Paolo Vincenzo Bonomini (Bergamo,23 gennaio1757 –Bergamo,17 aprile1839) è stato unpittoreitaliano.
Di carattere estroso e schietto, evidenziò fin da piccolo notevoli attitudini alle arti pittoriche, tanto che il padrePaolo Maria,[1], discreto pittore in ambito locale, decise di avviarlo agli studi in quella direzione. Del padre restano tre ritratti di particolare interesse, egli infatti lavorava presso la bottega delGalgario.[2] Paolo Vincenzo nacque il 23 gennaio come indicato nel documento di battesimo del 27 del medesimo mese dove risulta che ebbe come padrino un certo “Joannne Baptista Boromini ex citate”, e forse dal suo padrino di cui non si hanno ulteriori notizie, che viene indicato in alcuni documenti presenti negli archivi delle chiese, con il secondo nomeBoromini.[3]
I risultati si fecero ben presto vedere, poiché il giovane riuscì a trasferire le proprie peculiarità caratteriali nei propri dipinti, che si contraddistinguevano per brio, ecletticità e temperamento, in uno stilerococò che ben presto divenneneoclassico.
Un'epigrafe posta in sua memoria all'esterno della casa in cui nacque così lo ricorda:
Lavorò in molti ambiti: partì come decoratore di edifici civili e sacri, ma raggiunse la popolarità per i propri ritratti e soprattutto per le sue rappresentazioni caricaturali.
Dal 1824 al 1827 ebbe alle sue dipendenze il pittoreGiuseppe Macinata.
Paolo si posò il 15 febbraio 1801 in prime nozze con la vedova Pandini Francesca che morì il 20 luglio 1828 senza aver avuto figli. Sposerà poi in seconde nozze a 75 anni il 7 febbraio 1831 la ventottenne Colombo Annunciata Maria dalla nacque ebbe l'unica sua figlia Maria Luigia nata il 17 gennaio 1832, morendo poi a 83 anni di polmonite.[3]
L'opera di maggior importanza è indubbiamente il ciclo diScene di scheletri viventi che, commissionati dallaparrocchia di Santa Grata inter Vites di Borgo Canale (aBergamo Alta), in cui il pittore risiedeva, avrebbero dovuto ricordare la celebrazione del triduo dei morti.
Il pittore diede fondo alla propria fantasia e, con una buona dose di spregiudicatezza, rappresentò sei quadri che raffiguravano altrettante scene con scheletri come protagonisti. La particolarità sta nel fatto che le figure, riprese nella spontanea quotidianità, richiamano persone che abitavano nel borgo in cui vennero esposte.
Tant'è che al momento dell'esposizione dei sei pannelli, questi scatenarono forti reazioni d'ilarità, poiché gli abiti, la fisionomia e la struttura degli scheletri (cranio, mandibola e teschio) lasciavano chiaramente intendere chi vi fosse realmente ritratto: tutti abitanti del borgo, dalcarpentiere aidue frati in preghiera; dallacoppia campagnola aglisposi borghesi, fino altamburino della Cisalpina. Anche il Bonomini si raffigurò nei panni di pittore, affiancato da moglie e aiutante.
Questi dipinti, dopo essere stati esposti annualmente in occasione del Triduo dei Morti nella parrocchia di Borgo Canale, vennero esibiti aFirenze nel1922 aPalazzo Pitti, riscuotendo un grande successo.
Anche altre sue opere sono degne di nota: nellaSala Tassiana dellaBiblioteca Angelo Mai sono conservate tre tempere raffiguranti ilMattino, ilTramonto e laNotte, nonché alcuni festoni ed affreschi raffiguranti i fiumiSerio eBrembo.
Notevoli sono anche alcune decorazioni di edifici pubblici e privati nella bergamasca, come gli affreschi paesaggistici nel Salone della Musica diCasa Fogaccia[4], nonché la raccolta di suoi disegni custodita presso leCiviche Raccolte d'Arte delCastello Sforzesco di Milano.
Inoltre egli dipinse, nelTeatro Sociale di Bergamo, caricature di importanti personalità di quel periodo che, non apprezzando la feroce ironia dell'autore, ne imposero la cancellazione. In quell'occasione si cominciò a dire che feriva più il suo pennello di una spada. Affrescò laSala Tassiana delPalazzo Nuovo di Bergamo realizzando le rappresentazioni delle allegorie fluviali delSerio e delBrembo nelle pitture soprapporta[5]
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