| Repubblica di Ancona | |
|---|---|
| Motto: Ancon Dorica Civitas Fidei | |
| Dati amministrativi | |
| Nome ufficiale | Comunitas Anconae fino al 1443, poiRespublica anconitana |
| Lingue ufficiali | Latino,italiano |
| Lingue parlate | dialetto anconitano,dialetto gallo-piceno |
| Capitale | Ancona |
| Dipendente da | |
| Politica | |
| Forma di governo | Repubblica oligarchica, retta da un Consiglio di Anziani |
| Nascita | XI-XIII secolo |
| Causa | spontanea, lenta indipendenza dallaMarca anconitana |
| Fine | 1532 |
| Causa | Occupazione militarepontificia |
| Territorio e popolazione | |
| Bacino geografico | Marche centrali, tra il mare e i fiumiEsino,Musone eAspio |
| Territorio originale | 264,88 km² |
| Massima estensione | 314,97 km² nelXV secolo[1] |
| Economia | |
| Valuta | Agontano, denaro di Ancona |
| Commerci con | Impero Bizantino,Repubblica di Ragusa,Impero ottomano,Repubblica di Venezia,Repubblica di Firenze |
| Esportazioni | Spezie,legname,stoffe,seta,carta |
| Importazioni | vedasi esportazioni |
| Religione e società | |
| Religioni preminenti | Cattolicesimo |
| Religione di Stato | Cattolicesimo |
| Religioni minoritarie | Ebraismo,Chiesa ortodossa,Chiesa armena |
| Classi sociali | Nobiltà,mercanti,clero,popolo |
| Evoluzione storica | |
| Preceduto da | |
| Succeduto da | |
| Ora parte di | |
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Larepubblica di Ancona fu unlibero comune[2] dell'Adriatico, la cui indipendenzade facto durò dall'XI secolo al1532. Si dedicò specialmente ai traffici marittimi con l'Oriente ed è considerata una dellerepubbliche marinare italiane[2]. Alleata per secoli dellaRepubblica di Ragusa[3] e dell'Impero Bizantino, riuscì a resistere aVenezia, che non gradiva altre città marinare nell'Adriatico e che ripetutamente tentò di danneggiare i suoi traffici marittimi o di sottometterla.
La sua estensione fu sempre limitata al territorio compreso tra i fiumiEsino eMusone, dato che i suoi abitanti non erano interessati a guerre per l'ampliamento dello Stato e si dedicavano quasi esclusivamente alla navigazione, alle costruzioni navali ed ai commerci. Una caratteristica della sua storia fu la continua necessità di difendersi, aiutata in ciò dall'alleanza conCostantinopoli e conRagusa, oltre che dainumerosi castelli che vigilavano i suoi confini.

Il territorio della repubblica di Ancona comprendeva tutta la zona tra il mare e i fiumiEsino,Musone edAspio, ed era protetto da numerosicastelli[4]:Monte San Vito,Fiumesino,Barcaglione,Camerata,Castel d'Emilio,Falconara,Agugliano,Polverigi,Offagna,Bolignano,Camerano,Poggio,Massignano,Varano,Sirolo,Numana,Paterno,Sappanico,Gallignano,Montesicuro. Questi centri, alcuni dei quali sono oggi comuni a sé, sono infatti detticastelli di Ancona. L'estensione territoriale era di circa 265 km².
Esistevano poi alcuni castelli che non erano soggetti direttamente al governo cittadino, ma appartenevano alle più importanti famiglie nobili della città; essi erano: ilCassero, dei conti Torriglioni[5], leTorrette eSappanico, dei contiBonarelli eCastelferretto, dei conti Ferretti[5].
Per pochi anni ancheCastelfidardo (tra il 1445 e il 1454[6]) e il territorio dell'Abbazia diChiaravalle (tra il 1440 e il 1486[7]) fecero parte della repubblica anconitana.
Durante questo periodo, sotto tutti i punti di vista il più florido nella storia della repubblica, l'estensione territoriale raggiunse i 315 km².
L'indipendenza fu preceduta da due attacchi saraceni, quello terribile dell'839 e un altro nell'850[8].
I continui attacchi alle città adriatiche spinseroAncona eVenezia ad allearsi nel tentativo di prevenirne altri[9].
All'inizio dell'XI secolo i documenti mostrano che la città godeva ormai di una libertà di fatto, nonostante la presenza del marchese imperiale e delle pretese della Chiesa[10].





L'indipendenza non si sviluppò, come in altre città, intorno alla figura delvescovo, ma grazie alla collaborazione dei cittadini impegnati nelle attività della navigazione e del commercio, che strinsero un patto di solidarietà e stilarono un accordo con il marchese imperiale[11].
La repubblica di Ancona intratteneva rapporti commerciali privilegiati con iturchi e con l'Impero Bizantino ed era una città cosmopolita, poichéegiziani,siriani,mori,bizantini,magiari,dalmati,croati,albanesi edebrei erano frequentatori assidui del porto e dei mercati cittadini. A causa degli intensi scambi commerciali conCostantinopoli, la Repubblica di Ancona entrò presto in collisione con laSerenissima Repubblica di Venezia; questa inizialmente non aveva dato troppa importanza all'espansione di un'altra repubblica marinara nelMare Adriatico, sicura di poterla assoggettare economicamente ancor prima che militarmente. Ma Ancona aveva alleati importanti, era frequentata da mercantifiorentini elucchesi ed era diventata una città ricca e fiorente, confondachi e mercati in Oriente.
I veneziani non accettavano la crescita della repubblica dorica e per questo motivo, negli anni settanta delXII secolo, si allearono con l'imperatoreBarbarossa per porre fine alla sua esistenza.
Ancona, che già nel1137 aveva respinto l'imperatoreLotario II e nel1167 l'imperatoreFederico Barbarossa, si preparava ad affrontare la prova più terribile: l'assedio del1173[12].
Nel 1173[13] ilBarbarossa, intenzionato a far valere i suoi diritti sulle città italiane che si comportavano come liberi comuni, inviò adAncona il suo luogotenente, l'arcivescovoCristiano di Magonza, perché riuscisse a sottomettere una buona volta la repubblica dorica. L'assedio aveva buone garanzie di riuscita, dato che le forze imperiali che circondavano la città potevano questa volta contare anche sull'alleanza con la flotta veneziana, che bloccava il porto. Era la terza volta che l'Impero tentava di sottomettere la città nel giro di 50 anni: nel1137 era stata assediata dall'imperatoreLotario II, nel1167 dallo stessoFederico Barbarossa.
Il fatto che Venezia si fosse alleata con l'Impero (pur essendo formalmente in conflitto con esso, in quanto aderente allaLega Lombarda) si spiega pensando alla rivalità commerciale che esisteva tra le due città marittime. Anche se in percentuale il traffico marittimo di Ancona verso i porti orientali non poteva essere paragonato a quello veneziano, nondimeno la Serenissima non gradiva l'esistenza in Adriatico di altre città marinare.L'assedio fu lungo e pesante e gli alleati di Ancona, ossia laRepubblica di Ragusa, l'Impero Bizantino e le città dell'exEsarcato di Ravenna, non potevano intervenire, in quanto non erano al corrente di ciò che stava succedendo.
Dopo alcune settimane gli imperiali inviarono un'ambasciata in città chiedendo la resa, il riconoscimento del potere imperiale e la consegna del console dell'Impero Bizantino; in cambio promettevano di risparmiare la vita ai cittadini. La richiesta di resa derivava da una considerazione: dopo il lungo assedio le riserve di cibo dovevano essere quasi finite e la città non avrebbe potuto resistere ancora a lungo. Gli anconitani rifiutarono invece l'offerta e anzi riuscirono ad inviare degli emissari che, passando tra le file nemiche, si recarono a chiedere soccorso nelle città amiche dellaRomagna e dell'Emilia. L'episodio ispirò nell'Ottocento la tela diFrancesco Podesti ilGiuramento degli Anconetani.
Durante l'assedio sono da ricordare le gesta eroiche dell'eroina anconetana per eccellenza:Stamira (detta anche Stamura), una giovane vedova che con un gesto fulmineo appiccò il fuoco ad una botte piena di materie infiammabili, causando l'incendio di numerose macchine d'assedio nemiche, permettendo così ai cittadini di uscire dalle mura per rifornirsi di cibo; durante l'assedio rifulse anche l'eroismo del sacerdoteGiovanni da Chiò, che in giorno di burrasca si gettò in mare per tagliare legomene della naveTotus Mundus, ammiraglia della flotta veneziana che era ancorata nella rada del porto per il blocco del transito navale, mandandola a urtare contro altre navi e danneggiando così una parte della flotta.
Nel frattempo, alcuni cittadini erano riusciti a superare le truppe assedianti spingendosi a nord dell'Esino per richiedere una spedizione di soccorso. Con l'arrivo delle truppe della contessa diBertinoroAldruda dei Frangipani e del duca diFerrara Guglielmo dei Marcheselli, si scatenò una battaglia che vide la sconfitta delle truppe imperiali. Le navi veneziane tolsero l'ancora e tornarono nella Serenissima. Ancona dunque uscì vittoriosa anche da quest'assedio, ed il periodo florido seguito alla vittoria permise di aumentare i traffici marittimi con l'Oriente e di ingrandire ed abbellire lapropria cattedrale sul modello bizantino.
Manuele Comneno, imperatore diBisanzio, inviò ingenti somme di denaro per ricompensare Ancona della fedeltà a lui dimostrata. Secondo una tradizione non confermata da documenti, Manuele donò in questa occasione alla città la bandiera rossa con una croce d'oro che è ancora oggi il vessillo della città.Tarquinio Pinaoro, nelleAntichità e nobiltà anconitane[14], asserisce invece che tale insegna venne assegnata al Comune di Ancona quale ricompensa per aver conquistato per primo le mura di un castello chiamato Argentario, pressoGallipoli, inTurchia. Le forze alleate diRodi, entrate nel castello subito dopo i soldati anconetani, ottennero un vessillo simile: croce argentata su fondo rosso[15]. Per la città il risultato più importante della vittoria fu che il Comneno autorizzò la repubblica a praticare il commercio marittimo in tutti i suoi porti, con la possibilità anche di costruirefondachi e abitazioni. Come già in epocatraianea, Ancona si avviava nuovamente ad essere per l'Italia una delle porte d'Oriente.
Sia prima che dopo l'assedio del 1173, Ancona dovette difendersi da Venezia nel corso di altri scontri armati o guerre vere e proprie:
In particolare si sottolinea che:

Ancona ebbe una indipendenza "de facto": ilpapa Alessandro III (circa 1100 – 1181) la dichiarò città libera nell'ambito delloStato della Chiesa[16];papa Eugenio IV confermò la posizione giuridica definita dal suo predecessore e il 2 settembre1443 la dichiarò ufficialmente repubblica[21]; quasi in concomitanza ancheRagusa venne ufficialmente denominata "repubblica"[22][23], a conferma del legame fraterno che univa i due porti adriatici.

Durante circa cinque secoli, l'unica eclisse di libertà ci fu nel periodo che va dal1348 al1383: iMalatesta, impegnati ad estendere i loro domini marchigiani, si erano impadroniti nel1348 diAncona, approfittando di un momento di estrema debolezza. La celebrepeste nera che infuriava in tutta Europa aveva infatti messo in difficoltà la città e a ciò si era aggiunto un terribile incendio che aveva provocato vaste distruzioni, tra cui quella, parziale, dello stessopalazzo comunale.
Nell'ambito delle azioni delcardinale Albornoz, volte a preparare il ritorno del papa daAvignone in Italia, i Malatesta vennero sconfitti nella battaglia diPaterno (1355), uncastello di Ancona, e la chiesa instaurò un dominio diretto sulla città. L'Albornoz poté entrare ad Ancona, dove fece edificare una grande rocca che doveva servire anche come sede adriatica del pontefice, una volta che fosse tornato in Italia. L'Albornoz, infatti, aveva fatto costruire l'edificio con un aspetto prettamente militare all'esterno, ma con un interno sfarzoso, ricco di giardini e di ogni comodità.
La rocca dell'Albornoz rimase in piedi fino al1383, quando fu distrutta dal popolo dopo un difficile assedio. Causa scatenante dell'assedio fu il fatto che il castellano si era messo alle dipendenze dell'antipapa Clemente VII. All'assedio parteciparono, oltre agli anconitani, folti gruppi di soldati provenienti da tutta la Marca. La rocca infine cedette grazie allo scavo di una galleria fin sotto alle sue mura; essa venne poi completamente distrutta a furor di popolo, al fine di ristabilire l'antica autonomia cittadina[24].

In tale circostanza il Senato anconetano ricevette dai Priori delle Arti e dai Gonfalonieri di Giustizia del popolo diFirenze l'elogio più caloroso: "Avete finalmente scosso, amici carissimi, il giogo del vostro servaggio che il presidio dell'inespugnabile rocca vi teneva sopracapo! O uomini che diffondete l'odore delle virtù dei vostri progenitori! O veri italiani!"[25].
La libertà riconquistata dovette ancora essere difesa:Galeazzo Malatesta, nel1413, tentò un assalto ad Ancona, alla collina di Capodimonte, da cui, all'epoca, passava la principale via d'accesso via terra alla città; ma la pronta e vigorosa reazione respinse il nemico che lasciò centinaia di morti e prigionieri.
AncheFrancesco Sforza tentò di avere a tradimento la città; le sue spie vennero scoperte, chiuse dentro sacchi e gettate in mare con pietre al collo (1443). Tra gli sforzeschi nacque allora il detto: "Ancona dà da bere e non da mangiare".

I primi rapporti commerciali sono riscontrabili lungo il secolo durante il quale si ha testimonianza della nascita della repubblica, precisamente nel1199. I rapporti saranno sempre cordiali, di profonda amicizia e sostegno militare: era l'unico modo che entrambe avevano per resistere allo strapotere economico dellaSerenissima, e per quanto Venezia restò sempre padrona dell'Adriatico, il connubio fraAncona eRagusa permise alle due città di non soggiacere alla più potente repubblica. I rapporti, segnati da continui rinnovi di patti di alleanza, si interruppero solo durante la parentesi di dominazione veneziana su Ragusa e poi definitivamente con l'assoggettamento della repubblica dorica alloStato pontificio (1532)[26].
Con il pretesto, rivelatosi falso, di un'imminente aggressione alla città da parte dei Turchi,papa Clemente VII si offrì di far costruire, a spese del Papato, la nuova fortificazione dellaCittadella sul Colle Astagno, inviando in città l'architettoAntonio da Sangallo il Giovane.

La Cittadella con i suoi cinque bastioni è uno dei primi esempi di fortificazione rinascimentale.
Essa venne usata dalle truppe papali come uncavallo di Troia per l'occupazione della città che il Papa, ansioso di reintegrare le vuote casse vaticane dopo ilSacco di Roma, aveva venduto al cardinale di RavennaBenedetto Accolti per una somma tra i 5700 ducati d'oro ed i 20000 scudi d'oro l'anno[27].
Il 19 settembre1532 Ancona venne occupata e, a causa dei cannoni della Cittadella puntati sulla città e sulle sue principali vie di accesso, dovette rinunciare all'indipendenza senza possibilità di reagire; con un colpo di Statoante litterampapa Clemente VII mise fine alla libertàde facto, ponendo così la città sotto il dominio diretto delloStato Pontificio[28].
In quell'occasione il nuovo Governatore della Marca di Ancona Bernardino Castellari, detto Bernardino della Barba, vescovo diCasale, fece bruciare inPiazza Grande tutto l'archivio cittadino, antico di secoli, per rendere chiaro che il regime di libertà comunale era davvero finito[29].

L'Accolti, desideroso di recuperare in breve tempo l'investimento fatto con l'acquisto della legazione di Ancona e della Marca, instaurò un regime autoritario di gravi imposizioni fiscali e di repressione durissima del dissenso, con la condanna all'esilio e la confisca dei beni di molte nobili famiglie anconetane.
Quando alcuni giovani esponenti della nobiltà anconetana provarono a organizzare il ripristino delle libertà perdute, cinque di essi (Marco Antonio Antiqui, Leonardo di Pier Sante Bonarelli, Giovanni Battista Benincasa, Romano Giacchelli, Andrea Buscaratti), su ordine del nuovo Legato pontificio della Marca di AnconaBenedetto Accolti, vennero arrestati, imprigionati, torturati e uccisi. I corpi decapitati di Marco Antonio Antiqui, Leonardo di Pier Sante Bonarelli e Romano Giacchelli furono gettati inPiazza Grande con torce accese legate ai piedi, a monito per tutta la cittadinanza, mentre Giovanni Battista Benincasa e Andrea Buscaratti vennero condotti aPorto San Giorgio (allora "Porto di Fermo") e colà impiccati[30][31].
Alla morte di Clemente VII, il suo successorepapa Paolo III lo fece arrestare sottoporre a processo:
«Ma questa legazione fu per l'Accolti causa di dolorose sventure. Paolo III il 15 aprile1535 lo fece chiudere inCastelsantangelo, e sottoporre a rigoroso processo. Quale ne fosse il motivo chiaramente non apparisce. Il Mazzuchelli[32] quasi indovinando scrive che fu per avventura la sua mala amministrazione diFano e della Marca. Però non sembra che la sua colpa fosse di solopeculato, come si giudica dai più, perché in tal caso, secondo anche la osservazione del Giovio, non si sarebbe trattato di decapitarlo. Alcuni vogliono che il cardinaleIppolito de' Medici, consanguineo diClemente VII, con cui ebbe gravi controversie, appunto per la legazione della Marca, fosse autore della prigionia dell'Accolti».
«Fu sciolto dai ceppi dopo di essersi confessato reo, ma colla ammenda gravissima di cinquantanovemila scudi d'oro, somma rapportata dalCiacconio, dall'Oldoino e da altri ancora. Uscì di carcere il dì ultimo di ottobre, anno medesimo, giovando non poco a liberarnelo i buoni officii del cardinale Ercole Gonzaga e quelli diCarlo Vimperatore»[33].
Così lo storico marchigianoCarisio Ciavarini ha raccontato il processo all'Accolti intentatogli dal Vaticano su iniziativa delpapa Paolo III:
Però migliore giustizia fece la fortuna dando la meritata fine e all'Accolti ed a quanti altri ebbero parte principale nella frodolenta occupazione della repubblica anconitana. Raccontano le cronache e le storie, cheClemente [VII] morì poco dopo tornato in Roma; l'Accolti, oltre la prigionia, appena ne fu libero e andò a Firenze, quivi finì di veleno; il Della Barba che venne trasferito a Viterbo fu consunto da morbo pediculare; il vescovo Balduinetti vicelegato morì nel millecinquecentotrentotto, cioè dopo soli sei anni dalla rovinata repubblica;Luigi Gonzaga fu ucciso sotto Vigrate castello degliOrsini[34];Pietro Accolti zio dell'Arcivescovo di Ravenna, e che primo aveva fatto il piano della conquista di Ancona, morì lo stesso anno della sua caduta (1532); ed anco un figlio del cardinale Benedetto fu poi giustiziato in Roma per punire, come suole la fortuna, eziandio ne' figli i delitti dei genitori.»
(Ciavarini 1867, pp. 161-162)
Nonostante la rimozione dell'Accolti, che consentì il rientro ad Ancona di molti nobili fuoriusciti costretti all'esilio, il nuovo Papa non ripristinò le libertà repubblicane, concedendo solo una limitata autonomia al Senato anconetano sulle questioni interne alla città, sempre sotto il controllo del Legato pontificio.
Ciò determinò nel giro di alcuni decenni, il declino delle attività marinare e dell'importanza del porto dorico, già danneggiate dalla rarefazione delle rotte marittime mediterranee conseguente alla colonizzazione delle Americhe.
È nota la partecipazione della Repubblica anconetana a diverse crociate, tra cui la prima. Nelle lotte fra papi ed imperatori delXIII secolo, Ancona fu di parteguelfa.
Nel 1464, ad appena undici anni dallacaduta di Costantinopoli nelle mani dei turchi, la crociata per liberare l'antica capitale dell'Impero d'Oriente promossa dapapa Pio II (Enea Silvio Piccolomini) doveva partire proprio dalla città dorica: la corte pontificia si stabilì ad Ancona per organizzare tutte le potenze cristiane; nulla si fece a causa della morte improvvisa del pontefice[35].
Quando, nel1367,papa Urbano V, allora residente adAvignone, decise di rientrare inItalia e il 30 aprile prese la via diMarsiglia, qui trovò 23 galee inviate dalla reginaGiovanna di Napoli, daiVeneziani, daiGenovesi, daiPisani e dagli Anconitani per fargli da scorta nel suo rientro aRoma. Tra le tante navi delle città marinare andate ad incontrarlo, il pontefice scelse di imbarcarsi proprio sulla galea diAncona e a bordo di questa intraprese il suo viaggio, approdando il 3 giugno, con tutto il suo seguito (solo tre cardinali francesi si rifiutarono di accompagnarlo), aCorneto, sulla costa laziale, accolto dalcardinale Albornoz[36], da tutti i Grandi delloStato Pontificio e da una moltitudine di popolo esultante, che da giorni aveva dormito in spiaggia per non perdersi lo storico avvenimento.
Narra il cronista Oddo di Biagio nel 1367[37]:
(Oddo di Biagio, inLeoni 1812, III, pp. 303-304)
Oddo di Biagio fu inviato come ambasciatore della Repubblica di Ancona aViterbo e aMontefiascone, dove papa Urbano V era giunto da Avignone[38][39].
Il 5 settembre1370, papa Urbano V, in quello stesso porto di Corneto dov'era approdato tre anni prima, s'imbarcò nuovamente sulla galea anconetana, scortato dalle navi inviategli dai re di Francia e d'Aragona, dalla regina di Napoli e di Pisa. Il 16 dello stesso mese sbarcò a Marsiglia, il 24 fece il suo solenne ingresso in Avignone. Ma nemmeno due mesi dopo si ammalò gravemente e il 19 dicembre dello stesso anno morì[40].
Nel1377 l'onorifica preferenza venne accordata anche ad un'altra galea, comandata dall'anconetano Nicolò di Bartolomeo Torriglioni, quandopapa Gregorio XI riportò definitivamente la corte pontificia dallaFrancia in Italia.
Ancona era unarepubblica oligarchica il cui governo era costituito da un consiglio di sei Anziani, o Signori, che erano eletti dai tre terzieri nei quali era divisa la città: S. Pietro, Porto e Capodimonte. La Repubblica Marinara di Ancona batteva moneta propria: l'agontano[41]; aveva propri codici di navigazione noti sotto il nome di "Statuti del mare", "del Terzenale (arsenale)" e "della Dogana"[42].
La struttura sociale, che vedeva nobili e popolani uniti intorno alle attività marinare, non permise l'affermarsi di signorie in città. Un'eccezione è rappresentata dall'occupazione da parte deiMalatesta nel1348.

Attraverso ilporto di Ancona passava la via commerciale, alternativa a quella veneziana, che dalMedio Oriente passando perRagusa,Ancona,Firenze e leFiandre, conduceva inInghilterra[43]; fu perciò la porta d'Oriente dell'Italia centrale.
La città inviava consoli ed avevafondachi e colonie in molti porti d'Oriente[44]. ACostantinopoli vi era il fondaco forse più importante, dove gli anconetani avevano una propria chiesa, Santo Stefano; inoltre nel 1261 venne loro accordato il privilegio d'avere una cappella nellabasilica di S. Sofia[45][46]. Altri fondachi anconitani erano inSiria (aLaiazzo e aLaodicea), inRomania (aCostanza), inEgitto (adAlessandria), aCipro (a Famagosta), inPalestina (aSan Giovanni d'Acri), inGrecia (aChio), inAsia Minore (aTrebisonda). Spostandosi verso occidente, fondachi anconitani erano presenti nell'Adriatico aRagusa e aSegna, inSicilia aSiracusa e aMessina, inSpagna aBarcellona e aValenza, in Africa aTripoli.
Mentre gli anconitani (di ogni classe sociale) si dedicavano direttamente ai traffici marittimi, lo smistamento via terra delle merci importate era affidato invece a mercanti ebrei, lucchesi e fiorentini. Dal Levante giungevano nel porto di Ancona spezie e medicamenti di ogni tipo, coloranti, profumi,mastice, seta, cotone,zucchero di canna,allume; dalla Dalmazia arrivava invece legname (daSegna), sale (daPago), metalli (daFiume), pellami, cera, miele, (soprattutto daRagusa, ma anche daZara,Traù eSebenico). Questi prodotti erano poi esportati via terra, diretti a Firenze, in Lombardia e nelleFiandre.
Via terra giungevano nel porto di Ancona: panni pregiati da Firenze e dalle Fiandre; dalle Marche olio, grano, vino, sapone, panni,carta di Fabriano e diPioraco; dall'Abruzzo lozafferano, dalMontefeltro ilguado. Questi prodotti erano poi esportati via mare in Oriente e in Dalmazia[47].
In città erano presenti folte comunità straniere organizzate, tra le quali quella greca e quella schiavona (ossia dalmata ed albanese), che avevano propri luoghi di culto. A queste si deve aggiungere un'attivacomunità ebraica, che è stata (ed è tuttora) parte importante della società cittadina, come prova lasinagoga (con arredi anche delXVI secolo) e ilCampo degli Ebrei, cimitero israelitico tra i più antichi (XV secolo) e importanti d'Europa.


Secondo la tradizione la bandiera di Ancona, con una croce d'oro su fondo rosso, fu un dono imperiale diBisanzio a ricompensa dei servigi e della fedeltà dimostrata aManuele Comneno; rispecchiava le insegne bizantine, private dei simboli a forma di B nei cantoni[48][49].
Lo stemma del libero comune, un cavaliere armato, rappresentante la virtù guerriera e l'attaccamento alla libertà, è quello che anche oggi identifica la città. Secondo alcuni rappresenta l'imperatoreTraiano, che in epoca antica si era dimostrato varie volte attento al ruolo di Ancona come porta d'Oriente[50]. Non è verosimile invece che, come a volte si dice, il cavaliere raffiguri San Giorgio, in quanto tale santo, tra l'altro non legato ad alcuna tradizione religiosa anconitana, non è mai rappresentato senza il drago che avrebbe sconfitto.
Altro simbolo della repubblica fu l'immagine diSan Ciriaco di Gerusalemme, presente nelle monete.

AdAncona, come nelle altrerepubbliche marinare, l'arte e la cultura ebbero un notevole sviluppo.
Per ciò che riguarda l'architettura romanica un tratto caratterizzante fu il confluire in essa di elementi di tradizioni artistiche diverse, principalmente bizantini, islamici, prova delle intense relazioni con l'oriente[51]. Si ricorda a questo proposito soprattutto il grande cantiere dellacattedrale di San Ciriaco, una delle più importanti chiese romaniche d'Italia, caratterizzata dalla pianta acroce greca; il duomo è pregevole anche per le sculture bizantine dell'interno e per quelle del portale, come i leoni stilofori, da annoverare tra i simboli della città[52]. Nell'abbazia diSanta Maria di Portonovo gli influssi bizantini e quelli del romanico europeo si fondono così intimamente da dar luogo ad una struttura del tutto originale[53]. Tra gli edifici religiosi costruiti nel semplice ed armonioso stile romanico emerge anche laChiesa di Santa Maria della Piazza, ove lavoraMastro Filippo; in questo edificio gli influssi bizantini sono presenti nella facciata ad arcatelle cieche e in alcune sculture in essa inserite[54].
I fortunati traffici con l'Oriente arricchirono Ancona; splendide testimonianze di questa sua attività sono i palazzi che si succedono come sedi del governo cittadino: il romanicoPalazzo del Senato, il goticoPalazzo degli Anziani e ilPalazzo del Governo, in cui si riconosce una fase costruttiva gotica ed una rinascimentale. A quest'ultimo edificio lavoranoFrancesco di Giorgio Martini, senese, e i maestri Pietro e Matteo di Antongiacomo[54].
Tra Trecento e Quattrocento fiorì inoltre la scuola pittorica di Ancona, dominata dalla figura diOlivuccio di Ciccarello, esponente delGotico internazionale.
Nel Quattrocento la città fu una delle culle delRinascimento adriatico, ossia di quel particolare tipo di Rinascimento che si diffuse traDalmazia,Venezia eMarche, caratterizzato da una riscoperta dell'arte classica accompagnata però da una certa continuità formale con l'artegotica. In architettura e scultura, l'esponente principale di questo movimento artistico fu il dalmataGiorgio Orsini, che lasciò in città spettacolari architetture e sculture. Egli, su una struttura dovuta all'architetto Giovanni Pace detto Sodo, realizzò la facciata dellaLoggia dei Mercanti. A questo celebre architetto dalmata si devono anche i portali diSant'Agostino e diSan Francesco alle Scale, nonché la facciata delPalazzo Benincasa. Altri artisti che lasciano nobili segni del loro lavoro sonoGiovanni Dalmata (che lavorò al Duomo) eMarino di Marco Cedrino, veneziano, (cui si deve il portale della Chiesa della Misericordia)[54].
Esponente in pittura delRinascimento Adriatico fuNicola di Maestro Antonio, le cui opere anconitane sono ora tutte disperse nei musei di vari continenti[55].
Nella pittura si segnala la presenza in città diCarlo Crivelli e diLorenzo Lotto, che vi lasciarono preziose opere;Melozzo da Forlì decorò con affreschi i soffitti del Palazzo del Governo, oggi perduti, come anche l'affresco diPiero della Francesca che si trovava alDuomo; si deve infine ricordare cheTiziano inviò in città alcune sue opere, nel corso di tutta la sua carriera.


Dal punto di vista culturale, la figura di spicco della Repubblica di Ancona è senz'altro il navigatore ed archeologoCiriaco d'Ancona (Ciriaco Pizzecolli),umanista che nelle rive del Mediterraneo andava instancabilmente in cerca delle testimonianze della perduta civiltà classica, trascrivendo iscrizioni e disegnando monumenti; egli è perciò considerato ilpadre dell'archeologia"[56].
Ciriaco d'Ancona è detto il "navigatore-archeologo"[46] o il "crononauta" e i suoi colleghi umanisti lo chiamavanopater antiquitatis (padre delle antichità), perché fece conoscere ai suoi contemporanei l'esistenza delPartenone (suo è il primo disegno che lo rappresenta), dell'oracolo di Delfi, dellePiramidi, dellaSfinge e di altri monumenti antichi celebri e creduti distrutti[57].
Dal punto di vista culturale, altri personaggi noti a livello nazionale furono il cartografo marittimoGrazioso Benincasa, uno dei più importanti del Quattrocento e figura di spicco dellaScuola cartografica di Ancona[58], e il giuristaBenvenuto Stracca, fondatore deldiritto commerciale, entrambi legati alle attività commerciali e marittime della città.
Il legame tra la repubblica di Ancona e l'Oriente è testimoniato anche dal culto religioso: i santi venerati nella tradizione locali sono per la maggior parte originari di paesi del Levante. Il patrono principale,San Ciriaco, era di Gerusalemme e da questa città proviene il suo corpo, venerato alDuomo.Santo Stefano, il cui martirio è legato all'arrivo del Cristianesimo in città e a cui era dedicata la prima cattedrale di Ancona, era anch'egli ebreo o forse greco; inoltre il compatronoSan Liberio era armeno e uno dei primi vescovi,San Primiano, era greco. Si devono ricordare a questo proposito le chiese di culto orientale che erano presenti in Ancona:Sant'Anna dei Greci e San Gregorio degli Armeni.
(Leoni 1812, III, pp. 304-305)
(Leoni 1812, III, p. 304)
(Leoni 1812, III, p. 307)
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| Stati delSacro Romano Impero | Signoria di Carpi(Pio) ·Contea di Correggio(Correggio) ·Marchesato di Finale(Carretto) ·Marchesato di Fosdinovo(Malaspina) ·Repubblica di Genova ·Repubblica di Firenze ·Contea di Gorizia(Gorizia) ·Contea di Guastalla(Torelli) ·Repubblica di Lucca ·Marchesato di Mantova(Gonzaga) ·Ducato di Milano(Sforza) ·Contea di Mirandola(Pico) ·Signoria di Monaco(Grimaldi) ·Marchesato del Monferrato(Paleologi) ·Signoria di Oneglia(Doria) ·Signoria di Piombino(Appiani) ·Marchesato di Saluzzo(Vasto) ·Ducato di Savoia(Savoia) ·Repubblica di Siena ·Vescovado di Trento | |
| Stati dellaSanta Sede | Stato Pontificio ·Ducato di Ferrara(Este) ·Ducato di Urbino(Montefeltro) ·Signoria di Rimini(Malatesta) ·Repubblica di Ancona | |
| Dipendenze del Regno d'Aragona | Sicilia ·Sardegna | |