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Publio Papinio Stazio

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Publio Papinio Stazio raffigurato daErasmo di Valvasone

Publio Papinio Stazio[1][2] (in latinoPublius Papinius Statius[1][3];Napoli,45 circa[1][3]96 circa[1][3]) è stato unpoetaromano e uno dei principali esponenti della poesia epica dell'età flavia, assieme aSilio Italico e aValerio Flacco[1][3].

È generalmente conosciuto per essere l'autore di duepoemi epici: laTebaide[1][2][3] (Thebais[3]), poema in XII libri che narra la guerra deisette contro Tebe e la lotta dei fratelliEteocle ePolinice, e l'Achilleide[1][2][3] (Achilleis[3]), poema sulla vita e le gesta diAchille, rimasta incompiuta al II libro (la giovinezza del Pelide). Fu inoltre autore di una raccolta di 32 componimenti, leSilvae.[1][2][3] È anche noto per la sua presenza nellaDivina Commedia diDante Alighieri, dove svolge la funzione di guida delPurgatorio.

Biografia

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Nato aNapoli intorno al45 circa, figlio d'unretoreitaliota (elemento non trascurabile, questo, nella sua formazione poetica) originario diVelia (anticacolonia magnogreca dellaLucania),[4] Stazio incarna - forse più di altri - la figura del poeta "professionista". Si trasferì a Roma per tentare la fortuna durante l'impero diDomiziano e, in breve tempo, effettivamente si guadagnò - nelle recitazioni pubbliche e nelle gare poetiche - il favore del pubblico e dei grandi signori,[5] che divennero suoi protettori.

D'ingegno duttile e versatile, in questo primo periodo compose libretti per mimi e, oltre al suo primopoema epico, laTebaide, alcuneSilvae, componimenti lirici di circostanza in uno stile facile ed elegante. Ma, dopo alcuni rovesci, nonostante le preghiere insistenti della moglie Claudia, una musicista, decise di abbandonare la città per far ritorno inCampania, dove condusse lo stesso genere di esistenza di poeta mondano al servizio dei nobili romani, che in quella regione approdavano in massa per i loro soggiorni primaverili ed estivi. A Napoli, forse, trovò la morte nel 96.

Opere

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Lo stesso argomento in dettaglio:Storia della letteratura latina (69 - 117).
Combattimento di opliti sotto le mura diTebe,Museo del Louvre

La produzione poetica di Stazio è abbondante e comprende diverse opere, tre delle quali pervenuteci.

Il capolavoro staziano, laTebaide, pubblicata nel92, è in 12 libri e narra la lotta fra i due fratelliEteocle ePolinice per la successione inTebe al trono diEdipo (ma anche se il tema èmitologico, dotato di un complesso apparato divino, la vera sostanza del contenuto riporta irresistibilmente verso laPharsalia diLucano). In un insolito epilogo programmatico, Stazio dichiara poi di avere un modello altissimo, anche se preso coi dovuti rispetti: l'Eneide, di cui le due esadi riproducono fedelmente la metàodissiaca di preparazione e quellailiadica di guerra.

In verità, i modelli poetici sono molti: Stazio dimostra una buona conoscenza dellatragedia greca (Eschilo) e forse anche di alcuni poemi ciclici (Antimaco di Colofone) o di loro riassunti. Talora (oltre che l'Omero mediato daVirgilio) appaiono anche modelli più insoliti:Euripide,Apollonio Rodio, persinoCallimaco (e glialessandrini in genere); infine, lo stile narrativo e lametrica risentono della lezione tecnica diOvidio, mentre la sua immagine del mondo dell'influsso diSeneca, da cui mutua anche, volendo, il gusto dell'orrido e la tendenza al patetico (caratteristiche comunque comuni alla letteratura del tempo).

Insomma, proprio qui - ovvero nel contrasto tra fedeltà alla tradizione virgiliana e le inquietudini modernizzanti - sta il vero centro dell'ispirazione epica di Stazio. Tuttavia, nonostante tale costellazione di influssi, e nonostante l'abbondanza di episodi minuti e di "miniature" sentimentali o pittoresche, l'opera non manca affatto di unità: anzi, il difetto tipico sono piuttosto gli ossessivi "corsi e ricorsi" a motivi e atmosfere: tutta la storia risulta, ad esempio, dominata da una ferrea "necessità universale" (la cui funzione è enfatizzata in un apparato divino come detto tipicamente virgiliano), che appiattisce le cose, gli uomini e le stesse divinità (è qui che Stazio si avvicina invece più a Lucano).

Dopo il poema tebano, Stazio si proponeva un ulterioremagnum opus con laAchilleide che, interrotta all'inizio del II libro per la morte del poeta, sarebbe stato un poema epico sull'educazione e le vicende della vita diAchille: ma la narrazione giunge fino alla partenza dell'eroe perTroia. Il tono è più disteso e idillico che nella baroccaTebaide, benché nell'opera tutta si evidenzi una forte accentuazione della componenteetica.

Di estrema rilevanza per ricostruire lo sfondo culturale e sociale dell'autore e dell'epoca sono leSilvae, una raccolta di 32 componimenti poetici d'occasione divisi in 5 libri, per un totale di circa 3300versi. Ciascun libro è preceduto da un'epistola dedicatoria in prosa. I primi 4 libri furono pubblicati tra il 92 e il 95; il quinto uscì probabilmente dopo la morte dell'autore. Il metro prevalente è l'esametro: dei 32 componimenti solo quattro sono inendecasillabi faleci, uno è un'odesaffica e un altro è un'odealcaica. Il titoloSilvae allude alla varietà dei contenuti della raccolta ("materiale vario"), e anche al loro stato di "abbozzo", di poesia composta con rapidità e quasi improvvisando ("materiale grezzo").

Tra le poesie contenute nelleSilvae si trovanoepicedi per la morte di persone o anche di animali,epitalami,[6]encomi,genetliaci, poesie di ringraziamento, descrizioni, per lo più collocate in contesti encomiastici, mentre alcunicarmi sono di argomentoautobiografico. Vi rientra anche una poesia sullavia Domiziana[7] che oltre a sottolineare il progresso portato dalla nuova strada, facendo elogi all'imperatore, è tra l'altro un'interessante testimonianza sulla costruzione dellestrade romane.

Opere andate perdute sono invece ilDe bello germanico,[8] poema sullecampagne germaniche di Domiziano, eAgave,pantomima di successo, ricordata daGiovenale.[9]

Fortuna

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Ritratto immaginario di Stazio;affresco diLuca Signorelli dal ciclo delleStorie degli ultimi giorni,cappella di San Brizio,Duomo di Orvieto (1499-1502)

Stazio compare nellaDivina Commedia[10] come accompagnatore di Dante, assieme a Virgilio, nelcanto XXI del Purgatorio. Dante, infatti, unico tra i suoi contemporanei a quanto se ne sa, credeva che il poeta si fosse convertito alCristianesimo, sempre grazie a Virgilio, suo mentore certo nella poesia, che il Medioevo considerava precursore eprofeta dell'avvento diCristo. Tale convinzione fu facilitata dall'oblio da cui erano avvolte ancora al tempo di Dante leSilvae, che avrebbero illuminato aspetti privati della personalità di Stazio. Ma, anche prima di Dante, laTebaide costituiva un'importante fonte di ispirazione per gli scrittori medievali che aspiravano allo sviluppo di un'epicaallegorica.

Lo stesso Dante, difatti, attinge dallaTebaide, per esempio per il noto episodio dedicato alla figura delconte Ugolino (Inferno,canto XXXII), ispirato al crudo episodio diTideo eMelanippo (Tebaide, libro VIII, vv. 733 ss.); oppure per l'immagine delle due lingue di fuoco che ospitano gli spiriti diUlisse eDiomede (Inferno,canto XXVI), chiaramente ispirata alla scena del libro XII dellaTebaide, dove i defunti fratelliEteocle ePolinice si trovano a dividere lo stesso rogo funebre e nemmeno nella morte gli spiriti dei due fratelli trovano pace: il fuoco infatti si divide in due lingue distinte, in un'avversione senza fine.

Dante in realtà lo confonderebbe con Lucio Stazio Ursulo, notoretore vissuto ai tempi diNerone e nativo diTolosa.[11] Tale confusione risalirebbe ad autori latinitardoantichi comesan Girolamo eFulgenzio.[12]

Note

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  1. ^abcdefghStàzio, Publio Papinio, inTreccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.URL consultato il 17 marzo 2018.
  2. ^abcdStazio, Publio Papinio, inEnciclopedia dantesca, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1970.URL consultato il 17 marzo 2018.
  3. ^abcdefghi Augusto Mancini e Salvatore Battaglia -,Stazio, inEnciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1936.URL consultato il 17 marzo 2018.Modifica su Wikidata
  4. ^Stazio,Silvae, V 3, 127.
  5. ^Stazio,Silvae, V 3, 125 ss.
  6. ^Come quello per Arrunzio Stella nel libro I.
  7. ^Le strade romane nelle "Silvae" del poeta Stazio, sucarioca40.altervista.org.
  8. ^Stazio,Silvae, IV 2, 63 ss.; ne restano quattro versi in uno scolio a Giovenale, IV 94.
  9. ^Giovenale,Satire, VII 87.
  10. ^Cfr. il classico studio di Raffaele Valerio,Stazio nella Divina commedia: studio critico-estetico, Arezzo, Tip. del XX secolo, 1901.
  11. ^Cfr.Purgatorio,canto XXI, vv. 88-90:"Tanto fu dolce mio vocale spirto,che, tolosano, a sé mi trasse Roma,dove mertai le tempie ornar di mirto".
  12. ^Stazio Ursulo, Lucio - Enciclopedia, suTreccani.URL consultato il 5 giugno 2025.

Bibliografia

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  • Publio Papinio Stazio,Opere, a cura di A. Traglia e G. Aricò, Torino, UTET, 1980 (con ampia introduzione e commento).
  • Raffaele Valerio,Stazio nella Divina commedia: studio critico-estetico, Arezzo, Tip. del XX secolo, 1901.

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