
Conpittura barocca si intende lo stile pittorico che ebbe la sua massima diffusione nelXVII secolo, a partire daRoma, irradiandosi in quasi tuttaEuropa fino oltre ilXVIII secolo.
Il terminebarocco si può intendere in due sensi:
È solo in questo secondo caso che sarebbe proprio parlare di "pittura barocca", riferendosi invece al resto come "pittura dei secoli XVII e XVIII" o, con riferimento solo al primo secolo, "seicentismo".



Architetti, scultori e pittori diventano, grazie alle loro opere, il tramite necessario per toccare con efficacia l'animo dei fedeli. Quindi l'arte diventa un mezzo dellaChiesa cattolica trionfante per persuadere gli eretici, i dubbiosi, ed arginare la pressione protestante sui confini francesi e italiani. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, l'arte deve avere la capacità di sedurre, commuovere, conquistare il gusto, non più attraverso l'armonia delRinascimento, ma mediante l'espressione di emozioni forti.
Il fascino viscerale dello stile barocco deriva da un diretto coinvolgimento dei sensi. Nella pittura barocca non vi era sollecitazione dell'intelletto e sottigliezza raffinata come nelmanierismo, il nuovo linguaggio puntava direttamente alle viscere, ai sentimenti dello spettatore. Veniva impiegata un'iconografia il più possibile diretta, semplice, ovvia, ma comunqueteatrale e coinvolgente. Mai prima di allora era stato così importante lo spettatore, il suo punto di vista, e l'effetto che la decorazione poteva produrre su di lui.
Una sorta di parallelo è possibile con l'ambitomusicale, dove ilcontrappunto prende piede sostituendo lapolifonia, e il tono e l'amalgama orchestrale fa la sua apparizione sempre con maggiore insistenza.
Il pontificato diUrbano VIIIBarberini fu il terreno fertile per lo sviluppo dello stile barocco, finalizzato alla celebrazione del casato del papa e dei suoi nipoti, in una sorta di anticipazione dell'assolutismo.
Il termine "barocco" venne usato per la prima volta a fine Settecento, come complemento negativo rivolto a quegli artisti che si erano allontanati, con le loro bizzarrie, dalla sobria norma classica. Per i teorici del neoclassico, il barocco significava esuberanza ed eccesso di ornamentazione: celebre è rimasta la definizione diFrancesco Milizia, che nel 1781 chiamava la produzione di quest'epoca la "peste del gusto". La riscoperta del barocco è cosa assai tarda, avvenuta pienamente solo nel XX secolo avanzato, quando tante importanti manifestazioni di questo gusto erano state irrimediabilmente distrutte o compromesse (si pensi ai tanti restauri neomedievali e neorinascimentali negli edifici di culto, effettuati eliminando le stratificazioni successive e perpetrati fino al secondo Dopoguerra). Fu proprio il carattere "anticlassico" e l'innegabile originalità che portarono alla riscoperta del barocco e alla sua valorizzazione, prima negli studi specialistici e poi, attraverso mostre e pubblicazioni divulgative, anche tra il grande pubblico.

Alla fine del XVI secolo, mentre ilmanierismo si andava spegnendo in repliche sempre più convenzionali e ripetitive, in molti centri italiani si andava diffondendo il gustocontroriformato, sobrio e semplice, in grado da essere compreso da tutti i ceti. Se aMilano e aFirenze la sobrietà si traduceva talvolta in una certa rigidità severa, con una semplificazione geometrica delle composizioni, altri centri sviluppavano soluzioni differenti, maggiormente ricche.Venezia in particolare offriva l'esempio diVeronese eTintoretto, con le loro composizioni ardite e l'impareggiabile senso del colore, mentre aParma si riscoprivano colLanfranco, dopo decenni di oblio, le spregiudicate soluzioni diCorreggio eParmigianino.
Questo avveniva mentre la Chiesa, rafforzata dallaControriforma, disponeva di ingenti somme da reinvestire in nuove committenze artistiche, sempre più ambiziose e gradualmente più tolleranti verso la contaminazione con temi profani. Il centro di questo processo eraRoma, dove si concentrano ormai tutti gli artisti, italiani e non, in cerca di nuovi stimoli e maggior fortuna.
I primi a sviluppare qualcosa di diverso furono i fratelliCarracci, che tra il 1598 e il 1606-1607 trionfarono nella decorazione dellaGalleria Farnese, ai quali si accodarono poi una serie di emiliani qualiDomenichino,Guido Reni eGuercino. Dopo le morti precoci diAnnibale Carracci (1609) e diCaravaggio (1610) il mondo artistico sembrò dividersi in due: vi erano icaravaggeschi con la loro estrema verità ottica e sociale, e dall'altra parte i "classicisti", che rielaboravano gli stili storici fornendone una lettura nuova ed eclettica.
La piena padronanza della tecnica pittorica, necessaria per i traguardi che raggiungerà il barocco, venne anticipata dall'attività diRubens a Roma, che diede dimostrazione delle sue capacità nella decorazione dell'abside dellachiesa di Santa Maria in Vallicella (1608), con le tre grandi pale dellaMadonna della Vallicella e dei santi laterali, composti come uno schema unitario connesso strettamente allo spazio architettonico e alla luce naturale presente. Nel riquadro centrale prevale un'idea dell'insieme rispetto alle singole figure, con un senso di movimento rotatorio corale, accentuato dalla colora di angeli e cherubini. Il colore è caldo e vitale, come appreso dall'artista a Venezia, e forte è il senso dipathos e di energia. In Rubens vi è la potenza fisica delle figure diMichelangelo Buonarroti, la grazia diRaffaello Sanzio, il colore veneto,tizianesco, e una nuova e preponderante carica energetica.
Nel1621 arrivò a RomaGuercino, al seguito del neoelettoGregorio XV, entrambi di origini emiliane. In appena un anno di soggiorno lasciò a Roma opere memorabili come l'Aurora nelCasino Ludovisi, dove le figure si sovrappongono allo spazio architettonico fondendosi con esso e ottimizzandosi al punto di vista dello spettatore, a differenza della quasi coevaAurora Pallavicini del conterraneoGuido Reni, dove la rappresentazione equivale invece a una tela appesa al soffitto, chiaramente delimitata e senza una visione "da sott'in su". Già in Guercino l'occhio di chi guarda è invitato a percorrere tutta la scena senza sosta, attratto dalla concatenazione degli elementi, all'insegna di un voluto effetto di movimento e instabilità, con una luce morbida e il colore steso a macchie. Tali effetti vennero replicati nelSan Crisogono in gloria (oggi aLondra,Lancaster House) e soprattutto nella grande pala dellaSepoltura e gloria di santa Petronilla (1623), destinata alla basilica di San Pietro e oggi aiMusei Capitolini. Questi spunti furono essenziali per la nascita del nuovo stile "barocco".


Guercino e Rubens, quindi, furono gli apripista della nuova stagione che avrà una definitiva consacrazione nel terzo decennio, nell'opera diGian Lorenzo Bernini.
Ma in pittura, la prima opera pienamente "barocca", in cui si trovano tutte le caratteristiche di questo "terzo stile" (tra caravaggismo e classicismo), è la decorazione della cupola diSant'Andrea della Valle diGiovanni Lanfranco (1625-27), non a caso un parmense, che riprendeva e aggiornava ai contributi più innovativi la lezione delle cupole delCorreggio nella sua città. In questo enorme affresco lo spazio reale è esaltato dalla creazione di cerchi concentrici fluidi e instabili, in cui i personaggi si muovono liberamente e, grazie alla luce, creano un senso di rotazione ascendente che ha il suo culmine al centro e simula un'apertura diretta verso il paradiso celeste.
La maturità della pittura barocca si ebbe con le gigantesche imprese decorative diPietro da Cortona, per esempio nellavolta del salone dipalazzo Barberini (1633-39) a Roma. La sua tecnica prodigiosa e spericolata venne presto seguita da un buon numero di adepti, e ilcortonismo diventò così il linguaggio della pittura monumentale, un perfetto mezzo di propaganda per committenze laiche e religiose in cui apoteosi grandiose sono spinte verso l'altro da effetti luministici e prospettici anche grazie all'uso dellequadrature (per creare le architetture vi erano infatti degli specialisti, detti "quadraturisti").
Le novità dell'opera di Pietro da Cortona furono evidenti fin dai contemporanei, in particolare contrapponendo questo stile delle molte figure in movimento a quello più sobrio e statico diAndrea Sacchi (pure attivo in palazzo Barberini con l'Allegoria della Divina Sapienza): teatro del dibattito è l'Accademia di San Luca, di cui Pietro da Cortona fu principe dal 1634 al 1638. Paragonando la pittura alla letteratura, per Pietro da Cortona le figure compongono un "poema epico", ricco di episodi, mentre per il Sacchi esse partecipano una sorta di "tragedia", dove unità e semplicità sono requisiti fondamentali.

Tra i centri in cui lavoròPietro da Cortona spicca Firenze, dove fu a lungo al lavoro per iMedici nella decorazione dipalazzo Pitti e in altre imprese religiose. L'impatto del suo stile sulla scuola locale, accresciuto dalla lunga presenza del suo allievo più fedeleCiro Ferri, fu dirompente, anche se non di immediato acchito. Il primo artista locale che si fece pienamente coinvolgere fu ilVolterrano.
Giovanni Lanfranco lavorò a lungo a Napoli, creando le condizioni per l'attecchire nel sud-Italia del gusto barocco, che ebbe i suoi esponenti più significativi inLuca Giordano eFrancesco Solimena. Il primo dei due viaggiò per tutta l'Italia e fu uno straordinario divulgatore delle novità. A Firenze, proprio dove più aveva operato Pietro da Cortona fuori Roma, nellagalleria di Palazzo Medici-Riccardi creò un enorme affresco dove però, a differenza di Pietro da Cortona è ormai assente qualsiasi impaginazione architettonica, secondo una libertà compositiva che preannuncia già la leggerezza aerea settecentesca.
Il successo di Pietro da Cortona spinse comunque molti artisti ad avvicinarsi al suo stile. Allievi diretti della prima ora furonoGiovan Francesco Romanelli (allontanato dal maestro perché si era posto in rivalità con lui già nel 1637 e preso a protezione daGianlorenzo Bernini),Giovanni Maria Bottalla eCiro Ferri; della seconda ora (dopo il 1655)Lazzaro Baldi,Guglielmo eGiacomo Cortese,Paul Schor,Filippo Lauri. Romanelli venne chiamato a Parigi dal cardinaleFrancesco Barberini, e fu un fondamentale artista alla corte delRe Sole.
Il passaggio diRubens aGenova, seguito daVan Dyck, aveva inoltre acceso un precoce interesse verso il nuovo stile in Liguria.Gregorio de Ferrari realizzò nel capoluogo ligure ampie decorazioni scenografiche ed esuberanti. Proprio un genovese, ilBaciccio, realizzerà un'altra opera chiave del percorso del barocco a Roma, la volta dellachiesa del Gesù, chiamato dallo stesso Bernini. Sempre nella cerchia di Bernini fuLudovico Gemignani, artista pistoiese che fece fortuna sotto il conterraneopapa Clemente IXRospigliosi, e il cui padreGiacinto era stato un altro allievo diretto di Pietro da Cortona.
Il ruolo dei Gesuiti nella diffusione dello stile barocco è testimoniata dalle importanti commissioni riservate al confratelloAndrea Pozzo, autore di straordinarie illusioni ottiche di volte aperte sul cielo, prima a Roma e poi in altri centri, compresaVienna.
Nell'ultimo quarto dei Seicento le richieste di committenze artistiche in chiese e palazzi si moltiplicarono e lo stile barocco era ormai un tripudio di interpretazioni eclettiche, diffuse da artisti delle più varie estrazioni artistiche. Tra i nomi di quest'ultima fase spiccanoAntonio eFilippo Gherardi,Domenico Maria Canuti,Enrico Haffner,Giovanni Coli,Giacinto Brandi. A chiudere il secolo spicca su tutte la già citata figura del napoletanoLuca Giordano, che preannuncia ormai soluzioni più aperte e vaste, anticipatrici dellapittura rococò.
In Francia, la pittura barocca si diffuse inizialmente grazie aSimon Vouet, pittore parigino installato a Roma negli anni dieci e venti del Seicento, che fece il suo ritorno in patria nel 1627, ricevendo importanti commissioni da parte del re, dei grandi nobili e dalle maggiori chiese parigine. A Parigi, il suo stile evolvé verso un più grande classicismo con meno effetti chiaroscurali che segnò fortemente la pittura francese dei decenni successivi.

Tra le componenti fondamentali dell'arte seicentista c'è quella delnaturalismo, che ha il suo fulcro nel cosiddetto "Seicento lombardo". Nata dall'osservazione della natura diCaravaggio e cresciuta con le indicazioni diCarlo eFederico Borromeo, questa pittura, che ha il suo centro propulsore inMilano, utilizzava un linguaggio severo e drammatico in scene fortemente narrative, in quadri che sono sempre un miscuglio di realtà concreta, quotidiana, e una visione mistica e trascendentale dell'umanità e della fede. Campioni di questa tendenza sonoGiovan Battista Crespi,Giulio Cesare Procaccini,Daniele Crespi ePier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, che costituiscono il gruppo dei cosiddettipittori pestanti milanesi.
A differenza deipittori controriformati, i naturalisti mettevano sullo stesso piano ogni elemento del mondo sensibile, senza omettere dettagli secondari rispetto a un ideale di bellezza e di decoro. Si trattava di princìpi legati anche a particolari significati filosofici e religiosi, secondo i quali ogni manifestazione, quale riflesso del Divino, è degna di venire rappresentata in tutti i suoi molteplici aspetti.
Questa corrente si diffuse in maniera trasversale attraverso iseguaci di Caravaggio, attecchendo soprattutto nei paesi di dominazione spagnola: dallaLombardia alRegno di Napoli (Battistello Caracciolo,Carlo Sellitto,Filippo Vitale,Massimo Stanzione), dalleFiandre (icaravaggisti di Utrecht) alla penisola iberica (Velàzquez,Zurbaràn,Ribera).
Sebbene si tratti di un termine assai recente, con riguardo allapittura olandese del Secolo d'oro, si può parlare di "realismo" inteso some sottospecie dinaturalismo.
L'indipendenza delleProvince Unite portò alla ribalta laChiesa calvinista, la quale rifiutava le immagini sacre, producendo inizialmente una sospensione della produzione artistica. Prontamente però gli artisti seppero dedicarsi a nuovi generi, dedicati alla decorazione delle abitazioni della fiorente borghesia: per la prima volta in Europa nacque una pittura "borghese" dove, su supporti medio-piccoli, alcuni generi fino ad allora di nicchia, quali ilpaesaggio, lanatura morta, i temi morali, i ritratti e gli autoritratti, acquistavano la dignità della migliore produzione pittorica. Gli olandesi, seguendo le orme della loro tradizione artistica, avevano uno sguardo particolarmente acuto verso gli aspetti "reali" degli ambienti, dei caratteri e del costume, in cui il dato oggettivo appare filtrato dalla sensibilità dell'artista.
Già dalla fine del Cinquecento la reazione alManierismo e al Naturalismo si diffonde una teoria del "bello", secondo la quale gli artisti, pur senza rinnegare la verosimiglianza, si investivano della capacità di selezionare il perfetto, l'ordine e la bellezza rispetto all'imperfezione, al caos e alla deformità. Quindi il pittore, riallacciandosi alle esperienze diRaffaello nel Rinascimento e al mondo dell'arte greco-romana, poteva giungere alla massima perfezione filtrando il dato reale.
Aderirono a questa corrente ipittori emiliani (soprattuttoDomenichino, l'Albani, ilSassoferrato), ai quali si ispirarono i francesi qualiNicolas Poussin eClaude Lorrain.
L'olandesePieter van Laer venne soprannominato a Roma il "Bamboccio", per le sue deformità fisiche. Il termine "bambocciante" finì per indicare il suo gruppo di emuli e seguaci, non senza intenti canzonatori, che reinterpretarono il naturalismo caravaggesco alla luce del genere popolaresco tipicamente olandese. Rispetto a Caravaggio, come già messo in luce dalBellori, essi però pescavano i soggetti nel mondo dei più umili, e pur godendo del favore di alcuni collezionisti, vennero stigmatizzati dai teorici del tempo.
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