Paolo Sarpi, natoPietro Sarpi (Venezia,14 agosto1552 –Venezia,15 gennaio1623), è stato unteologo,storico escienziatoitaliano cittadino dellaRepubblica di Venezia, appartenente all'Ordine dei Servi di Maria.
Teologo, astronomo, matematico, fisico, anatomista, letterato e storico, fu tanto versato in molteplici campi dello scibile umano da essere definito daGirolamo Fabrici d'Acquapendente «Oracolo del secolo».[1] Autore della celebreIstoria del Concilio tridentino, subito messa all'Indice, fu fermo oppositore del centralismomonarchico dellaChiesa cattolica, difendendo le prerogative della Repubblica veneziana, colpita dall'interdetto emanato daPaolo V. Rifiutò di presentarsi di fronte all'Inquisizione romana che intendeva processarlo e subì un grave attentato che si sospettò essere stato organizzato dalla Curia romana ("agnosco stilum Curiae romanae"), la quale negò tuttavia ogni responsabilità.
(F. Micanzio,Vita di padre Paolo)
Nell'anno in cui proseguivano le sedute delConcilio di Trento,Carlo V era in guerra con i prìncipi protestanti tedeschi e ilParlamento inglese adottava unLibro di preghiere d'ispirazioneluterana, Pietro, questo il nome secolare del Sarpi, nacque a Venezia da Francesco di Pietro Sarpi, di famiglia di lontane originifriulane (precisamente diSan Vito al Tagliamento[2]) e mercante a Venezia eppure, scrive il biografo Micanzio, per la sua indole violenta «più dedito all'armi ch'alla mercatura»;[3] la madre, veneziana, «d'aspetto umile e mite»,[4] si chiamava Isabella Morelli. Rimasta vedova, fu accolta con Pietro e l'altra figlia Elisabetta nella casa del fratello Ambrosio Morelli, prete della collegiata di Sant'Ermagora.
Con lo zio, «uomo d'antica severità di costumi, molto erudito nelle lettere d'umanità [...] addottrinando nellagrammatica eretorica molti fanciulli della nobiltà»,[4] fece i primi studi, imparando presto e con facilità. A dodici anni, nel1564, anno dell'istituzione, dopo la chiusura del Concilio, dell'Indice dei libri proibiti - tra i tanti, vi finirono ilTalmud e ilCorano, ilDe Monarchia diDante e le opere diRabelais,Folengo,Telesio,Machiavelli edErasmo - passò alla scuola del padre Giovanni Maria Capella, teologocremonese dell'Ordine dei Servi di Maria, seguace delle dottrine diGiovanni Duns Scoto, il quale gli insegnòlogica,filosofia eteologia, finché il ragazzo fece così rapidi progressi che «il maestro istesso confessava non aver più che insegnargli».[5] Con altri maestri veneziani apprese lamatematica, lalingua greca e l'ebraica.
«Con la familiarità e co' studii entrò Pietro anco in desiderio di ricevere l'abito de' servi, o perché gli paresse vita conforme alla sua inclinazione ritirata e contemplativa, o perché vi fosse allettato dal suo maestro»,[6] malgrado l'opposizione della madre e dello zio Ambrogio che lo voleva prete nella sua chiesa, il 24 novembre1566 entrò nel monastero veneziano dei servi di Maria.
Qui continuò ancora a studiare con il Capella, rimanendo alieno dalle distrazioni proprie della sua età finché nel1567, in occasione della riunione aMantova del capitolo generale dell'Ordine servita, fu mandato in quella città «ad onorar il congresso e far vedere che gl'ordini non sono oziosi, ma spendono il tempo in sante e lodevoli operazioni», difendendo «318 delle più difficili proposizioni della sacra teologia e della filosofia naturale. Il qual carico con che felicità lo sostenesse e con che giubilo e stupore di quella venerabile corona, si può dall'evento argomentare».[7]
Essersi così distinto a soli quindici anni gli valse la nomina a teologo da parte del duca di MantovaGuglielmo Gonzaga - «prencipe di grandissimo ingegno, così profondamente erudito nello scienze, che difficilmente si discerneva qual fosse maggiore, o la prudenza di governare, o l'erudizione di tutte le scienze et arti, sino nella musica» -[8] mentre il vescovoGregorio Boldrini gli affidò la cattedra di «teologia positiva di casi di coscienza e delli sacri canoni».[9] Stabilito nel convento di San Barnaba, perfezionò la conoscenza della lingua ebraica e iniziò, col puntiglio consueto, ad applicarsi agli studi storici.
Fu certo a motivo di quest'interesse che a Mantova frequentòCamillo Olivo, già segretario diErcole Gonzaga, cardinale e legato pontificio nelle ultime sessioni del concilio di Trento, la cui caduta in disgrazia pressoPio IV coinvolse anche l'Olivo che fu dagli «inquisitori molto travagliato, col tenerlo longamente in carcere dopo la morte del cardinale suo signore»,[10] ma che ora, dopo la morte del pontefice, «viveva privatamente in Mantova. Il gusto principale che riceveva fra Paolo in conversare con lui era perché lo trovava d'una moderazione singolare, erudito, e che, per esser stato col cardinale a Trento, aveva avuto gran maneggio in quelle azioni e sapeva tutte le particolarità de' negozii più secreti, et aveva anco molte memorie, nell'intendere le quali fra Paolo riceveva molto piacere».[8]
Erano gli anni in cui in Italia continuava con vigore la repressione inquisitoriale diPio V:Pietro Carnesecchi venne decapitato nel1567, nel1569 gli ebrei furono espulsi dallo Stato pontificio - tranne che daRoma e daAncona, nei ghetti delle quali vennero costretti a risiedere - e nel1570 fu impiccato l'umanistaAonio Paleario; il papa scomunicòElisabetta d'Inghilterra nel1570, organizzò la Lega contro i turchi nel1571, ottenendo la vittoria navale diLepanto e aParigi, la notte del 23 agosto1572 migliaia diugonotti furonomassacrati: in quest'anno Sarpi fece la sua professione, entrando ufficialmente nell'Ordine servita. Anche di lui l'Inquisizione si occupò per la prima volta nel1573, a seguito della denuncia di un confratello, un tale Claudio, che lo accusò di sostenere che dal primo capitolo delGenesi non si può ricavare l'articolo di fede della Trinità: ma, poiché effettivamente di Trinità divina non vi è traccia nelVecchio Testamento, l'Inquisizione gli diede ragione, archiviando il caso.
Dopo aver ricevuto nel convento mantovano il titolo di baccelliere, nel1574 fu invitato a Milano daCarlo Borromeo il quale, dopo aver ottenuto dalle autorità spagnole, contro la volontà delSenato, il riconoscimento del tribunale e della polizia diocesana, aveva avviato un processo di riforma del clero. L'anno successivo ottenne di essere trasferito nel convento dell'Ordine servita diVenezia, dove fu incaricato dell'insegnamento della filosofia e continuò i suoi studi scientifici. Nella grandeepidemia dipeste, che imperversò a Venezia dal1575 al1577, facendo 50.000 vittime - tra le qualiTiziano - fra' Paolo rimase immune dal contagio, ma perdette la madre.
Nel1578, dopo essersi addottorato in teologia nell'Università di Padova, venne nominato reggente del convento di Venezia e, l'anno dopo, priore della provincia veneta. Quello stesso anno, durante il Capitolo generale tenutosi aParma, nel quale venne rieletto priore generaleGiacomo Tavanti, tenne una dissertazione di fronte ai cardinali protettori dell'Ordine,Alessandro Farnese eGiulio Antonio Santori. Sarpi fu uno dei tre «saggi», insieme conCirillo Franco eAlessandro Giani, incaricati di preparare una riforma della regola: «il carico suo speziale fu d'accommodare quella parte che toccava i sacri canoni, le riforme del concilio di Trento, allora nuove, e la forma de' giudizii [...] quella parte tutta ove si tratta de' giudizii accommodatamente allo stato claustrale [...] Lasciò in questo carico inRoma fama di gran sapere e di molta prudenza, non solo nelle corti de' due cardinali suddetti, co' quali, per ordine contenuto in un breve apostolico diGregorio XIII, conveniva conferire tutte le leggi che si facevano, ma anco fu necessario molte volte trattar col pontefice medesimo. Sbrigato da quale peso ritornò al suo governo».[11]
Nel giugno del1585 si tenne aBologna il nuovo Capitolo dell'Ordine servita e Sarpi viene eletto procuratore generale, «la suprema dignità di quell'ordine dopo il generale [...] il carico porta seco di difender in Roma tutte le liti e controversie che vengono promosse in tutta la religione»[12] Dovette pertanto trasferirsi a Roma dove conobbe e «prese strettissima familiarità col padreBellarmino [...] poi cardinale, e durò l'amicizia sin al fine della vita», grazie al quale forse poté prendere visione di diversa documentazione relativa alle istruzioni date ai legati pontifici durante il Concilio di Trento. Conobbe ancheMartín de Azpilcueta, celebre teologospagnolo difensore dell'arcivescovo diToledo Carranza, accusato di eresia, il gesuitaNicolás Alfonso de Bobadilla e il cardinale Castagna, che fu poipapa Urbano VII. Ebbe occasione di passare a Napoli per presiedere Capitoli e «conversare con quel famoso ingegnoGiovanni Battista della Porta, il quale, anco nelle sue opere mandate in luce, fa onorata menzione del padre Paolo come di non ordinario personaggio».[13]
Scaduto il periodo di carica a procuratore generale dell'Ordine servita, Sarpi ritornò a Venezia nel1589, frequentandovi i circoli intellettuali che si riunivano nella bottega diBernardo Sechini e nella casa del nobile venezianoAndrea Morosini, dove conobbe ancheGiordano Bruno, mentre aPadova frequentava la casa diGian Vincenzo Pinelli, «il ricetto delle muse e l'academia di tutte le virtù in quei tempi»,[14] dove poté incontrareGalileo e forse ancora il Bruno, il quale s'intrattenne a Padova più di tre mesi, poco prima di essere arrestato a Venezia nel maggio del1592.
Nel1594 si dovette scegliere il nuovo generale dell'Ordine servita, e fra i due principali candidati,Lelio Baglioni eGabriele Dardano, Sarpi si espresse a favore del primo. Il rancore spinse il Dardano a denunciare Paolo Sarpi alSant'Uffizio, accusandolo di negare efficacia alloSpirito Santo, di avere rapporti sospetti con ebrei veneziani e allegando una lettera che fra' Paolo gli scrisse anni prima da Roma, nella quale erano contenute «alcune parole in discredito della corte, come che in quella si venisse alle dignità con male arti, e di tenerne esso poco conto, anzi abominarla».[15]
Sarpi, senza nemmeno essere chiamato a Roma per discolparsi, fu subito prosciolto da ogni accusa ma il cardinale di Santa Severina,Giulio Antonio Santori, protettore dell'Ordine e capo del Sant'Uffizio, «mostrò però implacabile indignazione al padre» utilizzando tutta la sua autorità per escludere gli amici del frate «dalli gradi et onori [...] con maniere così strane e fini così bassi, ch'io non ardisco poner i casi che mi sono stati dati in nota, perché troppo gran scandalo arrecherebbono al mondo».[16]
Sarpi continuò i suoi studi mentre non cessavano le rivalità nell'Ordine servita, del quale venne eletto priore, il 1º giugno1597,Angelo Montorsoli, che morì tre anni dopo, succedendogli così, nel1601, Gabriele Dardano, accanito avversario del Sarpi. Questi, deciso a uscire dall'Ordine per sottrarsi all'inimicizia dalla quale si sentiva circondato, cercò invano di ottenere un vescovato, prima aCaorle e poi aNona, inDalmazia, che però gli vennero rifiutati a causa delle negative informazioni che di lui il Dardano eLudovico Gagliardi, preposito della casa veneziana dei gesuiti, diedero al papa: essi avrebbero «sentito mormorare alle volte che egli con alcuni facci una scoletta piena d'errori».[17] Non solo: nel Capitolo, il Dardano accusò padre Paolo di portare «una berretta in capo contra una forma che sino sottoGregorio XIV disse esser proscritta; che portasse le pianelle incavate alla francese, allegando falsamente esserci decreto contrario, con privazioni divote; che nel fine della messa non recitasse lo Salve Regina».[18] Ma Sarpi fu assolto anche da queste accuse.
La Repubblica veneziana, stretta a nord dall'Impero, in Italia dalla prevalenza spagnola e papale, in Oriente dalla potenza turca, era ormai avviata a quel lungo declino politico ed economico che avrà la sua sanzione alla fine del Settecento. Alla prudente politica dei vecchi patrizi, rassegnati alla compromissione con l'Impero e il papato, si sostituì quella degli innovatori, i cosiddetti «Giovani», decisi a sottrarre la Serenissima all'invadenza ecclesiastica nell'interno e a rilanciarne le fortune commerciali nell'Adriatico, compromesse dal controllo dei porti esercitato dallo Stato pontificio e dalle azioni degliUscocchi, i pirati cristiani croati appoggiati dall'Impero.
Il 10 gennaio1604 il Senato veneziano proibì la fondazione di ospedali gestiti da ecclesiastici, di monasteri, chiese e altri luoghi di culto senza autorizzazione preventiva della Signoria; il 26 marzo1605 un'altra legge proibiva l'alienazione di beni immobili dai laici agli ecclesiastici, già proprietari, pur essendo solo un centesimo della popolazione, di quasi la metà dei beni fondiari della Repubblica, e limitava le competenze del foro ecclesiastico, prevedendo il deferimento ai tribunali civili degli ecclesiastici responsabili di reati di particolare gravità. Avvenne che il canonico vicentino Scipione Saraceno, colpevole di molestie a una nobile parente, e l'aristocraticoabate di Nervesa,Marcantonio Brandolini, reo di omicidi e di stupri, fossero incarcerati. Il 10 dicembre 1605 ilpapa Paolo V emanò due brevi richiedenti l'abrogazione delle due leggi e la consegna al nunzio pontificio dei due ecclesiastici, affinché secondo il diritto canonico fossero giudicati da un tribunale ecclesiastico.
Il nuovo dogeLeonardo Donà fece esaminare il 14 gennaio1606 i due brevi da giuristi e teologi, fra i quali il Sarpi, affinché trovassero modo di controbattere alle richieste della Santa Sede. Il 28 gennaio venne nominato teologo canonista proprio il Sarpi e lo stesso giorno il suo scritto:Consiglio in difesa di due ordinazioni della Serenissima Repubblica, venne inviato al Papa. Il Sarpi difese le ragioni della Repubblica con numerosi scritti: sono di questi mesi laScrittura sopra la forza e validità delle scomuniche, ilConsiglio sul giudicar le colpe di persone ecclesiastiche, laScrittura intorno all'appellazione al concilio, laScrittura sull'alienazione dei beni laici agli ecclesiastici e altri ancora, poi raccolti nella sua successivaIstoria dell'interdetto. In quell'opera è contenuta anche la traduzione in italiano, fatta dal Sarpi stesso, del trattato diJean Gerson sulla validità della scomunica, che fu attaccato dal cardinaleBellarmino, al quale fra' Paolo rispose allora con l'Apologia per le opposizioni del cardinale Bellarmino.
Mentre il frate servitaFulgenzio Micanzio - suo futuro biografo - iniziava a collaborare con Paolo Sarpi, il 6 maggio, dopo che il 17 aprilePaolo V avevascomunicato il Consiglio veneziano e fulminato con l'interdetto lo Stato veneto, Venezia pubblicò ilProtesto del monitorio del pontefice, scritto ancora da Sarpi, nel quale il breve papaleSuperioribus mensibus è definito «nullo e di nessun valore», mentre impedì la pubblicazione dellabolla pontificia.
Obbedendo alle disposizioni del papa, il 9 maggio igesuiti rifiutarono di celebrare le messe a Venezia e la Repubblica reagì espellendoli insieme concappuccini eteatini: «partirono la sera alle doi di notte, ciascuno con un Cristo al collo, per mostrare che Cristo partiva con loro. Concorse moltitudine di populo [...] e quando il preposto, che ultimo entrò in barca, dimandò la benedizione al vicario patriarcale [...] si levò una voce in tutto il populo, che in lingua veneziana gridò loro dicendo "Andé in malora!" [...]».[19] A Roma si sperava che l'interdetto provocasse una sollevazione contro i governanti veneziani ma «li gesuiti scacciati, li cappuccini e teatini licenziati, nissun altro ordine partì, li divini uffizi erano celebrati secondo il consueto [...] il senato era unitissimo nelle deliberazioni e le città e populi si conservarono quietissimi nell'obbedienza»[20]
Venezia era alleata, in funzione anti-spagnola, con la Francia, ed era in buoni rapporti con l'Inghilterra e con la Turchia. Fingendosi veneziani, il 10 agosto soldati spagnoli, per provocare la rottura delle relazioni turco-veneziane, sbarcarono aDurazzo, saccheggiandola, ma la provocazione fu facilmente scoperta e i turchi offrirono a Venezia l'appoggio della loro flotta contro il papa e la Spagna. Il 30 ottobre l'Inquisizione intimò a Sarpi di presentarsi a Roma per giustificare le molte cose «temerarie, calunniose, scandalose, sediziose, scismatiche, erronee ed eretiche» contenute nei suoi scritti ma il frate naturalmente si rifiutò. Invano il papa - che il 5 gennaio1607 aveva scomunicato Sarpi e Micanzio - si dichiarava favorevole a portare guerra a Venezia: la sua unica alleata, laSpagna, minacciata daFrancia,Inghilterra eTurchia, non poteva sostenerla in quest'impresa e si giunse così alle trattative diplomatiche, favorite dalla mediazione del cardinale franceseFrançois de Joyeuse. Il 21 aprile Venezia rilasciò i due ecclesiastici incarcerati e ritirò il suoProtesto al papa in cambio della revoca dell'interdetto, mentre le leggi promulgate dal Senato veneziano restarono in vigore e i gesuiti non poterono rientrare nella Repubblica.
In quel tempo Sarpi ricevette la visita dell'ex-luterano ed erudito tedescoKaspar Schoppe, molto intimo dei segreti affari della Curia romana, il quale gli confidò che «il papa, come gran prencipe, ha longhe le mani, e che per tenersi da lui gravemente offeso non poteva succedergli se non male, e che se sino a quell'ora avesse voluto farlo ammazzare, non gli mancavano mezzi. Ma che il pensiero del papa era averlo vivo nelle mani e farlo levare sin a Venezia e condurlo a Roma, offerendosi egli, quando volesse, di trattare la sua riconciliazione, e con qual onore avesse saputo desiderare; asserendo d'aver in carico anco molte trattazioni co' prencipi alemanni protestanti e la loro conversione».[21]
Lo Schoppe, ambiguo provocatore, intendeva convincere il frate a mettersi nelle mani dell'Inquisizione come miglior partito che il Sarpi potesse prendere, tanto «parvero strane le due proposte di far ammazzare o prender vivo il padre»,[22] ma i disegni omicidi erano reali: il 5 ottobre1607, «circa le 23 ore, ritornando il padre al suo convento di San Marco a Santa Fosca, nel calare la parte del ponte verso le fondamenta, fu assaltato da cinque assassini, parte facendo scorta e parte l'essecuzione, e restò l'innocente padre ferito di tre stilettate, due nel collo et una nella faccia, ch'entrava all'orecchia destra et usciva per apunto a quella vallicella ch'è tra il naso e la destra guancia, non avendo potuto l'assassino cavar fuori lo stillo per aver passato l'osso, il quale restò piantato e molto storto».[23]
I sicari, fuggendo, trovarono rifugio nella casa del nunzio pontificio e la sera s'imbarcarono perRavenna, da dove proseguirono perAncona e di qui raggiunseroRoma. Si conoscono i loro nomi: l'esecutore materiale dell'attentato fu Rodolfo Poma, già mercante veneziano, poi trasferitosi aNapoli e di qui a Roma, dove divenne intimo del cardinale segretario di StatoScipione Caffarelli-Borghese e dello stessoPaolo V. Fu coadiuvato da tre uomini d'arme, tali Alessandro Parrasio, Giovanni da Firenze e Pasquale da Bitonto, mentre «la spia, o guida, fu un prete, Michiel Viti bergamasco, solito offiziare in Santa Trinità di Venezia, che non lasciò dubitare quanti mesi precedessero questo bel effetto prima che fosse mandato alla luce; poi che questo prete la quadragesima antecedente, sotto specie d'aver gusto delle predicazioni del padre maestro Fulgenzio, andava ogni mattina in convento de' servi alla porta del pulpito, che risponde alla parte di dentro, e cortesemente trattava con lui, ricercandolo anco di qualche dubbio di coscienza. E continuò di poi sempre a salutarlo et anco andar in convento a visitarlo, parlandogli sempre di cose spettanti all'anima».[24]
Il pugnale non aveva tuttavia leso organi vitali e il Sarpi riuscì a sopravvivere; il noto chirurgoGirolamo Fabrici d'Acquapendente, che l'operò, disse di non aver mai medicato una ferita più strana, rispondendo allora Sarpi con la famosa espressione: «eppure il mondo vuole che sia datastilo Romanae Curiae».[25] Le conseguenze furono la rottura della mascella e vistose cicatrici nel volto. Il 27 ottobre1607 il Senato, dichiarando il Sarpi «persona di prestante dottrina, di gran valore e virtù», gli concede una casa in piazza San Marco ove possa risiedere con il Micanzio e altri frati, e una sovvenzione affinché possa acquistare una barca e provvedere alla sua sicurezza personale. Sarpi rifiutò la casa ma si servì da allora di una barca che gli evitasse i pericolosi tragitti a piedi per le calli veneziane.
Poco più di un anno dopo, nel gennaio del 1609, fu sventato un secondo attentato, ordito, sembra su mandato del cardinaleLanfranco Margotti, da due frati serviti, Giovanni Francesco da Perugia e Antonio da Viterbo, i quali, fatta una copia della chiave della camera di Sarpi, «volevano secretamente introdurre nel monasterio due o più sicarii e la notte trucidare l'innocente padre».[26]
Sarpi inizia a corrispondere con personalità soprattutto di fede calvinista o gallicana: fra questi ultimi,Jacques Leschassier eJacques Gillot, che pubblicò nel1607 gliActes du concile de Trente en l'an 1562 e 1563, dimostrando le pressioni papali sui vescovi riuniti a concilio, e fra gli altri l'italianoFrancesco Castrino, i francesiJean Hotman de Villiers,Isaac Casaubon,Jacques-Auguste de Thou,Philippe Duplessis-Mornay, i tedeschiAchatius eChristoph von Dohna. Attraverso il dialogo diretto con gli intellettuali europei, Sarpi acquisì «quella straordinaria ampiezza di orizzonti e di interessi, quella solida conoscenza dei problemi dello stato moderno», che gli permise di «arricchire la sua cultura storica, giuridica e scientifica» e lo condusse «a incidere sulla sua posizione religiosa, ad approfondirne la crisi, risolvendola poi con l'accoglimento di nuove prospettive e di nuove idealità; spalancandogli un mondo nuovo, che gli faceva sentire più soffocante, più viziata, la vita italiana».[27]
Incontrò a Venezia nel1607 l'ingleseWilliam Bedell, che riferì di lui e del Micanzio come essi fossero «completamente dalla nostra parte nella sostanza della religione» e, nel1608, Cristoph von Dohna, inviato dal principe tedescoCristiano I di Anhalt-Bernburg, e il pastore ginevrinoGiovanni Diodati, per valutare la possibilità di introdurre a Venezia la Riforma. La traduzione in lingua italiana, fatta da quest'ultimo, del Nuovo Testamento, viene diffusa a Venezia proprio in questo periodo.[28]
Altre polemiche suscitano, nel marzo del1609, le prediche quaresimali di Fulgenzio Micanzio che vengono interpretate a Roma come un attacco alla fede cattolica. Sarpi è anche preoccupato per la tregua stipulata tra la Spagna e i Paesi Bassi, perché vede in essa un indebolimento di questi ultimi «che, o prima o dopo, resteranno sopraffatti dalle arti spagnole», mentre gli spagnoli ne potrebbero trarre beneficio anche in vista del loro dominio in Italia.[29] Sarpi sperava in un'alleanza generale di Francia, Inghilterra, principi protestanti, Paesi Bassi, Savoia e Venezia che portasse alla guerra contro l'Impero cattolico ispano-tedesco e cancellasse il dominio papale e spagnolo in Italia: «Se sarà guerra in Italia, va bene per la religione; e questo Roma teme; l'Inquisizione cesserà e l'Evangelio avrà corso».[30] E andrà bene anche per le libertà civili di Venezia: qui, anche se «il giogo ecclesiastico è assai più mite che nel rimanente d'Italia, in quella parte nondimeno che tocca la stampa è l'istesso appunto che negli altri luoghi. Nessuna cosa si può stampare se non veduta e approvata dall'Inquisizione [...] Dove si ragiona di alcun papa, non permettono che si dica alcuna di disonore, se bene vera e notoria. Non permettono che alcuno separato dalla Chiesa romana sia lodato di qualsivoglia virtù, né nominato se non con vituperio».[31]
Sarpi e Micanzio salutarono con sincera gioia la condanna e la messa fuori legge degliarminiani olandesi alsinodo di Dordrecht, dando prova di equilibrio e imparzialità.[32][33]
Ai primi giorni del1623 si ammalò gravemente, e morì il 15 gennaio. Secondo la versione ufficiale l'8 gennaio, sebbene sfinito, volle alzarsi per il mattutino, come al solito, e celebrare la Messa. La mattina del 12 gennaio, fatto chiamare il priore del convento, lo pregò che lo raccomandasse alle preghiere dei confratelli e che gli portasse il Viatico. Gli consegnò tutte le cose concesse a suo uso. Si fece vestire, si confessò e passò il resto del mattino facendosi leggere da fra Fulgenzio e da Fra Marco i Salmi e laPassione di Cristo narrata dagli Evangelisti. Gli fu quindi amministrato dal priore, alla presenza della Comunità, il Viatico. Il 14 mattina fu visitato dal medico che gli disse che aveva poche ore di vita. Egli, sorridendo, rispose:Sia benedetto Dio! A me piace ciò che a Lui piace. Col suo aiuto faremo bene anche quest'ultima azione (quella di morire). Fu udito ripetere più volte, con soddisfazione:Orsù, andiamo dove Dio ci chiama!. Secondo alcuni le sue ultime parole sarebbero state:Esto perpetua, riferendosi a Venezia (v. Bianchi-Giovini, 846, pp. 340-344). Esistono tuttavia altre versioni della sua morte che lo fanno apparire più vicino al culto protestante.
Figura assai complessa di pensatore, Sarpi occupa indubbiamente un posto di primo piano nella storia della letteratura e della scienza. Fu uno dei più grandi scrittori del suo secolo.
Giovanni Papini, parlando della Istoria del Concilio di Trento, l'ha definita:
Nel campo delle scienze poi ha lasciato orme indelebili in vari campi: nella filosofia, nella matematica, nell'ottica, nell'astronomia, nella medicina ecc.Galileo Galilei fu suo grande amico, e non disdegnò di appellarlo:Mio Maestro. Dinanzi al primo avvertimento a Galilei nel 1616, Sarpi (che non visse abbastanza a lungo per assistere alla condanna del 1633) scrisse:
Sarpiscoperse, per primo, la dilatabilità della pupilla sotto l'azione della luce e le valvole delle vene (Enciclopedia Treccani, vol. XXX, p. 879). I suoi biografi parlano anche di scoperte nel campo dell'anatomia, dell'ottica, ecc.L'invenzione del telescopio - dice Bianchi-Giovini - il Galilei la dovette per certo ai lumi somministratigli dal Sarpi, se pure questi non ne fu il primo inventore, come pensano alcuni (v. p. 74).Sopra la sua sapienza matematica si citava l'autorevole giudizio di Galileo Galilei (Papini, p. 4). Robertson non ha stentato ad appellare Sarpiil più grande dei veneziani.Daniel Georg Morhof ha appellato Sarpila Fenice del suo tempo.
Galileo Galilei non esitò a dire:Paolo de' Servi... del quale posso senza iperbole alcuna affermare che niuno l'avanza in Europa in cognizione di queste scienze (matematiche) (contro alle calunnie ed imposture di B. Capra, in ediz. naz., Firenze, 1932, II, 549). La teoria di Galileo delle maree, successivamente dimostratasi erronea, riprende idee di Sarpi, esposte neiPensieri naturali, metafisici e matematici (in particolare nei pensieri 569 e 571).
Giovanni Battista Della Porta, dopo aver dichiarato di avere appreso alcune cose da Fra Paolo, lo proclamòsplendore ed ornamento non solo della città di Venezia e dell'Italia, ma di tutto il mondo. (Magia naturalis, L. VII, p. 127). Il cardinaleDomenico Passionei definì il Sarpidottissimo oltre ogni espressione (cfr.Opuscoli, I, p. 331-334).
In uno studio il cui intento era quello di misurare il Q.I. di 300 personaggi famosi vissuti tra il 1450 e il 1850, Sarpi si posizionò al quinto posto, al pari del più noto matematico, fisico e apologeta della religione cristiana Pascal (cit. "The Early Mental Traits of Three Hundred Geniuses" di Catharine M. Cox, in "Genetic Studies of Genius" di Lewis M. Terman. Copyright 1926, Stanford University Press).
Tuttavia il contributo scientifico di Sarpi è stato recentemente ridimensionato da più parti, ad esempio da Ugo Baldini: «La filosofia naturale di Sarpi, quale emerge neiPensieri, è tutt'altro che coerentemente galileiana, o semplicemente «moderna». Anche tenendo conto che buona parte dei testi rilevanti va datata attorno al 1580, resta che molte sue tesi non sembrano rientrare nel corso di idee sfociato nella fisica matematica del primo Seicento. Vi compaiono elementi aristotelici ortodossi, altri tardoscolastici, altri ancora extra (o anti) aristotelici, ma non necessariamente di segno evolutivo. La sua logica ed epistemologia sono in gran parte schiettamenteoccamiste (con quanto di potenzialmente nuovo, ma anche di antico, questo implicava).»[34] Secondo Antonella Barzazi, inoltre, «l’apporto di Sarpi alle idee e alle invenzioni galileiane – così come a scoperte avvenute in svariati campi, dalla circolazione venosa al magnetismo – non appare puntualmente documentabile ed è stato a volte sopravvalutato, sulla scia di affermazioni di Micanzio. Del resto Sarpi colse l’importanza della spiegazione matematica dei fenomeni fisici, ma non riuscì mai ad abbandonare la visione qualitativa della dinamica e la strumentazione concettuale tardoscolastica.»[35]
Il Sarpi alla grande intelligenza unì anche - come riconosciutagli da tutti - un'esemplare integrità di vita.Arturo Carlo Jemolo, dopo essersi rivolto varie domande intorno alla sua ortodossia, ha dato questa risposta:
(Arturo Carlo Jemolo, p. (10).)
Fondamentalmente lo scontro di Paolo Sarpi con la Curia romana fu legato ad un progetto politico volto a contenere il potere della Chiesa in ambito esclusivamente spirituale e a promuovere un'alleanza tra Venezia e la Francia in un'ottica antimperiale e fortemente antispagnola. Per questo intrattenne contatti con i riformati (Lettere ai protestanti). Inoltre la sua visione della Chiesa era un vago ritorno verso lachiesa primitiva: egli quindi era indotto a condannare il potere temporale, il processo di mondanizzazione del clero, la superiorità del papa sul Concilio. Nel 1616 il Sarpi strinse amicizia conMarcantonio de Dominis,arcivescovo di Spalato, che tendeva all'apostasia. Quest'ultimo nel 1619 pubblicò aLondra, senza il consenso dell'autore, la suaIstoria del Concilio Tridentino, che costituisce il suo capolavoro storico ed offre la prima imponente ricostruzione delConcilio di Trento. Il 22 novembre 1619 l'opera fu condannata dalla Congregazione dell'Indice e quindi posta all'Indice dei libri proibiti.
Nel 1611 furono intercettate dal nunzio pontificio a Parigi mons.Roberto Ubaldini compromettenti carteggi di Sarpi con l'ambasciatore veneziano Antonio Foscarini e con l'ugonotto Francesco Castrino; carteggi ben presto inviati a Roma per essere messi a disposizione delSant'Uffizio, ma anche da utilizzare per far ammettere una buona volta al governo veneziano quanto da tempo da Roma si veniva denunciando, che quel frate, che si proclamava più cattolico del Papa e come tale difeso ufficialmente dai responsabili politici veneziani, altri non era che un protestante, al servizio delle forze ereticali europee: dunque infedele e ipocrita. Una taccia di ipocrisia che non darà tregua alla figura di Sarpi lungo i secoli, come stanno a provare innumerevoli esempi. Il dotto curialeGirolamo Aleandro, ricevuta daNicolas de Peiresc nel 1624 la sarpianaIstoria dell'Interdetto appena edita rispondeva all'illustre erudito francese con fare perentorio che
(Citato in C. Rizza,Peiresc e l'Italia, Torino, Giappichelli, 1965, p. 74.)
L'eruditoGiusto Fontanini e il cardinalDomenico Passionei pubblicarono le carte che dimostravano che l'intento del frate era quello di introdurre ilcalvinismo a Venezia, come ancora ricordava nel secolo scorso il dotto prefetto dell'Archivio Segreto VaticanoAngelo Mercati.[36]
Un parere analogo si trova anche nella recenteStoria della Chiesa di Ludwig Hertling e Angiolino Bulla, dove Sarpi viene definito: «un ipocrita che fino all'ultimo fece la parte del religioso, sebbene nel suo intimo si fosse da tempo allontanato dalla Chiesa.»[37]
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