«Sia ne la fiamma avventuroso il core come Pirausta entr’à fornace ardente; che nel foco non pur non langue, ò muore, ma da l’incendio suo tragge diletto, e divien ne l’ardor viè più possente.»
Lapirausta (anche al maschile: il pirausta[1]; dallatinopyrausta, che sono dalgreco πυραύστης, composto di πῦρ,pŷr, "fuoco" e αὔω,aúō, "accendere"[1]), chiamata anchepirali[2],piralide opirallide[3] (latinopyrallis) opirigone[4] (latinopyrigon[5]), è unacreatura leggendaria, descritta da vari autori dell'antichità e dell'era moderna. Le descrizioni, pur centrate tutte sulla preminenza del fuoco, divergono: la tradizione più diffusa vuole che la pirausta sia un insetto poco più grande di unamosca, che nel fuoco nasce e si sviluppa, osservato originariamente nelle fonderie del rame diCipro; una posizione minore, più modestamente, le attribuisce invece i caratteri tipici di unafalena: l'attrazione per le fiamme e la conseguente morte per combustione.
Una delle apparizioni più antiche del termine si trova nell'opera del celebre tragediografo grecoEschilo, che dedica alla pirausta un intensotrimetro[6]:
(italiano) «grandemente pavento il folle fato della pirausta.»
La creatura sembra qui essere una comunefalena, che, attratta dal bagliore della fiamma, vi vola incontro fino a bruciare viva. Il verso di Eschilo è ripreso da autori successivi (vediinfra), tra cuiEliano eAldrovandi.
Nel libro V della suaStoria degli animali, nel considerare le modalità e i luoghi della riproduzione degli insetti,Aristotele parla di un insetto poco più grande di un moscone, dotato di zampe e ali, che si genera e vive nel fuoco. Ilfuoco, distruttivo per le altre forme di vita, è essenziale per questa piccola creatura: se infatti la si rimuove dalle fiamme, essa spira.
(italiano) «ACipro, nei luoghi dove fondono il minerale di rame, con mucchi del minerale accumulati giorno dopo giorno, un animale è generato nel fuoco, poco più grande di unmoscone, dotato di ali, capace di saltare o zampettare nelle fiamme. E i bruchi [di cui si era parlato prima] e questi altri animali periscono quando si tolgono i primi dalla neve e i secondi dal fuoco. Ora, lasalamandra è un chiaro indizio in proposito, per mostrarci che esistono animali che il fuoco non può distruggere; perché questa creatura, così si dice, non solo cammina nel fuoco ma, nel farlo, lo spegne.»
Lucio Anneo Seneca, nelle sueQuaestiones Naturales, potrebbe dare l'impressione che tali creature siano generatedal fuoco[7]; Aristotele tuttavia dice chiaramenteἐν τῷ πυρί, "nel fuoco", e nonἐκ τοῦ πυράς, "dal fuoco". Seneca, ragionando sulla nascita degli esseri viventi dai diversielementi, dichiara di sfuggita:
(latino) «[...] est ergo aliquid in aqua vitale. De aqua dico? Ignis, qui omnia consumit, quaedam creat et, quod videri non potest simile veri, tamen verum est, animalia igne generari.»
(italiano) «[...] c'è dunque nell'acqua un elemento vitale. Nell'acqua, ho detto? Il fuoco, che tutto consuma, crea anche, e – il che non sembra vero, eppure lo è – vi sono animali generati dal fuoco.»
Plinio il Vecchio riprende Aristotele nella suaStoria naturale, aggiungendo alcuni dettagli: la piralide è dotata di quattro zampe e le sue ali sono atte al volo:
(latino) «Gignit aliqua et contrarium naturae elementum. Siquidem in Cypri aerariis fornacibus et medio igni maioris muscae magnitudinis volat pinnatum quadrupes; appellatur pyrallis, a quibusdam pyrotocon. Quamdiu est in igni, vivit; cum evasit longiore paulo volatu, emoritur.»
(italiano) «Alcune creature sono generate anche dall'elemento naturale contrario. Infatti nelle fonderie del rame di Cipro anche nel mezzo delle fiamme vola una creatura con le ali e quattro zampe, della taglia di una grossa mosca; è chiamata piralide, opyrotocon da altri. Finché rimane nel fuoco essa vive; ma, quando lo lascia con un volo piuttosto lungo, muore.»
Claudio Eliano, nel suoDe animalium natura, parla della pirausta e della pirigone in due passi diversi. Le due creature tuttavia non coincidono, e anzi presentano caratteri opposti. Il primo è il passo della pirigone:
(latino) «In montibus, terra, marique nasci animalia nihil mirum; nam materia, et nutrimentum, et natura horum causa est. Ex igne vero generatos volucres exsistere nuncupatos Pyrigonos, et in eo ipso igne vivere et ali, hucque et illuc volare, hoc admirandum est. Illud item admirationem excitat, cum ex igne nutricio egrediuntur, et frigidum coelum attingunt, statim exeunt e vita. Quae autem causa sit, igne ut nascantur, contraque aere extinguantur, aliis dicendum relinquo.»
(italiano) «Non è una grande meraviglia che gli esseri viventi nascano sulle montagne, in terra e nei mari, giacché le cause sono la materia, il cibo e la natura. Ma è stupefacente che dal fuoco sorgano creature che gli uomini chiamano pirigoni, e che queste vi vivano e vi prosperino, volando avanti e indietro in esso. E, il che è la cosa più straordinaria, quando queste creature rimangono al di fuori dell'area del calore cui sono abituate, e respirano aria fredda, muoiono di colpo. Il perché queste nascano nel fuoco e muoiano nell'aria lascio che siano altri a spiegarlo.»
Alcuni traduttori hanno identificato questa pirigone con lalucciola[8].
Troviamo la pirausta più avanti, nel libro XII. Qui Eliano descrive una creatura del tutto differente dalla prima e simile a una comune falena, che risulta attratta dalle fiamme e ne è uccisa.
(latino) «Pyrausta animal est, quod igitur fulgore gaudet; et ad lucernas advolat, cum flamma maxime viget, atque inde se aliquid adepturum putat: magno autem impetu in eam illapsus comburitur.»
(italiano) «La pirausta è una creatura che gode del fulgore del fuoco; e vola verso le lampade che ardono con la fiamma più intensa, e poi ci finisce dentro per la propria irruenza, e vi brucia a morte.»
A chiusura di questo passo Eliano cita il passo di Eschilo di cui sopra. Alcuni traduttori hanno voluto identificare questa seconda creatura con latarma minore della cera[9].
(inglese) «That some mens bodies have endured the fire without pain and burning, is not more strange then true; which may be done three manners of ways: [...] 3. The body is made sometimes to resist fire by natural means, as by unguents; [...] The Salamander also liveth sometimes in the fire, though not so long as some have thought.Pyraustæ are gendred in the fire; SoAristotle andScaliger.»
(italiano) «Che alcuni corpi abbiano sopportato il fuoco senza soffrire né bruciarsi, non è più strano che vero; la qual cosa può essere fatta in tre diversi modi: [...] 3. Il corpo è reso in quei momenti resistente al fuoco per vie naturali, come per mezzo di unguenti; [...] Anche la salamandra vive a volte nel fuoco, per quanto non a lungo come taluni hanno creduto. Le pirauste si generano nel fuoco; così [dicono] Aristotele eScaligero.»
(Alexander Ross,Arcana Microcosmi, libro II,capitolo 1, 1)
La pirausta, in entrambe le sue caratterizzazioni, ricorre nell'uso poetico e letterario italiano, in particolare nelperiodo barocco. Nel linguaggio mistico, la pirausta è spesso immagine dell'anima che anela all'Empireo o vi è immersa.
Lo zoologoKarl Shuker, nel suoDraghi: una storia naturale, fornisce una descrizione più dettagliata della piralide[19]:
«Questo eccezionale animale, non più grande di una grossa mosca, somigliava a un insetto con quattro zampe, corpo di colore bronzo brunito e ali dorate. La testa, però, era quella di undrago.»
L'autore tuttavia non precisa da quale fonte siano tratte queste informazioni.
^(EN)Nota 56: «Seneca may leave the impression that these are generatedfrom the fire [...]». Seneca scrive infattigenerari igne; la parolaigne, essendo un ablativo semplice, può qui solo significare un complemento di causa efficiente: ergo "dal fuoco".
«Com’amano il terren talpe e serpenti, come pirauste e salamandre il foco, [...] così sono a costor care e gioconde la terra e l’aria e le faville e l’onde.»
«La cagion poi o buona, o rea s'ascrivi a chi n'offre al Comasco aspra mercede, qui son Pirauste, Salamandre, e 'l bello che ne l'ardor s'eternaArabo Augello.»
«L'impiego poi di questo fuoco celeste, o vogliamo dir, Cielo focoso, è primieramente di conservare nella tempra lor debita ipianeti, che vi passeggiano, dicono alcuni, come pesci nell'acqua, e direbbon forse meglio, come pirauste nel fuoco.»
«Fate che vi ricordi, che sì come di fuoco vivono le Pirauste con legge tale di natura, che se per volo un po' lunghetto da quello si scostano; tosto raffreddate si muoiono; somigliantemente, fanno alcune anime belle, quali erano inLiegi quelle Vergini raccordate da Giacomo di Virriaco, le quali, se loro veniva negato questo fuoco languivano subito di mortalissimi svenimenti*»
«Vero è dunque che ogni cosa d’anima sia piena, poiché tutte calor contengono; e, quel ch’è mirabile, non solo di blando calore, ma di possente avvivarsi le pirauste, che son farfalle, nelle fornaci di Cipro Plinio vide, che, di scorza salda e delicata cinte, sono dal licor fuso e indurato estratte. Or, poi che l’anima di niente non si fa, e sempre dal calore generar si vede, ché nei ghiacci e nevi animali non nascono, è forza dire che il calor sia il suo agente, e ch’essa, fiato.»
«Poveri giusti, che se bene aggiustati al modello de' superni voleri cercavano di ridur le sue brame alla misura delle celesti disposizioni: non potendo adognimodo gittarsi di dosso le vampe del santo appetito, svisceranti dal cuore il coccior delle voglie, trangosciavano benché felici, tormentate Pirauste degli stessi lor desiderj.»