Mappa fisica e topografica della Provincia di Ascoli Piceno
Bagnata a est dalmare Adriatico, la provincia di Ascoli Piceno è la più meridionale delle Marche e confina con tre regioni: l'Abruzzo (provincia di Teramo) a sud, ilLazio (provincia di Rieti) a sud-ovest e l'Umbria (provincia di Perugia) a ovest. Il confine abruzzese è segnato nel tratto orientale dal fiumeTronto, il cui bacino include anche i comuni laziali diAmatrice eAccumoli, che però non sono mai appartenuti amministrativamente al Piceno. Interamente transtruentini sono invece i comuni diFolignano eMaltignano, storici baluardi della città di Ascoli.
Il territorio provinciale è prevalentementecollinare (62,4%), ma entro i limiti amministrativi delle Marche il Piceno possiede comunque la più alta percentuale di areemontuose: il 37,6% (suddiviso fra i comuni diAcquasanta Terme,Arquata del Tronto,Comunanza,Montegallo,Montemonaco,Roccafluvione), contro il 34,5% diAncona, il 32,3% di Macerata, il 31,1% diPesaro e Urbino, il 9,1% di Fermo.[3] La provincia include la cima più elevata della regione, ilVettore (2476 m), e possiede un'ampia fascia preappenninica che culmina nella vetta dell'Ascensione (1108 m) situata appena a nord del capoluogo. Trascurabile è invece la striscia di territoriopianeggiante che si snoda lungo la costa per circa20 km.
Il terreno agricolo produce i frutti tipici delle coltivazioni mediterranee, fra cui l'olivo e lavite. Fra i prodotti principali si ricordano l'oliva ascolana e ilvinoRosso Piceno Superiore, la cui zona di produzione è esclusiva della provincia e ha il suo cuore nel crinale settentrionale della media e bassavalle del Tronto. Tale crinale è percorso dall'omonimaStrada del Rosso Piceno Superiore (SP 1) che collegaOffida aSan Benedetto attraverso i comuni di Offida (Borgo Miriam),Ripatransone (Messieri e San Savino) eAcquaviva Picena.
Mappa topografica della provincia
Lungo la costa picena si sviluppa laRiviera delle Palme, denominazione turistica che individua il tratto di costa che va daCupra Marittima alla foce delTronto, passando perGrottammare e San Benedetto del Tronto. Quest'ultima, prima città della provincia per popolazione, è anche uno dei maggioriportipescherecci dell'Adriatico e d'Italia. Un quarto comune costiero èMassignano, che possiede una frazione sul litorale (Marina di Massignano), mentre il capoluogo è in collina.
Importanti vestigia picene si rinvengono tanto nell'agro ascolano etruentino, quanto nel più settentrionaleagro cuprense, particolarmente generoso di repertiepigrafici, manifatturieri etombali. Si ricordano le necropoli di Cupra Marittima, Offida eSpinetoli (età del ferro), i cui scavi hanno portato alla luce materiale di notevole valorearcheologico, e le migliaia di manufatti dell'età del bronzo restituiti dalCuprae Mons (Ripatransone), testimoni di un elevato livello tecnico di lavorazione del metallo e della ceramica.
A partire dalla colonizzazione romana la storia della provincia ascolana ruota essenzialmente intorno alle vicende che videro protagonista il capoluogo e ai rapporti di questo con i centri circostanti.Plinio il Vecchio nellaNaturalis historia[7] descrive la città e il territorio come segue.
La deaCupra degli antichi Piceni in un dipinto delDe Carolis nelpalazzo del Governo di Ascoli: nella mano sinistra la figura reca una tipica armilla
(latino)
«(...) colonia Asculum, Piceni nobilissima»
(italiano) «(...) la colonia di Ascoli, la più illustre nel Piceno»
Nella prima metà delIII secolo a.C. Ascoli e il suo territorio divennero parte del sistema egemonico romano, ma con la caduta deiGracchi, e dopo l'assassinio deltribunoDruso, il malcontento per la mancata risoluzione del problema agrario e della concessione della cittadinanza[9] (91 a.C.) sfociò nella ribellione controRoma e nell'inizio dellaguerra sociale. Questo evento rappresentò il momento più significativo della storia civica antica. La città subì quindi l'assedio (che durò circa un anno) e la distruzione da parte diPompeo Strabone. Risorse tuttavia in età imperiale e divenne la più importante delPiceno, assumendo le prerogative di centro amministrativo della regione e legando il suo destino a quello dell'Impero romano. In epoca imperiale nel territorio dell'attuale provincia, oltre adAsculum Picenum, erano presenti altri centri urbani di più piccole dimensioni:Cupra Maritima nella costa nord-orientale,Truentum alle foci del Tronto e l'insediamento diNovana, attestato solo da fonti scritte e quindi non facilmente collocabile nel territorio (forse si trovava nella parte settentrionale dell'attuale provincia, nei pressi diMontedinove).
Dopo la decadenza imperiale Ascoli mantenne un regime autonomo fino a quando, inepoca barbarica, fu raggiunta daiGoti diAlarico I (405). Il condottiero germanico, oltrepassando ilPo eBologna, scese lungo gli Appennini e penetrò nell'area picena restandovi cinque anni. Da qui mosse alla volta di Roma che conquistò con ilsacco del 24 agosto410. Il re deiVisigoti giunse fin sotto le mura di Ascoli, ma vista la solidità delle difese cittadine rinunciò all'attacco. Secondo la tradizione popolare, mentre Alarico stava cercando il punto più favorevole per introdursi in città, apparvero sulle mura di cintasant'Emidio e i suoi compagni. Il re, spaventato dall'apparizione, desisté dal suo intento.
Ascoli scampò anche alla distruzione diAttila nel452, poiché il re degliUnni la evitò conoscendo la determinazione e la forza con cui la città l'avrebbe combattuto.Ataulfo la visitò, ma anche questi rinunciò ad attaccarla per l'evidente saldezza delle difese. Si accontentò allora di provvedere ai rifornimenti necessari al suo esercito saccheggiando le campagne vicine. Nel sessantennio compreso tra i regni diTeodorico, re degliOstrogoti, e del generaleVitige Ascoli visse un periodo di pace.Belisario, nel540, la assoggettò all'Impero bizantino, e nel544Totila, conquistati i castelli della vallata del Tronto, se ne impadronì con l'assedio che la costrinse alla resa.
Liberatisi della dominazione gotica gli ascolani tornarono a governarsi autonomamente. In seguito il ducaFaroaldo I a capo deiLongobardi conquistò l'intera Marca e cinse d'assedio la città espugnandola e distruggendola per la seconda volta (578). Il duca mise in atto inoltre un feroce saccheggio che privò Ascoli delle sue ricchezze e ne abbatté mura, torri e palazzi, incorporandola poi territorialmente alDucato di Spoleto.
Dall'anno599 la reginaTeodolinda, sovrana cattolica consorte diAgilulfo, favorì l'opera di ricostruzione della città e dei suoi castelli. Il territorio fu governato per 196 anni daigastaldi del Ducato di Spoleto, finché nel773Ildebrando assoggettò il ducato alla Santa Sede. Nel744Carlo Magno disgiunse Ascoli dal Ducato di Spoleto e, ponendola sotto la protezione della Santa Sede, la costituì inContea ascolana. In questo periodo furono donati daAncarano al Capitolo dellacattedrale di Sant'Emidio, guidata dal vescovo Justolfo, i castelli diMaltignano eNereto (il primo destinato al Capitolo, il secondo alla città),[10] i quali passarono sotto la competenza del territorio ascolano.
Grazie alle disposizioni delPrivilegium Ottonianum, che ratificava l'accordo raggiunto tra impero e papato, a partire dall'anno1010 si aprì per il comprensorio della città un nuovo capitolo di storia. Il governo episcopale del territorio fu istituito dapapa Sergio IV, che affidò la Contea ascolana al vescovo Emmone. Questi riunì in sé l'esercizio del potere ecclesiastico e secolare e il controllo delle rispettive giurisdizioni con l'ausilio di suoi vicari e viceconti (consoli e senatori nominati tra gli appartenenti alle famiglie nobili della città o del contado).
Più tardi l'imperatoreCorrado II concesse ad Ascoli il privilegio di battere moneta e di organizzare mercati e fiere nel comprensorio della diocesi e della contea (1037). Grazie alla munificenza e agli atti di liberalità dei vescovi, la contea vide il fiorire di acquedotti, ospedali, monasteri, ponti e nuove torri.[11] Il governo episcopale ascolano, garantista delle libertà civili del contado, ebbe termine nell'anno1212.
Sul finire delXII secolo Ascoli si eresse alibero comune (1183) e nominò suo primo podestà Berardo di Massio da Lisciano. Il Capitolo ascolano era invece guidato da suo fratello, l'arcidiacono Rinaldo di Massio. I poteri civili erano attribuiti all'autorità comunale, mentre il vescovo esercitava la supremazia spirituale. La città conobbe in età comunale un notevole accrescimento urbanistico e demografico raggiungendo un florido sviluppo civile ed economico. Alla metà delXIII secolo (1250) risalirebbero, di fatto, le norme statutarie del comune trascritte nel1377.[12]
Oltre ad Ascoli crescevano intanto anche altri centri del territorio, in particolareOffida eRipatransone (libero comune dal1205), due forti castelli variamente coinvolti nelle guerre tra Ascoli e Fermo e tra Chiesa e Impero. Dal Duecento in poi furono soprattutto le vicissitudini di Ascoli e Fermo a segnare la storia del potere e delle istituzioni nella Marca tra la caduta degliSvevi e il ritorno del dominio della Chiesa. Tutte le città del Piceno furono alternativamenteguelfe eghibelline, tendendo ad allearsi di volta in volta con la fazione prevalente; ma il declino imperiale e lacattività avignonese favorirono, nel Trecento, l'avvento di numerosi avventurieri e generarono momenti di forte tensione tra le parti.
Il capoluogo fu assoggettato aFederico II nel1242. Il re penetrò all'interno delle mura sollecitato dai ghibellini e, col pretesto di punire la fazione guelfa, distrusse Ascoli per la terza volta. Nel1290papa Niccolò IV, ascolano, con bolla pontificia istituì l'Università cittadina, che affiancò loStudio Ascolano noto comeCollegio dei Dottori. Il comune, sebbene straziato da lotte intestine, riuscì ad accrescere il proprio potere industriale e ad allargare i traffici commerciali confederandosi conPerugia,Siena eFirenze, e nel1326 stipulò un trattato commerciale con laRepubblica di Venezia.
Al contempo fronteggiava gli attacchi di Fermo, città rivale fin dai tempi della guerra sociale, quando aveva appoggiato Strabone nella conquista di Ascoli. I contrasti si originavano da rivendicazioni di predominio territoriale e di natura commerciale.Ottone IV aveva concesso a Fermo (1º dicembre1211) il dominio esclusivo del litorale piceno compreso fra ilTronto e ilChienti, ma Federico II arretrò il confine fermano dal Tronto alRagnola e concesse il Tronto ad Ascoli. L'imperatore infatti aveva consentito agli ascolani la costruzione di un porto sulla sinistra della foce del fiume. Nel1316papa Giovanni XXII concesse l'autorizzazione alla realizzazione delporto d'Ascoli, ma i fermani lo distrussero solo pochi anni dopo la sua entrata in funzione. Le ostilità tra ascolani e fermani si protrassero per oltre centocinquant'anni e coinvolsero ancheAcquaviva,Offida eRipatransone, formando una “scacchiera” di alleanze sul territorio.[13]
Il regime comunale di Ascoli vide la sua fine all'inizio delXIV secolo quando, a causa delle lotte interne tra famiglie rivali e il dispendio di energie per le guerriglie combattute contro Fermo, si aprì la strada all'instaurazione di dispotiche signorie. Queste si succedettero sotto diversi domini tra i quali quello del ghibellino Giovanni Vannibene[14] della famiglia Dal Monte[15] che governò la città tra il1318 e il1319. A questi seguì la tirannia diGaleotto I Malatesta, nominato dagli ascolaniCapitan Generale dell'Armi Cittadinesche, cui fu affidato il comando della guerra contro Fermo. Il condottiero arrivò nel1348 e fu cacciato nel1353.
LeCostituzioni egidiane, promulgate aFano nel1357, furono redatte daEgidio Albornoz che ricevette l'incarico dal pontefice di compilare una topografia dettagliata dei castelli e delle città della Marca che ricadevano nella soggezione dello Stato Pontificio. Al fine di stabilire il rapporto gerarchico di sottomissione con lo Stato fu necessario distinguere tutti i centri che, avendo un rapporto diretto con Roma, godevano di autonomia locale e quelli che, appartenendo allo Stato della Chiesa, erano soggetti ai domini delle città di Fermo e di Ascoli. Tali Costituzioni furono applicate con valore di legge e sancirono i principi amministrativi tesi a regolamentare i territori dipendenti dalla Santa Sede. Il loro dispositivo prevedeva che ogni centro urbano possedesse un proprio statuto comunale sebbene soggiacessero comunque alla legislazione della Chiesa e ristabilirono il ritorno del governo dello Stato Pontificio anche sul territorio ascolano. Definirono Ascoli come una tra le città: «maiores et magis nobiles» delle Marche.
Si ricorda anche la tirannia di Filippo di Massa dei Tibaldeschi, ghibellino, che governò gli ascolani per un solo anno tra il1360 e il1361.[16] Questi appartenne a un ramo della dinastianorcina insediatasi ad Ascoli ed ebbe un palazzo trapiazza Arringo epiazza del Popolo. Il suo casato si imparentò con i Massio da Lisciano e strinse legami con le locali famiglie nobiliari dei Dal Monte e degli Sgariglia. Filippo Tibaldeschi, capeggiando un cospicuo gruppo di fuoriusciti, nella notte del 4 luglio1360, si impadronì con prepotenza del governo della città assaltando la residenza del governatore Bentivoglio fuori sede per ragioni di Stato. Dopo aver sbaragliato e ucciso il corpo di guardia si fece nominare dai suoi sostenitoriConte e Signore di Ascoli il giorno successivo (5 luglio). L'esercizio del suo potere si contraddistinse per despotismo ed efferatezza. L'anno seguente, l'8 luglio1361, il cardinale Egidio Albornoz, dopo aver scomunicato i Tibaldeschi, inviò nella città picena un contingente di forze armate al fine di dare man forte agli avversari interni del Signore ascolano. I papalini appiccarono incendi alle residenze dei filippisti e lo stesso tiranno si vide costretto ad abbandonare Ascoli cercando riparo presso i Barnabò Visconti, Signori di Milano, ma il Tibaldeschi non riuscì mai a raggiungerli perché morì aPisa ucciso a causa della delazione di un suo scudiero.
La città tornò sotto il dominio della Chiesa e fu governata daPedro Gómez Álvarez de Albornoz, vicario pontificio e nipote del cardinale Egidio, fino al1376. All'epoca imperversavano sul territorio numerose tirannie cittadine, trovando appoggio nellaLega fiorentina avversaria del papa. In mano alla Santa Sede restavano le sole Ascoli e Ripatransone. Il 27 febbraio però Ascoli si rivoltò contro il Gomez, costringendolo a barricarsi entro la cittadella. All'assedio corsero i ghibellini locali, con Rinaldo di Monteverde, capitano di ventura che fu signore di Fermo fino al1379 (Boffo da Massa un Tibaldeschi, Giovanni Conti e Filippo Bastoni). Accorse anche un esercito di mercenari bretoni e inglesi al soldo del papa.[17]Gomez Albornoz, nonostante l’esercito ghibellino fosse agguerrito e forte di numerosi soldati, riuscì ad aver salva la vita e a sfuggire alla cattura. In suo aiuto accorse l’esercito del papa che convinse i comandanti ghibellini a desistere dal portare a termine l’impresa.L'impegno in Ascoli impedì al Monteverde di partecipare all'assedio diRipa in maggio: fu il primo dei due assalti subiti dal castello e fu respinto dal comandante Carusino. Il 13 settembre i ghibellini tornarono meglio organizzati, con lo stesso Rinaldo, subendo però una nuova sconfitta a causa sia della tradizionale solidità degli assediati sia dell'imperizia degli assedianti: uno dei loro comandanti, Tommaso di Jacobuzio Politi, finì ucciso dalle sue stesse truppe per gli errori commessi, pur avendo vantato una perfetta conoscenza del sistema difensivo.[18] Il 13 dicembre, al termine di dieci mesi d'assedio, il Gomez capitolò,[19][20] pur riuscendo a salvarsi la vita. Ma le signorie ghibelline locali, avvantaggiatesi della lontananza del papa, non erano destinate a durare; la stessa presenza dell'esercito pontificio sul territorio provocò defezioni nelle loro file. Ascoli tornò alla Santa Sede, trovandosi al fianco di Ancona, diCamerino e della stessa Fermo contro Rinaldo, che fu cacciato dai fermani nel1379 e poco dopo decapitato.
Sul finire del secolo, nel1390,papa Bonifacio IX concesse alla città di Ascoli il diritto all'autogoverno ottenuto a seguito del pagamento di un tributo di 2 000 fiorini d'oro annui.
Più tardi, nel1395, Matteo Acquaviva, duca d'Atri, forte del sostegno dei ghibellini fuoriusciti, attaccò la città ascolana e la conquistò. Questi riuscì a governare per un solo anno prima di essere cruentemente scacciato. Nei primi anni del XV secolo,papa Innocenzo VII cedette Ascoli in feudo al re di Napoli Ladislao che l'affidò al suo delegato Andrea Matteo Acquaviva. Per mantenere il regime di feudalità il re si vide costretto a diminuire le gabelle e ad accordare franchigie, dopo che l'Acquaviva fu minacciato di scomunica daGregorio XII. Venuto a mancare il re, il figlio naturale di Francesco il Vecchio,Conte da Carrara, occupò la città riuscendo, due anni più tardi, a farsi nominare Signore di Ascoli.Papa Martino V, nel1426, favorito anche dalla fazione guelfa, pose termine all'asservimento napoletano e ricondusse la città sotto il governo della Chiesa.
Tra le varie dominazioni che si avvicendarono nella città è da citare anche quella diFrancesco Sforza che assoggettò Ascoli nel dicembre del1433 e da cui si allontanò nel gennaio del1434, dopo aver ottenuto il trattato di resa della città, lasciando a capo del governo suo fratello Giovanni. Questo fu un periodo tra i più bui della storia del capoluogo piceno. Lo Sforza, proveniente dallaRomagna, impiegò solo 18 giorni per la conquista dell'intero territorio dellaMarca. La rapidità dell'occupazione fu favorita dalla resa delle cittadine marchigiane, tranneMontolmo, presa dal medesimo con l'assalto del 18 dicembre. Fu nominato daEugenio IV gonfaloniere a vita della Santa Romana Chiesa, titolo che gli conferì il potere della riscossione di censi, tasse, gabelle e fitti. In seguito, lo stesso papa lo fregiò della nomina diMarchese della Marca. Intanto tra gli ascolani cresceva il malcontento per il governo tirannico instaurato da Giovanni Sforza, ceduto in seguito da questi al fratello uterino Rinaldo, e iniziarono a susseguirsi nella città vari tentativi di ribellione soffocati puntualmente da feroci ed efferate repressioni.
Il dominio sforzesco della Marca, che si sarebbe protratto per un quindicennio, cominciò a incrinarsi dopo l'insurrezione diTolentino. Benché sedata, questa sommossa ebbe immediata eco in un tumulto dei guelfi diRipatransone (1442). In risposta ai disordini lo Sforza - al comando di truppe fermane particolarmente ostili ai ripani - si determinò a invadere il castello. Vi riuscì nonostante la sua proverbiale imprendibilità, portandovi il saccheggio e l'incendio (21-23 settembre). In seguito però fu costretto a ricostruirlo per la sua importanza strategica nella guerra controAlfonso d'Aragona (1443). La scelta gli fu fatale: dopo aver cinto i ribelli in un nuovo assedio (1444), il suo esercito finì sbaragliato da una sortita degli uomini diSantoro Pucci il 18 gennaio seguente.[21]
Frattanto gli animi dei rivoltosi ascolani, già in subbuglio, presero definitivamente fuoco in seguito all'ordine dello Sforza di giustiziare Gioacchino Saladini. La sommossa decisiva fu organizzata da Pietro di Vanne Ciucci, signore diCastel di Luco che meditava di uccidere il tiranno, ed esplose nell'estate del1445. Al comando di circa cento uomini, radunati tra i montanari provenienti anche da villaggi limitrofi all'Acquasantano, Ciucci partì alla volta di Ascoli nella notte tra il 9 e il 10 agosto. Una volta penetrato in città si trovò supportato anche dagli ascolani che si unirono ai suoi insorti, e assaltò il palazzo del governatore. Nell'incursione uccise Rinaldo, insieme ad altre 24 persone presenti nella residenza tra sentinelle e servitù, e restituì la sicurezza di Ascoli alla sovranità della Chiesa. Il popolo ascolano lo proclamò liberatore della patria.
L'insurrezione di Ascoli segnò un altro passo verso la liberazione del Piceno, e l'azione del Ciucci, confermando la vulnerabilità dello Sforza, determinò ulteriormente le restanti città e castelli del territorio a sbarazzarsi della dominazione. Il 24 novembre la rivolta controAlessandro Sforza divampò anche aFermo, la città che più a lungo era rimasta fedele agli sforzeschi.
Ascoli, dopo la liberazione dal governo degli Sforza, al fine di riconciliare le due fazioni deiBencontenti e deiMalcontenti ricorse alla mediazione diGiacomo della Marca sia nel1456, sia nel1472, ma gli interventi del religioso non produssero pace duratura fra i due schieramenti. Altra figura rilevante per il capoluogo fu quella di Domenico da Leonessa che contribuì, nel gennaio del1458, all'istituzione del locale Monte di Pietà, il più antico d'Italia.
Nel1474 gli ascolani inviarono al papa una loro delegazione per ottenere laLibertas Ecclesiastica, già concessa dalla Santa Sede ad Ancona eJesi, per instaurare il governo repubblicano. La corte pontificia prendeva tempo,Sisto V rispose di meditare sulla richiesta mediante l'invio di una lettera agli Anziani il 22 marzo1482. Gli ascolani ormai stanchi di attendere, non rivelarono al popolo il vero contenuto della missiva, divulgando, al contrario, che lo Stato Pontificio aveva accolto la loro istanza. Qualche tempo dopo il papa venuto a conoscenza della situazione inviò una seconda lettera in cui chiedeva ai Magistrati di Ascoli di riportare il governo allo «stato primiero». In seguito, il pontefice accettò lo stato di fatto e, con la bolla del 18 luglio1482, omologò la concessione. Il governo instaurato, autonomo da Roma, durò fino al1502 e, sebbene, segnò un periodo di sviluppo economico, non produsse effetti pacificatori tra le lotte interne e le agitazioni dei fuoriusciti. Tra questi si trovava anche AstolfoGuiderocchi, nobile ascolano, che riuscì a tornare in città e a instaurare la sua tirannia nel1498. La cittadinanza, per liberarsene, invocò l'aiuto dipapa Giulio II che, nel1504, lo sostituì con un commissario pontificio. Il governatore, su ordine dello stesso papa, fu arrestato e condotto prigioniero nella rocca diForlì. Ad Ascoli rimasero, però, dei suoi sostenitori che continuarono a porre in essere disordini nella città. Nel Natale del1535 si barricarono all'interno delpalazzo dei Capitani del Popolo, il commissario Giambattista Quieti, per sedare la rivolta, fece dare alle fiamme l'edificio. Questo evento produsse danni sia alla struttura sia agli archivi storici custoditi all'interno del fabbricato.
I commissari pontifici non governarono, tuttavia, sempre con moderazione ed equità, attirando, talvolta, le ire delle fazioni e del popolo. Un efferato episodio, a tal proposito, avvenne nel1555, quando all'interno della sagrestia del duomo cittadino fu ucciso il vicecommissario ascolano Sisto Bezio, ricordato come un uomo «aspro e prepotente», che disattese le direttive moderate e pacifiche indicate da Giulio III. Il pontefice stesso ordinò la punizione dei congiurati e obbligò il comune ascolano a versare la multa di 9 000 scudi.
Durante ilSeicento negli accadimenti della storia cittadina non si annoverano momenti di particolare rilievo. Fu un periodo relativamente tranquillo se si considera che cessarono le guerre con i territori vicini, si sopirono le lotte tra fazioni rivali e ripresero vigore lecorporazioni delle arti e mestieri dell'età comunale.
A questo secolo seguì ilXVIII e anche nella città di Ascoli arrivarono gli ideali proclamati dairivoluzionari francesi diLiberté, Égalité, Fraternité. Il motto del pensiero d'oltralpe fu accolto con entusiasmo dal popolo maggiormente incline e attento ai segni dei tempi che cambiano. Nel1799 giunsero le truppe franco-cisalpine e i repubblicani locali piantarono l'albero della libertà in piazza del Popolo[22], ma le loro speranze furono ben presto deluse dai comportamenti perpetrati dai francesi che depredarono chiese e conventi, smantellarono lafortezza Pia e pretesero il pagamento di forti indennizzi. Queste angherie e vessazioni determinarono le ragioni dell'insorgenza popolare contro le prepotenze subite dalla dominazione napoleonica. Contro l'oppressione e il dispotismo giacobino si levarono il popolo di Ascoli e delle montagne vicine che trovarono inGiuseppe Costantini, meglio noto comeSciabolone, la loro figura di riferimento. Egli comandò i montanari insorti contro il governo repubblicano instaurato dai francesi e condusse la guerriglia nel territorio ascolano. La sua banda divenne ben presto la più nota e temibile della montagna e seppe guadagnarsi il rispetto del generale napoleonico D'Argoubet con cui sottoscrisse la pace aMozzano del1799.
Tra il1820 e il1821, il diffondersi delle società segrete coinvolse alcuni cittadini ascolani che seguirono il generale Pepe contro gli austriaci. Nel1824 Ascoli fu prescelta come sede capoluogo di una delle sei delegazioni della regione Marche. Seguirono drammatici anni compresi tra il1848 e il1849 quando, dopo l'occupazione austriaca fu riconsegnata al governo della Santa Sede. Nel biennio spesso si tennero in città manifestazioni patriottiche e partenze di contingenti di cittadini volontari alla volta dellaLombardia per la difesa di Roma.
Ilmotu proprio diLeone XII datato 5 ottobre1824 dispose la riunione di otto delegazioni pontificie in quattro nuove province: Spoleto e Rieti, Viterbo e Civitavecchia, Macerata e Camerino,Fermo e Ascoli.[24][25] Tuttavia, il riparto territoriale definitivo fu emanato solo con il successivomotu proprio del 21 dicembre1827, che precisò i confini della delegazione di Fermo e Ascoli scorporandoneGualdo,Loro,Mogliano,Petriolo eSant'Angelo in Pontano e aggregandoviMontegranaro,Monte San Pietrangeli eSant'Elpidio a Mare. Ristabilì inoltre il tribunale di Ascoli, soppresso tre anni prima.[24] Le nuove delegazioni riunite si aggiungevano all'unica delegazione “bicipite” preesistente (quella di Urbino e Pesaro); la doppia denominazione corrispondeva a un preciso assetto amministrativo, poiché il delegato risiedeva in uno dei capoluoghi, mentre nell'altro era previsto un luogotenente con funzioni specifiche. Nella provincia di Fermo e Ascoli il delegato era insediato a Fermo. In ogni delegazione l'amministrazione dei comuni prevedeva un consiglio comunale (composto da un numero di membri proporzionale alla popolazione residente) e una magistratura.
In questo modo si definirono i confini della provincia di Ascoli Piceno che sarebbero stati ereditati dalRegno d'Italia, salvo soltanto il regolamento di confini con ilRegno delle Due Sicilie che nel1852 determinò, tra l'altro, la cessione diAncarano. L'unità della provincia venne però a cessare conGregorio XVI, che divise nuovamente Ascoli da Fermo. In seguitopapa Pio IX, con l'editto del 22 novembre1850 redatto dal cardinalGiacomo Antonelli[26] dando seguito almotu proprio emesso dal pontefice il 12 settembre1849, riformò il sistema delle delegazioni prevedendo quattro legazioni più ilcircondario di Roma. LaLegazione delle Marche era a sua volta suddivisa nelle tradizionali sei delegazioni istituite da Pio VII (Urbino e Pesaro, Ancona, Macerata con Loreto, Camerino, Fermo, Ascoli). L'atto distingueva cinque classi di comuni in base alla popolazione residente, rappresentata proporzionalmente dal numero dei consiglieri nominati.[27] Come già previsto anche nell'editto del 1816, i consiglieri erano scelti dal delegato, approvati dal Cardinal Prefetto della Consulta e sottoposti al parere della Congregazione.
L'Unità d'Italia determinò di nuovo la riunione delle due province, ma questa volta il capoluogo fu individuato nella città di Ascoli Piceno, mentre Fermo restava sede di un circondario.Vittorio Emanuele II, con il regio decreto n. 4302, del 19 settembre1860, nominavaLorenzo Valerio, politico piemontese e governatore dellaprovincia di Como, quale «Nostro Commissario Generale straordinario nelle Provincie delle Marche»[28]. Questi dipendeva dal Ministero dell'Interno e aveva «sottoposte a se tutte le autorità nelle provincie delle Marche». Valerio, accettata la carica, stabilì per le giornate del 4 e 5 novembre1860 le consultazioni per ilPlebiscito che avrebbe accolto, con il favore del 99,1 dei voti validi, l'annessione delle Marche alRegno di Sardegna, come emesso dal successivo regio decreto n. 4500[29], emanato il 17 dicembre 1860. A questo seguì il regio decreto n. 4495 diEugenio di Savoia-Villafranca del 22 dicembre 1860[29] istitutivo della provincia di Ascoli che fu nominata capoluogo e divenne una delle provincie della regione. Il territorio di competenza fu composto da due circondari quello di Ascoli e quello di Fermo, suddivisi a loro volta rispettivamente in sei e sette mandamenti, i primi rappresentati da diciotto consiglieri provinciali e i secondi da ventidue. Al decreto fu unita la relazione redatta dall'allora ministro dell'InternoMarco Minghetti che spiegava le ragioni del dispositivo contenuto nel documento. La scelta ricadde sulla città ascolana per l'ubicazione della sua centralità geografica e strategica idonea a controllare il territorio del versante centrale che affaccia sul mare Adriatico compreso tra ilChienti e ilVomano. Lo stesso decreto descriveva Ascoli come una città garantista degli ideali patriottico-risorgimentali e di dimostrata fede liberale. Le ragioni profilate non furono ben accolte e condivise dai fermani che manifestarono il loro malcontento per la scelta del capoluogo e forti della loro maggioranza numerica di rappresentanti, appigliandosi al secondo articolo del decreto, si avvalsero della facoltà di proporre al governo, durante la prima sessione del consiglio provinciale, di cambiare la sede da Ascoli a Fermo.
Argomentarono adducendo varie motivazioni tra cui quella riguardante i territori dell'ex regno borbonico. Nelle intenzioni deldecreto Minghetti (22 dicembre1860) la nuova provincia avrebbe dovuto includere anche parte delTeramano, ma il progetto restò lettera morta. I consiglieri fermani rivendicarono la riunione dei mandamenti diAccumoli,Amatrice e Ancarano alla provincia di Ascoli sebbene la decisione non ebbe esito positivo per il veto posto dalle autorità governative. Nella vivace riunione consigliare del 13 marzo1862 i fermani trattarono nuovamente per ottenere lo spostamento del capoluogo nella loro città. Il testo conclusivo del verbale della seduta di quel Consiglio Provinciale evidenziava l'importanza delle ragioni storiche, economiche, sociali e topografiche (in quanto Ascoli trovandosi sul tracciato della via Salaria garantiva un rapido collegamento con la capitale) affinché la nomina restasse alla città. Le polemiche si trascinarono ancora in molte sedute e anche negli anni successivi. Il circondario di Fermo fu soppresso nel1927 dalla riforma amministrativafascista.
Il territorio della provincia ascolana ha subito una drastica decurtazione nell'anno2004, quando con lalegge 11 giugno dello stesso anno, n. 147[30],Fermo è divenuta capoluogo dell'omonima nuovaprovincia operante dal 2009. Il territorio fermano ha riunito un totale di 40 comuni di cui 38 a nord dell'Aso e due a sud del medesimo fiume (Pedaso e Campofilone) sotto una nuova amministrazione. Questa variazione ha ricostituito il territorio fermano in confini parzialmente diversi da quelli del 1860.
Ultimamente si è parlato più volte di una possibile annessione dei comuni teramani dellaVal Vibrata e diValle Castellana[31][32] e dei comuni laziali diAccumoli eAmatrice[33] alla provincia di Ascoli Piceno. Il 7 luglio2010 è stata presentata aNereto la richiesta di annessione dei 12 comuni vibratiani alla provincia marchighiana tramitereferendum. Un primo tentativo di avvicinamento diAmatrice ad Ascoli Piceno è quello della partecipazione del primo allaQuintana del2011[34].
Nel 2020 il comune diValle Castellana ha svolto un referendum per chiedere ai suoi cittadini se volessero passare dell'Abruzzo alleMarche e quindi dalla Provincia di Teramo a quella di Ascoli Piceno, l'esito fu negativo,
«Fedele ai valori già espressi nel corso dell'epopea risorgimentale, le popolazioni picene opposero strenua ed accanita resistenza all'oppressione delle forze germaniche insediatesi col tradimento nel territorio nazionale in seguito all'armistizio dell'8 settembre 1943. Già il 12 settembre l'insurrezione degli ascolani si unì alla reazione del locale presidio militare come risposta all'intimazione di resa da parte di unità tedesche dando inizio a moti di ribellione che durarono fino alla liberazione dell'intera provincia. In nove mesi di dura e aspra lotta emersero fulgidi episodi quali il combattimento sostenuto da forze partigiane aColle San Marco, in cui dal 3 al 5 ottobre caddero trenta giovani cittadini, gli scontri in Castel di Croce, Pozza, Fermo, Montefortino, Umito, Montemonaco e nella zona costiera. I duecentosettantotto caduti in combattimento o fucilati, il gran numero di feriti e deportati, gli arresti e le distruzioni tra un regime di terrore instaurato dalle forze di occupazione, diedero il segno di quanto valore ed eroismo sappiano esprimere genti tradizionalmente pacifiche, quali quelle ascolane, per amore della libertà e della giustizia, a difesa della Patria, contro la prepotenza e l'oppressione. Provincia d'Ascoli Piceno, 9 settembre 1943 – 20 giugno 1944.» — Roma, 9 aprile1973[36]
Dopo lo scorporo dellaProvincia di Fermo la popolazione è passata da 350 000 a circa 198 000 abitanti; considerando soltanto la superficie attuale della Provincia di Ascoli Piceno, dall'Unità d'Italia a oggi ogni censimento decennale ha registrato un incremento della popolazione.
Nel multiforme panorama deidialetti marchigiani le parlate picene o aso-truentine costituiscono un gruppo afferente al tipoabruzzese (meridionale intermedio) piuttosto che a quellomediano. Nei comuni settentrionali, però, l'influsso marchigiano si fa schietto e lungo laValdaso determina una fascia di parlate chiaramente ascrivibili, seppur con qualche peculiarità, almaceratese-fermano-camerte. Alcuni comuni di confine, comeMontalto delle Marche, possono presentare una bipartizione del proprio vernacolo fra il modello ascolano e quello fermano.
Complessivamente i dialetti del Piceno si dividono in tre sottogruppi eterogenei, tutti comunque caratterizzati da un complesso vocalismo. Il truentino (tiposambenedettese), specialmente litoraneo, è in questo senso la variante estrema, potendo giungere a una piena rotazione delle vocali toniche. Risalendo lavalle del Tronto si intensificano gli influssi delcapoluogo, che sconfinano anche nei comuni limitrofi delteramano, caratterizzandosi per la sistematica dittongazione metafonetica. Il gruppo nordorientale di transizione, infine, deve alla sua posizione geografica la realizzazione in alcuni dialetti (ripano, ma su questa scia anchecossignanese egrottese) di un esito inusuale: si tratta infatti del primo e più clamoroso caso riconosciuto di declinazione del verbo nellelingue romanze.[38] La scoperta di questo fenomeno si deve a uno studioso locale, il montefiorano Francesco Egidi,[39] che fu anche autore di unDizionario dei dialetti piceni fra Tronto e Aso.[40]
La provincia di Ascoli Piceno si attesta spesso in buone posizioni nelle classifiche sulla qualità della vita stilate dai due maggiori quotidiani economici,Il Sole 24 Ore eItalia Oggi e dall’associazione ambientalistaLegambiente. La classifica de Il Sole 24 Ore del 2017 che vide al primo posto laprovincia di Belluno, posizionò Ascoli al 15º posto; un anno dopo Italia Oggi la mise al 16º posto.
La cucina del territorio piceno si alterna seguendo le tradizioni dell'entroterra con quelle marinare, mescolando le due tradizioni. Le prelibatezze principali sono leolive all'ascolana, conosciute in tutto il territorio italiano e oltre i confini, generalmente servite assieme ad altri prodottifritti comeantipasto (Il fritto misto all'ascolana), anche se tradizionalmente vengono considerate un secondo piatto. Nella zona di San Benedetto del Tronto e in tutta laRiviera delle Palme, esiste le Olive Ripiene alla Sambenedettese, sono la versione a base di pesce delle olive ascolane.[52]
I primi piatti sono quelli della cucina tipicamente ascolana e sambenedettese, come i "maccheroni alla chitarra",icappelletti, caratteristici tortellini a forma di cappello di prete in brodo di cappone, o iltimballo ascolano, simile alle lasagne, ma con aggiunta dimozzarella eragù di solo manzo. È il piatto delle feste più solenni, come Natale eSant'Emidio[53]. La tradizionale focaccia bianca ascolana è la cosiddettacacciannanzë,condita con aglio, olio e rosmarino. il suo significato alle parole dialettalicaccià, ossia tirare fuori, e 'nnanzë, cioè prima.
Lungo la costa la fa da padrona la tipica cucina marinara a base di pesce dagli antipasti, alle grigliate di pesce e le fritture di paranza. IlBrodetto alla sambenedettese, piatto tipico della zona di San Benedetto del Tronto, è una zuppa di pesce, senza pomodoro (al limite con pomodoro verde) e con l'aggiunta di peperoni e aceto, unica nel suo genere.[54]
Per quanto riguarda gli alcolici, tutta la zona dell'ascolano è nota per la produzione delRosso Piceno Superiore, delFalerio,Passerina eVino Pecorino.Tradizionale delle zone rurali e montane è ilvino cotto, ottenuto dalla concentrazione del mosto mediante cottura, diffuso in tutte leMarche meridionali e parte del vicinoAbruzzo.
Situata sulle rive deltorrente Albula, si estende dalfiume Tesino al fiumeTronto, rappresenta la principale località balenare dellaRiviera delle Palme; la consistentericettività turistica ne fanno una delle mete turistiche balneari più importanti delmare Adriatico. Vanta un importante porto peschereccio e il più grandemercato ittico dell'Adriatico. È caratterizzata da alcune delle architetture più importanti della provincia: laTorre dei Gualtieri costruita tra ilXII e ilXIII secolo, e ilLungomare, inaugurato nel1932, caratterizzato dalla presenza di migliaia dipalme di variespecie. Da sempre San Benedetto si fregia del vessillo dellaBandiera Blu, indice della salubrità delle acque di balneazione così come dell’attenzione posta sulla complessiva qualità ambientale della città.
Città di origini antiche, Giuseppe Marinelli scrive che la nascita dell'insediamento risalirebbe a 1600 anni prima della fondazione diRoma, di notevole interesse turistico, è situata sullaValle del Tronto fra il fiumeTronto e iltorrente Castellano a un'altezza di 154m s.l.m. e dista circa28 km dalmare Adriatico. Il centro di Ascoli è costruito quasi interamente intravertino ed è considerato uno dei più belli dell'Italia centrale, fiore all'occhiello è larinascimentalePiazza del Popolo, una delle piazze più belle d'Italia, nella quale si svolgono eventi legati alle due più importanti e famose manifestazioni cittadine: ilCarnevale e laQuintana, definita come ilsalotto cittadino, è il luogo simbolico per eccellenza della città. La città è anche conosciuta per l'oliva ascolana, specialità gastronomica nata ad Ascoli Piceno e diffusa in tutto il mondo. È la seconda città della provincia di cui ècapoluogo.
Città medievale di notevole interesse turistico, è posta a nord della foce delfiume Tesino, e si sviluppa lungo il litorale dell'Adriatico. Situata a nord diSan Benedetto del Tronto, con cui confina e forma un unicoagglomerato urbano, è parte integrante dellaRiviera delle Palme, notevole è la ricettività turistica, si fregia da diversi anni del vessillo dellaBandiera Blu, è denominata laPerla dell'Adriatico. Fiore all'occhiello della città è il Paese Alto, che ha ricevuto importanti riconoscimenti come quello deiI borghi più belli d'Italia.
L'abitato del paese di Palmiano sorge nella zona collinare del territorionord-ovest dellacatena appenninica del comprensorio ascolano, nella valle del torrenteCinante.
Situato ai piedi delMonte Vettore, le attrazioni del territorio di Montegallo sono rappresentate sicuramente dalle bellezze paesaggistiche e naturalistiche della zona. Oltre alle bellezze naturali sono presenti anche molti luoghi di interesse storico, artistico e religioso.
Montemonaco sorge nell'altavalle dell'Aso, su un leggero pianoro di cresta prospicienteMonte Zampa eMonte Sibilla ad una quota di 988m s.l.m. È per altezza il secondo comune delle Marche.
Fra le diverse aree industriali della provincia, le maggiori sono quella che si sviluppa daCampolungo aCentobuchi, lungo laValle del Tronto, in cui sono presenti numerose aziende di carattere nazionale e internazionale con stabilimenti produttivi attivi nella gomma, carta, prodotti farmaceutici si evidenziano la produzione di elicotteri, quella di mobili per bagno e la trasformazione dei prodotti ortofrutticoli.[55] Di notevole interesse economico sono anche le svariate attività, sia al dettaglio sia all'ingrosso. Nell'economia agricola prevalgono la produzione dell'olio e la vitivinicoltura, si producono ilRosso Piceno (novello eSuperiore) ilFalerio dei Colli Ascolani,Vino Pecorino.[56][57] Diversi gli allevamenti di suini, avicoli, bovini e ovini.[58]Di notevole importanza è ilPorto di San Benedetto del Tronto, l'unico nella provincia, un polo peschereccio e turistico di primaria importanza nazionale, per decenni è stato il principale porto peschereccio d'Italia[59], di vitale importanza era la pesca oceanica, quella sambendettese era una delle marinerie più forti nel mondo con la sua flottiglia di 90 pescherecci oceanici,[60] sebbene in continuo calo, il porto e la marineria sambenedettese, per quantità di pesce pescato e numero di pescherecci è uno dei maggiori mercati ittici d'Italia.[61]
Il turismo montano è rappresentato dalla catena montuosa deiMonti Sibillini, con una lunghezza da nord a sud di circa40 km, presentano numerose cime che superano i 2 000 m di altitudine, come la maggiore del gruppo, ilmonte Vettore. il turismo montano è in forte calo in provincia, dovuto alTerremoto del Centro Italia del 2016 e del 2017, che ha devastato tutte le principali località della comunità montana dell'alto ascolano.[65]
^Fernando Palazzi,Novissimo dizionario della lingua italiana, IV appendice, Milano, 1957.
^La tradizionale considerazione, risalente almeno aFlacco, di Ascoli comecaput gentis, in quanto luogo d'approdo della migrazione picena, è testimoniata in: Alessandro Naso,I Piceni, Milano, Longanesi, 2000.ISBN 88-304-1599-5
^Si ricorda che il vescovo Bernardo II dispose la costruzione di oltre ottantaduetorri gentilizie, che furono abbattute tra le novantuno distrutte nel1242 durante il sacco di Federico II.
^Le norme statutarie ascolane furono stampate da fra Giovanni daTeramo nel convento di Santa Maria di Solestà nel1496.
^La più vicina Offida fu alleata di Fermo che, sempre nella valle del Tronto, contava sul castello di Acquaviva; Ripatransone, pur essendo compresa nel Comitato fermano, era alleata di Ascoli.
^Non è chiaro se gli assedianti siano venuti allo scontro con i mercenari; in questo caso, comunque, parrebbe logico collocare l'evento non al principio dell'assedio (27 febbraio), come si trova in alcune fonti, ma presso il termine di esso (tra il 16 ottobre e il 13 dicembre).
^La sua famiglia infatti era originaria proprio di Ripatransone.
^A. di Niccolò,Cronache della città di Fermo (1176-1557), Firenze, 1870, pag. 120-122.
^A. De Santis,Ascoli nel Trecento (volume II), Grafiche Cesari, Ascoli Piceno, 1988, pag. 174-198.
^Le classi comunali e i consiglieri nominati erano così individuati: la prima classe comprendeva i comuni con più di 20.000 abitanti (36 consiglieri); la seconda quelli con più di 10.000 abitanti (30 consiglieri); la terza quelli con più di 5.000 abitanti (24 consiglieri); la quarta quelli con più di 1.000 residenti (16 consiglieri), la quinta quelli con meno di 1.000 abitanti (10 consiglieri).
«Elenco delle ricompense conferite ai benemeriti in occasione del terremoto calabro-siculo del 28 dicembre 1908 con Regi Decreti 7 e 21 luglio, 9 agosto, 23 settembre 1910; 23 febbraio, 16 marzo, 27 maggio 1911.»
Collezione Celerifera delle Leggi, Decreti, Istruzioni e Circolari pubblicate nell'anno 1861 ed altre anteriori, anno XLI, parte prima, Tipografia Editrice di Enrico Dalmazzo, Piazzetta e via San Domenico 2, Torino 1861, pp. 1–2, 12, 23;
Attilio Zuccagni Orlandini,Dizionario Topografico dei Comuni d'Italia compresi entro i confini naturali dell'Italia, Società Editrice Di Patrii, documenti storico-statistici, Firenze, 1864, pp. 82–83;
Antonio Rodilossi,Ascoli Piceno città d'arte, "Stampa & Stampa" Gruppo Euroarte Gattei, Grafiche STIG, Modena, 1983, pp. 13–15, 21-24;
Automobile Club d'Italia,Guida turistica e cartografica delle province d'Italia (volume III), ACI, Roma, 1990, p. 30;
Antonio De Santis,Ascoli nel Trecento, vol. II (1350 - 1400), Collana di Pubblicazioni Storiche Ascolane, Ascoli Piceno, Grafiche D'Auria, ottobre 1999, pp. 174–198;
Secondo Balena,Ascoli nel Piceno - storia di Ascoli e degli ascolani, Società Editrice Ricerche s.a.s., Via Faenza 13 Folignano, Ascoli Piceno, stampa Grafiche D'Auria, edizione dicembre 1999, pp. 44, 119, 127, 149, 154, 156, 167, 181, 207, 211, 226-227, 229, 234-236, 238, 241, 245-247, 267-268, 316, 329-330, 334-335, 345, 347, 350, 367, 418, 420, 422, 446, 451-452, 461,ISBN 88-86610-11-4;
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G. Petrelli,Cenni istorici per la terra di Mogliano con genealogia e vita di Gentile 2. e 3. suoi signori su documenti raccolti e cronologicamente disposti da Giulio Petrelli di detto luogo, Tipografia Badaloni, 1860
E. Dehò,Paesi marchigiani, Industrie grafiche, 1910
Ingrassetto sono indicate le province il cuicapoluogo è anche capoluogo di regione; incorsivo sono indicate le città metropolitane. Per quanto riguarda leregioni a statuto speciale, in Valle d'Aosta le funzioni della provincia sono espletate direttamente dalla regione; in Trentino-Alto Adige le province sono enti autonomisui generis; il Friuli-Venezia Giulia è diviso inenti di decentramento regionale e la Sicilia inliberi consorzi comunali