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Quinto Orazio Flacco

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Orazio in un'incisione settecentesca

Quinto Orazio Flacco, più noto semplicemente comeOrazio (in latinoQuintus Horatius Flaccus;Venosa,8 dicembre65 a.C.Roma,27 novembre8 a.C.), è stato unpoetaromano.

Biografia

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Statua di Orazio a Venosa, opera diAchille D'Orsi (1898)

Orazio nacque l'8 dicembre del 65 a.C. aVenosa, unacolonia romana fondata in posizione strategica tra l'Apulia e laLucania, allora in territoriodauno e attualmente inBasilicata. Era figlio di un fattoreliberto che si trasferì successivamente aRoma per fare l'esattore delle aste pubbliche (coactor auctionarius), compito poco stimato, ma redditizio; il poeta era dunque di umili origini, ma di buona condizione economica.

Recepì le prime nozioni di favolistica dalla nutrice Pullia, che amava raccontare le fiabe. Dopo aver trascorso la fanciullezza nella terra natia,[1] Orazio seguì un regolare corso di studi a Roma, sotto l'insegnamento del grammaticoOrbilio e poi adAtene, all'età di circa vent'anni, dove studiògreco efilosofia pressoCratippo di Pergamo. Qui entrò in contatto con la lezione epicurea, ma, sebbene se ne sentisse particolarmente attratto, decise di non aderire alla scuola. Sarà all'interno dell'ambiente romano che Orazio aderirà alla corrente, la quale gli permise di trovare un rifugio nell'otium contemplativo. Il poeta espresse la sua gratitudine verso il padre in un tributo nelleSatire (I, 6).

Dopo la morte diGiulio Cesare, quando scoppiò laguerra civile (44 a.C- 31 a.C.), Orazio si arruolò nell'esercito diBruto, nel quale il poeta incarnò il proprio ideale di libertà in antitesi alla tirannide imperante. Combatté cometribuno militare[2] nell'esercito repubblicano comandato da Bruto nellabattaglia di Filippi (42 a.C.), persa dai sostenitori di Bruto e vinta daMarco Antonio eOttaviano. In questa battaglia Bruto e Cassio perirono, mentre Orazio si diede alla fuga dopo il secondo combattimento, come confessa egli stesso in una delle sue odi, nella quale dice che si era di già trovato in alcune altre azioni molto pericolose. Una lettura innovativa sulla sua partecipazione alla battaglia è stata proposta daGiuliano Pisani, un filologo classico della seconda metà delnovecento, il quale sostiene che Orazio sia rimasto fedele agli ideali dellaRes Publica, contrapposto aipopulares di Cesare.[3]

Nel41 a.C. riuscì a ritornare in Italia grazie ad un provvedimento di amnistia e, appresa la notizia della confisca del podere paterno, si mantenne economicamente divenendo segretario di unquestore (scriba quaestorius). In questo periodo cominciò a scrivere alcuniversi e satire che riuscirono a conferirgli nell'ambiente culturale romano anche una certa notorietà.

Nel38 a.C. venne presentato aGaio Cilnio Mecenate daVirgilio eVario, probabilmente incontrati nel contesto delle scuoleepicuree diSirone, pressoNapoli edErcolano. Dopo nove mesi Mecenate lo ammise nel suo circolo e da allora il poeta poté dedicarsi interamente alla letteratura, non si sposò mai e non ebbe figli. Già in questo periodo Orazio risulta debole a livello visivo, avendo nel frattempo contratto anche una congiuntivite.[4]

Mecenate gli donò nel33 a.C. un piccolopossedimento inSabina, regione storica coincidente con l'attualeprovincia di Rieti, le cui rovine sono ancora oggi visitabili nei pressi del comune diLicenza (RM). Il dono fu cosa molto gradita al poeta il quale, in perfetta osservanza delmodus vivendi predicato da Epicuro, non amava particolarmente la vita cittadina, prediligendo anche in questo caso l'aurea mediocritas, ovvero il giusto mezzo.

Con la sua poesia Orazio sostenne la figura e la politica dell'imperatoreOttaviano Augusto, il quale peraltro durante questo periodo lasciava una grande libertà compositiva ai suoi poeti (tendenza che sarebbe però stata invertita dopo la scomparsa di Mecenate: lo testimonia la vicenda biografica diOvidio, il quale fu vittima di un provvedimento di esilio aTomi, nell'odiernaCostanza, inRomania, a causa, probabilmente, di unCarmen e di un error). Esempi di propaganda augustea e di elogio della pax conseguente, sono, a ogni modo, alcuneOdi ed un importanteCarmen saeculare, composto nell'anno17 a.C. in occasione della ricorrenza deiLudi Saeculares.

Quinto Orazio Flacco morì il 27 novembre dell'8 a.C. all'età di 57 anni per un peggioramento delle condizioni di salute e fu successivamente sepolto sul colleEsquilino, accanto alla tomba del suo amico Mecenate, morto solo due mesi prima, nel settembre dello stesso anno.

Il mondo poetico e concettuale di Orazio

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Placca aTaranto che reca inciso il verso di un'ode che Orazio dedicò alla città

Considerato uno dei maggioripoeti dell'età antica, nonché maestro di eleganza stilistica e dotato di inusualeironia, Orazio seppe affrontare le vicissitudini politiche e civili del suo tempo da placidoepicureo amante dei piaceri della vita, dettando quelli che per molti sono ancora i canoni dell'ars vivendi.

(latino)
«Dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.»
(italiano)
«Mentre parliamo, il tempo invidioso sarà già fuggito:
Assapora ogni istante, confidando il meno possibile nel domani.»

(Orazio,Odi, I, 11, 7-8)

(latino)
«Alme Sol [...] possis nihil urbe Roma visere maius.»
(italiano)
«Almo Sole [...] che tu possa contemplare nulla di più grande della città di Roma.»

(Orazio,Carmen saeculare.)

Si può riconoscere in molte delle occasioni, da cui Orazio trae spunto per i suoi componimenti, una funzione comunicativa: ma difficilmente essa si traduce in un mero fine encomiastico, nei confronti del circolo dei suoi potenti protettori, perché assai più spesso essa svolge la funzione di trasmettere al lettore (e ai posteri) un'esperienza concreta di socievolezza e di rapporti umani, da cui trarre un insegnamento o semplicemente una riflessione[5].

Convertitosi all'epicureismo[6], anch'egli alla ricerca di risposte sui grandi temi esistenziali, risposte che di fatto non troverà mai: il poeta sembra infatti non essere mai sfuggito all'angoscia dellamorte, percepita sempre come imminente. È interessante analizzare la visione che il poeta latino aveva dell'aldilà, in quanto è indubbiamente molto sincera: sebbene velata da una certa sicurezza, propria di quella "aurea mediocritas" di cui Orazio voleva essere esempio, in molteplici occasioni traspare una vena di malinconia, accompagnata da cupe note di lirismo e di elegia, che tradisce il suo reale stato interiore.

Orazio appare, a sprazzi, come quello che forse veramente era: un uomo che ha trovato nella vita il rifugio dalla morte, ma che in verità non è mai riuscito a curare del tutto la paura di essa, che preferisce fuggire piuttosto che combattere stoicamente. La sua personalità può quindi risultare, a una prima lettura, ambigua: tale ambiguità nasce dalla discordanza che talvolta si viene a creare tra l'immagine che Orazio voleva dare di sé, e la vera personalità del poeta che inevitabilmente trapela dalle righe: non a caso, come sostieneUgo Enrico Paoli, "nulla [...] appare così difficile come penetrare nell'animo di Orazio". La rappresentazione dell'aldilà oraziano è comunque di forte stampo epicureo, e viene suggellata nel modo migliore nell'affermazione, non priva di una nota malinconica, espressa nell'Ode 7 del Libro IV (v. 16):

«Pulvis et umbra sumus»
Quinto Orazio Flacco in un ritratto immaginario diGiacomo Di Chirico

In questa affermazione Orazio riesce a esprimere non solo il suo punto di vista sulla morte, ma anche l'angoscia che lo investe in vita, proprio in funzione del prossimo e certo annullamento dell'esperienza terrena. Dai versi di Orazio, quando il poeta parla della morte, risulta davvero difficile cogliere una nota di serenità, di gioia: il sentimento che invece predomina e che si identifica nella reazione psicologica del poeta di fronte alla morte, è una triste accettazione di un fatto naturale. In particolare questo sentimento viene espresso nell'Ode 14 del II libro, nella quale afferma (vv. 8 -12):

«...tristi
[...] unda, scilicet omnibus,
quicumquae terrae munere vescimur,
enaviganda, sive reges
sive inopes erimus coloni

Questi versi ci esprimono quanto Orazio percepisse la morte cupa e fonte di grande turbamento: viene qui rappresentata come una palude (unda, parola che già nel suono anticipa il concetto che sta per essere espresso, e rafforza il simbolismo di cui è oggetto: palude=morte), a cui accosta l'aggettivo "triste" (tristi), che reca con sé anche un profondo senso di inevitabilità. La palude a cui allude Orazio è loStige: in questo caso, il riferimento mitologico ha valore simbolico, ed è funzionale non solo a esprimere il concetto della morte, ma anche a rendere più vivida ed espressiva la poesia. Invecescilicet (come è naturale) afferma un dato di fatto: l'inevitabilità della morte, alla quale non vi è modo di sfuggire. Questo concetto in realtà viene qui ripetuto, ma era già stato espresso all'inizio dell'ode:

«...nec pietas moram
Rugis et instanti senectae
Adfert indomitaeque morti
Venosa, interno della casa di Orazio

Inutile e vana è la religione, incapace di porre un rimedio (moram) all'incalzante vecchiaia e alla morte: questo è il punto di vista del poeta riguardo alla religione, e traduce un sentimento diffuso ed esteso a tutta la romanità del secolo. La religione è ormai incapace di dare spiegazioni sufficienti riguardo alla vita dopo la morte, il fervore religioso (pietas) non potrà salvare l'uomo dalla sua naturale condizione di mortale.

È davvero grande la differenza che corre tra l'attacco e la critica cheLucrezio aveva fatto nei confronti dellareligio, accusata di offuscare la ragione e di far nascere inutili tribolazioni e angosce, e questa, che suona più come una triste constatazione dell'incapacità di essere rasserenati da una religione nella quale non si riesce più a credere. Centrale nei versi 8-12 è ilgerundivoenaviganda, che esprime pienamente l'inevitabilità e la certezza della morte, non senza una nota di cupa e profonda malinconia, già anticipata datristi unda. Risulta già chiara da questi pochi versi la percezione che Orazio aveva della morte, percezione che spiega e motiva la sua scelta di vita: una vita caratterizzata dal godere del presente e delle poche gioie che la vita ci offre (identificabili principalmente nell'amicizia, nel convivio, nella pace interiore) e che ci consentono di vivere con serenità e stabilità. Orazio appare a tratti molto pessimista: la morte è sempre in agguato e la vita potrebbe finire in ogni momento; è meglio, quindi, non riporre le proprie speranze nel domani. Questa idea di brevità della vita (che ritroviamo anche inCatullo:brevis lux) è un ulteriore invito a godersi la vita il più possibile, concetto che ritroviamo in numerosi versi, come nell'Ode 11 del libro I:

«...Dum loquimur fugerit invida
Aetas: carpe diem, quam minimum credula postero
.[7]»

Il tempo è in una fuga perpetua, che non lascia adito a speranze future: occorre sfruttare al massimo il tempo che ci è concesso, e considerare ogni momento che ci è dato come un dono, così come afferma nell'Ode 9, del libro I (vv.14-15: "...Quem Fors dierum cumque dabit, lucro/Adpone..."); la sua concezione dellafuga temporis sarà un perfetto modello per un grande poeta italiano comeFrancesco Petrarca, che, dopo aver letto classici come Orazio,Seneca eAgostino, lamenterà, nelCanzoniere, la caducità del tempo e la sua essenza fuggitiva in liriche comeLa vita fugge, et non s'arresta un'ora, molto vicina alla poetica oraziana. È chiaro dai suoi versi quanto la visione della morte condizioni in modo netto l'esperienza di vita del poeta, che ci viene vivacemente descritta dalla sua poesia: la morte non è, al contrario di quanto si crede, un evento che ci attende alla fine del nostro percorso vitale, ma è qualcosa che ci lasciamo dietro ogni giorno e dietro ogni momento, che estingue e brucia, attraverso il tempo, tutto ciò che è.

Opere

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Lo stesso argomento in dettaglio:Storia della letteratura latina (31 a.C. - 14 d.C.).
LeOdi di Orazio tradotte daMario Rapisardi
Horatii Flacci Sermonum, 1577
  • Epodi (Epodon libri oIambi, come li definisce l'autore), 17 componimenti, composti a partire dal42 a.C. e pubblicati nel30 a.C.
  • Satire (Saturae oSermones, come le definisce l'autore), in due libri che comprendono 18 satire, scritte tra il41 e il30 a.C.: il I libro (10 satire) fu dedicato a Mecenate e pubblicato tra il35 e il33 a.C., mentre il II libro (8 satire) fu pubblicato nel30 a.C. insieme agliEpodi.
  • Odi (Carmina, come li definisce l'autore), in tre libri con 88 componimenti, pubblicati nel23 a.C. Un quarto libro con altri 15 componimenti venne pubblicato intorno al13 a.C.
  • Epistole, in due libri. Il I libro comprende 20 lettere composte a partire dal23 e pubblicate nel20 a.C., con dedica a Mecenate, mentre il II libro, con tre lettere, scritto tra il19 e il13 a.C., comprende l'epistola ai Pisoni, oArs Poetica in 476 esametri, che fu presa a canone per la composizione poetica nelle epoche successive.
  • Carme secolare (Carmen saeculare), del17 a.C., scritto per incarico diAugusto e destinato alla cerimonia conclusiva deiludi saeculares.

Eredità

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Orazio è considerato dalclassicismo uno dei più importanti poeti latini, citato ad esempio anche nell'Inferno diDante nelLimbo, alverso 89 delcanto IV.

Molte delle sue frasi sono diventate modi di dire ancora in uso: esempi sonocarpe diem,nunc est bibendum eaurea mediocritas, oltre cheOdi profanum vulgus, et arceo, e, recentemente, gli è stato intitolato anche un cratere sullasuperficie di Mercurio.

Edizioni

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Opere in latino

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Opere tradotte in italiano

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  • Enzo Mandruzzato (a cura di),Odi ed epodi. Testo latino a fronte, collanaClassici greci e latini,Milano,BUR, 1985,ISBN 978-88-17-16513-6.
  • Gavino Manca (a cura di),Cinque satire sulla saggezza del vivere, collanaCollezione di poesie,Torino,Einaudi, 1991,ISBN 978-88-17-16513-6.
  • Tito Colamarino e Domenico Bo (a cura di),Opere. Testo latino a fronte, collanaClassici latini,Torino,UTET, 2015,ISBN 978-88-51-12756-5.
  • Ugo Dotti (a cura di),Epistole-Ars poetica. Testo latino a fronte, collanaUniversale economica. I classici,Milano,Feltrinelli, 2015,ISBN 978-88-07-90211-6.
  • Donatella Puliga (a cura di), con introduzione di Maurizio Bettini,Poesia classica latina. Testo latino a fronte, La biblioteca di Repubblica, Einaudi, Torino, 1990, rist. 2004, pp. 331–367.
  • Enzio Cetrangolo,Carmi, Sansoni, Firenze, 1960.

Note

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  1. ^I luoghi della memoria in Orazio (PDF), suconsiglio.basilicata.it.URL consultato il 7 novembre 2020.
  2. ^Satira sesta
  3. ^Giuliano Pisani,Orazio: la parmula di Filippi e l'Epicuri de grege porcum, inAtti e Memorie dell'Accademia Galileiana di scienze, lettere ed arti in Padova. Memorie della classe di scienze morali, lettere ed arti, vol. 131, 2018-2019, pp. 291-310,ISSN 1592-1751 (WC ·ACNP).
  4. ^Orazio,Satire, I, 5, vv. 30 e 49. Il periodo in questione è il 38-37 a.C., vd. Orazio, Satire, Corriere della Sera, I Classici del pensiero libero greci e latini, nº 50, 2012, n. 8 a pag. 63.
  5. ^Mario Citroni,Occasione e piani di destinazione nella lirica di Orazio, Materiali e discussioni per l'analisi dei testi classici, No. 10/11 (1983), pp. 133-214.
  6. ^Book.google.it, subooks.google.it.
  7. ^Tante le traduzioni di questa celebre poesia, daTommaso Gargallo, aGiosuè Carducci (inOpere, ed. naz., Bologna, Zanichelli, 1962, vol. XXIX, p. 47), aGiovanni Pascoli (inPoesie. Poesie varie. Traduzioni. Riduzioni, a cura diAugusto Vicinelli, Milano, Mondadori, 1968, p. 1657), aAlberto Caramella (inI viaggi del Nautilus, Firenze, Le Lettere, 1997, p. 1).

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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V · D · M
Quinto Orazio Flacco
Opere letterarie principaliSatire (Sermones) ·Epòdi ·Odi ·Epistole (contenente il componimentoArs Poetica) ·Carmen saeculare

Orazio
65 ~ 8 a.C.
Citazioni celebriCarpe diem ·Nunc est bibendum ·Aurea mediocritas ·In medias res ·Odi profanum vulgus, et arceo ·Caelum, non animum mutant qui trans mare currunt ·Vides ut alta stet nive candidum Soracte
Corrente di pensieroEpicureismo
V · D · M
Circolo di Mecenate
PromotoriGaio Cilnio Mecenate ·Ottaviano Augusto
MembriPublio Virgilio Marone ·Quinto Orazio Flacco ·Sesto Properzio ·Cornelio Gallo ·Plozio Tucca ·Aristio Fusco ·Lucio Vario Rufo ·Valgio Rufo ·Domizio Marso ·Quintilio Varo ·Gaio Melisso ·Emilio Macro
V · D · M
Epicureismo
Filosofi
greciEpicuro ·Polieno ·Metrodoro ·Batide ·Leonzia ·Carneisco ·Idomeneo ·Ermarco ·Colote ·Temista ·Leonteo ·Polistrato ·Dionisio di Lamptra ·Basilide ·Filonide ·Diogene di Tarso ·Alceo e Filisco ·Diogene di Enoanda ·Apollodoro
romaniAmafinio ·Rabirio ·Tito Albucio ·Tito Pomponio Attico ·Demetrio di Laconia ·Fedro ·Filodemo ·Lucrezio ·Orazio ·Patrone ·Cazio ·Plotina ·Sirone ·Zenone di Sidone
PensieroEpicureismo ·Edonismo ·Eudemonismo
ConcettiAponia ·Atarassia ·Clinamen ·Intermundia
OpereScritti di Epicuro: Sulla Natura ·Lettera a Erodoto ·Lettera a Pitocle ·Lettera a Meneceo ·Massime capitali · Simposio ·Epistolario ·Scritti di Filodemo:Il buon re secondo Omero ·Sulla morte ·Sulla pietà ·Sulla libertà di parola ·Sull'ira ·Scritti di altri epicurei:De rerum natura (Lucrezio) ·Gnomologio Vaticano epicureo
V · D · M
Lucani illustri
AntichitàOcello Lucano ·Orazio ·Libio Severo
MedioevoTristano di Montepeloso ·Arnolino
Età Moderna e ContemporaneaGiacinto Albini ·Nicola Alianelli ·Carlo Alianello ·Gaetano Ambrico ·Andrea Avellino ·Laura Battista ·Ascanio Branca ·Rocco Brienza ·Antonio Busciolano ·Nino Calice ·Giacomo Cenna ·Raffaele Ciasca ·Ettore Ciccotti ·Emilio Colombo ·Matteo Cristiano ·Carmine Crocco · Il Pietrafesa ·Sergio De Pilato ·Egidio Romualdo Duni ·Michele Granata ·Isabella di Morra ·Francesco Mario Pagano ·Nicola Fiorentino ·Tommaso Pedio ·Giambattista Pentasuglia ·Altobello Persio ·Giacomo Racioppi ·Tommaso Stigliani ·Onofrio Tataranni ·Giovanni Todisco ·Vincenzo Verrastro
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