La fonte principale che ci informa sulla vita di Psello sono le sue stesse opere, che contengono ampi passaggi autobiografici. Michele Psello nacque probabilmente aCostantinopoli, in una famiglia originaria diNicomedia che contava tra i suoi avi membri della classe patrizia e consolare. Il suo nome di battesimo era Costantino, mentre Michele era il nome scelto quando più tardi divenne monaco.Psellos, che significa "balbuziente", era probabilmente un soprannome dovuto ad un suo difetto di pronuncia.
Psello fu educato a Costantinopoli, ma a circa dieci anni fu mandato fuori città a lavorare come segretario presso un giudice di provincia per permettere alla famiglia di costituire la dote per la sorella. Quando la sorella morì, abbandonò il lavoro e tornò a Costantinopoli per riprendere gli studi. Durante gli studi sotto la guida diGiovanni Mauropo, ebbe l'opportunità di conoscere i patriarchiCostantino Leichoudes eGiovanni Xiphilinos e l'imperatoreCostantino X Ducas. Per qualche tempo lavorò di nuovo nelle province, stavolta come giudice. Poi tornò di nuovo a Costantinopoli (ante1042), dove assunse un incarico minore a corte, come segretario (ὑπογραμματεύς) nella cancelleria imperiale. Da lì iniziò una rapida carriera. Divenne un influente consigliere politico dell'imperatriceZoe Porfirogenita (1028 - 1050) e di suo maritoCostantino IX Monomaco (1042-1055) e contemporaneamente divenne il professore più importante della nuovauniversità di Costantinopoli, guadagnandosi il titolo onorifico di "Console dei filosofi" (ὕπατος τῶν φιλοσόφων).
Verso la fine del regno di Monomaco, Psello ricevette forti pressioni politiche per ragioni che ignoriamo e decise di lasciare la corte, entrando nel monastero dell'Olimpo, inBitinia, nel1054. Dopo la morte di Monomaco, però, fu presto richiamato a corte dalla nuova imperatriceTeodora (1055-1056).
Negli anni seguenti rimase attivo nelle alte sfere dell'amministrazione statale come consigliere politico sotto diversi successivi imperatori. Giocò un ruolo politico decisivo nel passaggio di potere fraMichele VI Bringa eIsacco I Comneno nel1057, poi fra questi eCostantino X Ducas nel1059, fraRomano IV Diogene eMichele VII Ducas nel1071. Fu anche consigliere della basilissaEudocia Macrembolitissa; l'imperatrice era talmente affezionata a Psello che lo chiamava "zio". MortoCostantino X, Eudocia si trovò unica sovrana di Bisanzio, assumendone la reggenza a pieno titolo. Tuttavia, per paura di essere spodestata, si sposò conRomano IV Diogene, condividendo assieme a lui il trono.
Dal momento che Psello era stato l'insegnante di Michele VII durante il regno del padre, Costantino Ducas, ed aveva giocato un ruolo fondamentale nella sua ascesa al potere contro i suoi avversari e il suo patrigno Romano IV, si aspettava probabilmente di guadagnare una maggior influenza politica come insegnante e consigliere sotto di lui. Invece, Michele sembrò essere meno propenso a favorire Psello e verso la metà del decennio1070 non si hanno più notizie di una sua attività politica a corte.[1] Dal momento che i suoi passaggi autobiografici si interrompono in questo punto, ci sono poche informazioni attendibili sui suoi ultimi anni. Alcuni studiosi ritengono che Psello si sia ritirato di nuovo in monastero in un anno imprecisato del decennio 1070-1080.[2]
In base ad una nota del suo amico storicoGiovanni Zonara, molti studiosi ritengono che Psello sia morto subito dopo la caduta di Parapinace nel1078,[3] sebbene alcuni abbiano proposto date più tarde:[4] un'ipotesi particolarmente concreta rimane infatti l'anno1096.[5]
Psello aveva ricevuto un'educazione che spaziava su praticamente tutto lo scibile umano ed era reputato uno degli uomini più colti del suo tempo.[6] Era orgoglioso di aver reintrodotto da solo nella cultura bizantina lo studio serio della filosofia antica, specialmente quella diPlatone e deiNeoplatonici (soprattuttoProclo), per i quali nutriva un'autentica venerazione.[7] La sua predilezione per Platone e altri filosofi pagani portò alcuni suoi contemporanei a dubitare della sua fede ortodossa, fino ad arrivare, ad un certo punto, a costringerlo a fare pubblica professione di fede per allontanare da sé questi sospetti. Degni di nota sono i commenti alle opere diSan Gregorio di Nazianzo e di altri grandi padri greci. "Si servì dell'interpretazione allegorica per spiegare i miti tramandati daOmero,Esiodo,Euripide e i luoghi oscuri delNuovo Testamento"[8]. Dai suoiinteressi esoterici discendono i noti commentari sugliOracoli caldaici e su alcuni scritti ermetici (da ricordare che il manoscritto più antico esistente delCorpus Hermeticum, acquistato daLorenzo de' Medici e tradotto dalFicino, appartenne a Psello).
Era anche orgoglioso di essere un maestro di retorica, combinando la saggezza del filosofo e la persuasione del retore in un modello ideale di consigliere e capo politico. Tra i moderni commentatori, l'inclinazione di Psello per i lunghi passaggi autobiografici gli ha guadagnato le accuse di vanità e ambizione, mentre la sua carriera politica e il contenuto della suaChronographia lo hanno fatto giudicare servile e opportunista, a causa della sua ostentata posizione acritica verso alcuni degli imperatori e a causa anche di cambiamenti di lealtà politica durante la sua vita. Altri commentatori, però, hanno concluso che ci sia nelle sue opere, e specialmente nellaChronographia, un potente sottinteso ironico che trasmette messaggi molto critici, se non sovversivi, verso gli imperatori descritti[9] e anche verso la morale e le credenze cristiane.[10]
Tale interpretazione è corroborata dallo studio della fortuna postuma diGiuliano presso i bizantini: Psello infatti, nellaHistoria Syntomos, rilegge le vicende dell'ultimo imperatore pagano non senza elogi, al tempo stesso non risparmiando allusioni al patriarcaMichele Cerulario, maliziosamente paragonato per il suo ascetismo all'Apostata.[11]
Nel 1453, durante un viaggio inMacedonia sulla via di Costantinopoli, uno scrittore italiano della corte dei Medici,Leonardo da Pistoia, scoprì quattordici trattati originali appartenuti a Michele Psello, risalenti all'XI secolo, scritti in greco e attribuiti adErmete Trismegisto, maestro di sapienza e figura leggendaria vissuta in tempi remoti.
Ritornato a Firenze, il monaco Leonardo da Pistoia consegnò i trattati aCosimo de' Medici, che incaricò subitoMarsilio Ficino di tradurli dal greco al latino. Il lavoro fu completato nel 1463. L'opera divenne universalmente nota comeCorpus Hermeticum.
IlCorpus Hermeticum, che nella sua versione definitiva risultò composto di diciotto trattati, rappresentò la fonte d'ispirazione del pensieroermetico eneoplatonico rinascimentale.
Sotto il nome di Michele Psello si sono conservate decine e decine di opere tramandate da centinaia di manoscritti, raccolte e catalogate dal bizantinista Paul Moore;[12] tra queste, opere storiche, erudite, oratorie, retoriche, giuridiche, filosofiche, poetiche e filologiche, più un vastissimo epistolario (oltre 500 testi, tra lettere autentiche, dubbie e riscritture) e numerosi scritti spurii.
Probabilmente l'opera di Psello più conosciuta e maggiormente accessibile è laChronographia (Χρονογραφία). Si tratta della storia degli imperatori bizantini degli ultimi cento anni prima dell'epoca di Psello, periodo che copre i regni di 14 imperatori e imperatrici, ad iniziare dal regno quasi cinquantenario diBasilio II Bulgaroctono (976-1025), per finire nel1077, durante il regno diMichele VII Ducas (1071-1078).
L'opera è strutturata come una serie di biografie. Diversamente da quasi tutte le opere storiografiche del periodo, in essa si pone maggiormente l'accento sulla descrizione dei caratteri, piuttosto che sui fatti politico-militari. L'opera comprende anche ampi elementi autobiografici sullo sviluppo politico e intellettuale di Psello, e pone maggiore importanza a quei periodi in cui Psello esercitò una posizione attiva in politica (specialmente durante il regno di Costantino IX Monomaco), dando così all'intera opera quasi il carattere di un memoriale politico. Si pensa che sia stata scritta in due parti: la prima riguarda gli imperatori succedutisi fino a Isacco I Comneno; la seconda, che ha un tono maggiormente apologetico, è in gran parte un encomio ai protettori politici di Psello, gli imperatori della dinastia Ducas.
Si pensava una volta che ci fosse stato un altro autore bizantino con lo stesso nome,Michele Psello il Vecchio (ora dettoPseudo-Psello), che visse nell'isola diAndro nelIX secolo, che era stato protetto diFozio e precettore dell'imperatoreLeone VI il Saggio. Lo stesso Michele Psello veniva chiamato "il Giovane" da alcuni autori. Questa convinzione si basava su una frase di una cronaca medievale, laΣύνοψις Κεδρηνοῦ-Σκυλίτση, che fa menzione del nome. Si pensa adesso che l'inclusione del nome Psello in questa cronaca sia l'errore di un copista ignorante di epoca più tarda, e che non sia mai esistito alcun "Michele Psello il Vecchio".[14]
Il terminePseudo-Psello è tuttora usato da alcuni studiosi per indicare l'autore di alcune opere più tarde che si pensa siano state falsamente attribuite a Psello in epoca bizantina.
^In precedenza la sua influenza fu talmente vasta che Wilson (inScholars of Byzantium,cit., p. 157), afferma che, se l'impressione data dallaChronographia è corretta, Psello era il vero potere dietro il trono imperiale.
^ Perikles P. Joannou,Psellos et le monastère Τά Ναρσοϋ, inByzantinische Zeitschrift, n. 44, pp. 283-290.
^ Herbert Hunger,Die hochsprachliche profane Literatur der Byzantiner, 2 voll., Monaco, 1978.
^ When did Psellos die?,Byzantinische Zeitschrift, n. 58, pp. 73-76.
^ Leighton D. Reynolds & Nigel G. Wilson,Copisti e Filologi, Padova, Editrice Antenore, 1969.
^A tal proposito è notevole che Psello, in un suo opuscolo (scripta minora I 228 edd. E. Kurtz – F. Drexl, Milano 1936), citi il v. 569 dell'Ifigenia in Tauride diEuripide, perché questa tragedia faceva parte dei cosiddetti "drammi alfabetici", una serie di tragedie di Euripide che rimase sostanzialmente sconosciuta a Bisanzio prima del secolo XIV. Poiché però il verso citato da Psello non era noto come citazione a sé stante (ossia: non circolava nelle raccolte di proverbi, massime e adagi né nelle opere collettanee), è possibile che egli avesse conoscenza diretta del dramma. In generale, Psello era considerato a suo tempo una biblioteca vivente ed era uno dei professori più prestigiosi dell'Università di Costantinopoli, anche se la memoria prodigiosa che gli permetteva di recitare Omero a memoria è, probabilmente, un mito destinato a rimanere tale: il passo normalmente evocato per dimostrarlo,Encomio per la madre (p. 14) Sathas (Bibliotheca Greca Medii Aevi, Parigi, 1876), dimostra solo una conoscenza passabile dei poemi. VediN.G. Wilson,Scholars of Byzantium, 2ª ed., Londra, Duckworth, 1996, pp. 156 e 177.
^Allo stesso tempo, però, Psello dimostra curiose lacune di storia della filosofia greca e fa, a tratti, affermazioni quanto meno dubbie. Per esempio (scripta minora I 362 Kurtz – Drexl), quando parla dell'impegno politico diPlatone eAristotele, del primo dice che, durante uno dei suoi viaggi a Siracusa, distribuì le ricchezze del tiranno della città agliAccademici e agliStoici (con evidente anacronismo, oltre che grave errore storico: i viaggi di Platone a Siracusa furono a conti fatti dei fallimenti); del secondo, invece, dice che prese parte alle campagne militari diAlessandro Magno e che fu addirittura la vera mente dietro ai successi militari del macedone (mentre invece Aristotele rimase in Grecia). Vd. Wilson,Scholars of Byzantium (cit.), pp. 160s.
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