Laminigonna, sovente detta semplicementemini[1] (in questo caso il termine viene applicato genericamente anche agli abiti corti[2]), è un tipo digonna con l'orlo inferiore che arriva molto sopra leginocchia (lunghezza variabile a seconda dei modelli, nei primi introdotti 10/15 cm o più sopra la linea delleginocchia[3], successivamente anche più corti), mostrando quindi parte dellacoscia. Può essere aderente (eventualmente conspacco centrale o laterale) o meno ed è realizzata in vari tessuti (jeans, similpelle, cotone, PVC, ecc.). Il terminemini è stato poi applicato anche ai vestiti che scoprono le gambe come le minigonne, nati nello stesso periodo, definitimini-abiti.
Generalmente la sua ideazione viene attribuita alla stilista del Regno UnitoMary Quant (ma la vera origine è dibattuta e contesa da altri stilisti) e divenne popolare daglianni sessanta, per cui da molti è stata considerata uno dei simboli dellaSwinging London. Durante i suoi decenni di esistenza è stata più volte dichiaratamorta sia da critici di moda che da importanti stilisti ma, seppur con diverse variazioni nella sua diffusione, il capo è rimasto in uso in molti paesi del mondo ininterrottamente dal momento della sua creazione ad oggi.
Ginnaste durante un'esibizione nella Germania delTerzo Reich, nel 1941. L'uniforme sportiva comprendeva una simil-minigonna, sotto la quale erano portati dei pantaloncini.
A partire dalla fine delXIX secolo i primi movimentifemministi iniziarono a ritenere le gonne portate allora troppo scomode: queste erano costituite da tessuti pesanti, lunghe fino a terra o poco meno, e spesso indossate sopra asottovesti altrettanto lunghe[4]. Con l'approssimarsi alla fine del secolo lafemminista franceseHubertine Auclert arrivò a creare laLega per le gonne corte, raccogliendo la rivendicazione di molte donne per un abbigliamento più comodo, che potesse garantire una maggiore autonomia di movimento[4].
Durante laprima guerra mondiale si iniziò a diffondere l'uso dei pantaloni tra le donne che lavoravano in fabbrica al posto dei mariti partiti per il fronte[4], ed al termine di questa la lunghezza delle gonne si accorciò rapidamente[5], nell'ambito di una forte evoluzione della moda femminile (questo stile divenne noto comeflapper): neglianni venti del XX secolo (passati alla storia come gli "anni ruggenti") i vestiti indossati dalle giovani donne arrivavano in alcuni casi sopra il ginocchio, ma erano ancora ampiamente diffuse gonne più lunghe. In risposta a questi primi timidi cambiamenti negli Stati Uniti vennero varate leggi per regolare la lunghezza minima delle gonne[4]. La rivoluzione nel vestiario e in generale nellook femminile continuò comunque ad avanzare anche dopo la guerra: la stilistaCoco Chanel, tra le protagoniste di questa fase, individuava proprio la lunghezza dei capelli e della gonna tra i principali parametri di questo cambiamento[6]. Nei modelli presentati da Chanel, molto più semplici come disegno rispetto alla moda precedente, si abbandona l'uso deicorsetti e la gonna si riduce fin sotto il ginocchio, impiegando per questa anche iltessuto Jersey (dilana ecotone), ritenuto fino ad allora caratteristico delle classi più proletarie. L'uso di una minore quantità di tessuto impiegato e il disegno semplice, che gli permette di adattarsi facilmente a piùtaglie, assicura a questo tipo di vestiario lanciato da Chanel una più facile diffusione commerciale.[7] Secondo la storica della modaValerie Steele, direttrice del museo delFashion Institute of Technology diNew York, questo cambio nel vestiario era un sintomo di una maggiore libertà sessuale per le donne dell'epoca, che tuttavia si restringerà nuovamente nei decenni successivi, perlomeno fino alla rivoluzione nelle abitudini e nella moda giovane degli anni sessanta[8].
Indumenti simili a minigonne iniziano a fare la loro comparsa, seppur in campi che esulano l'abbigliamento di tutti i giorni, come nel caso delle uniformi ginniche: durante iGiochi della VII Olimpiade del 1920 latennistafranceseSuzanne Lenglen indossò un abito prodotto dallo stilistaJean Patou in cui la gonna arrivava fino alginocchio[9], mentre pochi anni dopo, neiII Giochi olimpici invernali del 1928, fu la quindicennepattinatricenorvegeseSonja Henie ad indossare per prima in quello sport un abbigliamento dotato di gonna corta[10], che permetteva una maggiore libertà di movimento alle atlete[11].
I costumi di scena usati nel cinema e in televisione anticiparono di diversi anni l'uso di minigonne e miniabiti. Nella foto il cast della serie statunitenseSpace Patrol (1950-1955).
Nel mondo dello spettacolo si diffondono abiti corti che scoprono le gambe e non solo: la ballerina e cantanteJoséphine Baker si esibisce già negli durante glianni venti con un costume che la lascia quasi intopless, munito di un corto gonnellino composto da un casco dibanane (ideato da un giovanissimoPaul Seltenhammer). Allo stesso modo anche le attrici e ballerine delZiegfeld Follies si esibiscono con abiti minimali e rivelanti e spesso posano per foto glamour con simile abbigliamento, quando non compaiono in servizi di vero e proprionudo artistico. Nel mondo della danza classica invece alcune versioni ditutù erano arrivate a scoprire le gambe, sopra il ginocchio o anche completamente, fin dalla fine delXIX secolo, mentre gruppi di ballo come le inglesiTiller Girls già neglianni venti avevano costumi che prevedevano gonne molto corte[12]. Pochi anni dopo miniabiti o abiti da mare con corti gonnellini o pantaloncini sono tra gli abbigliamenti tipici dellepin-up, mentre neglianni quaranta ecinquanta diverse attricisex symbol comeMarilyn Monroe eAva Gardner si fanno fotografare in posa con abiti muniti di corti gonnellini.
Gli anni quaranta vedono una riduzione della lunghezza della gonne portate dalle donne comuni[13], dovuta però più alla carenza dimateriale tessile causata dallaseconda guerra mondiale, che non a innovazioni nella moda, tant'è che nell'immediatodopoguerra stilisti comeChristian Dior si affrettarono ad introdurre abiti con gonne molto lunghe con abbondante uso di tessuto, che diverranno tipici del decennio successivo[14]. Ciò non toglie che la gonna corta e i miniabiti, seppur non ancora chiaramente definiti come indumenti a sé stanti, siano comunque già presenti nell'immaginario comune, vestendo le già citate pin-up e sex symbol nelle loro foto promozionali o comparendo in pellicole cinematografiche e serie televisive, come le corte uniformi scolastiche della commedia ingleseBlue Murder at St Trinian's del 1957[15], ispirata all'opera del vignettista satiricoRonald Searle, le uniformi spaziali dei personaggi femminili del telefilm fantascientifico statunitenseSpace Patrol, in onda sull'American Broadcasting Company nei primi anni cinquanta o i costumiclassicheggianti di alcune delle interpreti femminili dei film del generepeplum.
L'origine della prima gonna dichiaratamente "mini" è generalmente accreditata nel1963 per opera della stilista britannicaMary Quant[3][6][16], che fu ispirata dall'automobileMini e che, a partire dalla fine deglianni cinquanta, aveva iniziato a proporre abiti sempre più corti. Il nomeinglese del nuovo capo di abbigliamento eramini-skirt (skirt =gonna). Secondo la Quant questo tipo di indumento, proprio per la sua lunghezza ridotta che non ostacolava il movimento delle gambe, risultava molto più pratico rispetto agli abiti femminili di moda prima della sua introduzione[17]. La stessa Quant nel1962 era stata intervistata dal quotidianocalifornianoLong Beach Independent, proprio relativamente al fenomeno degli abiti primaverili sempre più corti indossati dalle giovani britanniche (definite "ragazze Ya!-Ya!", daltormentone del tempo "yeah-yeah"), e aveva predetto che questo stile avrebbe sempre più caratterizzato la moda giovane negli anni successivi[18].
Mary Quant nel dicembre 1966, con indosso un miniabito di sua realizzazione e deglistivaletti.
La paternità non è però condivisa da tutti i critici e storici della moda: inFrancia per esempio il designer franceseAndré Courrèges è spesso citato come inventore dellamini-jupe[19] (aveva presentato degli abiti che terminavano sopra il ginocchio a partire dalla sua collezione del 1964[20] e li accorciò ulteriormente in quella del 1965[14][21], introducendo la "mini" nell'alta moda), mentre altri autori (come la giornalistaMarit Allen[22], firma in quegli anni dell'edizione britannica diVogue), citano lo stilista ecostumistaJohn Bates (suoi alcuni degli abiti diDiana Rigg nella serieThe Avengers[23]). Lo stilistaaustriaco naturalizzatocalifornianoRudi Gernreich (già noto per aver presentato negliStati Uniti nel 1964 uncostume da bagno pensato espressamente per iltopless[24]) viene presentato dalla stampa della seconda metà deglianni sessanta come uno degli anticipatori che, con i suoi modelli, hanno alzato sensibilmente sopra il ginocchio l'orlo delle gonne vendute nel mercato statunitense[25]. La nascita della minigonna, seppur non come abito da indossare normalmente, è attribuita anche aHelen Rose,costumista statunitense che ideò alcune gonne molto corte per gli abiti di scena (in parte ispirati alletuniche romane) dell'attriceAnne Francis nel film difantascienzaIl pianeta proibito (Forbidden Planet), girato nel1956, quasi un decennio prima della nascita ufficiale dell'indumento[26], costumi peraltro che furono tra le motivazioni della censura del film in diversi stati.[27].
Questi dibattiti per la paternità non sono comunque anomali, è da ricordare infatti, come già scritto, che simili capi di vestiario erano stati effettivamente impiegati anche in precedenza, per esempio per le divise delle sportive o per gli abiti da spiaggia lanciati nei primi anni sessanta (che già terminavano alcuni centimetri sopra le ginocchia[28]), ed era comunque da diversi decenni che gli abiti e le gonne stavano divenendo sempre più corti. La stessa Mary Quant alla fine deglianni novanta affermerà che:
(francese)
«Ni moi, ni Courrèges n'avons eu l'idée de la minijupe. C'est la rue qui l'a inventée.»
(italiano) «Né io, né Courrèges, abbiamo avuto l'idea della minigonna. È stata la strada ad inventarla.»
ed intervistata nuovamente un decennio dopo ribadirà che:
«Seguivamo la stessa logica, anche se creavamo moda per persone diverse. [...] Nessuno ha inventato la mini, nasceva da una volontà. Andrè Courrèges ha scioccato l’alta moda, portandola nel moderno. Questa è stata la sua rivoluzione. Io ho semplicemente realizzato un desiderio comune e accorciato le gonne per ragazze come me.»
Il termine ingleseminiskirt veniviva tradotto letteralmente nei paesi dove compariva questo nuovo capo, combinando il prefisso "mini" con il termine locale per gonna (esmini-gonna in Italiano,mini-jupe in francese, ecc.)[31], anche se in alcuni casi il termine, entrato nel parlare quotidiano, sarà poi usato anche contratto nel semplice "mini".
Modella con miniabito disegnato dalla Quant, durante una sfilata adUtrecht nel 1969
Se le primissime minigonne presentate da Mary Quant, per essere definite già come tali e non come semplici gonne, dovevano avere una lunghezza che le facesse arrivare a duepollici sopra il ginocchio (circa 5,1 cm), nell'arco di un anno erano generalmente considerate "mini" quelle che arrivavano a scoprire almeno quattro pollici sopra il ginocchio (circa 10,2 cm)[32]. La lunghezza diminuì ancora, ma non in maniera uniforme: se per la moda londinese di fineanni sessanta poteva essere accettabile una gonna che arrivasse a ben 7/8 pollici (circa 17,8/20,3 cm) sopra il ginocchio, nello stesso periodo aNew York la lunghezza tipica dell'indumento non arrivava a scoprire più di 3/4 pollici (circa 7,6/10,2 cm)[33]. La Quant, parlando della diffusione e della nascita dell'indumento, dichiarerà che questa riduzione era di fatto determinata dalla richiesta delle stesse ragazze che la indossavano (indicate come "ragazze dellaKing's Road", ovvero la via dove era presente la sua boutique), più che da una pianificazione della stilista:
(inglese)
«It was the girls on the King’s Road who invented the mini. I was making easy, youthful, simple clothes in which you could move, in which you could run and jump and we would make them the length the customer wanted. I wore them very short and the customers would say, "Shorter, shorter".»
(italiano) «Sono state le ragazze della King's Road ad inventare la mini. Io stavo facendo abiti semplici e giovanili, con cui era possibile muoversi, con cui si poteva correre e saltare e li avrei realizzati della lunghezza voluta dalla clientela. Io li indossavo molto corti e la clientela diceva "Più corti, più corti".»
La stilistaBarbara Hulanicki ha più volte riportato[35][36] un aneddoto relativo alla sua collezione del 1966 del marchio Biba, che ben mostra come in quel periodo le dimensioni sempre più ridotte dell'indumento non solo non ponessero problemi o ostacoli alla vendita, ma anzi finissero spesso per essere una sorta di richiamo per le acquirenti: una partita di minigonne, di lunghezza normale, la cui stoffa injersey era stata trattata erroneamente dal fornitore, si era ristretta prima della messa in vendita nel negozio del marchio aKensington, finendo per misurare solo 10 pollici (25 cm circa) di lunghezza; la Hulanicki riteneva che tutti questi capi sarebbero rimasti invenduti, causando un grave danno economico, ma inaspettatamente tutte queste nuove "micro-gonne" andarono esaurite nell'arco di pochissimo tempo.
Sposa in minigonna adAuckland, nel 1968. La diffusione della "mini" influenzò anche indumenti generalmente più casti, come gliabiti da sposa, itailleur con gonna o iltubino
Il periodo di forte rinnovamento sociale, che portava ad una ricerca di discontinuità con il passato tra i più giovani, la facilità di produzione di questo capo di vestiario (e l'economicità nei modelli più semplici)[37], garantirono un notevole interesse per l'indumento da parte dei media, degli stilisti e degli esperti di moda, che a loro volta contribuirono ad aumentarne la diffusione sia nell'abbigliamento quotidiano che nella moda più elitaria. Il già citato André Courrèges incluse per esempio una minigonna, meno aderente e portata con stivaletti (iGo-go boots), per la sua collezionemod della primavera estate del 1965, introducendola quindi nella cosiddettaalta moda, mentre tra i primi stilisti a vestire nelle sfilate le modelle con delle minigonne vi fu il suo connazionalePierre Cardin[38].
Diversi fotografi comeHelmut Newton oRichard Avedon immortalarono nelle loro opere le più famose modelle del momento (Twiggy,Jean Shrimpton,Amanda Lear, ecc.) in foto che evidenziavano le lorogambe, ampiamente lasciate in vista da minigonne o abiti molto corti[6]. La stessa Jean Shrimpton fu al centro di un piccolo scandalo mediatico relativo alla nuova moda: il 30 ottobre del 1965, durante un tour promozionale sponsorizzato dalVictoria Racing Club e da un produttore locale di tessuti, si presentò all'ippodromoFlemington Racecourse diMelbourne, dove si svolgeva ilVictoria Derby (parte delMelbourne Spring Racing Carnival, un eventoippico che funge da principale "vetrina" per la moda australiana[39]), con un mini-abito (realizzato daColin Rolfe) che lasciava scoperte le gambe per una decine di centimetri sopra il ginocchio. Oltre a questo, a causa della giornata particolarmente calda, era senza calze, né guanti, né cappello (tre degli accessori considerati quasi obbligatori dalla moda tradizionale del momento). La reazione dei media fu particolarmente critica verso questo tipo di abbigliamento e il caso divenne noto comeThe Miniskirt Affair (traducibile in italiano come "Il caso Minigonna")[40].
Le foto della Shrimpton, circondata da donne più anziane e vestite in maniera classica e tradizionale, ampiamente diffuse dai media a corredo della notizia, ben evidenziavano il contrasto tra la vecchia e la nascente e nuova moda.[41][42][43][44]
In televisione e al cinema la minigonna divenne sempre più presente, come nellaserie classica diStar Trek (1966/69), in cui il produttoreGene Roddenberry decise di renderla parte integrante delle divise dell'equipaggio femminile dell'astronave, a rimarcare come quell'indumento, al tempo ancora non completamente accettato dalla visione conservatrice della società, nel futuro pensato per la serie avrebbe potuto avere una diffusione ben più ampia[45]. Ma del resto non si trattava di una novità: proprio le produzioni cinematografie e televisive, come già ricordato, avevano mostrato i personaggi femminili con simili indumenti o divise da ben prima della sua introduzione ufficiale.
Non tutti gli stilisti però apprezzarono questa gonna corta, che ricevette diverse e variegate critiche: per esempio Chanel, nonostante il suo contributo dato alla rivoluzione dello stile femminile che farà da apripista a questo capo di vestiario, la considerava indecente, citando il parere diChristian Dior (morto alcuni anni prima) che riteneva il ginocchio la parte più brutta del corpo[46].
Nel 1966 Mary Quant ricevette il titolo di Ufficiale dell'Ordine dell'Impero Britannico per via dell'importanza che la minigonna (e in generale lo stile londinese) aveva rapidamente assunto nel mondo della moda.[47]
L'uso della "mini", che scopriva le gambe, ha reso in questo periodo sempre meno diffuso l'impiego dicalze egiarrettiere, a cui venivano preferite lacalzamaglia (soprattutto nei primi anni[48][49]), icollant (realizzati innylon[50] ed introdotti sul mercato alla fine degli anni cinquanta)[51][52] o, più recentemente, ifuseaux e ileggings[53]. Mary Quant citò proprio la presenza di collant e simili, che rappresentavano un'ulteriore copertura per le parti intime femminili, in una sua difesa della minigonna contro le legislazioni che volevano vietarla[54]:
(inglese)
«In European countries where they ban mini-skirts in the streets and say they're an invitation to rape, they don't understand about stocking tights underneath.»
(italiano) «Nelle nazioni europee dove vengono vietate le minigonne nelle strade, dicendo che sono un invito allo stupro, non comprendono l'uso delle calze»
(Alison Adburgham,Mary Quant. Interview with Alison Adburgham,The Guardian, 10 October 1967[54])
L'accorciamento delle gonne si produsse fin dall'inizio anche in quello di altri capi, come i più tradizionaliabiti da donna, facendo nascere imini-abiti, che di fatto univano magliette e maglioni al concetto di minigonna, anche questi spesso indossati con i collant.
In parte per massimizzare una sorta di spirito di ribellione, dovuto al poter mostrare liberamente ciò che era considerato scandaloso e volgare (erano gli anni dei movimentisessantottini), in parte per i dettami di alcuni stilisti che puntavano molto all'effetto pubblicitario di questi scandali, le minigonne in breve si accorciarono drasticamente, fino ad arrivare in alcuni modelli a soli pochi centimetri dalla biancheria intima che copriva i genitali, divenendo anche un simbolo della conquistata libertà sessuale femminile. All'uso sempre più frequente di minigonne e miniabiti si associò, per un breve periodo, anche l'abbandono delreggiseno, che spesso veniva bruciato dalle femministe come segno di protesta e di supporto ad una nuova idea della donna, non legata all'immagine precedente di cui i capi di vestiario tradizionale (abiti lunghi e reggiseno) erano un simbolo[55].
Le ridotte dimensioni a cui arrivò la minigonna in Inghilterra furono anche al centro di un caso di potenziale "evasione fiscale": il sistema di tassazione di allora prevedeva un'imposta indiretta sull'acquisto solo per gli abiti per adulti, considerando come tali quelli di lunghezza superiore ai 24 pollici (circa 61 cm), esentandone quindi quelli per bambini; le minigonne, pur essendo abiti per ragazze e donne adulte, con le loro lunghezze variabili tra i 13 e i 20 pollici (circa 33 e 50,8 cm), risultavano nella fascia non tassata[56].
La diffusione della minigonna (e in generale delle mode legate allaSwinging London), partita dai paesi europei delblocco occidentale, da lì passata (seppur non immediatamente[28]) negliStati Uniti (e dopo alcuni anni in quest'area più o meno tacitamente accettata), non ebbe la stessa facilità di diffusione altrove: inCina per esempio, dove si era nel pieno dellaRivoluzione Culturale, venne considerata uno dei simboli della "depravazione" dell'occidente capitalista[57], mentre inAustralia le gonne rimasero sotto al ginocchio per buona parte degli anni sessanta[58].
Anche in diverse nazioni dell'Africa la minigonna venne vista come un simbolo della decadenza del mondo occidentale che avrebbe corrotto i costumi locali[37]. La problematica al tempo, più che al concetto di pubblica decenza, in diversi casi era legata al fatto che molte nazioni avevano da poco ottenuto l'indipendenza, dopo il periodocoloniale, e gli indumenti legati alle mode occidentali, come le gonne corte o ipantaloni aderenti[59], erano visti come un protrarsi di questo controllo.[60] Del resto l'abbigliamento tipico pre-coloniale di molte di quelle zone, precedentemente contrastato dalle forze coloniali (e anche da alcune forze governative post-indipendenza[59]) nell'ottica dellacivilizzazione perché percepito come una quasi nudità, era minimalista: una ragazza di città in maglietta e minigonna negli anni '60 sarebbe stata comunque più coperta rispetto a una ragazza delle generazioni precedenti in abiti tradizionali. Questo ovviamente non impediva a molti governi o forze politiche di indicare comunque questo abbigliamento come sconveniente di per sé, con in alcuni casi campagne mediatiche e legali che sfociavano in vere e proprie aggressioni dei confronti delle donne che lo indossavano[59][61].
Tra la fine degli anni sessanta e l'inizio dei settanta l'indumento si diffonde anche in paesi a maggioranzaislamica che successivamente l'avrebbero vietato o comunque osteggiato, come l'Afghanistan[62][63].
In Europa, neiPaesi Bassi l'indumento viene inizialmente vietato per legge, ma bastano pochi mesi perché il divieto decada e la minigonna si diffonda tra le giovani del paese[19]. Per quello che riguarda l'Italia, la minigonna inizia a diffondersi nel 1966 (nelle sfilatedi moda fiorentine apalazzo Pitti la lunghezza era di 10 cm sopra il ginocchio[49]), ma rimane per diverso tempo un indumento mal visto dall'opinione pubblica, indossato nel chiuso dei locali da ballo, e si registrarono anche casi di ragazze che vengono denunciate, quando la gonna indossata in pubblico era considerata troppo corta[64][65]. Oltre alle azioni legali (che proseguirono nel decennio successivo ed ebbero esiti variabili) e ai tentativi di regolamentazione per scuole e luoghi pubblici, alla diffusione della minigonna si ebbero anche forme di reazione violenta, con aggressioni nei confronti delle ragazze che la indossavano[66]
Ci fu anche chi denunciò la minigonna come un passo indietro nella lotta per la parità dei diritti delle donne, essendo un qualcosa che le avrebbe rese solo un oggetto di attrazione sessuale: simili tesi vennero per esempio abbracciate per esempio daNicola Adelfi suLa Stampa già nel luglio del 1967, insieme alla previsione di un prossimo forte declino nell'uso dell'indumento e del suo successivo (ma a posteriori mai verificato) "tramonto"[67]. InFrancia, sempre nel 1967, anno in cui la moda nazionale riteneva la minigonna corta al massimo fino a 16 cm sopra le ginocchia[68], la polizia accusò esplicitamente le minigonne di favorire gliatti di violenza sulle donne, stimati in aumento[67][69], mentre il ministro dell'istruzione franceseAlain Peyrefitte chiese il ritorno dell'uniforme scolastica con gonna lunga, suscitando forti polemiche e contrarietà anche da parte di diversi presidi[68].
Fortemente critica nei confronti del nuovo capo di abbigliamento fu laSanta Sede[70][71], in quanto ritenuto un abito poco decoroso nei confronti della donna. Nel giro di pochi anni dalla sua introduzione le autoritàecclesiastiche, per il decoro dei luoghi sacri e degli edifici pubblici - e forse per evitare distrazioni da parte dei fedeli-, resero più rigida l'applicazione delle già esistenti norme di ingresso e vietarono di fatto alle donne con la gonna al di sopra del ginocchio l'accesso a diversi edifici della città, tra cui laBasilica di San Pietro e iMusei Vaticani (tra le persone respinte, nell'agosto del1969, vi fu anche la principessa delBelgio,Paola Ruffo di Calabria[72]).
Nel cercare di contrastare la diffusione delle minigonne non vennero usate solo questioni dimorale pubblica, per loscandalo che questa poteva provocare, ma anche mediche: diversi medici iniziarono ad indicare nel nuovo indumento la possibile causa direumatismi e futuri problemicircolatori[73].
In alto donne in miniabito, indossato dalle ospiti ad un matrimonio nell'Inghilterra meridionale nel 1972. In basso ragazze al Rhodes College diMemphis (Tennessee,USA) nel 1973. Durante glianni '70 alla minigonna si affiancarono i pantaloncini corti (short,hot pants e simili), spesso di lunghezza inferiore a quella delle stesse minigonne, come quelli indossati dalla ragazza sulla sinistra.
Le previsioni sulla fine definitiva della minigonna proseguono anche in questo decennio[74], tuttavia si riveleranno fallaci. Nei primi anni settanta la minigonna continuò infatti a diffondersi e ad accorciarsi, ma con l'arrivo della metà deglianni settanta questa tendenza iniziò ad invertirsi.
In diversi paesi, a partire dagli anni '70 le uniformi del personale femminile dellecompagnie aeree si adattarono alla moda del tempo a base di abiti corti. In alto lehostess dellaPacific Southwest Airlines, la compagniacaliforniana puntò anche sulla loro per conquistare nuovi clienti: l'uniforme, che riprendeva i colori della livrea dei mezzi, comprendeva minigonne, miniabiti e pantaloncini estremamente corti.[75] In basso hostess dellaNew Zealand National Airways Corporation, in una foto promozionale.
Il giornalista britannicoChristopher Booker, nel suo libroThe Seventies: portrait of a decade (1980), motivò queste modifiche al capo di abbigliamento sia in base al fatto che ormai non era possibile accorciarlo ulteriormente
(inglese)
«there was almost nowhere else to go ... the mini-skirts could go no higher»
(italiano) «non c'era quasi più spazio dove spingersi... la minigonna non poteva salire oltre»
(Christopher Booker,The Seventies : portrait of a decade)
sia per l'impressione di essere oggetti plasticosi o "'dolly birds'"[76], che rischiavano di suscitare le ragazze vestite in minigonna e soprabitoMackintosh diPVC (l'accoppiata dettata dalla moda del periodo).[77]
Un'ulteriore motivazione che spinse all'allungamento della gonna furono le proteste del movimentofemminista: se in un primo tempo le gonne e la possibilità di vestirsi in manierasexy (oltre a poter vivere piùliberamente le proprie esperienze sessuali) erano sembrate delle novità da indicare come un'evoluzione positiva nella condizione delle donne[78], col tempo questo abbigliamento rischiava (nell'ottica di alcuni gruppi femministi) di farle considerare solo come degli oggetti sessuali[37]. In quegli anni iniziavano peraltro ad essere poste sotto accusa anchediverse campagne pubblicitarie, che puntavano sulla minigonna per evidenziare l'avvenenza delle modelle, richiamando così l'attenzione su prodotti che non avevano nulla a che fare né con l'abbigliamento, né con l'universo femminile[79]. Oltre all'immagine sexy proposta, grazie all'indumento, da alcune pubblicità cartacee e televisive, anche diverse aziende avevano scelto minigonne e miniabiti particolarmente corti come uniformi del loro personale a contatto col pubblico (per esempio alcuneassistenti di volo), scelta che, pur garantendo una sicura pubblicità, attirava anche critiche. Per diverse femministe la minigonna era quindi passata, in pochi anni, da simbolo delle nuove libertà e della conquistata indipendenza (anche economica) delle donne, indossata a volte in modo volontariamente eccessivo come forma di provocazione, a capo di vestiario da boicottare perché legato alla figura della donna-oggetto, un dualismo che a distanza di decenni anima ancora il dibattito del mondo femminista[80].
In questo periodo, con l'eclissarsi della minigonna, si diffonde la moda deglishort (letteralmente "corto"), spesso di jeans, come quelli indossati dall'attriceCatherine Bach nella serie televisivaHazzard (1979-1985), che divennero noti proprio comeJeans Daisy-Duke (dal nome del suo personaggio[81]) e deglihot pants[16] (anche questi ultimi vedono tra i loro inventori la stilista Mary Quant[82]): entrambi scoprivano le gambe come, se non più, delle minigonne, ma risultavano più pratici in quanto permettevano una maggiore libertà di movimento, oltre a proteggere e coprire maggiormente la zona intima. Nel tempo ci furono anche dei tentativi di unificare i due indumenti,lo stilista Versace per esempio provò ad introdurre abiti dotati sì di gonna corta, ma da indossare sopra a dei (parzialmente visibili) pantaloncini[83].
Nonostante questo cambio di rotta, l'indumento non sparì mai del tutto, né dalla vita comune, né nel mondo dello spettacolo e della moda. La minigonna (seppur a volte sotto forma di uniforme o costume), proprio per il suo essere comunque un simbolo dell'abbigliamento femminile giovane del tempo, influenzò anche illook delle protagoniste femminili dei nascentianime giapponesi robotici (per esempio le opere diGō Nagai oYoshiyuki Tomino) e imajokko (ma questi ultimi si diffusero maggiormente nel decennio successivo), che stavano per invadere i teleschermi occidentali, ed i relativimanga, fornendo spesso la scusa per inserire nelle storiegag o scenettecontenenti ammiccamenti sexy. Nell'ambito delle collezioni di moda, pur facendosi meno presente, a metà degli anni '70 venne a volta proposta cortissima (quasi all'inguine), ma abbinata a calze molto spesse o stivali sopra il ginocchio, quasi fosse questa la parte del corpo che bisognava pudicamente coprire[78].
Con l'avanzare glianni ottanta la minigonna tornò di moda nel mondo occidentale[6], anche se in maniera altalenante e con tempistiche e diffusione diversa tra l'Europa e ilNord America[84], e si diversificò in modelli molto differenti (per tipo di tessuto, taglio, ecc.), pur non raggiungendo mai né una forma così corta, né la diffusione che aveva avuto nel suo primo decennio di vita. I due anni in cui si manifestò la maggiore diffusione della mini furono il 1982 e il 1987[85].
Proprio 1982 Valentino presagì un cambio di stile per le minigonne che, secondo lui, sarebbero state caratterizzate da una maggiore ampiezza e da una linea più morbida lungo le gambe, in grado di dare vita con il movimento del corpo ad un "sexy vedo non vedo". La previsione dello stilista si rivelerà in parte corretta, almeno fino a quando la moda perl'aerobica ed in generale pergli sport atti a migliorare la forma fisica, non riporterà in voga minigonne, miniabiti e corti tailleur nuovamente aderenti ed attillati.[86] Tra questi ultimi tipi si distinsero le creazioni diAzzedine Alaïa eHerve Peugnet per le minigonne e gli abiti dilycra[85] e diThierry Mugler per i tailleur[86].Tra il 1984 e il 1986 la stilista britannicaVivienne Westwood, che al tempo lavorava in Italia, lanciò un nuovo tipo di minigonna chiamatomini-crini[87][88], composta dalla fusione di untutù da ballo con una struttura rigida derivata dallecrioline usatenell'epoca Vittoriana, ma il suo successo rimase confinato quasi esclusivamente al mondo della moda e dello spettacolo[89].
Tra i modelli che si affermarono in questo decennio vi sono ilRah-rah skirt, non aderente e con una base larga, in grado di coprire meglio le gambe in posizione seduta, ispirato a quello tipico dellecheerleader statunitensi[90] (che a partire dalla fine degli anni sessanta avevano fatto di questo tipo di minigonna parte integrante delle loro uniformi[91]), e ilpuffball skirt (nota anche comebubble skirt)[92]. Oltre al ritorno della minigonna questo decennio segnò anche il ritorno delle calze, munite di autoreggenti, che come i collant vennero proposte dagli stilisti in vari modelli e materiali, da quelle trasparenti, a quelle colorate, passando per quellea rete[93].
Durante questo periodo la minigonna, nelle sue varie incarnazioni, iniziò ad essere indossata anche da personaggi pubblici non appartenenti al mondo dello spettacolo, comela principessa Diana[94], oltre a continuare ad essere impiegata da cantanti ed attrici, che a volte ne fecero una delle loro caratteristiche più identificabili (come il duo pop britannicoPepsi & Shirlie o la cantanteDeborah Harry del gruppo statunitenseBlondie).
Nei primianni novanta le minigonne tornano ad essere presenti con una certa costanza nelle collezioni di moda (a volte, nell'ambito dello stileNew Glamour, riprendendolook particolarmente d'impatto diffusi nei decenni precedenti, come le mini argentate di Courreges), in alternanza con gonne dall'orlo più lungo, pensate per le donne che lavorano in ufficio[95]. Nel 1993Yves Saint Laurent,Gianni Versace eKarl Lagerfeld tentano di rilanciare la mini nell'ambito dell'alta moda, ottenendo tuttavia un riscontro inferiore di quello avuto nel decennio precedente[85].
Con il passare degli anni novanta e l'arrivo dei primianni del 2000,telefilm eserie televisive di origine statunitense, ma di grande successo mondiale e con untarget variegato comeFriends (1994-2004),Caroline in the City (1995-1999),Sex and the City (1998-2004),Melrose Place (1992-1999)[89] oAlly McBeal (1997-2002)[89] riportarono alla ribalta questo tipo di indumento, indossato spesso in scena dalle attrici protagoniste, che venivano riproposte così vestite anche in alcune delle immagini pubblicitarie e nelle copertine delle versionihome video delle rispettive serie. Una famosa sequenza del filmBasic Instinct (realizzato nell'anno 1992, in cui la protagonistaSharon Stone in realtà indossava un cortotubino), ripetutamente ripresa e/oparodiata da altre pellicole e produzioni televisive, ha diffuso tra il grande pubblico l'idea della minigonna portata senza calze e senza intimo, tematica legata sia all'esibizionismo che alvoyeurismofotografico dell'upskirt (da up "insù" e skirt "gonna", ovvero il guardare verso l'alto da sotto una gonna), oltre a rilanciare fortemente nell'immaginario collettivo le gambe come zona del corpo femminile usata nellaseduzione.
In Italia, soprattutto tra le più giovani, ebbe forte influenza l'abbigliamento delle ragazze diNon è la RAI (1991-1995), programma criticato spesso proprio per i costumi di scena, ritenuti eccessivamente ammiccanti per le protagoniste per larga parte ancora adolescenti. Lo stesso regista ed autore,Gianni Boncompagni, aveva precedentemente realizzato alcune edizioni del programma settimanaleDomenica In, dove le numerose ragazze in studio indossavano tutte "divise" uguali, rigorosamente comprensive di minigonna. Vero simbolo televisivo della "minigonna italiana" di questo decennio sarà però la più maturaAlba Parietti, le cui gambe, messe abilmente in mostra daicostumisti, dagliscenografi e dallaregia diGalagoal (Telemontecarlo 1990/91, 1991/92 e 1995/96) eDomenica in (Rai Uno, 1992/93), tramite abiti e gonne cortissimi ed altisgabelli, divennero una delle "caratteristiche" più dibattute di questi programmi[96][97][98].
Una delle caratteristiche della moda giapponeseKogal, diffusasi a partire daglianni novanta e diversificatasi in vari sottogeneri, è l'uso di diversi tipi di minigonna.
Come scritto precedentemente, per quello che riguarda il mondo della moda, in questo decennio la gonna è tornata ad essere presente, seppur con variazioni nella sua lunghezza e nella frequenza della sua presenza, nelle linee di vestiario proposte nelle varie collezioni annuali. A metà degli anni novanta alcuni stilisti (tra cuiValentino) ed alcuni critici di moda, in controtendenza rispetto ai modelli che stavano proponendo la televisione e il cinema, avevano annunciato l'abbandono della minigonna, considerata ormai un indumento del passato[99][100], ma già pochi anni dopo questa era tornata prepotentemente sulle passerelle[101][102][103][104].
L'attriceKaren Gillan nel ruolo diAmy Pond, durante le riprese del primo episodio dellaquinta stagione diDoctor Who (maggio 2009). Le minigonne saranno uno degli indumenti tipici del personaggio, fatto che, secondo alcuni commentatori, lo avrebbero reso tropposexy per un telefilm destinato alle famiglie. L'attrice stessa difenderà più volte la scelta di quell'abbigliamento, ritenuto perfettamente in linea con quello indossato abitualmente dalle ragazze inglesi coetanee del personaggio.[105][106]
Nelprimo decennio del XXI secolo ipantaloni a vita bassa hanno in parte scalzato la minigonna e gli hot pants dal podio dell'"abito più provocante", oltre ad attirare su di loro lo stesso tipo di critiche, relative alla supposta volgarità, che negli anni sessanta e settanta venivano indirizzate alle mini. Nell'abbigliamento di tutti i giorni le minigonne continuano tuttavia ad essere usate diffusamente, anche nei mesi invernali, dove sono sovente abbinate a pantaloni aderenti come ileggings, ifuseaux ocollant pesanti. La principale differenza, rispetto ai decenni precedenti, è l'abitudine tra le donne di indossare l'indumento anche sopra i 30 anni, cancellando quindi l'immagine che lo voleva capo di abbigliamento destinato solo alle ragazze più giovani[107][108].
Con il nuovo secolo le mode provenienti dall'oriente che prevedono l'uso di gonne sopra il ginocchio, come il già citatoGothic Lolita, iniziano a diffondersianche in occidente, ma in modo marginale, pur divenendo molto note tra i giovani grazie ai protagonisti dianime emanga che vestono seguendo quegli stili. Nel 2005 in Gran Bretagna la catena di grandi magazziniHarvey Nichols effettuò un sondaggio tra i suoi clienti per individuare il capo di vestiario più amato: la minigonna ottenne il primo posto[109][110].
LatennistaMarija Kirilenko agliU.S. Open del 2006: la minigonna si è diffusa anche nell'uniforme femminile di questo sport, non senza critiche da parte di alcuni organizzatori dei principali tornei, in quanto ritenute possibile fonte di distrazione per il pubblico[111].
Nella moda la gonna ha continuato ad essere diffusa e, nella seconda metà del primo decennio delXXI secolo, ha continuato ad accorciarsi ulteriormente, venendo però a volte sostituita dai più corti e meno impegnativi hot pants[6][112][113][114]. Gli stilisti e le riviste di moda nelle collezioni 2009 e 2010 (soprattutto per i mesi invernali) propongono queste gonne più corte anche in abbinamento ad un altrorevival della moda dei decenni passati, quello deglistivali alti sopra il ginocchio, detticuissarde[115]. Non mancano in questi anni le variazioni sul materiale con cui è confezionato l'indumento, con un ritorno nelle collezioni presentate sulle passerelle della pelle[116], e di varianti più originali come quelle decorate con effetto "metallico"[117][118], così come il ritorno a forme già impiegate negli anni ottanta, come lapuffball skirt, molto presente nella primavera del 2005 nelle sfilate relative alla moda del successivo autunno/inverno[94].
La modellacanadeseJulia Dunstall in microgonna ecollant, allasettimana della moda di New York nel 2007. Le minigonne estremamente corte, pur essendo poco diffuse nell'abbigliamento comune, sono quasi una costante delle sfilate dell'inizio XXI secolo. I modelli hanno solitamente "lunghezze" inferiori ai 20 cm.La cantante sudcoreanaKim Tae-yeon e leGirls' Generation in minigonna e miniabiti, in un'immagine promozionale (2013).
Negli stessi anni le minigonne estremamente corte (sotto i 20 cm di lunghezza), rinominate "microgonne" (più raramente "zerogonne")[31] o, ironicamente nel mondo anglosassone, "belt-skirt" (letteralmente "cintura-gonna"), a volte dijeans, sono tornate ad essere presenti nelle sfilate, oltre ad essere indossate in scena dalle appartenenti al mondo dello spettacolo, tuttavia rimangono poco diffuse nell'abbigliamento normale, se non quando portate come aggiunta sopra pantaloni, calze coprenti o ai già citatileggings.
Dal punto di vista della diffusione, i media hanno evidenziato come, in alcuni casi, l'introduzione dell'indumento nell'uso di tutti i giorni in paesi molto tradizionalisti possa considerarsi uno dei segnali di un cambiamento culturale in atto (come nel casobirmano[119]). Nonostante i quasi 50 anni di vita, l'indumento non è ancora accettato in tutte le culture, essendo per esempio vietato in diversi paesi islamici, mentre al termine delprimo decennio del secolo in alcuni ex paesisovietici dell'Asia centrale, ufficialmente laici ma a maggioranzaislamica,Tagikistan[120] eUzbekistan[121], la minigonna si è ritrovata (per differenti ragioni) al centro di proposte di divieto insieme alHijab, il velo islamico. Anche in paesi europei dove la minigonna era ormai diffusa da decenni, come laPolonia[122] e l'Italia[123][124][125] vi sono state diverse proposte di legge e regolamentazioni locali tese a vietare o scoraggiare l'uso dei modelli più corti, perché ritenuti offensivi della morale pubblica o per contrastare laprostituzione da strada. Agli inizi del 2011 il governo delloSri Lanka, paese a maggioranza buddista, ha annunciato la possibilità di vietare la minigonna nei luoghi pubblici, nell'ambito di una nuova politica di moralizzazione del paese[126].
Costumi di scena simili a minigonne o miniabiti erano già diffusi agli inizi del XX secolo. Nella foto la locandina dello spettacolo "Happyland", in scena aBroadway tra il 1905 e il 1906, con un'illustrazione raffigurante l'attriceMarguerite Clark.
La cantantebrasilianaIvete Sangalo solleva la minigonna durante un concerto nel 2005: nonostante la diffusione degli hotpants e dei pantaloni a vita bassa, le gonne corte con le gambe in vista rimangono uno dei principali riferimenti mediatici per quello che riguarda la provocazione sessuale.
Ragazza con una minigonna dijeans, indossata sopra un paio dileggings scuri.
Minigonne, microgonne e miniabiti fanno spesso parte dell'uniforme dellestandiste presenti in fiere mercato ed esposizioni campionarie. Nella foto hostess ad una fiera aCórdoba,Messico, nel 2009.
^(FR)Thierry Terret e Phillipe Liotard,Sport et genre: Volume 2, Excellence féminine et masculinité hégémonique, Paris, L'Harmattan, p. 87,ISBN 2-7475-9564-1
^In Italia, ritenendo ilregime fascista questa riduzione di lunghezza sconveniente, tramite unaveline del 4 maggio 1943, pubblicata dalMinistero della cultura popolare si arrivò ad indicare alle riviste di moda che "Nei figurini di moda femminile le gonne vanno leggermente allungate oltre il ginocchio", si veda a cura di Giancarlo Ottaviani,Le veline di Mussolini, Stampa alternativa, 2008,ISBN 9788862220477, pag 13
^Bianca Lang, Tina Schraml, Lena Elster,La minigonna. La rivoluzione, gli stilisti, le icone, White Star, 2011,ISBN 978-88-540-2057-3, p. 28
^abDaniele Pittèri,L'intensità e la distrazione. Industrie, creatività e tattiche nella comunicazione - Volume 16 di Cultura della comunicazione,FrancoAngeli, 2006,ISBN 978-88-464-7300-4,p. 124
^ab(EN) Daniel Delis Hill,As Seen in Vogue: A Century of American Fashion in Advertising, Texas Tech University Press, 2007,ISBN 978-0-89672-616-1,p. 95
^(FR) François Baudot,Mode du siècle, éditions Assouline, août 1999,ISBN 2-84323-159-0, p. 204
^Bianca Lang, Tina Schraml, Lena Elster,La minigonna. La rivoluzione, gli stilisti, le icone, White Star, 2011,ISBN 978-88-540-2057-3, p. 40
^È da notare che in realtà si trattava di un mini-abito e non di una minigonna, a dimostrazione di come sovente i media usino "minigonna" (l'inglese "miniskirt" nel caso in oggetto) anche per i miniabiti ("minidress" in lingua inglese).
^Ilaria Marzia Orsini,Star Trek e le frontiere della fantascienza: rappresentazioni, generi, linguaggi, Editrice UNI Service, 2006,ISBN 978-88-88859-83-5,p. 56
^Termine inglese che significa "giovane donna sexy", ma che può avere valenza denigratoria, indicando una donna vestita in maniera eccessivamente provocante, si veda (EN)la definizione su sex-lexis.com
^Christopher Booker,The Seventies: portrait of a decade, Penguin Books Ltd, 1980,ISBN 978-0-14-005783-6
^(EN) Nermeen Shaikh ,The Present as History. Critical Perspectives on Contemporary Global Power", Columbia University Press, 2007,ISBN 9780231142991,pag 168
^Come raccontato dalla stessa attrice Catherine Bach (inizialmente restia ad usare un simile capo di abbigliamento) in un'intervista dell'ottobre 1981, a convincerla ad a girare le scene in cui lavora come cameriera con pantaloncini così ridotti, fu proprio lo scoprire che le divise delle vere cameriere dei ristoranti comprendevano minigonne altrettanto corte ("Indossavano tutte delle piccole minigonne che arrivavano alla tovaglia!"). Si veda(EN)Catherine Bach Defends the Dukes, sunews.google.ca, Beaver Country Times, 11 ottobre 1981.URL consultato il 15 agosto 2014.
^Si veda per esempio l'articolo deLa StampaUn colpo di forbice alle gonne e gran ritorno dello spolverino, del 26 giugno 1985, relativo alla minore diffusione della minigonna in Europa rispetto all'America, nonostante le previsioni degli stilisti relative ad un suo possibile grande ritorno nella moda estiva di quell'anno
^abcBianca Lang, Tina Schraml, Lena Elster,La minigonna. La rivoluzione, gli stilisti, le icone, White Star, 2011,ISBN 978-88-540-2057-3, p. 126
^abBianca Lang, Tina Schraml, Lena Elster,La minigonna. La rivoluzione, gli stilisti, le icone, White Star, 2011,ISBN 978-88-540-2057-3, pp. 78-79