Unprigioniero di guerra (in siglaPG[1][2] oPW,[1][3] meno correttamentePOW, acronimo dell'inglese americanoprisoner of war) è ogni persona catturata ointernata da un potere belligerante durante laguerra. L’espressione in senso stretto si applica solo ai membri diforze armate regolarmente organizzate, ma una definizione più ampia include ancheguerriglieri, civili che prendono apertamente le armi contro un nemico e i non combattenti associati a una forza militare.
Decapitazione di soldati cinesi violenti presso Utagawa Kokunimasa, all'inizio dellaprima guerra sino-giapponese (1894)
Nelle guerre più antiche non esisteva la figura del prigioniero: gli sconfitti (combattenti e non) venivano uccisi o resischiavi. Nelle guerre di religione era spesso visto come desiderabile uccidere i nemici, considerati infedeli o eretici.
Quando le guerre iniziarono a cambiare cambiò anche la visione del prigioniero di guerra: durante ilMedioevo e nella primaetà moderna fu molto praticato ilriscatto e la pratica di prendere prigionieri i civili si ridusse.[4]
Alcuni filosofi politici e del diritto durante ilXVI e all'inizio delXVII secolo espressero il loro pensiero sulle condizioni del prigioniero. Il più importante,Ugo Grozio, scrisse nel suoDe iure belli ac pacis (1625) che il vincitore aveva il diritto di schiavizzare il perdente e inoltre appoggiava anche il riscatto e loscambio. Iltrattato di Westfalia (1648) liberò i prigionieri senza riscatto, e viene considerato come la fine dell’era della schiavitù diffusa dei prigionieri di guerra.
Lo sviluppo deldiritto internazionale a partire dalXVIII secolo ebbe conseguenze importanti anche sull'atteggiamento nei confronti dei prigionieri di guerra, che fu discusso anche da importanti filosofi.Montesquieu nel suoLo spirito delle leggi (1748) scrisse che l’unico diritto che lo Stato che deteneva i prigionieri di guerra aveva su di loro era quello impedirgli di fare del male.Jean-Jacques Rousseau edEmmeric de Vattel svilupparono quella che si potrebbe chiamare la teoria della quarantena per la disposizione dei prigionieri. Da questo momento ci fu un miglioramento nel trattamento dei prigionieri
Verso la metà delXIX secolo nel mondo occidentale erano riconosciuti molti principi per quanto riguarda il trattamento dei prigionieri di guerra, ma non sempre venivano rispettati come ad esempio nellaguerra civile americana (1861-65) e nellaguerra franco-prussiana (1870-71). Nella seconda metà del secolo si tentò di migliorare nuovamente il destino dei soldati, infatti nel 1899 e di nuovo nel 1907 le conferenze internazionali all'Aja stabilirono regole di condotta che ottennero un certo riconoscimento nel diritto internazionale. Tuttavia nellaprima guerra mondiale, essendoci milioni di prigionieri di guerra, le regole non sempre venivano rispettate.[4]
La convenzione sul trattamento dei prigionieri di guerra (1929)
Tale convenzione è frutto dell'esperienza della prima guerra mondiale e di quel preciso momento storico in cui la concezione stessa del fenomeno bellico era di una forma assolutamente eccezionale di risoluzione delle controversie tra gli Stati. Questo sembrava aver garantito la pace tra gli stati membri dellaSocietà delle Nazioni ed il raggiungimento di un’organizzazione giuridica della comunità internazionale (si pensi ad esempio a tutti itrattati di non aggressione stipulati negli anni '30).
Nel caso in cui fosse inevitabile ricorrere al conflitto, questo doveva restare nei limiti stabiliti daldiritto bellico, con particolare attenzione allo status di prigioniero di guerra.
I firmatari della convenzione di Ginevra però non potevano tenere conto dei caratteri che avrebbe assunto laseconda guerra mondiale, nel corso del quale l’accordo fu interpretato in modo restrittivo o addirittura ignorato da parte degli stati firmatari, senza poter quindi assicurare ai prigionieri tutte le garanzie che i suoi autori avevano espresso.[5]
La condizione dei prigionieri fu rivista con laterza convenzione di Ginevra del 1949. Si mantenne il concetto espresso in precedenza secondo il quale i prigionieri dovevano essere rimossi dallazona di combattimento ed essere umanamente trattati senza perdita di cittadinanza. Ma allo stesso tempo ha ampliato il significato dell'espressione "prigioniero di guerra", includendo fra i combattenti legittimi non solo i soldati sconfitti ma anche lemilizie, i volontari, gli irregolari e i membri dei movimenti diresistenza, se fanno parte delle forze armate, e anche le persone che accompagnano le forze armate senza essere effettivamente membri, come i corrispondenti di guerra, gli appaltatori di forniture civili e le unità di servizio del lavoro. Lespie possono essere punite solo dopo un processo. I guerriglieri possono essere considerati prigionieri di guerra se rispettano alcune condizioni. Rimangono esclusi dalla qualifica di combattenti legittimi i mercenari.
Inoltre la convenzione sanciva che i prigionieri, quando la guerra era ancora in corso, avrebbero potuto essere rimpatriati o consegnati a una nazione neutrale per la custodia. Alla fine della guerra invece dovevano essere obbligatoriamente rilasciati, ad eccezione però dei prigionieri processati o condannati a pena capitale da procedimenti giudiziari.
La convenzione stabilisce che il prigioniero di guerra è protetto dal momento in cui viene catturato fino al suo rimpatrio. Non si può estorcere nessuna informazione dal prigioniero se non il nome, il grado, la data di nascita e il numero di matricola[6]Il prigioniero deve essere trattato in modo dignitoso e umano, con diritti e doveri simili a quelli delle forze armate di detenzione. Non possono essere attaccati, obbligati a lavori forzati o essere trattati in modo contrario a come è deciso dalla convenzione.Per garantire a chi viene catturato i diritti sanciti dalla convenzione, viene nominato un potere di protezione per agire in nome dei prigionieri, che può essere sia un altro stato ma anche ilComitato internazionale della Croce Rossa (CICR). Quest’ultimo può anche visitare i campi di prigionia. I poteri di protezione devono essere informati se un prigioniero di guerra viene processato o accusato di crimini precedenti alla cattura. In ogni caso il prigioniero mantiene i suoi diritti come prigioniero di guerra.Nel momento in cui un prigioniero cerca di scappare, prima di utilizzare misure estreme, come le armi, bisogna procedere con degli avvertimenti. In caso di morte bisogna procedere con un’inchiesta sul potere detentore e informare il potere di protezione.Alla fine delle ostilità i prigionieri devono essere rimpatriati; è diventato anche comune rimpatriare prigionieri abili prima della fine di un conflitto.[7]
Un esempio recente è quello dellaguerra in Afghanistan in seguito agliattentati dell'11 settembre 2001, nel quale i combattenti catturati sul campo di battaglia sono stati etichettati come "combattenti illegali" e non si videro garantite le protezioni previste dalle convenzioni di Ginevra.
^ Adolfo Maresca,Prigionia bellica, inEnciclopedia Italiana, II Appendice, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1949.URL consultato il 17 maggio 2019.
^Molto spesso è capitato che un prigioniero dichiarasse anche la Forza Armata di appartenenza, come l'allora capitano Cocciolone che, nel corso del notissimo interrogatorio da parte degli iracheni nel 1990, oltre alle informazioni essenziali (nome-gradi-matricola), dichiarò di appartenere all'Aeronautica Militare Italiana, senza però specificare il reparto: ciò è ammesso ma non obbligatorio.