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Lingua pittica

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Pittico
Parlato inPittavia
PeriodoFino all'Alto Medioevo
Parlanti
Classificaestinta
Altre informazioni
ScritturaAlfabeto ogamico
Tassonomia
FilogenesiLingue indoeuropee
 Lingue celtiche
Codici di classificazione
ISO 639-1xpi
ISO 639-3xpi (EN)
Glottologpict1238 (EN)
Manuale

Ilpittico (codiceISO 639-3 xpi) è unalingua celtica estinta parlata dall'antico popolo deiPitti, che un tempo abitava nell'attualeScozia, nel territorio a nord della lineaGlasgow-Edimburgo.

Classificazione linguistica

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L'evidenza ditoponimi eantroponimi dimostra la diffusione e l'influenza dell'antica lingua pittica. I toponimi spesso ci permettono di dedurre l'esistenza di insediamenti storici dei Pitti in Scozia. Quelli con il prefissoAber-,Lhan-,Pit- oFin- indicano regioni abitate in passato dai Pitti (per esempioAberdeen,Lhanbryde,Pitlochry oFindochty). Dal punto di vista linguistico vi sono comunque forti prove che ad un certo punto almeno alcuni degli abitanti dell'area pittica parlasserolingue celtiche insulari legate alle più meridionalilingue brittoniche[1]. Ciò non costituisce però un sicuro indizio dell'appartenenza del pittico alle lingue celtiche, come dimostrano alcune testimonianze raccolte già nei tempi antichi, soprattutto ad opera dei primi monaci cristiani operanti nella regione:Columba di Iona,gaelico, usò un interprete nella terra dei Pitti;Beda il Venerabile affermava che il pittico era una lingua distinta da quella parlata daiBritanni, dagliScoti e dagliAngli.

L'ipotesi celtica

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Secondo l'opinione tradizionale gaelica — oggi però contestata da molti studiosi — il pittico sarebbe identico al o discenderebbe dalgruppo brittonico che iGaeli chiamavano, e ancora chiamano,Cruithne. Il termineCruithne è verosimilmente imparentato con ilgallesePrydain, nel quale vediamo la normale corrispondenza fonetica tra /k/ goidelica e la /p/ brittonica (entrambi i suoni vengono dall'indoeuropeo /kw/). Dal brittonicoPrydain (o piuttosto dalla sua forma più anticaPretani) deriva (attraverso ilLatino) la parola ingleseBritain, "Britannia". Una ricostruzione del pittico è stata tentata e utilizzata nel filmKing Arthur (2004).

Il primo ad avanzare l'ipotesi di una parentela fra il pittico ed il gaelico fu lo studioso umanista (e parlante gaelico nativo)George Buchanan nel1582. A lui si sono poi rifatti molti studiosi successivi[2].

L'ipotesi del pittico come unalingua brittonica (compatibile con l'affermazione di Buchanan dell'affinità con il gaelico) fu ripresa agli inizi delXIX secolo dall'antiquarioGeorge Chalmers, secondo il quale il pittico ed il britannico erano in realtà la stessa lingua[3]. Lo studioso celticoWhitley Stokes sostenne che il pittico era strettamente imparentato con il gallese[4] ed il toponimistaWilliam J. Watson dimostrarono, con un accurato studio dei toponimi scozzesi, l'esistenza di una lingua brittonica dominante nelle aree storiche dei Pitti e conclusero che la lingua pittica fosse un'estensione settentrionale del britannico, mentre il gaelico sarebbe stato un'introduzione successiva proveniente dall'Irlanda[5].

William Forbes Skene nel1837 sostenne che il pittico era unalingua goidelica affine al modernogaelico scozzese[6]. Questa opinione, implicante invasioni indipendenti dell'Irlanda e della Scozia da parte di invasori goedelici, godette di grande popolarità nella Scozia delXIX secolo, poiché scontava un'influenza irlandese nello sviluppo della Scozia gaelica[7]. In realtà, è probabile che ci sia stata un'influenza delle invasioni degli Scoti dall'Irlanda sull'evoluzione del gaelico scozzese, ma la maggioranza degli studiosi a partire da Stokes nel1890 l'hanno considerata una lingua celtica-P[8].

Le ipotesi non celtiche

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Nel1789John Pinkerton tentò di dimostrare che i Pitti provenivano dallaScandinavia e che la loro lingua era di originegermanica, precorritrice delloscots moderno[9]. Le sue prove, però, erano discutibili e spesso bizzarre, tese a dimostrare una presunta inferiorità dei Celti[10].

John Rhys, nel1892, muovendo dalle iscrizioniogham apparentemente inintelligibili rinvenute nelle aree pittiche di tipo storico, tentò dapprima di avvicinare il pittico allalingua basca[11], ma in seguito ipotizzò che derivasse da una non meglio precisata lingua nonindoeuropea[12].Heinrich Zimmer prese una posizione simile, sostenendo che il pittico era fondamentalmente "non ariano" (cioè, non indoeuropeo), rivestito di goedelico e brittonico. La sua opinione era influenzata dallo studio delle iscrizioni di Rhys, insieme alla constatazione di pratiche culturali dei Pitti che egli considerava non indoeuropee, come il tatuaggio e la matrilinearità[13]. Questa posizione è stata generalmente accettata per gran parte delXX secolo da studiosi come MacNeill e Macalister[14]. Tentativi occasionali di accostare il pittico a lingue non indoeuropee moderne sono stati fermamente rigettati dal mondo accademico[15].

Nel tentativo di distaccarsi dall'ipotesi tradizionale, nel1955Kenneth H. Jackson ha ipotizzato che ci fossero due diverse lingue pittiche, unabrittonica e una nonindoeuropea, che sarebbe stata utilizzata per le iscrizioniogham[16]. L'ipotesi di Jackson si inseriva nell'opinione allora corrente che un'élite brittonica, identificata come i costruttori deibroch, fosse migrata dal sud della Britannia nel territorio pittico, dominando una maggioranza pre-celtica[17]. Questa ricostruzione tentava di riconciliare le evidenti difficoltà di traduzione dell'ogham notate in precedenza da Rhys con le schiaccianti prove di una lingua pittica brittonica. Jackson si è accontentato di liquidare le iscrizioni ogham come intrinsecamente inintelligibili[18].

Il punto di vista di Jackson è stato condiviso da molti, dominando il panorama accademico della seconda metà delXX secolo.Francisco Villar[19] include il pitto tra le lingue dal carattere non-indoeuropeo. Recentemente, però, basandosi sui progressi nello studio dell'origine deibroch (visti ormai come un prodotto indigeno) e nella traduzione dell'ogham, gli studi diKatherine Forsyth hanno contestato questa idea. La Forsyth, infatti, scrive (Forsyth1997, p. 37) che"sulla base delle evidenze attuali l'unica conclusione accettabile è che, dal tempo delle nostre prime fonti, c'è stata un'unica lingua parlata nella terra dei Pitti, il riflesso più settentrionale del Brittonico"[20]. Il dibattito è quanto mai aperto.

Note

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  1. ^Watson (1926); Jackson (1955); Forsyth (1997); Price (2000)
  2. ^Tutte le altre ricerche sul pittico sono state descritte come un poscritto all'opera di Buchanan. Questa affermazione sembra però una semplificazione eccessiva: Forsyth (1997) offre un breve resoconto del dibattit; Cowan (2000) può essere utile per una visione più ampia.
  3. ^Chalmers (1807), pp. 198-224
  4. ^Stokes (1990), p. 392
  5. ^Watson (1926)
  6. ^Skene, (1837) pp. 67-87; Fraser (1923)
  7. ^Jackson (1955), p. 131; Forsyth (1997), p. 6
  8. ^Stokes (1890)
  9. ^Pinkerton (1789)
  10. ^Fergusson (1998)
  11. ^Rhys (1892)
  12. ^Rhys (1898)
  13. ^Zimmer (1898)
  14. ^MacNeil (1938-1939); MacAlister (1940)
  15. ^Vedi Trask (1997), pp. 390-392 per una rassegna dei tentativi di accostare il pittico al basco. Più recentemente un'origineugrofinnica è stata proposta dal ricercatore diAtlantidePaul Dunbavin (1998). Anche questa teoria, però, non è stata presa seriamente dal mondo accademico, vedi Samson (1999)
  16. ^Jackson (1955)
  17. ^Vedi, ad esempio, Piggott (1955)
  18. ^Jackson (1955); Jackson (1977)
  19. ^Francisco Villar, Gli indoeuropei e le origini dell'Europa, Bologna, Il Mulino, 1997, p.88 e 111.
  20. ^Forsyth (1997); vedi Forsyth (1998) per una rassegna generale sui progressi nella comprensione dell'ogham.

Bibliografia

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