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Regno d'Albania (1939-1943)

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Regno d'Albania
Motto:FERT
Regno d'Albania - Localizzazione
Regno d'Albania - Localizzazione
Il regno d'Albania nel 1942.
Dati amministrativi
Nome ufficialeRegno d'Albania
Lingue ufficialialbanese,italiano
Lingue parlateAlbanese
Italiano
InnoHymni i Flamurit

Marcia reale (Inno reale)
CapitaleTirana
Dipendente daItalia (bandiera) Italia
Politica
Forma di StatoRegno in unione personale conl'Italia
Forma di governoMonarchia costituzionale (de iure)
Dittatura militarefascista (de facto)
Re d'AlbaniaVittorio Emanuele III
Primi ministrielenco
Nascita12 aprile 1939
CausaInvasione italiana dell'Albania
Fine8 settembre 1943
CausaOccupazione tedesca dell'Albania
Territorio e popolazione
Bacino geograficoPenisola balcanica
Territorio originaleAlbania
Massima estensione42.462 km²[1] nel 1942
Popolazione1.836.000[1] nel 1941
Economia
ValutaLira Italiana,Lek albanese
Commerci conItalia
Religione e società
Religioni preminentiIslam
Religioni minoritarieChiesa greco-ortodossa
Evoluzione storica
Preceduto daRegno albanese
Jugoslavia (bandiera) Jugoslavia
Succeduto daAlbania (bandiera)Occupazione tedesca dell'Albania
Ora parte diAlbania (bandiera) Albania
Kosovo (bandiera) Kosovo (de facto)
Macedonia del Nord (bandiera) Macedonia del Nord
Montenegro (bandiera) Montenegro
Serbia (bandiera) Serbia (de iure)
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IlRegno d'Albania, a seguito dell'invasione italiana promossa dalregime fascista nel 1939, fu posto inunione personale con ilRegno d'Italia. La corona albanese venne infatti assunta daVittorio Emanuele III d'Italia.[2] Durante laseconda guerra mondiale, a seguito delle annessioni del 1941, era conosciuto anche con il nome diGrande Albania. Nel settembre 1943, a seguito dell'annuncio dell'armistizio di Cassibile, il paese venne occupato dai tedeschi.

Storia

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Dopo la Prima Guerra Mondiale

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Lo stesso argomento in dettaglio:Protettorato italiano dell'Albania.

Gli anni venti e trenta

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Il regno di Albania era già stato occupato temporaneamente dall'Italia come protettorato durante le fasi finali dellaprima guerra mondiale; tuttavia, con ilTrattato di Tirana (20 luglio1920) e il successivo trattato di amicizia con gli albanesi (2 agosto1920), l'Italia riconobbe l'indipendenza e la piena sovranità dello Stato albanese e le truppe italiane lasciarono il Paese. Inoltre il trattato sancì il ritiro italiano da Valona, con il mantenimento dell'isolotto diSaseno, a garanzia del controllo militare italiano sul canale diOtranto.[3]Il testo del patto diceva:L'Italia si impegna a riconoscere e difendere l'autonomia dell'Albania e si dispone senz'altro, conservando soltanto Saseno, ad abbandonare Valona.[4]

Con la presa del potere da parte diMussolini, la politica estera italiana percorse nuovamente una linea aggressiva nei confronti dello Stato albanese e dell'interapenisola balcanica. L'elezione nel 1925 diAhmed Zog come presidente della Repubblica pose le basi per la penetrazione italiana nella regione, in funzione anti-jugoslava; già nello stesso1925 vennero stipulati accordi tra i due paesi grazie al lavoro sotterraneo del gerarcaAlessandro Lessona, pur in dissenso con il Segretario Generale del Ministero degli EsteriSalvatore Contarini, che continuava a sposare una politica di amicizia con ilRegno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni.

Con la ratifica di questi accordi Zog assecondò tutte le richieste italiane:

«In un trattato segreto militare [...] l'Albania metteva a disposizione dell'Italia il suo territorio nell'eventualità di una guerra con la Jugoslavia; [...] concessioni di zone petrolifere, [...] concessioni agricole in zone da definirsi, [...] costituzione della Banca di emissione albanese con capitali italiani»

(Alessandro Lessona,Memorie, Firenze, Sansoni, 1958, pp. 20-21)

Successivamente il governo albanese promulgò la "Legge del riordinamento monetario dell'Albania", ponendo le basi per la nascita, il 12 settembre 1925, della "Banca Nazionale d'Albania" (avente l'esclusività dell'emissione della carta moneta) e di lì a poco della Società per lo Sviluppo Economico dell'Albania (SVEA), che operando un investimento di 50 milioni di franchi oro[5], sancì il totale controllo italiano del settore economico-finanziario nel paese[6]. Il 26 giugno 1926, inoltre, venne siglato l'accordo con il quale l'Azienda Italiana Petroli Albanesi (AIPA) assunse, in concessione esclusiva, la gestione delle risorse petrolifere della regione del Devoli.

Nel1928 il presidente Zog si proclamò monarca, ma tale atto non fu riconosciuto dalla comunità internazionale, ad eccezione dell'Italia, e questo portò a un'intensificazione della collaborazione con l'Italia fascista. Il 30 agosto 1933 in Albania l'insegnamento dellalingua italiana fu reso obbligatorio come seconda lingua in tutte le scuole del regno.[7] Nel marzo 1939Benito Mussolini propose a Re Zog un nuovo trattato.

«[...] La risposta di Roma venne sotto forma di una bozza di trattato di alleanza che praticamente trasformava l'influenza italiana in Albania in qualche cosa di molto simile al mandato. Come se non bastasse - previ accordi con il Re - il capo di Stato maggiore delle forze armate albanesi sarebbe stato italiano e del pari in mani italiane sarebbero stati la gendarmeria e la polizia [...] l'organizzazione fascista albanese [...]»

(Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito,Le truppe italiane in Albania (1914-1920 e 1939), p. 251)

Il trattato venne articolato in 8 punti concernenti: l'alleanza militare tra i due paesi (art.1); l'integrità territoriale dell'Albania riconosciuta dall'Italia (art.2); la possibilità per l'Italia di intervenire con mezzi propri in caso di pericolo per l'ordine pubblico interno o per un'aggressione esterna al territorio albanese (art.3); una serie di accordi nel campo dello sfruttamento delle risorse e delle infrastrutture albanesi da parte italiana (artt. 4-5-6-7); e infine l'articolo 8, base per l'espansionismo demografico italiano in Albania, nel quale si legge:

«I cittadini albanesi domiciliati in Italia ed i cittadini italiani domiciliati in Albania godranno gli stessi diritti politici e civili dei quali godono i cittadini dei due stati nel proprio territorio.»

(Jacomoni, pp. 102-103)

L'articolo 8 del trattato rappresentò il punto di rottura tra le due parti tanto che Zog, nonostante i suoi stretti legami con l'Italia, non poté accettare questa condizione:

«[...] naturalmente l'applicazione dell'articolo avrebbe dovuto essere condotta con prudenza, [...] impedendo a tutti i costi che gli italiani, ben più numerosi, più colti e finanziariamente più forti, sopraffacessero in Albania la popolazione locale con vasti stanziamenti e acquisti di terre. Era la nostra capacità di espansione demografica che preoccupava alcuni ambienti vicini a Zog [...]»

(Jacomoni, p. 115)

Il rifiuto di Zog ebbe come conseguenza l'attacco militare al paese balcanico e la successiva occupazione italiana. L'attacco avvenne una settimana dopo la conclusione dellaguerra di Spagna (1º aprile1939).

L'occupazione militare italiana

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Lo stesso argomento in dettaglio:Invasione italiana dell'Albania.
Lasciapassare del 1940 del Regno d'Albania rilasciato per il viaggio in Italia.
La casetta deicarabinieri adArgirocastro, incaricati di fare la guardia all'edificio dellaBanca d'Albania.

L'occupazione militare dell'Albania da parte delRegno d'Italia avvenne il 7 aprile1939. La prima ondata (1º Scaglione) del Corpo di Spedizione Oltre-Mare Tirana (OMT) investì il territorio albanese suddivisa in quattro colonne, le quali sbarcarono aSan Giovanni di Medua,Santi Quaranta,Valona eDurazzo,[8] non incontrando particolari resistenze dell'esercito albanese:

«[...] Prima di tutto occorre sottolineare che dal punto di vista strettamente operativo la spedizione si è dimostrata di assoluta facilità, come d'altra parte previsto [...] le perdite complessive nei tre giorni 7, 8 e 9 aprile ammontarono a 93 uomini e precisamente:
ufficiali: 1 morto e 9 feriti; sottufficiali: 1 morto e 8 feriti; truppe: 10 morti e 64 feriti, di cui il 60% appartenenti alla Marina.»

(Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito,Le truppe italiane in Albania (1914-1920 e 1939), relazioni del generale Guzzoni al Capo del Governo, al generale Pariani e al Ministero della Guerra, Foglio n.79 dell'8 aprile 1939, Foglio n. 265 del 12 aprile 1939, Foglio n. 1000 del 15 maggio 1939)

La resistenza armata albanese, organizzata ad esempio a Durazzo daMujo Ulqinaku, si rivelò insufficiente contro le forze armate italiane. Il Re e il governo fuggirono in Grecia e furono obbligati all'esilio e l'Albania cessòde facto di esistere come Stato indipendente.In totale gli italiani che sbarcarono inAlbania e occuparono il Paese furono circa 22.000[9].

Gli italiani instaurarono ungoverno albanese fantoccio con una nuova Costituzione, approvata il 12 aprile aTirana, che ratificò l'unione personale con la Corona d'Italia. Il 16 aprile il trono albanese fu assunto dal Re d'ItaliaVittorio Emanuele III.

Per governare l'Albania venne istituita la figura di unluogotenente generale albanese, nominato formalmente da Vittorio Emanuele III e posto sotto la diretta dipendenza del Ministero degli Esteri italiano tramite ilsottosegretario di Stato per gli Affari albanesi.

Gli affari esteri albanesi, come anche le risorse naturali, caddero sotto il diretto controllo dell'Italia. Ifascisti permisero ai cittadini italiani di insediarsi inAlbania con l'obiettivo di insediare una comunità italiana. Nel corso di tutta l'occupazione giunsero circa 11.000coloni italiani (per lo più provenienti dalVeneto e dall'Italia meridionale) che si concentrarono principalmente nelle zone diDurazzo,Valona,Scutari,Porto Palermo,Elbasan eSanti Quaranta. A questi coloni si aggiunsero i 22.000 lavoratori italiani mandati temporaneamente in Albania nell'aprile1940 per modernizzare il paese, costruendo strade, ferrovie e infrastrutture. L'Albania servì anche aMussolini nel 1940 come base di partenza per laconquista della Grecia.

L'esercito albanese fu scettico sullaguerra italo-greca, per cui parte dei battaglioni albanesi schierati a fianco degli italiani abbandonarono il fronte su ordine di un loro comandante, ilcolonnello Pervizi.

Questo portò a una disastrosa ritirata delle forze italiane che permise ai greci d'occupare la città diCoriza. Le truppe albanesi furono tolte dal fronte e isolate nelle montagne dell'Albania settentrionale. Il colonnello Pervizi, con il suo staff di ufficiali, fu isolato aPuka.

Le annessioni durante la guerra

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Mappa dell'Albania nel 1942
Mappa dell'Albania italiana durante la Seconda guerra mondiale

Nel 1941, durante laseconda guerra mondiale, in base alNuovo Ordine europeo voluto da Hitler,[10] l'Albania acquisì il territorio più occidentale dellaBanovina del Vardar (laMetochia nelKosovo e ilDibrano, nelle attuali regionimacedoni delPolog eSudoccidentale), mentre, a spese del Montenegro, estese le sue frontiere anche a nord (Rožaje,Plav eDulcigno).

Nel Kosovo, l'istruzione in lingua albanese, non ammessa nel periodo del governo jugoslavo, divenne ufficiale e fu resa possibile grazie alle iniziative del Ministro dell'Educazione nelgoverno fantoccio diMustafa Kruja. L'istruzione in lingua albanese nel Kosovo, peraltro, è proseguita durante la Federazione Jugoslava sino ai nostri giorni, quando si è realizzata l'indipendenza delKosovo.

Tuttavia, tutte le modifiche territoriali operate dalle potenze dell'Asse nel 1941, sul territorio degli ex-regni di Jugoslavia e di Albania, furono considerate nulle al momento della stipulazione deiTrattati di Parigi (1947), che furono sottoscritti dallaRepubblica Socialista Federale di Jugoslavia e dallaRepubblica Popolare di Albania, in qualità di Stati successori dei due regni, ammettendo implicitamente la sopravvivenza di questi ultimi, sotto il profilo del diritto internazionale, anche durante il periodo dell'occupazione italo-tedesca.

Nelle nuove provincie albanesi del Kosovo e del Dibrano vivevano minoranze serbe, montenegrine e bulgare, che furono fatte oggetto di una politica d'albanizzazione forzata, alla quale le autorità italiane non si opposero.[11] In tali territori l'opera di snazionalizzazione e dipulizia etnica furono la prassi: nomi e toponimi macedoni, greci, serbi e montenegrini furono albanizzati; furono "incoraggiati" i trasferimenti di popolazioni bulgare e greche dalle zone d'occupazione albanese verso quelle occupate dai bulgari e verso la Grecia.[12]Subito dopo la spartizione della Jugoslavia, sia ilRegno di Bulgaria sia l'Albania si disputarono la Macedonia. Con la prima si schierarono i tedeschi, preoccupati di non suscitare attriti con i bulgari a causa dell'occupazione germanica diSalonicco, mentre Roma sostenne le rivendicazioni albanesi. I tedeschi concessero alle truppe bulgare di spingersi sino aOcrida, dove le truppe italo-albanesi erano entrate per prime. A quel punto, l'ambasciatore italiano aSofia, Massimo Magistrati, incontrò il suo omologo tedesco, affermando che Ocrida e Struga dovevano andare all'Albania. Wolfram von Richtofen gli rispose chiaramente che Berlino preferiva risolvere la questione a favore di Sofia (Ocrida era patria del veneratissimoSan Clemente).[13] La disputa fu così risolta:Tetovo,Gostivar,Kičevo eStruga, nonché la parte meridionale dellago di Ocrida e la zona dellago di Prespa (in tutto circa 230.000 abitanti) costituirono la provincia albanese del Dibrano, mentre la città di Ocrida e il resto della Macedonia jugoslava andarono ai bulgari.[14]

L'irredentismo albanese rivendicava però anche laCiamuria, regione greca abitata da un'importante comunità albanese. L'Italia sostenne le rivendicazioni albanesi e se ne servì per dare inizio alla campagna di provocazione della Grecia finalizzata alla giustificazione dell'azione militare italiana in terra ellenica.[15][16][17] Dopo la totale occupazione della Grecia ad opera delle potenze dell'Asse (Operazione Marita), l'Italia cominciò a spianare la strada per un'imminente annessione allaGrande Albania dell'Epiro: facendo leva sul fenomeno dell'irredentismo albanese, gli italiani scatenarono una violenta persecuzione contro i civili greci e contro la comunitàebraica residente inEpiro. Le milizie albanesi guidate dagli ufficiali italiani distrussero, saccheggiarono e incendiarono interi villaggi eseguendo vere e proprie stragi di civili:[18]

«nel distretto diParamythia 19 villaggi furono saccheggiati e poi incendiati, 201 civili vennero uccisi; in quello diIgoumenitsa le vittime delle repressioni furono oltre 150.»

(A-ONU, carte dell'United Nations War Crimes Commission (UNWCC) pubblicate a cura di B. Mantelli,Gli italiani nei Balcani 1941-1943: occupazione militare, politiche persecutorie e crimini di guerra, inQualestoria, n.1, XXX, giugno 2002)

La resistenza albanese all'occupazione italiana

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Natale 1941 al campo d'aviazione militare diScutari

L'Italia diede inizio a una dura politica di persecuzione e repressione delle popolazioni slave presenti in Kosovo e Macedonia, puntando sull'esasperazione del conflitto interetnico, che portò all'eliminazione fisica o alla deportazione di intere comunità contadine, montenegrine e serbe, contro le quali furono particolarmente attivi gli albanesi, già aderenti a movimenti irredentisti e separatisti interni[18], o antimonarchici, quale ad esempioBesa Shqiptare, attivo sin dai tardi anni '20 nellaresistenza di Scutari.

Le mire imperiali della politica fascista verso la Grecia coinvolsero non solo la popolazione civile ellenica, aggredita dalRegio Esercito, ma anche quella albanese che durante l'arretramento delle truppe italiane, obbligato dalla controffensiva greca, subì gravi conseguenze. Per consentire lo svolgimento delle operazioni militari vennero infatti sgomberate completamente intere zone abitate da civili albanesi e furono razziate, per necessità belliche, tutte le risorse disponibili del posto lasciando alla fame migliaia di profughi albanesi cacciati dalle proprie terre e abitazioni:

«[...] le sofferenze erano gravi soprattutto per le popolazioni che avevano dovuto essere evacuate, man mano che la linea dei combattimenti aveva arretrato verso l'interno del paese. I profughi erano 18.781 [...]»

(Jacomoni, p. 274[19])

I primi nuclei di resistenza albanese all'occupante italiano scontarono, in special modo all'inizio, non poche difficoltà organizzative, in quanto poco e male armati (si pensi allo scarso armamento dell'Esercito regolare albanese per prefigurare i pochi mezzi a disposizione delle bande partigiane), ma poterono contare su un ampio appoggio della popolazione civile. Questo aspetto, affatto secondario, spinse gli italiani, che non volevano né potevano permettersi l'apertura di un fronte interno in Albania durante le operazioni belliche generali dal 1940 in poi, a repressioni selvagge della popolazione fiancheggiatrice del movimento partigiano[20].
Le misure punitive adottate contro i civili, come deterrente alla ribellione e mezzo di mantenimento dell'ordine interno, vennero razionalmente progettate fin dall'inizio della campagna albanese, in particolare il mezzo della rappresaglia feroce e indiscriminata fu lo strumento con il quale l'esercito e le forze di occupazione italiane pensarono di recidere alla base e con effetto immediato un possibile spirito di rivolta delle popolazioni locali[21].

Le difficoltà militari incontrate dall'Italia nellacampagna di Grecia crearono come riflesso una situazione politico-sociale difficilmente controllabile sul territorio albanese. Le milizie collaborazioniste albanesi si smembrarono, facendo mancare agli italiani un supporto consistente per la gestione dell'ordine pubblico e per la repressione anti-partigiana:

«[...] Le forze d'occupazione italiane non stettero a guardare. Nel dicembre del 1942 appiccarono il fuoco a centinaia di case ed effettuarono massacri contro la popolazione del luogo e fecero altre operazioni di repressione. Il 30 dicembre il comando fascista mandò in Mesapik più di due reggimenti militari. Aspri combattimenti si svolsero nella cittadina di Gjorm il primo gennaio del 1943, ai quali presero parte molti partigiani (comunisti) eballisti (nazionalisti). I reparti italiani furono sconfitti e fu ucciso il comandante dell'operazione, Clementis. Per rappresaglia i fascisti uccisero poi il prefetto della città di Valona.
Il 16 gennaio 1943 i partigiani della città diCoriza attaccarono i fascisti aVoskopoja.
Altri combattimenti vi furono in altre parti dell'Albania nei quali persero la vita molti militari Italiani, ma vi furono gravi perdite anche nei reggimenti partigiani Albanesi.
Ci furono molti combattimenti nelle città diValona,Selenice, Mallakaster, in Domje e altri luoghi.
Un importante e al tempo stesso molto duro combattimento vi fu aTepelenë: anche qui persero la vita molti militari del reggimento fascista dislocato a Valona [...]»

(Archivio ANPI,La Resistenza albanese, consultabile anche sul sito internet www.anpi.it)

Il 12 maggio1941 a seguito del fallito attentato contro il reVittorio Emanuele III a Tirana e la fucilazione del giovane operaio albanese Vasil Laci, autore dell'azione[22], scoppiò una dura rivolta della popolazione contro l'occupante italiano, che in risposta eseguì con l'esercito, le milizie fasciste e il governo collaborazionista albanese numerose e pubbliche rappresaglie a scopo di monito verso la popolazione civile:

«[...] successivamente per scoraggiare la rivolta il binomioJacomoni-Kruja ordinò una serie di pubbliche impiccagioni, indiscriminate e fece fucilare una serie di simpatizzanti e partigiani del Pca, presi prigionieri dai fascisti italo-albanesi [...]»

(Misefari, p. 123)

Nel 1942 il Regio Esercito diede vita a una vasta campagna di operazioni militari di rastrellamento e normalizzazione del territorio che si distese per 27 regioni dell'Albania con lo scopo di distruggere i gruppi partigiani organizzati, Cete, che operavano nella zona.

In importanti centri comeValona la resistenza partigiana divenne fenomeno di massa, obbligando l'amministrazione italiana all'impiego di centinaia di militari per operazioni di ordine pubblico. Città comeFier,Berat eArgirocastro, divenuti centri attivi di lotta partigiana, subirono da parte dei miliziani filo-fascisti albanesi rappresaglie e rastrellamenti particolarmente cruenti tanto che nella zona diSkrapari i villaggi investiti dalle operazioni di polizia vennero completamente rasi al suolo e dati alle fiamme, dopo la razzia dei beni civili[23].

In città, nelle quali l'opposizione anti-italiana assunse forme consistenti e attive, le forze fasciste operarono sistematicamente arresti, interrogatori, torture e impiccagioni pubbliche degli oppositori. Così a Valona divenne particolarmente conosciuto il maresciallo delSIM (Servizio Informazioni Militare) Logotito, il quale presenziava spesso agli interrogatori-tortura dei prigionieri politici nelle caserme, mentre aTirana la caserma-prigione di via Regina Elena (oggi Rruga Barrigades) divenne particolarmente nota, non solo a causa dei violenti interrogatori a cui venivano sottoposti i prigionieri, ma anche per i casi di tortura e di morti verificatesi al suo interno[24].

La guerra di liberazione assunse con il passare dei mesi e con il rafforzamento organizzativo delle brigate partigiane, guidate dal comunistaEnver Hoxha, una dimensione sempre più ampia, ma anche l'azione delle truppe italiane andò progressivamente radicalizzandosi rispetto alle misure repressive in danno delle popolazioni civili e del fronte partigiano

«[...] Fino al luglio 1943 si condussero attacchi da una parte e dall'altra. ALeskovik, aPërmet e a Kugari attaccarono i partigiani; nella zona di Peza due divisioni italiane, circa 1.400 uomini, condussero un'offensiva [...] un'altra divisione italiana, 8.000 uomini, si scagliò contro partigiani e popolazione a Shpirag, Mallakasha e Tepelena.
Il 2 luglio a Gryka di Mezhgorami cadde Asim Zeneli [uno dei capi partigiani]»

(Misefari, p. 136)

Il 14 luglio1943 venne realizzata, dal Regio Esercito, un'imponente operazione militare antipartigiana nei villaggi intorno a Mallakasha e al termine di quattro giorni di combattimento, in cui vennero usate artiglieria pesante e aviazione, tutti gli 80 villaggi della zona vennero rasi al suolo causando la morte di centinaia di civili[25].
L'eccidio di Mallakasha al termine della guerra verrà simbolicamente ricordato dalle autorità albanesi come la "Marzabotto albanese" con la volontà di porre in relazione i brutali metodi dell'occupazione tedesca e quelli italiani riguardo al controllo territoriale[25].

L'Adriatico "italiano" (1939-1943)

Il ritiro degli italiani e la guerra civile

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Gli italiani erano sostenuti in Albania dalPartito Fascista Albanese. Dopo l'8 settembre 1943 circa 120 000 tra militari italiani, familiari e funzionari rimasero bloccati nel paese. Pervizi prese in consegna il comando italiano dal generaleDalmazzo, l'8 settembre1943, alla capitolazione dell'Italia, con la condizione di dare ordine alle guarnigioni italiane di cessare ogni resistenza ed arrendersi agli albanesi.

Bande partigiane albanesi in quei giorni fucilarono centinaia di militari italiani[26], tra cui i carabinieri dellaColonna Gamucci, guidata dal ten. colonnelloGiulio Gamucci[27]. Migliaia di italiani in quei mesi morirono di fame e di stenti. Vi fu anche chi formò delle formazioni partigiane autonome per combattere i tedeschi, come i battaglioni "Firenze" e "Gramsci".

Vi fu successivamente l'Occupazione tedesca del Regno d'Albania. LeWaffen SS costituirono con volontari albanesi la divisione21. Waffen-Gebirgs-Division der SS "Skanderbeg" che operò contro i partigiani albanesi nel 1944. Dopo il ritiro delle truppe del Terzo Reich, l'Albania precipitò nella guerra civile: alcuni membri del partito fascista albanese e di quello nazista, combatterono contro comunisti e nazionalisti, sia in Albania che in Kosovo, e l'ultimo di questi gruppi ha cessato la lotta solo nel1951[28].

Sotto la guida diEnver Hoxha, il Partito Comunista Albanese prese il potere il 29 novembre1944, sconfiggendo le componenti nazionaliste guidate daBalli Kombëtar. Verso la fine del1945, Hoxha fece tenere le elezioni, che proclamarono vincitori, con un'assoluta maggioranza, il gruppo del Fronte Democratico, che comprendeva i comunisti e rivoluzionari. Il nuovo governo prese il potere nei primi mesi del 1946, avendo come primo capo dello Stato il comunista Enver Hoxha.

Le clausole del Trattato di Pace del 1947 e il rimpatrio degli italiani dopo 40 anni

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Le statistiche dei danni arrecati all'Albania dall'occupante italiano parlano di 28.000 morti, 12.600 feriti, 43.000 deportati ed internati nei campi di concentramento, 61.000 abitazioni incendiate, 850 villaggi distrutti, 100.000 bestie razziate, centinaia di migliaia di alberi da frutto distrutti[29]. I militari italiani inclusi nelle liste della Commissione delleNazioni Unite per crimini di guerra e in quelle del governo dell'Albania, al 10 febbraio1948 risultarono 145, dei quali 3 inclusi nella lista della commissione e 142 aggiunti connota verbale dal governo albanese che ne fece richiesta di estradizione all'Italia[30]. Nessuno degli accusati venne estradato e tanto meno processato[31].

La conclusione formale della guerra d'aggressione fu sancita con la sottoscrizione da parte dellaRepubblica Italiana, degli artt. 27-32 delTrattato di Parigi del 10 febbraio 1947[32].

In tale atto, l'Italia riconobbe la sovranità e l'indipendenza dello Stato di Albania, rinunciando anche all'isola di Saseno che le era stata ceduta con il Trattato di Tirana del 1920. L'Italia riconobbe altresì che tutte le convenzioni ed intese intervenute tra l'Italia e le autorità insediate dall'Italia in Albania tra il 7 aprile 1939 ed il 3 settembre 1943 fossero nulle e non avvenute, rinunciando egualmente a rivendicare ogni speciale interesse o influenza in Albania, acquisita in virtù di trattati od accordi conclusi prima di dette date.

Il trattato disponeva la perdita automatica dellacittadinanza per tutti i cittadini italiani che, al10 giugno 1940, erano domiciliati in territorio ceduto dall'Italia ad un altro Stato e per i loro figli nati dopo quella data, fatta salva la facoltà di optare per lacittadinanza italiana entro il termine di un anno dall'entrata in vigore del trattato stesso. Si dava inoltre facoltà allo Stato al quale il territorio era ceduto di esigere il trasferimento in Italia dei cittadini che avessero esercitato l'opzione suddetta entro un ulteriore anno.

Lo Stato al quale i territori erano stati ceduti, tuttavia, avrebbe dovuto assicurare il godimento dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ivi comprese la libertà di espressione, di stampa e di diffusione, di culto, di opinione politica e di pubblica riunione a tutti i residenti nel territorio stesso. Non fu questo il caso dell'Albania, che laConferenza di Jalta pose sotto l'influenza sovietica, nella quale, dopo la fine della guerra, Hoxha stava instaurando un terribile regime dittatoriale di stampo comunista.

Aicittadini italiani presenti in Albania nel 1945 fu, infatti, preclusa la possibilità di rientrare in patria, nell'indifferenza generale dei governi italiani che si succedettero. Molti furono imprigionati dal nuovo regime. La soluzione dell'intricata questione internazionale avvenne solo dopo oltre 40 anni, alla caduta del regime comunista.

Governi

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Durante il Regno diVittorio Emanuele III (dal 16 aprile1939 al 27 novembre1943) si alternarono sei governi, con cinque Primi Ministri[33]:

Xhafer Ypi (Ministro della Giustizia);
Malìq bey Bushàti (Ministro degli Interni);
Anton Beçav (Ministro dell'Economia Nazionale);
Fejzi bej Alizoti (Ministro delle Finanze);
Ernest Koliqi (Ministro della Pubblica Istruzione);
Xhemil Dino (Ministro degli Esteri).

Divisione amministrativa

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Durante l'occupazione italiana l'Albania era divisa in 13 province:

  • La Provincia diScutari (capoluogo Scutari)
  • La Provincia diKukes (capoluogo Kukes)
  • La Provincia diAlessio (capoluogo Alessio)
  • La Provincia diDebar (capoluogo Debar)
  • La Provincia diDurazzo (capoluogo Durazzo)
  • La Provincia diTirana (capoluogo Tirana) dove aveva sede il Luogotenente Generale
  • La Provincia diElbasan (capoluogo Elbasan)
  • La Provincia diLevani o provincia diApollonia (capoluogo Levani)
  • La Provincia diBerati (capoluogo Berati)
  • La Provincia diCorizza (capoluogo Corizza)
  • La Provincia diArgirocastro (capoluogo Argirocastro)
  • La Provincia diValona (capoluogo Valona)
  • La Provincia diPristina o delCossovo (capoluogo Pristina), aggiunta nel 1941

L'isola diSaseno, pressoValona, venne inserita nel 1920 nelcomune italiano diLagosta e con questo fece parte, dal1923 al1941, dellaprovincia di Zara (Venezia Giulia), poi nel 1941 venne inglobata nella nuovaprovincia di Cattaro (Governatorato di Dalmazia), di cui fece parte fino al 1943.

Luogotenenti Generali del Regno

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Stendardo del Luogotenente del Re, adottato il 30 luglio 1940.

Forze armate

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L'Albania non aveva proprie forze armate, ma all'interno delleForze armate del Regno d'Italia vennero costituiti reparti formati da personale albanese: iCacciatori d'Albania e laGuardia reale albanese nelRegio esercito, laMilizia fascista albanese nellecamicie nere.

Note

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  1. ^abCalendario Atlante de Agostini - Edizione speciale fuori commercio per le Forze Armate, Istituto Geografico de Agostini, 1942
  2. ^Con legge italiana 5 maggio 1939 n. 660, veniva ordinata la menzione del nuovo titolo negli atti emanati in nome del Re
  3. ^Carlo Sforza,L'Italia dal 1914 al 1944 quale io la vidi, Roma, Mondadori, 1945, pp. 91-92.
  4. ^ Ruggero Giacomini,La rivolta dei Bersaglieri e le Giornate rosse: I moti di Ancona dell'estate 1920 e l'indipendenza dell'Albania, Ancona, Assemblea legislativa della Regione Marche, 2010.
  5. ^ G. Villari,L'Albania tra protettorato ed occupazione (1935-1943), inQualestoria, XXX, n. 1, giugno 2002.
  6. ^Conti, p. 145.
  7. ^(EN) Mimoza Rista-Dema,Inverse-order constructions in Albanian English discourse and prototype effects, Bloomington, Indiana, Indiana University Press, 2006, p. 14,ISBN 978-0-542-84790-5.
  8. ^Conti, p. 148.
  9. ^"[...] L'occupazione militare dell'Albania ha avuto luogo mediante lo sbarco [...] di circa 22.000 uomini [...] scarsa e disorganizzata resistenza albanese". Ufficio Storico Stato Maggiore dell'Esercito,Le truppe italiane in Albania (1914-1920 e 1939), relazione sull'ispezione compiuta in Albania tra il 19 e il 26 giugno 1939, Ufficio del Capo di Stato Maggiore Generale 29 giugno 1939, n. protocollo 4533
  10. ^Arrigo Petacco,La nostra guerra 1940-1945. L'avventura bellica tra bugie e verità, Milano, Mondadori, 1995, p. 62,ISBN 88-04-38526-X.
  11. ^Rodogno, p. 352.
  12. ^Malev,Aspetti di una occupazione: gli italiani in Macedonia occidentale.
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  15. ^Indro Montanelli,Storia d'Italia, VIII, p. 332.
  16. ^Giorgio Candeloro,Storia dell'Italia moderna, collanaUniversale Economica. Saggi, 6ª ed., Feltrinelli, 2002,ISBN 88-07-80805-6.
  17. ^ Mario Montanari,L'esercito italiano nella campagna di Grecia, Ufficio storico SME, 1991.
  18. ^abConti, p. 151.
  19. ^I dati inerenti al numero di profughi albanesi sono tratti dalla pubblicazione del generale Crispino AgostinucciI carabinieri in Albania.
  20. ^Conti, pp. 152-153.
  21. ^Conti, p. 153.
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  27. ^Dal sito ufficiale dei Carabinieri, sucarabinieri.it.URL consultato il 5 giugno 2011(archiviato dall'url originale il 23 ottobre 2014).
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  30. ^ L. Klinkhammer e F. Focardi,Contemporanea, anno IV, n. 3, luglio 2001, p. 256. Documento annesso al promemoria del Ministero Affari esteri a firma del direttore generale Zoppi, del 19 gennaio 1948.
  31. ^Conti, p. 159.
  32. ^L'art. 29, c. 1, II periodo, del "Trattato di pace fra l'Italia e le Potenze Alleate ed Associate - Parigi, 10 febbraio 1947" statuisce:L'Italia rinuncia egualmente a rivendicare ogni speciale interesse o influenza in Albania, acquisita a seguito dell'aggressione del 7 aprile 1939 o in virtù di trattati od accordi conclusi prima di detta data.
  33. ^ Tiberio Occhionero,Settantacinque anni fa un Vittorio sul Trono di Skanderbeg[collegamento interrotto], suquiquotidiano.it,Vasto, 2014.

Bibliografia

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  • Davide Conti,L'occupazione italiana dei Balcani. Crimini di guerra e mito della «brava gente» (1940-1943), Roma, Odradek, 2008,ISBN 978-88-86973-92-2.
  • (EN) Bernd Jürgen Fischer,Albania at War, 1939-1945, Purdue University Press, 25 febbraio 2015,ISBN 1-55753-141-2. Traduzione italianaL'Anschluss italiano. La guerra in Albania (1939-1945), Lecce, Besa, 2019,ISBN 978-88-6280-278-9.
  • Francesco Jacomoni,La politica dell'Italia in Albania, Bologna, Cappelli, 1965.
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  • Federico Niglia,Alleati, nemici, banditi, politica di occupazione e lotta alle bande in Albania, inNuova Storia Contemporanea, n. 5, settembre-ottobre 2012.
  • Davide Rodogno,Il nuovo ordine mediterraneo. Le politiche di occupazione dell'Italia fascista in Europa (1940-1943), Torino, Bollati Boringhieri, 2003,ISBN 978-88-339-1432-9.
  • Settimio Stallone,Prove di diplomazia adriatica. Italia-Albania 1944-1949, Torino, Giappichelli, 2006,ISBN 978-88-348-6457-9.

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1939Invasione della Polonia ·Strana guerra ·Battaglia dell'Atlantico ·Guerra d'inverno ·Offensiva d'inverno in Cina
1940Occupazione della Danimarca ·Campagna di Norvegia ·Invasione tedesca dei Paesi Bassi ·Invasione tedesca del Belgio ·Campagna di Francia ·Battaglia d'Inghilterra ·Campagna del Nordafrica (Operazione Compass) ·Occupazione dei Paesi baltici ·Occupazione della Bessarabia e della Bucovina settentrionale ·Occupazione giapponese dell'Indocina ·Campagna italiana di Grecia
1941Campagna dell'Africa Orientale Italiana ·Invasione della Jugoslavia ·Operazione Marita ·Guerra anglo-irachena del 1941 ·Battaglia di Creta ·Operazione Barbarossa ·Guerra di continuazione ·Assedio di Leningrado ·Operazione Crusader ·Operazione Užice ·Battaglia di Mosca ·Attacco di Pearl Harbor ·Invasione giapponese della Thailandia ·Campagna delle Filippine ·Campagna della Malesia ·Campagna delle Indie orientali olandesi
1942Campagna della Birmania ·Campagna della Nuova Guinea ·Battaglia di Changsha ·Operazione Trio ·Battaglia del Mar dei Coralli ·Battaglia di Ain el-Gazala ·Battaglia delle Midway ·Campagna delle isole Aleutine ·Operazione Blu ·Battaglia di Rostov ·Battaglia del Caucaso ·Battaglia di Stalingrado ·Campagna di Guadalcanal ·Raid su Dieppe ·Seconda battaglia di El Alamein ·Operazione Torch ·Campagna di Tunisia ·Operazione Urano ·Operazione Piccolo Saturno
1943Offensiva Ostrogožsk-Rossoš' ·Offensiva Voronež-Kastornoe ·Battaglia di Rostov ·Operazione Stella ·Operazione Galoppo ·Terza battaglia di Char'kov ·Battaglia della Neretva ·Battaglia della Sutjeska ·Battaglia di Kursk ·Campagna delle isole Salomone ·Sbarco in Sicilia ·Operazione Kutuzov ·Quarta battaglia di Char'kov ·Offensiva del Donbass ·Offensiva del basso Dnepr ·Offensiva su Kiev ·Sbarco a Salerno ·Operazione Achse (Eiche) ·Campagna delle isole Gilbert e Marshall ·Battaglia di Changde ·Operazione Kugelblitz
1944Offensiva di Žitomir-Berdičev ·Battaglia di Cassino ·Sbarco di Anzio ·Battaglia di Korsun' ·Offensiva Proskurov-Černovcy ·Offensiva Uman'-Botoșani ·Battaglia di Kamenec-Podol'skij ·Offensiva di Odessa ·Battaglia di Crimea ·Operazione Rösselsprung ·Operazione Ichi-Go ·Sbarco in Normandia ·Battaglia di Normandia ·Campagna delle isole Marianne e Palau ·Operazione Bagration ·Offensiva Vilnius-Kaunas ·Offensiva Leopoli-Sandomierz ·Offensiva Lublino-Brest ·Rivolta di Varsavia ·Operazione Lüttich ·Operazione Dragoon ·Offensiva Iași-Kišinëv ·Offensiva di Belgrado ·Linea Gotica ·Campagna della Linea Sigfrido ·Guerra di Lapponia ·Offensiva del Baltico ·Battaglia di Budapest ·Battaglia del Golfo di Leyte ·Campagna delle Filippine ·Offensiva delle Ardenne
1945Operazione Vistola-Oder ·Operazione Frühlingserwachen ·Invasione alleata della Germania ·Battaglia di Iwo Jima ·Battaglia di Okinawa ·Offensiva finale in Italia ·Offensiva di Vienna ·Battaglia di Berlino ·Offensiva di Praga ·Battaglia di Manila ·Battaglia dello Hunan occidentale ·Fine della seconda guerra mondiale in Europa ·Guerra sovietico-giapponese ·Campagna del Borneo ·Bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki ·Resa del Giappone
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