Pietro Barbo nacque aVenezia il23 febbraio 1417[2][3] da Niccolò Barbo ePolissena Condulmer. IBarbo erano una ricca famiglia delceto patrizio dedita ai commerci, ma al loro prestigio contribuivano soprattutto le parentele illustri: per parte di madre, Pietro era pronipote diGregorio XII e nipote del cardinale Gabriele Condulmer (divenutoEugenio IV).[4]
Fu proprio quest'ultimo, ancora cardinale, a distoglierlo dalla mercatura, cui era stato inizialmente destinato, per indirizzarlo verso gli studi umanistici. Condotto aRoma per essere educato alla corte papale, venne presto avviato alla carriera ecclesiastica.[2][4]
La sua scelta della carriera ecclesiastica venne incentivata dall'elezione a papa dello zio. Le sue promozioni furono rapide: divennecardinale diacono nel 1440[2] e cardinale presbitero con iltitolo diSan Marco sottoNiccolò V; posto alla guida delladiocesi di Vicenza dal 1451, sotto i papati di Niccolò V eCallisto III, ebbe notevole influenza e già nel 1458 era un papabile. Sottopapa Pio II, del quale era stato rivale per il pontificato, invece, il suo prestigio diminuì considerevolmente.[2]
L'avversità con papa Pio II non impedì a quest'ultimo di compiere qualche tentativo di riconciliazione con Barbo, come la sua nomina avescovo di Padova. Nel febbraio 1459, dopo la morte del vescovo di PadovaFantino Dandolo, Pio II decise di eleggervi Pietro Barbo, ma la sua designazione fu impedita dalla Serenissima, che gli oppose la candidatura delvescovo di Feltre,Jacopo Zeno. Le pressioni esercitate dai Veneziani ebbero successo e nel marzo 1460 Barbo rinunciò al vescovato a favore dello Zeno, mantenendo quello di Vicenza fino all'elezione a pontefice.
Nonostante fosse caduto in disgrazia sotto Pio II, il cardinale Barbo fu a sorpresa eletto Papa all'unanimità, dopo un brevissimoconclave, il 30 agosto 1464, al primo scrutinio.[5] La scelta delnome pontificale da parte del neoeletto fu alquanto discussa. Inizialmente Barbo avrebbe desiderato chiamarsi Formoso II, dal latinoformosus, bello, per il suo bell'aspetto[2], ma i cardinali lo dissuasero perché questo nome rievocava la sfortunata figura diPapa Formoso[6], vissuto nel tormentato periodo delIX secolo. Pensò allora di chiamarsi Marco II, in onore diSan Marco patrono di Venezia, ma i cardinali lo dissuasero di nuovo perché all'epoca lo Stato della Chiesa aveva screzi con Venezia. Rassegnato, il nuovo pontefice scelse infine il nome di Paolo II.
Il suo giuramento all'atto di accettare la carica lo impegnava ad abolire ilnepotismo nellaCuria al fine di migliorarne la moralità, a continuare la guerra aiTurchi e a indire unconcilio ecumenico nel giro di tre anni. Ma i termini di tale giuramento vennero modificati da Papa Paolo a sua discrezione, dichiarando, subito dopo l'elezione, che avrebbe seguito tali norme solo come direttive e non come obblighi, e impose al Sacro collegio un nuovo documento modificato: questa azione gli fece perdere la fiducia da parte dei cardinali.[7]
Deciso a sopprimere ogni possibile rinascita delconciliarismo[8], Paolo II impresse al suo pontificato una concezione assolutista e autocratica nei confronti del collegio cardinalizio. Per sottolineare la sua volontà di dominio, Paolo sostituì definitivamente allamitria iltriregno[6], eredità dell'antico impero romano e simbolo del potere temporale del papa.
Il19 aprile dello stesso anno, stabilì che dal 1475 (anno cui non arrivò), l'Anno santo sarebbe stato celebrato ogni venticinque anni.[9]
Nella questione della guerra ai Turchi, l'unico sovrano che avrebbe potuto prenderne la guida, reGiorgio di Poděbrady diBoemia, venne rifiutato dal Papa e perseguito come eretico poiché appoggiò la convenzione di Basilea in favore degliutraquisti.[10] Nell'agosto 1465, Paolo convocò re Giorgio davanti al tribunale romano. Constatando che il re non si era presentato, si alleò con gli insorti inBoemia, liberando i sudditi dal giuramento di fedeltà al re. Nel dicembre 1466, pronunciò il bando discomunica e la sentenza di deposizione contro il re di Boemia.[10]
Palazzo Venezia, costruito per volontà di papa Barbo e principale residenza del pontefice veneto durante il suo regno.
Paolo II avviò una riforma dell'amministrazione comunale e approvò nuove misure contro la corruzione e il commercio degli incarichi pubblici. Tra queste vi fu, nell'ottobre 1466, la chiusura del Collegio degliabbreviatori[8], i funzionari che avevano il compito di formulare i documenti pontifici. Il Papa sollevò una tempesta di indignazione, in quanto retori e poeti erano da lungo tempo usi ad acquistare questi incarichi (in effetti il collegio fu ripristinato dal successoreSisto IV).
Nel 1469 Paolo II diede inizio, con il consenso dei cittadini, alla revisione degli Statuti di Roma, deplorando l'immoralità dei funzionari pontifici che si facevano corrompere accettando doni. Nel 1470 impose alle corporazioni che possedevano benefici una tassa da pagare ogni quindici anni, laquindemia.
Se da un lato Paolo II fu inflessibile nel sottolineare la propria autocrazia nei confronti del collegio cardinalizio, dall'altro praticò una politica demagogica volta ad accattivarsi gli umori del popolo romano. Tale magnificenza esteriore comportò anche l'organizzazione di divertimenti sfarzosi, completamente estranei alla natura sacra e austera della carica pontificia.[2]. Ciò gli valse forti critiche da parte dei cardinaliGiacomo Ammannati Piccolomini, nipote di Pio II, e delcardinale Bessarione[8]
Il pontefice ebbe nei confronti dell'umanesimo un atteggiamento ambivalente. Non si mostrò ostile alla cultura o all'umanesimo in quanto tale, bensì alle sue deviazioni pagane e anticristiane. Il pontefice si circondò, infatti, di studiosi, tra cui il versatileLeone Cobelli (pittore, scrittore, musico, insegnante di ballo) e Gaspare da Verona, nominato docente di retorica all'Università di Roma.[8] Fu inoltre un appassionato collezionista di oggetti di valore; avviò il restauro dei monumenti romani.[10] Fu lui, inoltre, a favorire la fondazione della primapressa tipografica a Roma nel 1467.[8]
Nel 1467, su richiesta del re d'UngheriaMattia Corvino, fondò l'Università Istropolitana, la più antica università della Slovacchia. Il suo rapporto ambivalente nei confronti della cultura è testimoniato dalla soppressione, nel 1468, dell'Accademia Romana, sospetta di coltivare idee e riti paganeggianti e di ordire una congiura ai danni del papa.[11] Inoltre Paolo II proibì ai bambini romani lo studio dei poeti non cristiani: ciò lo rese odiato in tutti i circoli umanistici.[12]
L'umanista e cronista romanoStefano Infessura[8] scrisse che Paolo, benché avesse scontri e dissapori con gli umanisti, non fu secondo a nessuno nel fornire divertimenti al popolo, e mostrò uno stravagante amore dello splendore. Amava l'ostentazione e fu un grande promotore deicarnevali (celebre quello del 1468[15]), alle cui spese furono costretti a contribuire anche gliEbrei[2]. La tempra repubblicana e l'ideale anti-papale di Infessura rendono i suoi diari una testimonianza ben informata, anche se lontana dalla neutralità.
La storiografia moderna risente dell'opera di un altro contemporaneo, il poeta e retoreBartolomeo Sacchi, detto "il Platina". Membro del collegio degli abbreviatori, protestò dopo la sua abolizione inviando una lettera minacciosa al Papa; venne imprigionato, poi prosciolto. Nel 1467, accusato di aver partecipato ad una congiura contro il Papa, fu nuovamente imprigionato. Fu anche torturato, venendo accusato, assieme ad altri abbreviatori, di avere ideali pagani[6]. Dopo la morte di Paolo II, il Platina fu riabilitato e riconosciuto innocente dapapa Sisto IV, che gli diede vari incarichi tra i quali quello di primoprefetto dellabiblioteca Vaticana[16][17]. Per rappresaglia, il Platina, nel suoVitae pontificum, ritrasse in modo sfavorevole la personalità di Paolo II, in modo così negativo che condizionò la storiografia successiva su di lui, tanto che sorsero leggende, come quella secondo cui uno dei suoi primi successori (Sisto IV oInnocenzo VIII oAlessandro VI) propose di chiamarlo "Maria Pietissima" o "Nostra Signora della Pietà" per la sua inclinazione a scoppiare in pianto durante le crisi di nervi, oppure a causa della sua peculiare inclinazione a indossare paramenti sontuosi e costosissimi. Claudio Rendina[18] cita ilPlatina (Vitae pontificum) riguardo alla morte di Paolo II. Il Platina fa correre il sospetto secondo cui Paolo II sia stato avvelenato, "perché il dì precedente alla notte che egli lasciò la vita, due ben gran meloni si mangiò". La storiografia moderna sottolinea infine la rottura di Paolo II nei confronti del precedente pontefice,il Piccolomini. Privo di interessi culturali e di acume intellettuale[2], Paolo guardò con sospetto all'umanesimo, in quanto vi temeva infiltrazioni paganeggianti capaci di danneggiare la fede cristiana.
«"Il papa ha prohibito a tutti li maestri de scole che non vole Sua Santità che leggano poeti latini per la heresia intrata in certi (maestri) che se delectavano de questi poeti." (lettera di Lorenzo da Pesaro aFrancesco Sforza)»
^Ferrante Aporti,Memorie di Storia ecclesiastica Cremonese volume II pagina 39, Editore Manini, 1837.
«Morto il Papa Paolo II fu conosciuta l'innocenza di Platina, e Sisto IV che a lui successe nel 1471 lo restituì nella prima carica e lo dotò di più ampi beni. Creata poscia da Sisto IV nel 1475 la Biblioteca Vaticana celeberrima in tutto il mondo, il nostro Platina ne fu il primo Prefetto»
«Suspecting that the Roman Academy and its founder, the Italian humanist Julius Pomponius Laetus, were opposing Christian ideals and endorsing a materialistic vision of life inspired by an admiration for the ancient world, Paul dissolved the academy and arrested its members in February 1468, subjecting one of its leading humanists, Bartolomeo Platina, to torture on additional charges of conspiracy»
(italiano) «Sospettando che l'Accademia Romana e il suo fondatore, l'umanista italiano Giulio Pomponio Leto, contestassero gli ideali cristiani e sostenessero una visione materialistica della vita ispirata da un'ammirazione per il mondo antico, Papa Paolo II decretò lo scioglimento dell'Accademia e ne arrestò i membri nel febbraio del 1468, sottoponendo uno dei suoi principali esponenti, Bartolomeo Platina, alla tortura con l'accusa aggiuntiva di congiura»
^I Papi, Storia e Segreti, Newton & Compton Editori, 1999, p. 589