| Palazzo Chiablese | |
|---|---|
| Localizzazione | |
| Stato | |
| Regione | Piemonte |
| Località | Torino |
| Indirizzo | Piazza San Giovanni, 2 |
| Coordinate | 45°04′22.37″N 7°41′06.65″E45°04′22.37″N,7°41′06.65″E |
| Informazioni generali | |
| Condizioni | buono |
| Costruzione | XVI secolo |
| Stile | rococò |
| Uso | uffici periferici del MiC |
| Realizzazione | |
| Proprietario | Demanio |
| Committente | Emanuele Filiberto I di Savoia |
| Modifica dati su Wikidata ·Manuale | |
| Residenze Sabaude - Palazzo Chiablese | |
|---|---|
| Tipo | architettonico |
| Criterio | C (i) (ii) (iv) (v) |
| Pericolo | Nessuna indicazione |
| Riconosciuto dal | 1997 |
| Scheda UNESCO | (EN)Residences of the Royal House of Savoy (FR)Scheda |
| Manuale | |
IlPalazzo Chiablese è una dimora signorile, situata aTorino, nella regione delPiemonte, inItalia, in particolare inPiazza San Giovanni, traVia XX Settembre ePiazza Castello, nelcentro storico cittadino. Costruito alla fine delXVI secolo, il palazzo fu proprietà diCasa Savoia, in particolare del principeBenedetto di Savoia, appuntoduca di Chiablese. Con l'ascesa al trono diCarlo Alberto di Carignano, l'edificio divenne dimora torinese diFerdinando, duca di Genova e dopo di lui del ramoSavoia-Genova. Nel palazzo nacqueMargherita di Savoia, futura prima regina d'Italia. Dal1958 al1985 è stato sede delMuseo Nazionale del Cinema di Torino[1], dal1997 è iscritto alla lista delPatrimonio dell'umanitàUNESCO come edificio parte del sito seriale "Residenze Sabaude".

Palazzo Chiablese venne costruito, probabilmente su fondamenta di edifici medievali preesistenti, alla fine delXVI secolo quandoEmanuele Filiberto di Savoia, il "duca di ferro", il quale volle rinnovare la piazza davanti alle residenze ducali:Palazzo Ducale (poi Reale) ed ilCastello (poi Palazzo Madama). Il duca commissionò il riordino urbanistico degli spazi e degli edifici all’architettoAscanio Vittozzi, autore anche del progetto per la nuovaCittadella di Torino. I primi proprietari del palazzo eranoBeatrice Langosco ed il consorte,Francesco Martinengo Colleoni che lo ricevono in dono dallo stesso duca. Rientrato in possesso deiSavoia all’inizio delXVII secolo, l’edificio ospita, tra il1600 ed il1601, il cardinalePietro Aldobrandini, invitato aTorino dal ponteficeClemente VII presso il ducaCarlo Emanuele I per risolvere le discordie tra ilDucato sabaudo e laFrancia, riguardanti il possesso delMarchesato di Saluzzo.
Nel1608, il cardinale ritornò nel palazzo per presenziare ai matrimoni delle figlie del duca,Margherita conFrancesco IV Gonzaga eIsabella di Savoia conAlfonso III d’Este. Nel1642, l’edificio venne assegnato come residenza torinese al cardinaleMaurizio di Savoia, figlio diCarlo Emanuele I di Savoia; durante laguerra civile piemontese, Maurizio presentò le sue dimissioni da cardinale al papa Urbano VIII e sposò la nipote Maria Ludovica Cristina, figlio del fratello Vittorio Amedeo I. La coppia preferivaVilla della Regina, residenza sulle colline torinesi, che il cittadino Palazzo Chiablese. Nel1692, alla morte della principessa Maria Ludovica Cristina, il palazzo accolse alcuni appartamenti a servizio della corte reale.

Nel1753, reCarlo Emanuele III di Sardegna destina il palazzo al figlioBenedetto di Savoia,duca del Chiablese, nato dalla terza moglie,Elisabetta di Lorena: in quegli anni, il sovrano progettava per l’amatissimo secondogenito un matrimonio con una principessaAsburgo-Lorena e la creazione di uno stato indipendente da ricavare nei feudi imperiali dell’Italia settentrionale o dell’Austria meridionale. L’incarico di rinnovare ed estendere gli appartamenti venne affidato aBenedetto Alfieri, che aveva ereditato daFilippo Juvarra il ruolo di architetto di corte, proseguendone i cantieri nelle residenze sabaude. Con l'intervento di Alfieri, il palazzo ha acquisito il suo aspetto attuale. Le ambizioni dinastiche di Benedetto Maurizio subirono un secco ridimensionamento per l’opposizione diMaria Teresa d'Austria al suo matrimonio asburgico e così il principe che, dopo l’ascesa al trono del fratello maggioreVittorio Amedeo III, nel1773, aveva ormai un ruolo secondario nella corte, finì per sposare la giovane nipote,Maria Anna di Savoia, nel1775. Con la caduta dell’Ancien Régime e l’arrivo delle truppe rivoluzionarie, i duchi di Chiablese furono costretti ad abbandonareTorino nel1798, rifugiandosi prima inSardegna e poi aRoma, dove Benedetto Maurizio morìnel1808.


Con l’occupazione francese di Torino, Palazzo Chiablese, come altre residenze sabaude, venne messo a disposizione diNapoleone Buonaparte e dellafamiglia imperiale: dopo essere stato la sede per gli uffici della “Commissione esecutiva” formata daCarlo Botta,Carlo Bossi e Carlo Giuli (“il governo dei tre Carli”), l’edificio ospitò tra il1808 ed il1814 il governatore generale dei dipartimenti transalpini, il principeCamillo Borghese, insieme con la moglie,Paolina Bonaparte, sorella dell’imperatore. A questo momento risale la decorazione di alcuni ambienti nella manica tra i due cortili, contraddistinta da un linguaggio ancora improntato al classicismo tardo settecentesco. Nel1814, con la dissoluzione dell’Impero francese, l’edificio ritornò in possesso delladuchessa vedova di Chiablese che, nel1824, morì lasciando in eredità al fratelloCarlo Felice, salito al trono nel1821. Il nuovo sovrano, quando soggiornava a Torino, preferiva Palazzo Chiablese al contiguoPalazzo Reale e qui vi morì nel1831.
Il palazzo passò così al principeFerdinando di Savoia-Carignano, secondogenito del reCarlo Alberto di Savoia,duca di Genova. In occasione del suo matrimonio conElisabetta di Sassonia, celebrato nel1850, le sale furono oggetto di modifiche e di rinnovamenti dell’arredo e delle decorazioni, sotto la direzione di Alfonso Dupuy: in modo particolare la galleria piccola venne trasformata nella camera da letto della duchessa. Nel1851 vi nacqueMargherita di Savoia-Genova, futura primaregina d’Italia. Palazzo Chiablese, abitato daiSavoia-Genova fino al1940, fu oggetto traXIX eXX secolo di alcuni interventi di aggiornamento funzionale.I bombardamenti anglo-americani che devastano il centro di Torino, soprattutto tra il1943 ed il1944, colpirono più volte l’edificio con ordigni e spezzoni incendiari, danneggiando così gravemente alcune delle sale monumentali verso laPiazzetta Reale e distruggendo l’angolo verso ilSeminario Maggiore.

Dopo un lungo lavoro di ricostruzione e di restauro, indirizzato peraltro a rendere il palazzo adatto alla sua nuova funzione di edificio pubblico, sono trasferiti qui gli uffici di dueSoprintendenze. In questi ultimi anni, i restauri progressivamente avviati negli appartamenti monumentali in parallelo con il trasferimento degli uffici in spazi privi d’interesse storico, stanno cercando di ricomporre l’aspetto di fastosa residenza dinastica che aveva palazzo Chiablese fino a un secolo fa, in vista di un percorso museale fruibile dal pubblico. In una delle sale danneggiata dalle bombe è poi restituita l’immagine degli storici uffici della Soprintendenza, a ricordare l’uso più recente di questa sede. L’iniziativa della Soprintendenza per la restituzione al pubblico del palazzo ha trovato in città importanti supporti: la Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali ha avviato l’opera dal2017 promuovendo il restauro dell’oratorio e del gabinetto del duca; laFondazione Compagnia di San Paolo, nel quadro della sua importante azione a favore del patrimonio culturale, sostiene il restauro delle sale private e da parata dell’appartamento, promuovendo la competenza del Centro di Conservazione e Restauro LaVenaria Reale. Alla riapertura alle visite si affianca un accordo con laCittà di Torino, per ospitarvi anche la celebrazione dei matrimoni civili nelle sale di rappresentanza[2][3].

L’intervento dell'architettoAlfieri, nelXVIII secolo, che ha comportato la parziale demolizione e la sopraelevazione dell’edificio preesistente, ha conferito all’edificio l’aspetto attuale, tanto negli esterni quanto negli interni, anche se i progetti sono rimasti in parte incompiuti. Attraverso un portone monumentale aperto sulla sobria facciata in laterizio verso ilduomo, si accede a un atrio porticato con colonne, pilastri in pietra e volte a crociera e, di qui, ai due cortili interni, divisi da una manica centrale (1761). Il portico tra lapiazza San Giovanni e lapiazzetta Reale e la soprastante galleria al piano nobile raccordano l’edificio alPalazzo Reale, con il quale condivide un muro perimetrale. Un maestoso scalone in marmo (1753-1754) conduce agli appartamenti aulici: due campagne decorative, una risalente al1756-1758, l’altra al1760-1764, interessano le sale affacciate verso laPiazzetta Reale, che sono organizzate in una doppiaenfilade, funzionale alle esigenze cerimoniali. Alfieri diresse anche la decorazione a stucchi dorati degli ambienti, che si accompagna a unaboiseries e ad un arredo di grande raffinatezza, eseguiti secondo modelli di gusto filo-francese, dalleéquipes di plasticatori (Bartolomeo Papa, Angelo Maria Somasso, Enrico Bitli, Giuseppe Bolina, Giovanni Battista Sanbartolomeo), di intagliatori (Giovanni Battista Bolgiè, Giovanni Antonio Riva, Antonio Gritella) e indoratori (Bartolomeo Monticelli) già attivi per i cantieri reali. Anche la decorazione pittorica, concentrata soprattutto nelle grandi sovrapporte, vide nelle sale del Palazzo Chiablese la presenza di alcuni fra i principali protagonisti della cultura figurativa alla corte di Torino in quegli anni. Si trovano qui, infatti, tanto i più affermati pittori locali, come Michele Antonio Rapous, Mattia Franceschini,Claudio Francesco Beaumont,Vittorio Amedeo Cignaroli, quanto le più prestigiose personalità forestiere che rappresentano bene gli indirizzi di gusto della committenza sabauda, come il romanoGregorio Guglielmi, il napoletanoFrancesco De Mura, il venetoGiovanni Battista Crosato.

La ricchezza e l’importanza dell’arredo è infine suggellata sia dalle opere dell’ebanistaPietro Piffetti, documentate fra il1759 e il1767-1768 (sopravvive il doppio corpo, oggi nella sala dell’Alcova), sia dall’inserimento di uno tra i pezzi più preziosi delle guardarobe reali: si tratta della serie di arazzi con leStorie di Artemisia, tessuta aParigi nellamanifattura dei Gobelins ed acquistata nel1620 dall’ambasciatore sabaudo per conto diVittorio Amedeo I. Il palazzo, abitato daiSavoia-Genova fino al1940, fu oggetto traXIX eXX secolo di alcuni interventi di aggiornamento funzionale con l’inserimento di una sala da bagno, il rinnovamento impiantistico e la realizzazione di nuovi collegamenti verticali per gli appartamenti di servizio. Le fotografie scattate nelle sale nei primi anni del Novecento ci presentano l’immagine di una sontuosa residenza principesca dove le decorazioni settecentesche convivono con i fastosi mobili eclettici dei duchi di Genova. Questa situazione cambia repentinamente allo scoppio della seconda guerra mondiale, quando gli eredi di questo ramo della casa reale abbandonano il palazzo, trattenendo con sé gran parte dell’arredo.
I bombardamenti anglo-americani che devastano il centro di Torino soprattutto tra il1943 e il1944, colpiscono più volte l’edificio con ordigni e spezzoni incendiari, danneggiando così gravemente alcune delle sale monumentali verso la piazzetta Reale e distruggendo l’angolo verso il Seminario Maggiore. Dopo un lungo lavoro di ricostruzione e di restauro, indirizzato peraltro a rendere il palazzo adatto alla sua nuova funzione di edificio pubblico, vennero trasferiti qui gli uffici di dueSoprintendenze. In quest’occasione, per arredare le sale di rappresentanza rimaste in gran parte spoglie, furono trasferiti dalCastello ducale di Agliè (passato anch’esso daiduchi di Genova alDemanio) alcuniarredi neoclassici e un piccolo nucleo di dipinti: tra questi una parte della bella serie di tele con leVedute delle località del Piemonte di Angelo Antonio Cignaroli (1790-1820 circa) e la coppia di dipinti raffiguranti l'Arrivo di Carlo Felice e di Maria Cristina di Borbone a Napoli diSalvatore Fergola. Tra gli arredi salvatisi dai bombardamenti, ma successivamente dispersi, vi era anche una pregiata scrivania a doppio corpo dell'ebanistaPietro Piffetti, esportata senza autorizzazione e finalmente recuperata, nel2018, dai carabinieri del nucleo Tutela Patrimonio Culturale diTorino[4]. Nel palazzo si trovano dipinti diAngelo Maria Crivelli, Angelo Cignaroli,Beaumont,Marghinotti,Tallone. Le sovraporte sono opera diGregorio Guglielmi,Francesco De Mura, Mattia Franceschini,Gaetano Ottani, Giovanni Alberoni e Michele Antonio Rapous. Le Sale Chiablese site al pian terreno, storicamente destinate ad aree di servizio e quasi prive di decorazioni, ospitano le mostre temporanee deiMusei Reali[5][2].

Il progetto architettonico si deve aBenedetto Alfieri che disegna i pilastri quadrati in serizzo e le colonne doriche: i gradini sono in marmo bianco diPont Canavese. Le grandi lanterne risalgono alXIX secolo. Al centro della balaustra è la statua in marmo diCarlo Felice nelle vesti diGran Maestro dell’ordine dell’Annunziata del novarese Antonio Bisetti, allievo e collaboratore diCarlo Finelli: l’opera, commissionata dalla reginaMaria Cristina di Borbone-Due Sicilia dopo la morte del marito, è firmata e datata1847. Sul pianerottolo, è un busto in bronzo diFerdinando di Savoia-Genova, già in una delle sale dell’appartamento aulico[6].
Il salone è il primo ambiente del percorso cerimoniale di rappresentanza che, come nelPalazzo Reale, era destinato allaguardia svizzera. L’ambiente, gravemente danneggiato dai bombardamenti durante laSeconda guerra mondiale, è stato oggetto di profondi restauri che comportarono, fra l’altro, lo spostamento del camino dalla parete opposta a quella d’origine, l’apertura di nuove porte funzionali agli uffici e il rifacimento di alcune sovrapporte in stucco. Sulle pareti è stata appesa la serie di grandi tele con scene di animali riferite adAngelo Maria Crivelli detto "il Crivellone", in origine nelCastello di Moncalieri, passate poi a Palazzo Reale per arrivare infine nella residenza Chiablese[6].
La galleria si tratta di un ambiente moderno, frutto delle trasformazioni postbelliche, dove sono oggi collocate le trentuno vedute di città, residenze reali e luoghi vari delRegno di Sardegna dipinte da Angelo Cignaroli, il figlio del pittore paesaggistaVittorio Amedeo: sono parte di una serie commissionata da reCarlo Felice di Savoia nel1827 e provengono dalCastello di Agliè, dove ne sono conservate altre dieci. Le sovrapporte rappresentanti le quattroStagioni provengono da altri ambienti del palazzo[6].

La sala conserva in buona parte l’aspetto settecentesco ed ottocentesco: le sovrapporte con scene di battaglie, inserite in eleganti cornicirocaille, sono eseguite nel1758 dal pittore e scenografo Francesco Antoniani. Sulla parete grande è collocato, già dalXIX secolo, il cartone con "Cesare guarda una stele" iscritta su disegno del pittore di corte Matteo Boys, preparatorio per un arazzo atutt’oggi sconosciuto. La manifattura di Torino, fondata daCarlo Emanuele III di Savoia nel1731, produsse sotto la direzione di Beaumont diverse serie di arazzi destinate ad arredare gli appartamenti del re e della regina. Il lampadario e le ventole, riadattate al gas, sono in stile neobarocco. Sulla parete est è il monumentale Ritratto di Carlo Felice di Savoia, raffigurato in abito da cerimonia con il collare dellaSantissima Annunziata: è opera, firmata, del pittore cagliaritanoGiovanni Marghinotti (firmato), sulla parete ovest ilRitratto equestre di Ferdinando di Savoia, duca di Genova è firmato e datato1855 da Felice Cerruti Bauduc[6].

La seconda delle anticamere delduca del Chiablese era destinata agli staffieri (valets à pied). Le sovrapporte e il paracamino con rovine architettoniche furono eseguiti nel1758 dal bologneseGaetano Ottani, che fu cantante oltreché pittore e scenografo. I due cartoni per arazzi sono opera della scuola del torineseClaudio Francesco Beaumont, pittore di corte diCarlo Emanuele III dal1731: i due episodi si riferiscono alla serie con "Storie di Annibale", tessuta a partire dal1750. La collocazione del pezzo in questa sala è registrata già dagli inventari ottocenteschi. Gli arredi neoclassici, provenienti dai depositi, sono databili al periodo del regno di Carlo Felice (1821- 1831), mentre il busto in marmo raffigurante Carlo Alberto, re di Sardegna e padre di Ferdinando, duca di Genova, si trovava già in origine nel palazzo[6].

La galleria a L progettata daBenedetto Alfieri collega gli appartamenti delduca di Chiablese alPalazzo Reale. Attualmente è arredata con ventole dell’inizio delXIX secolo col monogramma diCarlo Felice di Savoia: sono qui esposti, un ovale in stucco con Cristo nell’orto diGiovanni Battista Bernero (in deposito dalla Fondazione Accorsi-Ometto), due sovrapporte diVittorio Amedeo Cignaroli (parte di una serie dispersa già in palazzo Gazzelli adAsti e recentemente acquistate dallo Stato) e un busto diGiove, copia ottocentesca delloZeus di Orticoli ritrovato nel corso degli scavi degli anni1781-1782 nell’omonima località inUmbria, conservato nelMuseo Pio Clementino diRoma[6].

L’ambiente attiguo al “gabinetto de’ ghiacci” era in origine costituito da un “gabinetto da tovaletta” e da una cappella. In occasione del restauro del2016 sono stati eseguiti sulla volta della cappella alcuni saggi stratigrafici che hanno permesso di scoprire come anche gli stucchi che decorano questo ambiente fossero in origine dorati. Al centro della volta, al di sotto del rosone in stucco attualmente visibile, è presente lacolomba dello Spirito Santo, che conferma l’originaria destinazione d’uso della stanza ma è stata dispersa tutta la suppellettile sacra che arredava in origine l’ambiente. È allestita qui una pala d’altare con l’Annucciazione già nella cappella delcastello Calvi di Bergolo aPomaro Monferrato,Alessandria, recentemente acquistata dallo Stato: si tratta di un’opera bolognese già riferita aMarcantonio Franceschini ma molto probabilmente della cerchia diGiovan Gioseffo Dal Sole. Lo spazio retrostante, originariamente utilizzato come sacrestia, fu sostituito nel Novecento da un moderno bagno. Iduchi di Genova, infatti, hanno trasformato completamente questa parte degli appartamenti: il “gabinetto de’ ghiacci” è diventato la camera da letto del duca, il gabinetto unboudoir e la cappella una guardaroba[6].


Utilizzata come camera da letto dalduca di Chiablese, la sala ha mantenuto la stessa funzione al tempi di reCarlo Felice, che morì in questa stanza il 27 aprile1831; l’episodio è raffigurato in una tela diLuigi Bisi conservata alCastello di Racconigi che costituisce la più antica testimonianza iconografica dell’allestimento interno del palazzo. AlSettecento risalgono gli stucchi, i “lambriggi”, le mostre di porta e le belle sovrapporte con fiori di Michele Antonio Rapous: allo stesso pittore, specializzato in questo tipo di decorazioni e attivissimo nei cantieri reali, si devono con ogni probabilità anche i colorati mazzetti che ornano il “lambriggio” stesso: questo decoro pittorico è stato in parte recuperato nel corso del restauro concluso tra il 2020 ed il 2021 ed eseguito dal Centro di Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”. La stoffa che riveste le pareti è anche in questo ambiente frutto di un intervento di riallestimento successivo al passaggio del palazzo alla Soprintendenza. Provengono dalCastello di Aglié i due dipinti del napoletanoSalvatore Fergola raffiguranti, in due momenti diversi, L’arrivo dei sovrani di Sardegna nel porto di Napoli. Firmati e datati1829, i dipinti furono commissionati daFrancesco I delle Due Sicilie per commemorare il viaggio della sorellaMaria Cristina diBorbone, e del maritoCarlo Felice e della moglieMaria Cristina di Savoia che in quell’anno si erano recati in visita ai loro parenti. Il salotto tardo settecentesco, di gusto francese, è un deposito dalla Fondazione Accorsi-Ometto, mentre appartiene alle collezioni del palazzo il grande bureau à cylindre anch’esso risalente alXVIII secolo[6].
Le fotografie storiche attestano la trasformazione di questa sala avvenuta nell’Ottocento, quando essa fu tappezzata in rosso e arredata con mobili oggi in parte conservati nell’adiacente camera di parata (salone di San Giovanni). Della fase settecentesca restano gli stucchi della volta, i “lambriggi”, le grandi specchiere con intaglirocaille, le mostre di porta e le sovrapporte di Mattia Franceschini raffiguranti "Storie diEnea eDidone" (1758), restaurati dal Centro di Conservazione e Restauro ‘La Venaria Reale’ nel 2020-2021. Leconsoles e le poltrone sono settecentesche (i tessuti sono però di sostituzione). La stoffa verde che attualmente riveste le pareti è stata posata nel corso di un riallestimento successivo al passaggio del palazzo alla Soprintendenza. Sono stati collocati qui due busti di gesso raffigurantiCarlo Felice e la moglie,Maria Cristina di Borbone-Napoli[6].

L’ambiente, già parte dell’appartamento della duchessa nelSettecento, è poi utilizzato nell’Ottocento come sala da ballo: il suo sontuoso aspetto settecentesco è stato recuperato in seguito ai recenti restauri (2007). Gli eleganti stucchi dorati di Sanbartolomeo e Papa incorniciano medaglioni raffiguranti i miti diApollo e Dafne e diDiana con laninfaProcri, narrati nelleMetamorfosi diOvidio. Nel1763 il napoletanoFrancesco de Mura consegnava le sovrapporte raffiguranti le allegorie delle Quattro parti del mondo: l’Europa con i simboli della regalità, del papato e delle arti; l’Africa nera con il leone e l’elefante; l’Asia con l’incenso e il cammello; l’America come “indiana” con i pappagalli. Gli arazzi in lana e seta con filati metallici d’oro e d’argento furono tessuti intorno al1615 da Philippe Maecht, su cartoni dei pittoriAntoine Caron e Henry Lerambert, nella manifattura del Fauborg Saint-Marcel aParigi. Il principeVittorio Amedeo di Savoia li acquistò nel1619 tramite il proprio ambasciatore aParigi e gli arazzi giunsero aTorino nel1621.Carlo Emanuele III di Savoia li fece raccomodare a partire dal1758 per collocarli in questa sala del “secondo appartamento” delduca di Chiablese. Altri pezzi della serie si trovano aPalazzo Reale; altri ancora furono dispersi e appartengono oggi a diverse collezioni pubbliche e private in Italia e all’estero, dal castello di Blois aTimken Museum diSan Diego, inCalifornia. Dei panni qui esposti, solo Gli araldi a cavallo e Le richieste del popolo sono integri; gli altri furono tagliati per adattarli agli spazi disponibili sulle pareti; un'entre-fenêtre (arazzo alto e stretto previsto per lo spazio tra due finestre) appartiene al ciclo originale, mentre un’altra (ilFilosofo) fu tessuta appositamente per questa sala nel1766 dalla manifattura torinese. I candelabri con amorini in bronzo dorato risalgono al riallestimento come sala da ballo alla metà dell’Ottocento: a questo stesso momento risalgono le fastose poltrone neobarocche, documentate però dalle fotografie d’inizio Novecento, in un’altra sala[6].

Fin dalSettecento questo ambiente dava accesso all’appartamento della duchessa, mentre nell’Ottocento fu adibito a sala da pranzo. L’appartamento fu concepito dopo il1760, in un momento in cui reCarlo Emanuele III di Savoia tentava di combinare il matrimonio del suo ultimogenitoBenedetto Maurizio con la figlia diFrancesco I d'Austria,Maria Cristina d’Asburgo-Lorena. Dopo la morte dell’imperatore nel1765, il progetto fallì e gli ambienti sono allora destinati aMaria Anna di Savoia che sposò il duca del Chiablese nel1775. La volta, su disegno di Alfieri, è decorata con stucchi dorati di Giovanni Battista Sanbartolomeo e Bartolomeo Papa, attivi anche nellaPalazzina di caccia di Stupinigi; essa è stata ampiamente ricostruita dopo il bombardamento che colpì gravemente questa parte del palazzo nel1943. Quattro delle sei sovrapporte, raffiguranti allegorie della Pace, della Guerra, dell’Estate e dell’Autunno furono eseguite nel1766 dal romanoGregorio Guglielmi, che lavorò aTorino al rientro inItalia dopo anni di attività traDresda,Vienna eBerlino. InAustria, Guglielmi aveva dipinto la volta della grande galleria delCastello di Schönbrunn. Il camino fu modificato nell’Ottocento in modo da renderlo utilizzabile, a seconda delle esigenze, per questa sala o per l’adiacente Sala degli arazzi; la mostra in ghisa può infatti ruotare su sé stessa per consentire di sfruttare la stessa canna fumaria dai due lati. Sono collocate qui quattro poltrone settecentesche, provenienti dai depositi[6].

L’ambiente faceva parte dell’"Appartamento della duchessa" realizzato su progetto diBenedetto Alfieri tra il1760 e il1762 e si incontrava, nella successione delle sale, dopo aver attraversato la "Camera del letto della duchessa" (già "Sala di Ricevimento", poi "Salone Rosso"), il "Gabinetto alla raffaellesca", il "Gabinetto del Piccolo Ricevimento" (poi "Salotto di Parigi"), la cappella e un altro piccolo gabinetto dove si trovava in origine il mobile libreria di Piffetti. Tutti questi ambienti furono distrutti durante i bombardamenti del1943 e ricostruiti nel dopoguerra riproponendo in stucco bianco le perdute decorazioni settecentesche dorate della volta. NelSettecento la sala era denominata “Galleria” e costituiva un ambiente aulico, ma privato, destinato ai momenti di riposo e al gioco. La volta, su disegno di Benedetto Alfieri, è ornata dagli stucchi dorati di Antonio Papa. Le sovrapporte erano opera di Michele Antonio Rapous e raffiguravano trionfi di fiori. Smontate nel 1943, sono andate disperse e oggi sono sostituite da panelli in specchio. Allo stesso artista sono da riferire le raffinate decorazioni floreali del lambriggio.
Nel1850, in previsione del matrimonio diFerdinando, duca di Genova con la principessaElisabetta di Sassonia celebrato il 22 aprile1850, l’ambiente è stato profondamente modificato. Il progetto è del lombardo Alfonso Dupuy, nominato nel1836 architetto e segretario della regina. La Galleria assume la funzione di alcova e viene ingrandita con l’apertura di uno spazio riservato al letto sulla parete nord, sacrificando locali adibiti a magazzini. Un grande arco intagliato dorato, con stemma della famigliaSavoia eSassonia, ornava l’accesso all’andito dedicato al letto, dotato di baldacchino e ampi tendaggi. Qui nacque il 20 novembre1851Margherita di Savoia, futuraregina d’Italia. Al centro della parete a levante verso la piazza fu inserito il grande camino in marmo bianco di Roccacorba. Al di sopra del camino, la finestra centrale ha il rovescio degli scuri a specchio, apparato predisposto dall’intagliatore Gabriele Capello per dotare la stanza di una grande specchiera centrale, ma al tempo stesso consentire alla duchessa di godere, a imposte aperte, della veduta sulla piazza. Con Capello lavorano al progetto di rinnovo dell’appartamento l’ebanista Pietro Bertinetti, il tappezziere Lorenzo Morlach, i pittoriPaolo eRodolfo Morgari,Angelo Moja. Nuovi mobili per la sala vengono comprati aParigi.

La zona dell’alcova vera e propria fu colpita duramente dalle bombe del 1943 e l’arcone intagliato andò completamente perduto. La sala è stata restaurata nel 2019 – 2021 dal Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”. La tappezzeria è stata ritessuta sul modello di quella ottocentesca con la corona ducale dei Savoia-Genova e ilnœud d’amour. Oggi nella sala ammiriamo, inserito in una delle quattro “pilastrate” a specchio angolari settecentesche, il doppio corpo di Pietro Piffetti con intarsi in avorio e madreperla, e applicazioni in bronzo dorato, documentato al 1767 – 1768 per il secondo appartamento delduca di Chiablese e trasferito nella sala durante la seconda metà dell’Ottocento. Rimosso nel 1943 per salvarlo dai bombardamenti, restò nelle mani deiduchi di Genova. Esportato illegalmente, nel 2018 è stato recuperato dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale e consegnato alla Soprintendenza. Ladormeuse settecentesca richiama l’idea di riposo cui era adibita la sala: su arredi di questo tipo le signore potevano distendersi e riposarsi durante la giornata[6].

Nel Settecento la sala costituiva il primo ambiente dell’appartamento delduca di Chiablese: a questa fase (1758) risalgono le sovrapporte del torinese Mattia Franceschini, raffiguranti allegorie delle Virtù. Allievo di Beaumont, Franceschini lavorò anche per laReggia di Venaria; eseguì cartoni per arazzi e fu scenografo per il teatro Regio. I mobili, instile neobarocco e databili intorno alla metà dell’Ottocento, fanno parte dell’arredo originario del palazzo, ma prima della fine della monarchia si trovavano nella successiva Camera d’udienza (poi Salone rosso). Il ritratto della reginaMargherita di Savoia è firmato e datato1890 dal pittore savoneseCesare Tallone, che lo eseguì aRoma. Margherita, figlia diFerdinando di Savoia-Genova, nacque in questo palazzo nel1851 e divenne nel1878 la primaregina d'Italia[6].
La “Camera dei paggi”, terza anticamera della residenza deiduchi del Chiablese nelXVIII secolo, era utilizzata come sala di ricevimento al tempo deiduchi di Genova: essa conserva l’aspetto settecentesco nelle mostre di porte che racchiudono sovrapporte con prospettive, ovvero paesaggi di fantasia con rovine. Le tele, come il paracamino, furono eseguite nel1758 dal pittore emilianoGiovanni Battista Alberoni, allievo dello scenografoFerdinando Galli da Bibbiena. Alberoni fu a lungo attivo aTorino, dove prese parte alla decorazione dellaPalazzina di caccia di Stupinigi. L’attuale arredo della sala è frutto di interventi successivi al passaggio di Palazzo Chiablese alla Soprintendenza. Sono stati ultimamente collocati qui due importanti dipinti: una bella veduta del porto diVillafranca Marittima, opera di un paesaggista ignoto attivo negli anni a cavallo fra Settecento e Ottocento e la grandiosa tela diIppolito Caffi raffigurante l’Ingresso diVittorio Emanuele II di Savoia aNapoli; nell’opera, proveniente da Palazzo Reale, si fonde l’attenta cronaca dei fasti risorgimentali dicasa Savoia con la precisione vedutistica del pittore veneziano, erede e continuatore della tradizione settecentesca[6].
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