituzione che considerava omicidio e puniva l'assassinio di uno schiavo anziano o ammalato, e che dava la libertà agli schiavi abbandonati dai loro padroni.[199] Durante il regno diAntonino Pio (138-161), i diritti degli schiavi furono ulteriormente allargati, e i padroni furono ritenuti direttamente responsabili dell'uccisione dei loro schiavi, mentre gli schiavi che dimostravano di essere stati maltrattati potevano forzare legalmente la propria vendita; fu contemporaneamente istituita un'autorità teoricamente indipendente cui gli schiavi si potevano appellare.[200] Sebbene questi cambiamenti legali abbiano avuto luogo molto tempo dopo la rivolta di Spartaco per poterne essere considerati le dirette conseguenze, sono nondimeno la traduzione in legge dei cambiamenti dell'atteggiamento dei Romani nei confronti degli schiavi evolutosi per decenni.

La congiura di Catilina (63 a.C.)

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Roma:Cicerone denuncia Catilina, affresco diCesare Maccari aPalazzo Madama che raffigura Cicerone mentre pronuncia una delleorazioni contro Catilina.

Nel63 a.C., dopo essergli stato più volte vietato di diventare console,Lucio Sergio Catilina decise di ordire una congiura per rovesciare la Repubblica. Ma il console in carica,Marco Tullio Cicerone riuscì a sventare la congiura e a ripristinare (anche se per poco tempo) l'ordine a Roma.[201] Catilina contava soprattutto sulla plebe, a cui prometteva radicali riforme, e sugli altri nobili decaduti, ai quali prospettava un vantaggioso sovvertimento dell'ordine costituito, che lo avrebbe probabilmente portato ad assumere un potere monarchico o quasi.[202] Venuto a conoscenza del pericolo che lo stato correva grazie alla soffiata di Fulvia, amante del congiurato Quinto Curio,[203] Cicerone fece promulgare dal senato unsenatus consultum ultimum de re publica defendenda, cioè un provvedimento con cui si attribuivano, come era previsto in situazioni di particolare gravità, poteri speciali ai consoli.[204][205] Sfuggito poi ad un attentato da parte dei congiurati,[206] Cicerone convocò il senato neltempio di Giove Statore, dove pronunciò una violenta accusa a Catilina, con il discorso noto comePrima Catilinaria.[207][208] Catilina, visti i suoi piani svelati, fu costretto a lasciare Roma per ritirarsi in Etruria presso il suo sostenitore Gaio Manlio, lasciando la guida della congiura ad alcuni uomini di fiducia,Lentulo Sura eCetego.[209][210]

Grazie alla collaborazione con una delegazione di ambasciatori inviati a Roma dai GalliAllobrogi, Cicerone poté però trascinare anche Lentulo e Cetego davanti al senato: gli ambasciatori, incontratisi con i congiurati, che avevano dato loro documenti scritti in cui promettevano grandi benefici se avessero appoggiato Catilina, furono arrestati in modo del tutto fittizio, e i documenti caddero nelle mani di Cicerone. Questi portò Cetego, Lentulo e gli altri davanti al senato, ma nel decidere quale pena dovesse essere applicata, si scatenò un acceso dibattito: dopo che molti avevano sostenuto la pena capitale,Gaio Giulio Cesare propose di punire i congiurati con il confino e la confisca dei beni. Il discorso di Cesare provocò scalpore, ed avrebbe probabilmente convinto i senatori seMarco Porcio Catone Uticense non avesse pronunciato un altrettanto acceso discorso in favore della pena di morte. I congiurati furono quindi giustiziati, e Cicerone annunziò la loro morte al popolo con la formula:

(latino)
«Vixerunt»
(italiano)
«Vissero»

(Marco Tullio Cicerone)

Catilina fu poi sconfitto, nel gennaio 62, in battaglia assieme al suo esercito.

Cicerone, che non smise mai di vantare il proprio ruolo determinante per la salvezza dello stato (si ricordi il famigerato verso di Cicerone sul suo consolato: "Cedant arma togae", trad:che le armi lascino il posto alla toga del magistrato), grazie al ruolo svolto nel reprimere la congiura, ottenne un prestigio incredibile, che gli valse addirittura l'appellativo dipater patriae. Nonostante ciò, la scelta di autorizzare la condanna a morte dei congiurati senza concedere loro laprovocatio ad populum (ovvero l'appello al popolo, che poteva decretare la commutazione della pena capitale in una pena detentiva) gli sarebbe costata cara soltanto pochi anni dopo.

Dal primo triumvirato al passaggio del Rubicone (59 a.C.-49 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Primo triumvirato, Conquista della Gallia e Guerra civile tra Cesare e Pompeo.
Marco Licinio Crasso

Il mondo romano si avviava a divenire troppo vasto e complesso per le istituzioni della Repubblica; la debolezza di queste ultime, ed in particolare del senato (e della classe aristocratica da esso rappresentata) divenne già evidente nelle circostanze delprimo triumvirato, un accordo informale con cui i tre più potenti uomini di Roma,Cesare,Crasso ePompeo, si spartivano le sfere d'influenza e si garantivano reciproco appoggio (60 a.C.).[211] Questo accordo privato, chiamato dagli storiciprimo triumvirato, non fu in realtà una vera magistratura, ma un accordo tra privati che, data l'influenza dei firmatari, ebbe poi notevolissime ripercussioni sulla vita politica, dettandone gli sviluppi per quasi dieci anni.[212] Crasso era l'uomo più ricco di Roma (aveva infatti finanziato la campagna elettorale di Cesare per il consolato) ed era un esponente di spicco della classe deicavalieri. Pompeo, dopo aver brillantemente risolto la guerra in Oriente contro Mitridate ed i suoi alleati, era ilgenerale con più successi alle spalle. Il rapporto tra Crasso e Pompeo non era dei più idilliaci, ma Cesare con la sua fine abilità diplomatica seppe riappacificarli, vedendo in un'alleanza tra i due l'unico modo con cui egli stesso avrebbe potuto raggiungere i vertici del potere. Crasso serbava infatti verso Pompeo un certo rancore, da quando quegli aveva celebrato il trionfo per la guerra contro Sertorio in Spagna e per la vittoria contro gli schiavi ribelli, che soffocata la rivolta di Spartaco cercavano di fuggire dall'Italia per attraversare l'arco alpino: ogni merito era andato a Pompeo, mentre Crasso, vero artefice della sofferta vittoria su Spartaco, aveva potuto celebrare soltanto un'ovazione.[212]Pompeo avrebbe dovuto sostenere la candidatura alconsolato di Cesare, mentreCrasso l'avrebbe dovuta finanziare. In cambio di quest'appoggio, Cesare avrebbe fatto in modo che ai veterani di Pompeo venissero distribuite delle terre, e che ilSenato ratificasse i provvedimenti presi da Pompeo in Oriente; al contempo, com'era desiderio di Crasso e dei cavalieri, fu ridotto di un terzo il canone d'appalto delle imposte della provincia d'Asia. A rinsaldare ulteriormente quanto previsto daltriumvirato, Pompeo sposò Giulia, la figlia di Cesare.

Nel59 a.C., l'anno del suoconsolato, Cesare portò al servizio dell'alleanza la sua popolarità politica e il suo prestigio, e si adoperò per portare avanti le riforme concordate con gli altritriumviri.[213] Nonostante la forte opposizione del collegaMarco Calpurnio Bibulo, che tentò in ogni modo di ostacolare le sue iniziative, Cesare ottenne comunque la ridistribuzione degli appezzamenti diager publicus per i veterani diPompeo[214], ma anche per alcuni dei cittadini meno abbienti.[215] Bibulo, una volta accortosi del fallimento della sua sterile politica volta esclusivamente alla conservazione dei privilegi da parte dellanobilitas senatoriale, si ritirò dalla vita politica: in questo modo pensava di frenare l'attività del collega, che invece poté attuare in tutta tranquillità il suo rivoluzionario programma.[213] Cesare infatti programmò la fondazione di nuove colonie in Italia, comeCapua, e per tutelare i provinciali riformò le leggi sui reati diconcussione (lex Iulia de repetundis),[216] facendo approvare allo stesso tempo delle leggi che favorissero l'ordo equestris: con lalex de publicanis egli ridusse di un terzo la somma di denaro che i cavalieri dovevano pagare allo stato, favorendo così le loro attività. Fece infine promulgare una legge che imponeva al senato di stilare le relazioni di ogni seduta (gliacta senatus).[217] In questo modo Cesare si assicurava l'appoggio di tutta la popolazione romana, ponendo le basi per il suo futuro successo.[213]

Conquista della Gallia:52 a.C. l'anno determinante

Durante ilconsolato, grazie all'appoggio deitriumviri, Cesare ottenne con laLex Vatinia del 1º marzo[218] ilproconsolato delleprovince dellaGallia Cisalpina[219] e dell'Illirico per cinque anni, con unesercito composto da trelegioni (VII,VIII eIX). Poco dopo unsenatoconsulto gli affidò anche la vicina provincia dellaNarbonense,[220] il cui proconsole era morto all'improvviso, e laX legione.[221]

Il fatto che a Cesare fosse stata attribuita inizialmente la provincia dell'Illirico nel suoimperium, con la dislocazione all'inizio del58 a.C. di ben tre legioni adAquileia, potrebbe significare che egli intendeva recarvisi in cerca di gloria e ricchezze, con cui accrescere il suo potere, la sua influenza militare epolitica con campagne oltre leAlpi Carniche fin sulDanubio, sfruttando la crescente minaccia delletribù dellaDacia che si erano riunite sotto il loro reBurebista. Mentre si trovava ancora a Roma, Cesare venne, però, a sapere che gliElvezi, stanziati tra illago di Costanza, ilRodano, ilGiura, ilReno e leAlpi retiche, si accingevano ad attraversare il territorio della Gallia Narbonense. C'era dunque il pericolo che essi, al loro passaggio sul territorio romano, compissero razzie e incitassero alla rivolta il popolo che ivi risiedeva, gliAllobrogi; i territori che si sarebbero svuotati, potevano poi divenire meta delle migrazioni di altri popoli germanici, che si sarebbero trovati a vivere al confine con lo stato romano, dando origine a un pericolo da non sottovalutare.[222] Il 28 marzo Cesare, avuta notizia che gli Elvezi, bruciate le loro città, erano giunti sulle rive del Rodano, fu costretto a precipitarsi in Gallia, dove giunse il 2 aprile, dopo pochissimi giorni di viaggio.[223] Era l'inizio dellaconquista della Gallia (58-50 a.C.).

Morto però Crasso nel53 a.C. aCarre, le ambizioni personali di Cesare e Pompeo si scontrarono, il senato preferì schierarsi con quest'ultimo, che si mostrava più vicino aglioptimates, e garantiva un più forte atteggiamento di rispetto verso i privilegi senatoriali (per quanto non sfuggisse ai più attenti, comeCicerone, che qualunque dei due contendenti avesse prevalso il potere del senato sarebbe stato irrimediabilmente compromesso).

Dal passaggio del Rubicone alla morte di Cesare (49 a.C.-44 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Guerra civile tra Cesare e Pompeo.
La prima fase dellaGuerra civile tra Cesare e Pompeo (dal49-47 a.C.)

Lo scontro, si mantenne sempre latente entro i limiti delle tradizionali forme di governo del potere romano, fino al49 a.C., quando il senato intimò a Cesare di rimettere il suo comando dellelegioni che aveva condotto alla conquista dellaGallia, e di tornare aRoma da privato cittadino. Il 10 gennaio abbandonando gli ultimi dubbi, (Alea iacta est), Cesare attraversò con le sue truppe ilRubicone, che segnava il confine politico dell'Italia dando inizio allaguerra civile contro la fazione opposta. Il senato, di contro, si strinse attorno a Pompeo e, nel tentativo di difendere le istituzioni repubblicane, decise di dichiarare guerra a Cesare (49 a.C.).

Dopo alterne vicende, i due contendenti si affrontarono aFarsalo, dove Cesare sconfisse irreparabilmente il rivale. Pompeo cercò quindi rifugio in Egitto, ma lì fu ucciso (48 a.C.). Anche Cesare si recò perciò in Egitto, e lì rimase coinvolto nella contesa dinastica scoppiata traCleopatra VII ed il fratelloTolomeo XIII: risolta la situazione, riprese la guerra, e sconfisse il re delPontoFarnace II aZela (47 a.C.). Partì dunque per l'Africa, dove i pompeiani si erano riorganizzati sotto il comando diCatone il giovane, e li sconfisse aTapso (46 a.C.). I superstiti dell'esercito nemico, guidato dai figli di Pompeo,Gneo eSesto, trovarono rifugio in Spagna, dove Cesare li raggiunse e li sconfisse, questa volta definitivamente, aMunda (45 a.C.).

Cesare, avuta la meglio sulla fazione avversa, assunse il titolo didictator, assommando a sé molti poteri e prerogative, quasi un preludio della figura dell'imperatore.

Fine della Repubblica (44 a.C.-31 a.C.)

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Lo stesso argomento in dettaglio:Secondo triumvirato e Guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio.
Gli scenari e la divisione territoriale deitriumviri durante laguerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio (44-31 a.C.)

La morte del dittatore, contrariamente alle dichiarate intenzioni dei congiurati, non portò alla restaurazione della Repubblica, ma ad un nuovo periodo di scontri e diguerre civili. Tornato a Roma Ottaviano il 21 maggio del44 a.C., dopo che i Cesaricidi avevano già da più di un mese lasciato la città, grazie ad un'amnistia concessa dal console superstite,Marco Antonio, il giovane si affrettò a rivendicare il nome adottivo di "Gaio Giulio Cesare", dichiarando pubblicamente di accettare l'eredità del padre e chiedendo pertanto di entrare in possesso dei beni familiari. Il Senato, che lo vedeva in quel momento come unprincipiante inesperto data la sua giovane età, pronto ad essere manovrato dall'aristocrazia senatoria, e che apprezzava l'indebolimento della posizione di Antonio, approvò la ratifica del testamento, riconoscendo ad Ottaviano lostatus di erede legittimo di Giulio Cesare. Con il patrimonio di Cesare ora a sua disposizione, Ottaviano poté quindi reclutare in giugno un esercito privato di circa 3000 veterani, garantendo a ciascuno di loro unsalario di 500denarii, mentre Marco Antonio, ottenuta con legge speciale l'assegnazione - al termine del suo anno consolare - dellaGallia Cisalpina già affidata alpropretoreDecimo Bruto, si accingeva a portare guerra ai Cesaricidi per recuperare il favore della fazione cesariana.

Quando nel mese di ottobre, l'appoggio del Senato ad Ottaviano si fece più pressante, con Cicerone che tuonava con le sueFilippiche contro Antonio, questo decise di riprendere il controllo della situazione richiamando in Italia le legioni stanziate inMacedonia. Di fronte a quella minaccia, Ottaviano richiamò allora i veterani di Cesare a lui fedeli. Fallito, per l'opposizione del Senato, il tentativo di far dichiarare Ottavianohostis publicus per aver reclutato un esercito senza averne l'autorità, il console decise allora di accelerare i tempi dell'occupazione della Cisalpina, in modo da garantirsi una posizione di forza per l'anno successivo. Ricevuto il rifiuto da parte diDecimo Bruto alla cessione della Cisalpina, Antonio marciò suModena, dove strinse d'assedio ilpropretore. Il 1º gennaio del43 a.C., giorno dell'insediamento dei nuovi consoliPansa eIrzio, il Senato decretò l'abrogazione della legge che assegnava ad Antonio la Gallia Cisalpina, incaricando i consoli di marciare contro Antonio assieme ad Ottaviano. Il 21 aprile Antonio venne sconfitto nellabattaglia di Modena, nella quale, però, rimasero uccisi i consoli, lasciando così Ottaviano unico vincitore.

Busto diMarco Antonio
Busto diOttaviano

Dalla sua nuova posizione di forza, divenuto legalmente a capo dello Stato romano, Ottaviano prese contatti con il principale sostenitore di Antonio, ilpontefice massimoMarco Emilio Lepido, giàmagister equitum di Cesare, con l'intenzione di ricomporre i dissidi interni alla fazione cesariana. Con gli auspici di Lepido, ottenne dunque che fosse organizzato un incontro a tre con Antonio nei pressi diBononia. Da quel colloquio privato nacque un accordo a tre, tra lui, Antonio e Lepido della durata di cinque anni. Si trattava delsecondo triumvirato, riconosciuto legalmente dal Senato il 27 novembre di quello stesso anno con laLex Titia, in cui veniva creata la speciale magistratura deiTriumviri rei publicae constituendae consulari potestate, ovvero "triumviri per la costituzione dello stato con potere consolare".

Il patto prevedeva la divisione dei territori romani: ad Ottaviano toccaronoSiria,Sardegna eAfrica proconsolaris. Furono contestualmente redatte delle liste di proscrizione contro gli oppositori di Cesare, che portarono alla confisca dei beni e all'uccisione di un gran numero di senatori e cavalieri, tra cui lo stessoCicerone che pagò leFilippiche rivolte controAntonio. Si preparò nel contempo la guerra controBruto eCassio e i cesaricidi.

Nell'ottobre del42 a.C. Antonio e Ottaviano, lasciato Lepido al governo della capitale, si scontrarono con icesaricidiMarco Giunio Bruto eGaio Cassio Longino e li sconfissero in due scontri aFilippi, nellaMacedonia orientale. I due anticesariani trovarono la morte suicidandosi.[224][225]

Ottaviano,Antonio eLepido trovandosi padroni, ora, dei territori orientali procedettero ad una nuova spartizione delle province: a Lepido furono lasciate laNumidia e l'Africa proconsolaris, ad Antonio, laGallia, laTranspadania e l'Oriente romano, ad Ottaviano spettarono l'Italia, laSicilia, l'Iberia, e laSardegna e Corsica.

Successivamente nacquero nuovi contrasti:Lucio Antonio, fratello di Antonio, nel41 a.C. si ribellò ad Ottaviano poiché pretendeva che anche ai veterani del fratello fossero distribuite terre in Italia (oltre ai 170.000 veterani di Ottaviano), ma fusconfitto a Perugia nel40 a.C. Non si può provare che Antonio fosse a conoscenza delle azioni del fratello ma, dopo la sconfitta di quest'ultimo, entrambi decisero di non dare troppo peso all'accaduto (Lucio Antonio fu risparmiato e perfino inviato in Spagna come governatore).[226]

Con iltrattato di Brindisi (settembre del 40 a.C.) si venne ad una nuova divisione delle province: ad Antonio restò l'Oriente romano daScutari, compresa laMacedonia e l'Acaia; ad Ottaviano l'Occidente compreso l'Illirico; a Lepido, ormai fuori dai giochi di potere, l'Africa e laNumidia; aSesto Pompeo fu confermata laSicilia per metterlo a tacere, affinché non arrecasse problemi in Occidente.[226] Il patto fu sancito con il matrimonio tra Antonio, la cui moglieFulvia era morta da poco, e la sorella di Ottaviano,Ottavia minore. Dopo il trattato di Brindisi, Ottaviano ruppe inoltre l'alleanza con Sesto Pompeo, ripudiòScribonia, e sposòLivia Drusilla, madre diTiberio e in attesa di un secondo figlio. Sesto Pompeo era diventato un alleato scomodo e Ottaviano decise di disfarsene di lì a poco. Si arrivò così ad una prima serie di scontri non particolarmente felici per Ottaviano: la flotta preparata per invadere la Sicilia fu infatti distrutta sia da Sesto sia da un violento fortunale.[226]

Moneta raffiguranteAugusto eMarco Vipsanio Agrippa, vincitori dellabattaglia di Azio

Nel38 a.C. Ottaviano si risolse ad incontrarsi aBrindisi con Antonio e Lepido per rinnovare il patto di alleanza per altri cinque anni. Nel36 a.C., però, grazie all'amico e generaleMarco Vipsanio Agrippa, Ottaviano riuscì a porre fine alla guerra con Sesto Pompeo. Sesto, grazie anche ad alcuni rinforzi inviati da Antonio, fu infatti sconfitto definitivamente presso Mileto. La Sicilia cadde e Sesto Pompeo fuggì in Oriente, dove poco dopo fu assassinato dai sicari di Antonio.[226]

A quel punto, però, Ottaviano dovette far fronte alle ambizioni di Lepido, il quale riteneva che la Sicilia dovesse toccare a lui e, rompendo il patto di alleanza, mosse per impossessarsene. Sconfitto però rapidamente, dopo che i suoi soldati lo abbandonarono passando dalla parte di Ottaviano, Lepido fu infine confinato alCirceo, pur conservando la carica pubblica dipontifex maximus. A quel punto, dopo l'eliminazione graduale di tutti i contendenti nell'arco di sei anni, da Bruto e Cassio, a Sesto Pompeo e Lepido, la situazione rimase nelle sole mani di Ottaviano, in Occidente, e Antonio, in Oriente, portando un inevitabile aumento dei contrasti tra i due triumviri, ciascuno troppo ingombrante per l'altro, tanto più che i successi ottenuti nellecampagne militari di Ottaviano in Illirico (35-33 a.C.) e contro Lepido non erano stati compensati da Antonio in Oriente contro iParti, limitandosi alla sola acquisizione in dote dell'Armenia.

Alla sua scadenza, nel33 a.C., il triumvirato non venne rinnovato e, cosa ben più grave, Antonio ripudiò la sorella di Ottaviano con un affronto per quest'ultimo intollerabile. Il conflitto era ora inevitabile. Mancava solo ilcasus belli, che Ottaviano trovò nel testamento di Antonio, in cui risultavano le sue decisioni di lasciare i territori orientali di Roma aCleopatra VII d'Egitto e ai suoi figli, compresoCesarione, figlio diGaio Giulio Cesare. Il Senato di Roma dichiarò guerra a Cleopatra, ultimaregina tolemaica di Egitto, sul finire del32 a.C. Antonio e Cleopatra furono sconfitti nellabattaglia di Azio, del 2 settembre31 a.C. e si suicidarono entrambi, l'anno successivo in Egitto.[227]

La battaglia di Azio sancì la fine della Repubblica e l'inizio dell'Impero romano. Augusto, infatti, pur mantenendo formalmente alcune istituzioni repubblicane, di fatto trasformò la Repubblica romana in unprincipato.

Note

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  1. ^Nell'Impero romano il sistema repubblicano non decadde mai formalmente, essendo stato affiancato dalla figura delPrinceps.
  2. ^abcEutropio,Breviarium ab Urbe condita, I, 8.
  3. ^Livio,Periochaeab Urbe condita libri, 1.29.
  4. ^abLivio,Periochaeab Urbe condita libri, 1.49.
  5. ^Floro,Epitoma de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC, I, 7.11.
  6. ^Livio,Periochaeab Urbe condita libri, 1.30.
  7. ^Floro,Epitoma de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC, I, 9.1.
  8. ^Livio,Periochaeab Urbe condita libri, 1.50.
  9. ^abcdPietro De Francisci,Sintesi storica del diritto romano, p.60.
  10. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, II, 14.
  11. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, II, 21.7.
  12. ^Pietro De Francisci,Sintesi storica del diritto romano, p.61.
  13. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, II, 2
  14. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, II, 8.
  15. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, II.7.
  16. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, II.8.
  17. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, II.32-33.
  18. ^Plutarco, 21.
  19. ^Tito Livio,Ab urbe condita libri, Libro II, 16, 6.
  20. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, lib. II, par. 17
  21. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, II.18.
  22. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, lib. II, par. 19-20
  23. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, lib. II, par. 23
  24. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, lib. II, par. 28-30
  25. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, lib. II, par. 33
  26. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, lib. II, par. 33-40
  27. ^Plutarco,Vite parallele, 6. Gneo Marcio Coriolano e Alcibiade
  28. ^Dionigi, Antichità romane, Libro VIII, 87, 1
  29. ^Livio,Ab urbe condita libri, Libro II, 45-47.
  30. ^Tito Livio, Libro II, 42, 10-12.
  31. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, II, 43-44.
  32. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, II, 48.
  33. ^Tito Livio,Ab urbe condita libri, Libro III, 1, 3.
  34. ^Tito Livio,Ab Urbe Condita, IV, 4, 54.
  35. ^Tito Livio,Ab Urbe condita, IV, IV, 44.
  36. ^Tito Livio,Ab Urbe Condita, IV, 4, 58.
  37. ^Tito Livio,Ab Urbe Condita, IV, 4, 59.
  38. ^Tito Livio,Ab Urbe Condita, IV, 4, 61
  39. ^Tito Livio,Ab Urbe Condita, V,7
  40. ^Tito Livio,Ab Urbe Condita, V,8
  41. ^Tito Livio,Ab Urbe Condita, V,13
  42. ^Tito Livio,Ab Urbe Condita, V,2,19
  43. ^Tito Livio,Ab Urbe Condita, V,2,21.
  44. ^abPaola Ruggeri,Roma. Dalle origini della Repubblica al Principato, (par.La conquista diVeio).
  45. ^abcdeLivio, V, 33-38.
  46. ^abcdFloro, I, 13.
  47. ^Paola Ruggeri,Roma. Dalle origini della Repubblica al Principato, (par.Il sacco Gallico).
  48. ^abPennell,Ancient Rome, Ch. IX, par. 2.
  49. ^abLivio, V, 48.
  50. ^Lane Fox,The Classical World, p. 283.
  51. ^Appiano,Storia romana,estratto bizantino dal IV libroArchiviato il 18 novembre 2015 inInternet Archive. (traduzione inglese su Livius.org).
  52. ^La tradizione storiografica romana racconta della fraseVae victis pronunciata da Brenno in quell'occasione, e del retto comportamento di Furio Camillo, che impedì che Roma fosse riscattata mediante il pagamento di un oneroso tributo.
  53. ^La memoria di quest'evento rimase sempre particolarmente viva, e, in occasione delgrande incendio di Roma nel64 d.C., furono in molti a ricordare quello dei Galli di Brenno (Tacito, Annali, XV, 41, 2).
  54. ^Tito Livio, Ab Urbe condita, VI, 4,35.
  55. ^Tito Livio, Ab Urbe condita, VI, 4,42.
  56. ^Musti, p. 527.
  57. ^Livio,Ab Urbe condita libri, VII, 31-32.
  58. ^Livio,Ab Urbe condita libri, da VIII 23 a IX 45.
  59. ^Livio,Ab Urbe condita libri, IX, 1-7.
  60. ^Livio,Ab Urbe condita libri, IX, 14.
  61. ^Livio,Ab Urbe condita libri, IX, 20.
  62. ^Livio,Ab Urbe condita libri, IX, 38.
  63. ^abLivio,Ab Urbe condita libri, IX, 40.
  64. ^Livio,Ab Urbe condita libri, IX, 39.
  65. ^Livio,Ab Urbe condita libri, IX, 44.
  66. ^abMusti, p. 533.
  67. ^abcdMusti, p. 534.
  68. ^abGiacomo Devoto,Gli antichi Italici, p. 311.
  69. ^Clemente, p. 43.
  70. ^abMusti, p. 535.
  71. ^Giacomo Devoto,Gli antichi Italici, pp. 299-300.
  72. ^abMusti, p. 536.
  73. ^H.H. Scullard,Storia del mondo romano, vol. I, p. 175.
  74. ^abcdH.H. Scullard,Storia del mondo romano, vol. I, p. 176.
  75. ^Giacomo Devoto,Gli antichi Italici, p. 147.
  76. ^Mario Attilio Levi,L'Italia nell'Evo antico, p.191.
  77. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, IX, 26.
  78. ^Diodoro Siculo, XIX, 72.
  79. ^Polibio,Storie, I, 6, 6.
  80. ^Fasti triumphales celebrano per il282/281 a.C.:Gaio Fabricio Luscino,console, trionfò suSanniti,Lucani eBruzi, alle none di Marzo (5 marzo).
  81. ^abcdPiganiol,Le conquiste dei Romani, p.181.
  82. ^Polibio,Storie, I, 7, 7.
  83. ^abMusti, p. 537.
  84. ^Grimal, pp. 33-34.
  85. ^Musti, p. 538.
  86. ^Appiano,Storia romana, III, 16.
  87. ^abcdAppiano,Storia romana, III, 15.
  88. ^abcCassio Dione,Storia romana, IV, 39, 4.
  89. ^abcdGiovanni Zonara,Epitome, 8, 2.
  90. ^Floro,Epitome, I, 13, 4.
  91. ^abOrosio,Historiarum adversus paganos libri septem, IV, 2.
  92. ^Clementi, p. 35.
  93. ^Polibio,Storie, I, 10.7-10.9.
  94. ^Polibio,Storie, I, 11.3.
  95. ^Tito Livio,Ab Urbe condita,Periochae 18;Quinto Orazio Flacco,Odi, III, 5.
  96. ^Polibio,Storie, I, 62, 7.
  97. ^Polibio,Storie, I, 63,1-3.
  98. ^Polibio,Storie, I, 62,9.
  99. ^Polibio,Storie, I, 62,8.
  100. ^abPolibio,Storie, I, 65-88.
  101. ^Polibio,Storie, I, 79,1-7.
  102. ^Polibio,Storie, I, 79,8-11.
  103. ^Polibio,Storie, III, 10,1-4.
  104. ^Polibio,Storie, I, 79,12.
  105. ^Polibio,Storie, II, 21-35.
  106. ^Polibio,Storie, II, 25-28.
  107. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, XXI, 25.
  108. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, XXII, 11.
  109. ^abPolibio,Storie, II, 2-12.
  110. ^Polibio,Storie, III, 16-19.
  111. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, XXI, 2, 1.
  112. ^abPolibio,Storie, II, 1,1-8.
  113. ^abcdAppiano,Guerra annibalica, VII, 1, 2.
  114. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, XXI, 2, 1-2.
  115. ^Polibio,Storie, II, 1,9.
  116. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, XXI, 2, 3-5.
  117. ^Polibio,Storie, II, 13,1-2.
  118. ^Polibio,Storie, II, 13,1-7.
  119. ^Polibio,Storie, II, 36,1-2.
  120. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, XXI, 3, 1.
  121. ^Appiano,Guerra annibalica, VII, 1, 3.
  122. ^Polibio,Storie, II, 36,3.
  123. ^Polibio,Storie, III, 13,3-4.
  124. ^Tito Livio,Ab Urbe condita libri, XXI, 4, 1.
  125. ^Polibio,Storie, III, 6,1-3.
  126. ^Eutropio,Breviarium ab Urbe condita, III, 7.
  127. ^Polibio,Storie, III, 16, 6.
  128. ^Lanfranco Sanna,La seconda guerra punica, dal sitowww.arsmilitaris.org.
  129. ^Velleio Patercolo,Historiae Romanae ad M. Vinicium libri duo, I, 13.2.
  130. ^Plinio il Vecchio,Naturalis Historia, III, 126-127.
  131. ^CILV, 873.
  132. ^Polibio,Storie, II, 35.4.
  133. ^Aurelio Vittore,De viris illustribus Urbis Romae, 42-55;Tito Livio,Ab urbe condita libri, XXXV-XXXVIII;Polibio,Storie, XXI, 18-45;Appiano,Guerra siriaca, 1-44.
  134. ^Secondo Giorgio Ruffolo è una definizione "impropria", visto che «le rivoluzioni si fanno per rovesciare le monarchie, non per instaurarle» (Giorgio Ruffolo,Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004, p. 72).
  135. ^Paragonabili alle colonie degli stati moderni, da non confondere con le colonie romane propriamente dette, le quali erano stanziamenti di cittadini romani a pieno titolo,cives optimo iure in territori extracittadini soggetti all'amministrazione e organizzazione diretta dello stato romano.
  136. ^Giorgio Ruffolo,Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004, p. 18.
  137. ^La fusione degli antichi strati del patriziato con i nuovi ceti di ricchi plebei affermatisi grazie allo sfruttamento dei traffici commerciali fece nascere una nuova nobiltà, la cosiddettanobilitas: una élite dominante aperta, a differenza di quella antica e isolazionista dei patrizi, perché accessibile attraverso le carriere politiche elettive (Giorgio Ruffolo,Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004, p. 17).
  138. ^Giorgio Ruffolo,Quando l'Italia era una superpotenza, Einaudi, 2004, p. 49
  139. ^abAndré Piganiol,Le conquiste dei Romani, Milano 1989, p. 297.
  140. ^Giovanni Brizzi,Storia di Roma. 1. Dalle origini ad Azio, Bologna 1997, p. 318.
  141. ^Appiano,Guerre mitridatiche, 20.
  142. ^Livio,Periochaeab Urbe condita libri, 77.9.
  143. ^Appiano,Guerre mitridatiche, 21.
  144. ^abAppiano,Guerre mitridatiche, 22.
  145. ^Livio,Periochaeab Urbe condita libri, 78.1.
  146. ^Appiano,Guerre mitridatiche, 23.
  147. ^André Piganiol,Le conquiste dei Romani, Milano 1989, p. 393.
  148. ^Plutarco,Vita di Silla, 22.3.
  149. ^Plutarco,Vita di Silla, 23.5.
  150. ^Plutarco,Vita di Silla, 24.1.
  151. ^Plutarco,Vita di Silla, 25.1.
  152. ^Plutarco,Vita di Silla, 16.
  153. ^Appiano,Guerre mitridatiche, 38-39.
  154. ^Appiano,Guerre mitridatiche, 40-41.
  155. ^abFloro,Compendio di Tito Livio, I, 40.11.
  156. ^Livio,Periochaeab Urbe condita libri, 82.1.
  157. ^Appiano,Guerre mitridatiche, 42-45.
  158. ^Plutarco,Vita di Silla, 16-19.
  159. ^Livio,Periochaeab Urbe condita libri, 82.2.
  160. ^Plutarco,Vita di Silla, 21.
  161. ^Appiano,Guerre mitridatiche, 49.
  162. ^Livio,Periochaeab Urbe condita libri, 82.4.
  163. ^Cassio Dione Cocceiano,Storia romana, XXX-XXXV, 104.1-6.
  164. ^Velleio Patercolo,Historiae Romanae ad M. Vinicium libri duo, II, 24.1.
  165. ^Appiano,Guerre mitridatiche, 52.
  166. ^Livio,Periochaeab Urbe condita libri, 83.1.
  167. ^Livio,Periochaeab Urbe condita libri, 83.3.
  168. ^abAppiano,Guerre mitridatiche, 57-58.
  169. ^Plutarco,Vita di Pompeo, 24-29;Appiano di Alessandria,Guerre mitridatiche, 94-96.
  170. ^abAppiano di Alessandria,Guerre mitridatiche, 97.
  171. ^Plutarco,Vita di Lucullo, 35.7.
  172. ^Cassio Dione Cocceiano,Storia romana, XXXVI, 42.3-43.4.
  173. ^Livio,Periochaeab Urbe condita libri, 100.1.
  174. ^Cassio Dione Cocceiano,Storia romana, XXXVII, 20.1.
  175. ^Plutarco,Vita di Pompeo, 33.6.
  176. ^Appiano di Alessandria,Guerre mitridatiche, 114.
  177. ^Cassio Dione Cocceiano,Storia romana, XXXVII, 20.2.
  178. ^Appiano di Alessandria,Guerre mitridatiche, 115.
  179. ^Cassio Dione Cocceiano,Storia romana, XXXVI, 37.6.
  180. ^Appiano di Alessandria,Guerre mitridatiche, 116-117.
  181. ^Testo originale latino deifasti triumphales:AE1930, 60.
  182. ^Cassio Dione Cocceiano,Storia romana, XXXVII, 21.1.
  183. ^Livio,Periochaeab Urbe condita libri, 103.12.
  184. ^Cassio Dione Cocceiano,Storia romana, XXXVII, 21.3.
  185. ^abAppiano di Alessandria,Guerre mitridatiche, 118.
  186. ^Livio,Periochaeab Urbe condita libri, 102.1.
  187. ^Emilio Gabba,Esercito e società nella tarda repubblica romana, Firenze 1973, pp. 383 (cap. 8) e segg.; pp. 407 e segg. (cap. 9)
  188. ^Sul rapporto tra il predominio politico della fazione aristocratico e le condizioni degli schiavi si vedaTheodor Mommsen,Storia di Roma, Firenze 1973, pp. 88-94
  189. ^Mommsen, pp. 581 segg.
  190. ^Mommsen, pp. 622 e segg.
  191. ^Antonelli, pp. 96-97; Howard H. Scullard,Storia del mondo romano, vol. 2Dalle riforme dei Gracchi alla morte di Nerone, Milano 1992, pp. 120-121; Mommsen, pp. 656-659; G. Brizzi,Storia di Roma. 1. Dalle origini ad Azio, p. 348.
  192. ^André Piganiol,Le conquiste dei Romani, cap. 21La rivolta contro Roma. Tentativo di restaurazione del regime aristocratico. (91-71 a.C.), Milano 1989, pp. 385 e segg.; Antonelli, pp. 89-93; G. Brizzi,op. cit., p. 349.
  193. ^Matyszak,The Enemies of Rome, p. 133; Plutarco,Pompeo, 21.2,Crasso, 11.7;Appiano di Alessandria,Guerra civile, I, 120.
  194. ^Appiano di Alessandria,Guerra civile, I, 116.
  195. ^abcAppiano di Alessandria,Guerra civile, I, 121.
  196. ^Plutarco,Crasso, xii.2.
  197. ^Davis,Readings in Ancient History, p. 90.
  198. ^Smitha, Frank E. (2006).From a Republic to Emperor Augustus: Spartacus and Declining Slavery. Visitato il 2006-09-23.
  199. ^Svetonio,Vita di Claudio, xxv.2.
  200. ^Gaio,Institutionum commentarius, i.52, per i cambiamenti del diritto di un padrone di trattare a proprio piacimento gli schiavi; Seneca,De Beneficiis, iii.22, per l'istituzione del diritto di uno schiavo ad essere trattato bene e per la creazione dell'"ombudsman degli schiavi".
  201. ^Sallustio,De Catilinae coniuratione, 5
  202. ^Plutarco,Cicerone, 10,3-4
  203. ^Plutarco,Cicerone, 16,2
  204. ^Sallustio,De Catilinae coniuratione, 29,2
  205. ^Plutarco,Cicerone, 15,5
  206. ^Sallustio,De Catilinae coniuratione, 28,1-3
  207. ^Sallustio,De Catilinae coniuratione, 31,6
  208. ^Plutarco,Cicerone, 16,4-5
  209. ^Sallustio,De Catilinae coniuratione, 32,1
  210. ^Plutarco,Cicerone, 16,6
  211. ^Cicerone,Lettere ad Attico, II,3,3;
    Velleio Patercolo,Storia Romana, II,44,1-3;
    Plutarco,Cesare, 14,1-2;
    Svetonio,Cesare, 19,2;
    Appiano,Le guerre civili, II,8;
    Cassio Dione,Storia Romana, XXXVII,55-57
  212. ^abLuciano Canfora,Giulio Cesare. Il dittatore democratico, cap. IX,Il "mostro a tre teste"
  213. ^abcLuciano Canfora,Giulio Cesare. Il dittatore democratico, cap. XIIl primo consolato (59 a.C.)
  214. ^Warde Fowler 2004.
  215. ^Francesco De Martino,Storia della costituzione romana, vol. III
  216. ^Digesto, XLVIII,11
  217. ^Svetonio,Cesare, 20,1
  218. ^Proposta daltribuno della plebePublio Vatinio, che poi fuluogotenente di Cesare inGallia
  219. ^Corrispondeva ai territori dellapianura padana, compresi tra ilfiumeOglio e leAlpi piemontesi
  220. ^Provincia costituita nel121 a.C. che comprendeva tutta la fascia costiera e la valle delRodano, nelle attualiProvenza eLinguadoca
  221. ^Lawrence Keppie (inThe making of the roman army, from Republic to Empire,Oklahoma 1998, pp. 80-81) suppone che lalegio X fosse posizionata nella capitale della Gallia Narbonense:Narbona.
  222. ^Cesare,De bello Gallico, I,6
  223. ^Cesare,De bello Gallico, I,6,4
  224. ^Mario Attilio Levi,Augusto e il suo tempo, Milano 1994, p. 143 e s.
  225. ^Velleio,Historiae romanae ad M. Vinicium libri duo, 11, 70
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  227. ^Francois Chamoux,Marco Antonio, Milano 1988, p. 254 e s.

Bibliografia

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Fonti primarie
Fonti storiografiche moderne

Voci correlate

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