L'osteria è unesercizio pubblico nel quale si serve prevalentementevino e, in alcuni casi,cibi e spuntini.
Il termine "osteria" viene dall'antico franceseoste,ostesse (secoli XII e XIII), che a sua volta deriva dallatinohospite(m).[1] Una delle prime attestazioni del terminehostaria si trova nei capitolari della magistratura deiSignori della Notte, che, come suggerito dal nome, vegliava sulla tranquillità notturna dellaVenezia delXIII secolo. L'etimologia della denominazione attuale richiama la funzione del luogo che è appunto quella dell'ospitalità.
Locali simili alle osterie esistevano già nell'antica Roma chiamatioenopolia otabernae vinariae, mentre neithermopolia o, meglio,popinae ocauponae (se di superiore qualità), si servivano anche cibi ebevande caldi, mantenuti a temperatura in grandivasi diterracotta incassati nel bancone: esempi ben conservati sono visibili presso gli scavi dell'anticaPompei.
Le osterie sorsero, come punti di ristoro, nei luoghi di passaggio o in quelli di commercio che nella fattispecie sono strade, incroci, piazze e mercati. Ben presto divennero anche luoghi d'incontro e di ritrovo, direlazioni sociali. Gli edifici, spesso poveri e dimessi, assumevano importanza in base al luogo dove sorgevano e alla vita che vi si alimentava. Il vino era l'elemento immancabile intorno al quale tutti gli altri facoltativi giravano: il cibo, lecamere da letto, laprostituzione.
Già nelTrecento aBologna si contavano ben 150 osterie[2]. A partire dalXV secolo, le osterie divennero sempre più numerose, punto di ritrovo di cittadini e intellettuali, fino a ricoprire un ruolo di aggregazione e dibattito molto importante nel tessuto sociale cittadino. Ancora oggi sono molti in città i locali improntati sull'antico concetto di osteria[3].
L'osteria, fino alla metà delNovecento, era un tipico luogo di ritrovo serale popolare delle persone di sesso maschile; luogo di incontro e di socializzazione ha costituito per lungo tempo, uno dei pochi momenti di incontro e di scambio d'idee, in aggiunta alla chiesa e alla piazza.
Daldopoguerra ad oggi la frequentazione di questi locali è venuta sempre meno; dal primo decennio del 2000 però si è visto un rifiorire di questi locali che stanno recuperando la loro funzione di luogo di recupero della tradizione ristorativa locale.
Il gestore dell'osteria si chiamaoste o, se donna,ostessa; tipicamente, quando si mangia, i piatti vengono presentati a voce o sono riportati su una lavagna.
AFerrara, a lato del Duomo, v'è quella che è documentata (fin dal 1435) come la più antica osteria delRinascimento e, forse, del mondo.
Già nel '400 esisteva l'Hostaria del Chiucchiolino e, uscendo o evitando la porta della chiesa, ci si infilava nel viottolo adiacente (ora via degli Adelardi 11) per assaggiare del buon vino a bordo di una barca; l'osteria si trovava - infatti - in una piccola insenatura formata dall'acqua piovana.
Si racconta che molti ospiti illustri abbiano frequentato questo locale. Tra loro: lo scultoreBenvenuto Cellini, i poetiLudovico Ariosto eTorquato Tasso, l'astronomoNiccolò Copernico che visse e studiò proprio sopra l'osteria.
Nel 1973 il CardinaleStefan Wyszyński,Primate dellaPolonia, eKarol Wojtyła, che lo accompagnava, furono aFerrara in occasione del V centenario della nascita dell'astronomo e, per visitare l'abitazione dell'illustre connazionale, dovettero attraversare l'interno dell'osteria "Al brindisi", come ora si chiama l'osteria ritenuta la più antica del mondo (tuttora in attività).
ABologna si hanno notizie certe fin dal 1465[4] circa l'attività dell'Osteria del Sole, situata in un vicolo del centro a due passi dapiazza Maggiore, rimasta ancora intatta come allora[5]. Nel 1712, nelGiuoco nuovo di tutte le osterie che sono in Bologna illustrato daGiuseppe Maria Mitelli, appare il logo dell'osteria così come lo vediamo ancora adesso[6][7][8].
Nell'osteria si vende solo vino, ma si possono portare vivande e mangiarle al suo interno[9][10]. Un piccolo cortile interno, in cui trovano posto alcuni tavolini, è dedicato all'assiduo clienteFabio Testoni degliSkiantos e intitolato proprio "piazza FabioDandyBestia Testoni".
L'osteria "Del cappello", anche nota come l'osteria "Al Cappello Rosso" è una delle più antiche diBologna. Svolge ancora oggi la sua funzione di albergo ed esercizio pubblico in cui si servono cibo e bevande.È situata in Via de Fusari nei pressi diPiazza Maggiore. Dagli archivi storici bolognesi si è potuti risalire a una “hosteria del cappello” attestata fin dal 1375. Tale osteria potrebbe aver cambiato ubicazione diverse volte sino al 1700. I locali infatti non erano di proprietà dell'oste per cui spesso il simbolo di una osteria rimaneva invariato al cambiare della sua posizione. L'ubicazione attuale viene fatta risalire al 1652, quando l'oste Domenico Simoncini pone definitivamente la locanda in Via dei Fusari.
Nel 1712, nel "Giuoco nuovo di tutte le osterie che sono in Bologna" di Giuseppe Maria Mitelli appare il logo dell'osteria.
AdAsiago (VI), lungo l'attualeStrada Statale 349 diVal d'Assa, un tempo mulattiera, si trova l'Osteria all'Antico Termine, costruita attorno alla metà delXVII secolo, per secoli fu rifugio alpestre e stazione di posta. Venne costruita lungo il nuovo confine (donde il nome) tra laFederazione dei Sette Comuni e ilSacro Romano Impero. Nel 1866 nei pressi dell'osteria venne fatto passare il nuovo confine di Stato. Attualmente si trova al confine tra le regioniVeneto eTrentino-Alto Adige.
Costruita originariamente in tronchi squadrati, nei primi dell'Ottocento l'edificio venne ricostruito in muratura. Proprio a causa della sua posizione, l'osteria durante laprima guerra mondiale si trovò lungo la linea del fronte e fu inizialmente centro operativo della 34ª divisione italiana. Successivamente l'avanzata nemica divenne invece importante sede di comando dell'esercito austro-ungarico (in particolare del 27º Reggimento di fanteria diGraz "König der Belgier"). Vi presero alloggio anche l'arciduca d'Austria e principe d'Ungheria e di BoemiaEugenio Ferdinando Pio d'Asburgo-Teschen e l'imperatore d'Austria, re d'Ungheria e Boemia, e monarca della Casa d'Asburgo-LorenaCarlo I d'Austria[11]. Era inoltre un luogo caro allo scrittoreMario Rigoni Stern.[12]
L'osteria, che si trova a 12 km dal centro abitato più vicino, fu anche rifugio dei reparti partigiani durante laResistenza.
L'osteria, da sempre (tranne durante la Grande guerra), è aperta solo nel periodo estivo.
L'osteria e la figura dell'oste sono presenti in vari testi letterari. Si trova menzione già neiVangeli, ad esempio nellaParabola del buon samaritano nelVangelo secondo Luca (10- 25, 37) in cui un samaritano soccorse un uomo aggredito dai briganti, lo fasciò e lo portò in una locanda. "Il giorno dopo, presi due denari li diede all'oste e gli disse: - Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno".[13]
Le osterie e le taverne sono presentate dai poeti latiniMarziale[14] eGiovenale che mostrano come fossero frequentate da larghe masse di popolo e da gente di malaffare nell'antica Roma imperiale.
NelDecameron diGiovanni Boccaccio l'osteria è menzionata in alcune novelle come ad esempio in quelle difrate Cipolla (VI, 10), diAndreuccio da Perugia (III, 5) e di Re Carlo e le fanciulle (X, 6).
Il poetaCecco Angiolieri, nel XIII secolo, nelsonettoTre cose solamente mi so 'n grado enumera le cose che più gli sono gradite: "la donna, la taverna e 'l dado". Altro documento di epoca medievale è ilCarmen Potatorium, ilCanto dei bevitori neiCarmina Burana deigoliardi.[15]
NeI racconti di Canterbury diGeoffrey Chaucer (secolo XIV) i pellegrini diretti alla tomba diTommaso Becket nellacattedrale di Canterbury partono, in aprile, dall'osteria del Tabarro (Tabard Inn) aLondra e sono guidati dall'oste. Raggiungono la meta raccontando novelle.[16]
Ricco di trovate beffarde è l'episodio diMorgante e Margutte all'osteria nel poema comicoMorgante (XVIII, 150-179) diLuigi Pulci (secolo XV). Qui i protagonisti sono il giganteMorgante, armato del batacchio di una campana, ed il semigiganteMargutte. I due protagonisti mangiano con enorme voracità; poi Margutte, esperto d'ogni vizio e rotto ad ogni ribalderia, mette a soqquadro la casa e, durante la notte, deruba astutamente l'oste, brucia l'osteria e se ne va con Morgante tra matte risate.[17]
Nel romanzo franceseGargantua e Pantagruele diRabelais (XVI secolo) le osterie sono frequentemente menzionate. Il protagonista, Gargantua, è uno straordinario mangiatore e bevitore.[18][19]
Le osterie sono presenti anche nelDon Chisciotte diMiguel Cervantes. Ad esempio, nella prima parte del romanzo, il protagonista, ribaltando realtà e illusione, scambia un'umile osteria per un castello e l'oste per un castellano.[20] Nell'osteria Don Chisciotte si fece poi armare cavaliere dall'oste che fingeva "di leggere uno scartafaccio come se recitasse una preghiera" . Infine l'oste "gli dette un sonoro scapaccione, e poi con la sua stessa spada una soda piattonata" (I, 3). In un'osteria si svolge anche la zuffa con gli otri di vino rosso scambiati da Don Chisciotte per il gigante del regno di Micomicone:"... e credendo di dargli al gigante aveva dato tanti colpi di spada agli otri che tutta la stanza era piena di vino" (parte I, cap.35). Il Don Chisciotte riflette altresì i tratti delromanzo picaresco spagnolo nel quale povere osterie fanno parte dei desolati paesaggi e dei degradati ambienti in cui si muovono i personaggi.[21]
NeiPromessi sposi diAlessandro ManzoniRenzo Tramaglino passa varie vicissitudini in alcune osterie, luoghi di passaggio, di intrighi e inganni nonché importanti luoghi di snodo delle vicende del romanzo. Nel capolavoro manzoniano gli osti sono presentati come personaggi ambigui che badano al proprio tornaconto. All'osteria con l'insegna dellaLuna Piena aMilano (capitoli XIV e XV)[22] Renzo viene arrestato dal notaio criminale dopo essere stato denunciato alle autorità dall'oste. Durante la fuga verso l'Adda si ferma poi in un'osteria aGorgonzola (capitolo XVI) dove evita le domande degli avventori e sente il racconto di un mercante sui tumulti di Milano a cui egli stesso aveva partecipato.[23] La taverna dellaMalanotte si trova invece presso il castello dell'Innominato (capitolo XX).[24][25]
Fondamentali, per la conoscenza degli ambienti e dei personaggi, sono le soste nelle locande nel romanzoIl Circolo Pickwick diCharles Dickens[26] il quale presenta questi ambienti anche negli altri romanzi realistici a sfondo sociale:Oliver Twist[27] eDavid Copperfield. Lapensione Vauquer con i suoi frequentatori è invece descritta con vivace realismo nel romanzopapà Goriot diHonoré de Balzac.[28]Victor Hugo neI miserabili, vasto affresco storico e sociale della prima metà dell'Ottocento, ci descrive le osterie del sobborgo parigino Saint-Antoine, "un serbatoio di popolo".[29]
Nellaletteratura russa incontriamo un famoso evento nel romanzoI fratelli Karamazov diDostoevskij (libro VIII, cap. 8): "Cominciò quasi un'orgia, una festa indiavolata". Inizia così l'ampia descrizione della grande baldoria nella locandaTrifòn Borisyč, al termine della quale Mìtja Karamazov viene arrestato sotto l'accusa di avere ucciso il padre in quella notte.[30]
L'osteria è luogo di abbrutimento e depravazione nel romanzo naturalista ottocentesco diÉmile Zola (L'ammazzatoio)[31] e nel romanzo verista diGiovanni Verga. Verga neI Malavoglia presenta 'Ntoni che, bighellonando, frequenta spesso l'osteria contrapponendo così il proprio stile di vita a quello del nonno padron 'Ntoni, emblema delle sane tradizioni e dei valori della famiglia patriarcale (l'ideale dell'ostrica).[32]
Troviamo ulteriori esempi nel romanzoTom Jones diHenry Fielding per giungere poi fino alla celebreosteria del Gambero Rosso inPinocchio diCarlo Collodi.[33] Si trova invece aPraga la tavernaIl calice (U' kalicha) frequentata daIl buon soldato Sc'vèik, antieroe protagonista dell'omonimo romanzo dello scrittorececoJaroslav Hašek.[34]
Nella letteratura del Novecento gli ambienti un poco sordidi con avventori anonimi e loschi trovano corrispondenze in certe caffetterie e bar di malaffare come nei racconti "gialli" diGeorges Simenon, che hanno come protagonista ilcommissario Maigret, o come nella pagina iniziale del romanzoZorba il greco (1946) diNikos Kazantzakis. Nella poesia diUmberto Saba, nella raccoltaIl Canzoniere, incontriamo l'osteriaAll'isoletta.Italo Calvino nel romanzoIl sentiero dei nidi di ragno tratta di Pin, un bambino orfano che vive nella riviera ligure di Ponente e cerca di entrare in contatto con il mondo dei "grandi" e di integrarsi con esso frequentando, all'inizio, l'osteria "fumosa e viola" (cap. I) del paese dove vi sono donne "vecchie ubriacone con la faccia rossa" e uomini che per lo più erano stati in prigione.[35] Nell'Ulisse diJames Joyce la taverna diDublino in cui Bloom e Stephen discutono di razionalità e istinto assumeun suo particolare significato in quanto corrisponde alla grotta del ciclopePolifemo (istinto) che verrà sconfitto daUlisse (razionalità).
William Shakespeare nellacommediaFalstaff mette in scena un personaggio millantatore e beone. Questa figura è ripresa nelFalstaff diGiuseppe Verdi,opera lirica nella quale troviamo il protagonista seduttore di donne che progetta i suoi piani nell’Osteria della Giarrettiera.
Un elogio dei piaceri della taverna ("O taverna santa, o taverna miracolosa....") è presente all'inizio del II atto della commediaLa cortigiana diPietro Aretino.
Molto nota è la figura diMirandolina nella commediala locandiera diCarlo Goldoni.Mirandolina, che gestisce una locanda aFirenze, è un personaggio volitivo, astuto e ben caratterizzato psicologicamente.
Le osterie e taverne furono rappresentate da vari pittori. Si ricordanoDavid Teniers il Giovane,Pieter Bruegel il Vecchio (Lotta tra Carnevale e Quaresima,Banchetto nuziale),Caravaggio, iBamboccianti ed in particolare i pittori delsecolo d'oro olandese, il Seicento.
Le osterie hanno un ruolo centrale nellaCanzone delle osterie di fuori porta diFrancesco Guccini.
Ilgioco delle osterie è una delle varianti delgioco dell'oca,incisa nel 1712 daGiuseppe Maria Mitelli. Il gioco ha per caselle le insegne delle osterie di Bologna del periodo[36].
Domandare all'oste se ha buon vino significa "fare una domanda inutile".Fare i conti senza l'oste significa "fare piani senza considerare eventuali difficoltà".Fermarsi alla prima osteria significa invece "accettare la prima cosa che càpita, senza riflettere".
L'esclamazioneosteria! è uneufemismo popolare (in luogo di:ostia!)
Quando si entra in una stanza e le persone all'interno sono chiassose e hanno comportamenti poco consoni per il locale in cui si trovano (ad esempio un'aula scolastica), si può esclamare "Oh, ma dove siamo, all'osteria?" per richiamare l'attenzione e nello stesso tempo correggere il comportamento scorretto.
Celebre è il proverbio toscano“chi va via perde il posto all’osteria”, riferendosi all’osteria che, essendo un luogo di incontro e di transito, il posto di chi se ne va viene occupato dal cliente successivo.
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