Lematerie plastiche, chiamate comunementeplastica, sonomaterialiorganici a elevatopeso molecolare dettipolimeri. Sono costituite da molecole con una catena molto lunga (macromolecole), che determinano le proprietà e le caratteristiche dei materiali stessi.[1]
Possono essere costituite dapolimeri puri o miscelati conadditivi o cariche varie. Le plastiche cosiddettecaricate sono composte dalla matrice (proprio il materiale plastico prescelto) all'interno della quale sono annegate fibre di carbonio, di vetro, di kevlar o anche di legno. I polimeri più comuni sono sintetici, derivati cioè dal petrolio, ma esistono anche plastiche realizzate con materiali derivanti da altre fonti nonché lebioplastiche, ottenute a partire daamidi vegetali come quello dimais.
La IUPAC (Unione internazionale di chimica pura e applicata), nel definire le materie plastiche come "materiali polimerici che possono contenere altre sostanze finalizzate a migliorarne le proprietà o ridurre i costi", raccomanda di non utilizzare il termine generico "plastiche" al posto di "polimeri".[2]
1869: lo statunitenseJohn Wesley Hyatt perfeziona la parkesina e, con l'aggiunta diazoto, brevetta ilnitrato di cellulosa, ocelluloide. Verrà utilizzato per le pellicole fotografiche e poi cinematografiche, anche se col difetto di essere altamente infiammabile.[4]
1907: il chimico belga-statunitenseLeo Baekeland produce labachelite, usata soprattutto per fabbricare telai di apparecchi elettrici e le bocce del crescente gioco delbiliardo, all'epoca fatte inavorio (zanne dielefante).[4]
I materiali polimerici sono generalmente il risultato dellareazione dipolimerizzazione di una quantità di molecole base (monomeri) per formare catene anche molto lunghe. Si parla diomopolimeri se il monomero è unico,copolimeri se il polimero è ottenuto da due o più monomeri diversi e dileghe polimeriche se il materiale è il risultato dellamiscelazione di due monomeri che polimerizzano senza combinarsi chimicamente[non chiaro].
Un materiale polimerico è in genere composto da macromolecole costituite dallo stesso tipo diunità ripetitiva, ma il numero di unità ripetitive varia per ciascuna macromolecola, per cui le macromolecole che costituiscono un materiale polimerico hanno diversa lunghezza. Quindi è necessario conoscere ladistribuzione dei pesi molecolari (ovvero la percentuale di macromolecole aventi una specifica lunghezza) per determinare le proprietà chimico-fisiche del materiale polimerico in esame.
termoplastici: acquistano malleabilità (cioè rammolliscono) sotto l'azione del calore; possono essere modellati o formati in oggetti finiti e raffreddandosi tornano rigidi; tale processo può essere ripetuto tante volte;
termoindurenti: dopo una fase iniziale di rammollimento per riscaldamento, induriscono per effetto dellareticolazione; nella fase di rammollimento per effetto combinato di calore e pressione risultano formabili; se vengono riscaldati dopo l'indurimento non tornano più a rammollire, ma si decompongono carbonizzandosi;
elastomeri: hanno elevata deformabilità ed elasticità.
Dal punto di vista pratico, in genere si sfruttano opportune mescole, costituite da uno o più materiali polimerici con l'aggiunta di additivi. Per tale motivo alla classificazione standard dei materiali polimerici si affianca una classificazione "commerciale", secondo la quale i materiali polimerici si dividono in:
fibre: sono dotati di notevole resistenza meccanica e hanno scarsaduttilità rispetto agli altri materiali polimerici; vuol dire che si allungano poco se sottoposti a trazione e possono resistere a elevati carichi di rottura;
materie plastiche: formulate a partire da termoplastici e termoindurenti;
resine: particolari materie plastiche formulate a partire da termoindurenti;
Le caratteristiche vantaggiose delle materie plastiche rispetto ai materiali metallici e non metallici sono la grande facilità di lavorazione, l'economicità, la colorabilità, l'isolamento acustico, termico, elettrico, meccanico (vibrazioni), la resistenza alla corrosione e l'inerzia chimica, nonché l'idrorepellenza e l'inattaccabilità da parte di muffe, funghi e batteri. Quelle svantaggiose sono l'attaccabilità da parte dei solventi (soprattutto le termoplastiche), degli acidi (in particolare le termoindurenti) e scarsa resistenza a temperature elevate.
Altra peculiarità è la bassa densità specifica, che conferisce un'elevata leggerezza compresa fra un minimo di 0,04 – 1 kg/dm³ per il polistirolo fino a un massimo di 2,2 kg/dm³ del politetrafluoruetilene (PTFE)[7], con una resistenza fisica molto eterogenea a seconda del tipo di plastica.
La plastica si ottiene dalla lavorazione del petrolio. Lo smaltimento dei rifiuti plastici, quasi tutti non biodegradabili, avviene di solito per riciclaggio o per stoccaggio in discariche; bruciando materiali plastici negli inceneritori si possono generarediossine (solo per i polimeri che contengono nella molecola atomi di cloro, ad esempio, il PVC), una famiglia di composti tossici. Questi problemi ambientali hanno incentivato negli ultimi anni lo sviluppo e la diffusione dellabioplastica, i cui polimeri sono diversi da quelli petroderivati e si ottengono da zuccheri e amidi vegetali come quello dimais (ad esempio ilPLA).
Schema rappresentativo dell'aggiunta di cariche, additivi e plastificanti al polimero e successive lavorazioni fino all'ottenimento dei granuli.
Alla base polimerica vengono aggiunte svariate sostanze ausiliarie ("cariche",additivi e plastificanti) in funzione dell'applicazione cui la materia plastica è destinata. Possono essereplastificanti,coloranti,antiossidanti,lubrificanti ed altri componenti speciali.
Tali sostanze hanno la funzione di stabilizzare, preservare, fluidificare, colorare, decolorare e proteggere dall'ossidazione il polimero. In genere servono a modificarne le proprietàreologiche (lavorabilità), aspetto e resistenza in funzione della destinazione d'uso.
I polimeri termoplastici possono essere fusi e rimodellati più volte. Hanno una struttura molecolare "a catena aperta", ovvero presentano un basso grado direticolazione.
Usi: scotch per le auto, giocattoli, oggetti d'arredamento, stoviglie, gusci di elettrodomestici.
Polistirene espanso (comunemente detto polistirolo): resina polistirenica a forma schiumosa; ha bassissimo peso specifico e conducibilità termica; buona elasticità.
Usi: imballaggi, isolamento termico ed elettrico dei muri
PLA (acido polilattico): prodotto utilizzando come materia prima il mais, tramite un processo biotecnologico che permette di ottenere capacità produttiva elevata e una gamma di prodotti diversificati;
Usi: contenitori compostabili, stampa 3D.
PTFE: politetrafluoroetilene comunemente noto come Teflon
Resine epossidiche: eccellente adesività, resistenza al calore, resistenza chimica. Possiedono buone proprietà meccaniche e sono ottimi isolanti elettrici.
Usi: vernici, rivestimenti, adesivi e materiali compositi.
Le materie plastiche si classificano con il sistema americanoSPI (Society of the Plastics Industry). Il segno distintivo è un triangolo (simbolo del riciclo) e un numero corrispondente al tipo di materia plastica.
Simbolo
Abbreviazione
Usi
PETE o PET
Riciclabile per la produzione di fibre poliestere, fogli termoformati, cinghie, bottiglie per bevande.
HDPE
Riciclato per la produzione di contenitori per liquidi, sacchetti, imballaggi, tubazioni agricole, basamenti a tazza, paracarri, elementi per campi sportivi e finto legno.
PVC o V
Riciclabile per tubazioni, recinzioni e contenitori non alimentari.
LDPE
Riciclato per sacchetti, contenitori vari, dispensatori, bottiglie di lavaggio, tubi, e materiale plastico di laboratorio.
PP
Riciclabile per parti da usare nell'industria automobilistica e per la produzione di fibre.
PS
Riciclabile multiuso, per accessori da ufficio, vassoi da cucina, giocattoli, videocassette e relativi contenitori, pannelli isolanti inpolistirolo espanso
Lo stampaggio per compressione è un processo di lavorazione impiegato per le materie plastiche termoindurenti (ma talvolta è utilizzato anche per i termoplastici).[8]
Nello stampaggio per compressione il polimero, inizialmente in forma di polvere opellet (pastiglie),[8] viene sottoposto ad elevate pressioni, e in questa maniera si realizza il processo direticolazione.
La lavorazione più usata per produrre in serie oggetti in plastica è lo stampaggio ad iniezione. Si fa con specialipresse (dette "presse per iniezione termoplastica"), che fondono i granuli di materia plastica e la iniettano ad alta velocità e pressione negli stampi, dove il polimero, raffreddandosi, assume la geometria voluta.[8]
Lo stampaggio per iniezione viene impiegato sia nel caso di materiali termoplastici che termoindurenti.[8]
Nello stampaggio per trasferimento il polimero viene portato ad una temperatura tale da rammollirlo e al tempo stesso evitare la reticolazione, che si fa successivamente in uno stampo chiuso, in cui la massa rammollita viene trasferita (da cui il nome del processo).[8]
Nella formatura per estrusione il materiale viene spinto grazie ad una vite attraverso un'apertura. La forma finale del manufatto (la cui materia prima fluisce in maniera continua) dipende dalla geometria dell'apertura.[8]
Questo processo si utilizza per i materiali termoplastici e talvolta per quelli termoindurenti.[8] I tubi in plastica vengono prodotti tramite questo processo.
Utilizzato per produrre corpi cavi (comebottiglie, fustini, bombole) consiste nel dilatare una certa porzione di resina di forma cilindrica con un getto d'aria sotto pressione, fino a farla aderire alle pareti di uno stampo; la produzione di oggetti cilindrici è realizzata facendo precedere la fase di soffiatura da una fase di estrusione per la realizzazione del tubo di alimentazione alla soffiatura. La formatura per soffiatura viene impiegata anche per la produzione dei gusci di certi tipi di casco.
É la tecnica generalmente utilizzata per la lavorazione delle plastiche termoindurenti, con cui si producono sedie e alcuni parti di mobili. Le resine, ammorbidite dal calore, sono compresse tra uno stampo e un controstampo dove, indurendosi, prendono la dorma voluta.
Un metodo diffuso per ottenere pellicole dipolietilene è l'estrusione in bolla. Consiste nel far passare il polimero scaldato dall'estrusore attraverso una filiera circolare posta in posizione orizzontale. Il film ottenuto è raffreddato e fatto passare attraverso una calandra di traino che chiude il sistema. È anche inserita dell'aria per aumentare il volume del sistema, gonfiando ciò che assomiglia molto ad un pallone. In questo modo si produce ilfilm termoretraibile usato per produrre imballaggi.
Nel 2022 l'Ocse ha presentato uno studio che analizzando il periodo tra il 1950 e il 2015 stima che
«solo 9% dei rifiuti di plastica sono stati riciclati in fine, mentre 19% sono stati inceneriti e circa 50% sono finiti in discariche controllate. Il restante 22% è stato abbandonato in discariche selvagge, bruciato a cielo aperto o gettato nell'ambiente»
auspicando uno sforzo per aumentare la quota di riciclo[13][14].
In merito al modesto riciclaggio della plastica influiscono sia i processi onerosi legati a questa attività, sia il ridotto numero di volte che mediamente la plastica può venire riciclata, a differenza di altri materiali come il vetro o i metalli[15].
cannucce
Losmaltimento non adeguato delle materie plastiche alla fine del lorociclo di vita causainquinamento ambientale; in particolare, si possono riscontrare danni alla fauna selvatica, per la quale si stima che circa settecento specie siano state danneggiate, tra cui organismi marini, di terraferma e uccelli.[16]È per questo che negli ultimi anni l’Unione Europea ha avviato una serie di iniziative volte a ridurre l’utilizzo della plastica monouso, in particolare nel settore alimentare. Con l’entrata in vigore dellaDirettiva (UE) 2019/904 sulla plastica monouso, è stato vietato l’uso di alcuni prodotti in plastica tradizionale, come piatti, posate, cannucce e contenitori per alimenti in polistirene espanso, promuovendo al contempo soluzioni alternative più sostenibili. L’obiettivo di queste misure è limitare l’inquinamento da plastica e favorire un’economia circolare, incentivando l’impiego dimateriali compostabili e biodegradabili derivati da fonti rinnovabili, come ilMater-Bi e altrebioplastiche certificate. Tali materiali, infatti, possono essere smaltiti insieme ai rifiuti organici in impianti di compostaggio industriale, riducendo l’impatto ambientale rispetto alle plastiche convenzionali. L’adozione crescente di prodotti compostabili è sostenuta anche da campagne di sensibilizzazione e incentivi legislativi volti a modificare i comportamenti di consumo e a ridurre la produzione complessiva di rifiuti plastici.[17]
Nel 2017 in Italia è stato scoperto che un tipo di bruco (laGalleria mellonella) si nutre di plastica ed è oggetto di studio allo scopo di tamponare l'impatto ambientale della plastica[18][19][20].