IPatrimonia furono l'insieme dei beni immobili (tra cui ilatifondi) di proprietà dellaChiesa cattolica inItalia. Essi furono amministrati dalla Chiesa di Roma come proprietà privata, quindi non vanno confusi con ilpotere temporale dellaSanta Sede come soggetto di diritto internazionale.
Formatisi dopo l'Editto di Costantino (313), essi si accrebbero nei secoli seguenti, soprattutto per donazioni[1]. Particolarmente estesi e redditizi furono i possedimenti della Chiesa inSicilia.
In conseguenza di importanti avvenimenti, quali l'invasione della Sicilia da parte degli Arabi e la pressione deiLongobardi sui confini settentrionali dell'Esarcato d'Italia, nel corso dell'VIII secolo la Chiesa concentrò i propri possedimenti terrieri nell'Agro Romano (cioè nella campagna intorno all'Urbe), congiungendoli con i latifondi delravennate e delDucato di Spoleto (comprendente all'epoca l'Umbria e leMarche).
Le proprietà terriere della Chiesa di Roma erano organizzate amministrativamente in complessi (patrimonia) che prendevano il nome dalla provincia o da una grande città. Al tempo diGregorio Magno (590-604) erano i seguenti[2]:
IPatrimonia non dovevano essere necessariamente uniti, ma potevano essere gruppi di terreni anche staccati dal nucleo centrale (ex corpore patrimonii). Ciascun patrimonio era amministrato da unrector dipendente direttamente dalPapa e residente nelPalazzo Laterano. Ilrector aveva alle sue dipendenze alcuni funzionari. Il primo tra essi era ildefensor, colui che amministrava la proprietà fondiaria. Vi erano poi ichartularii e gliactionarii[2].
Nell'Agro Romano (cioè nella campagna intorno all'Urbe) furono i seguenti: